TRIBUNALE DI TRANI
Sezione distaccata di Andria

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Giudice della Sezione Dott. Francesco M. Rizzi all’udienza del giorno 26 GEN. 20005 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente


SENTENZA


nei confronti di: 1) C.G., (omissis); 2) P.F. ( omissis) entrambi non comparsi
Difensore di fiducia per entrambi: Avv. A.F. – TRANI


I M P U T A T I


C.G.
A) del reato di cui all’ art. 51 comma 1° lettera a) del D.L.vo n. 22/1997 per avere effettuato operazioni di smaltimento di rifiuti speciali senza alcuna autorizzazione, avendo depositato abusivamente sul suolo di terzi ignari oltre 20 balle di materiale di risulta dell’attività di tavorazione delle scarpe (rifiuti prodotti dalla ditta “D.” di L. A. corrente in Barletta e legittimamente consegnati alla ditta P. F. per il trasporto in regolare discarica, della quale ditta il C. era dipendente), dando fuoco alle stesse.
B) del reato ex artt. 61 n. 2 – 81 cpv. – 633-635 co. 2° n. 5 c.p., perché, al fine di consumare il reato sub A, invadeva il suolo agricolo di proprietà di V. S. e C. A., occupandolo con una notevole quantità di rifiuti speciali ai quali dava fuoco, danneggiando il suolo e distruggendo 5 ulivi secolari ed attre 8 piante.


P. F.
C) Del reato ex art. 51 comma 1. lett. a) D. L.vo n. 22/1997, perché, quale titolare della ditta “P. F.-Raccolta Rifiuti Speciali” corrente in Andria, autorizzata solo alla raccolta ed al trasporto di rifiuti speciali, effettuava lo smaltimento dei rifiuti speciali indicati al capo A, demandando il compito al dipendente C. G. (che lo effettuava come sopra indicato) o quantomeno (art 40 cpv. C.p.) non vigilava sull’operato del dipendente C. G., non impedendogli di effettuare abusivamente lo smaltimento nel modo descritto.  
In agro dl Andria, 28.01. 2002
Recidiva infraquinquennale (art. 99 c.p.) per C..


LE PARTI HANNO CONCLUSO COME SEGUE:
P. M.: C. G.: condanna a mesi 6 di reclusione.
           P.F: condanna a Euro 2.600,00 di ammenda;


DIFENSORE: P.F.: capo C): assoluzione per non aver commesso il fatto.
                    C,G, : capo A): assoluzione perché i fatti non sono previsti dlla legge come reato.
                              capo B): n.d.p. remissione di querela.


IN FATTO E IN DIRITTO


Con decreto del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani, emesso in data 20\12\2002, C. G. e P. F. sono stati tratti a giudizio per rispondere delle incriminazioni specificate in rubrica.
In limine litis, gli imputati hanno formulato dichiarazioni di accesso al rito abbreviato, alla espressa condizione dell’assunzione del loro esame orale.
Ne è conseguita la pronunzia dell’ordinanza di cui al quarto comma dell’art.438 c.p.p., con l’acquisizione degli atti di pertinenza del fascicolo del P.M. e la successiva assunzione dell’esame di entrambi i prevenuti.
Ritenuta tuttavia la sopravvenuta necessità delle escussioni testimoniali del vigilante delle Guardie campestri L. G. e dell’offeso nonché querelante V. S., vi si è dato corso a norma dei commi quinto e sesto dell’art.441 c.p.p., al detto specifico scopo dedicando le udienze del 24/03/2004 e del 26/01/2005, nel corso della quale ultima il medesimo V. e la relativa consorte C. A. hanno peraltro reso congiunta dichiarazione di remissione della querela.
Dopódichè, espletata la discussione, i rappresentanti dell’accusa e della difesa hanno rassegnato le rispettive conclusioni trascritte in epigrafe.
Assunta ad oggetto della originaria previsione incriminatrice dell’art 25 D.P.R. 109/982 n 915 e indi riproposta nel novellato sistema sanzionatorio di cui all’art 51 D. L.vo 5/2/1997 n 22, la condotta ivi tipizzata in termini penalmente rilevanti postula -secondo l’orientamento giurisprudenziale oramai consolidato – l’esercizio di un’attività “ripetuta” nel tempo, in forza della quale “i rifiuti vengono scaricati…in un’area determinata così trasformata in deposito” (Cass., sez. III, 27 agosto 1997, Bechis ed altro. V., in senso conforme: Cass., sez. VI, 26 agosto 1997, Concetti; App. Catanzaro 24 aprile e 3 giugno 1998, Caputo ed altro); postula cioè, l’esplicazione di un’attività di raccolta “per un lungo intervallo temporale e per notevolissime quantità” (App. Lecce 25 giugno 1999, Valerio ed altro) nonché “l’allestimento di un’area con effettuazione di opere a ciò occorrenti (spianamento del terreno, apertura di accessi, sistemazione, perimetrazione, recinzione)” [Cass., sez. 111, 11 aprile 1997, Vasco].
Ebbene, nell’acclarare l’esistenza di un accumulo di rifiuti pressoché conforme alla descrizione contenuta in rubrica, le risultanze processuali ed il materiale fotografico di corredo ne rivelano tuttavia la ben contenuta estensione entro confini circoscritti senza, per di più, nulla evidenziare riguardo alla durata temporale del deposito ed alla destinazione funzionale del relativo sito; ciò che, in definitiva, sembra corroborare l’assunto difensivo dell’imputato C. – nella veste di autore materiale del fatto – secondo il quale si sarebbe trattato di un singolo nonché occasionale e non più ripetuto atto di dismissione all’interno di un fondo rinvenuto solo casualmente.
Gli esposti rilievi non possono che indurre ad escludere il profilo materiale della fattispecie contestata nel capo A) e, correlativamente, di quella ascritta al P. sub C), proprio in ragione della giuridica inidoneità dell’ano compiuto dal C. ad assumere le connotazioni contravvenzionali di cui al primo comma dell’art. 51 cit. cosi come delineate dalla giurisprudenza.
Né a siffatta condotta del prevenuto sembra ascrivibile penale rilevanza ex art. 51, secondo comma, D. L.vo cit. sotto il profilo dell’abusivo stoccaggio provvisorio di quei rifiuti o del relativo deposito “in modo incontrollato“.
Enunciando un principio afferente la materia dei rifiuti tossico-nocivi e nondimeno riferibile a quella dei rifiuti speciali, la Suprema Corte ha infatti evidenziato come la relativa attività non autorizzata di stoccaggio provvisorio, originariamente sussunta dal D.P.R. n.915/982 cit. in una specifica previsione incriminatrice (ari 26), non possa attualmente – in difeso di analoga tipizzazione normativa – che “essere qualificata come deposito incontrollato dei…rifiuti pericolosi sanzionato dall’art 51, comma 2, del d. Lvo suddetto “(Cass., sez. III, 27 marzo 1998, Annunziata. V., in senso conforme, Cass., sez. III, 19 febbraio 1999, Frascio).
Nel vigore del più volte menzionato D.P.R. n.915/982, tuttavia, la giurisprudenza di legittimità aveva rimarcato come non ogni abusivo atto di stoccaggio provvisorio rivestisse significato penale, bensi la sola raccolta di rifiuti operata con ragionevole continuità temporale: “la discarica deve presentare, per essere tale, la caratteristica principale della stabilità; analoga qualità deve presentare anche l’impianto di stoccaggio provvisorio, in quanto tale ultima caratteristica va riferita alla precaria concentrazione dei rifiuti e non al sito nel quale tale affinità si effettua” (Cass., sez. III, 7 marzo 1995, Mariotti ed altro).
Allora, é conseguenziale convincimento del giudicante che la testuale dizione “in modo incontrollato“, figurante nel secondo comma dell’art. 51 D. L.vo n.22/997, non identifichi puramente e semplicemente l’omessa adozione di misure – quand’anche rudimentali – di innocuizzazione dei rifiuti, ma sottintenda altresi il carattere smodato e reiterato della relativa attività di deposito: esprima, cioè, la volontà legislativa di ascrivere rilevanza penale a raccolte di rifiuti operate smisuratamente e scriteriatamente, oltre che in difetto di misure di preservazione del circostante contesto ambientale (arò. da Cass., sez. 111, 27 marzo 1998, Annunziata cit., la quale ha acclarato la responsabilità dell’imputata per avere ” effettuato, per alcuni anni, senza autorizzazione, all’interno del proprio stabilimento, lo stoccaggio provvisorio di fanghi di sedimentazione, in offesa di reperire una ditta che smaltisse detti rifiuti tossico-nocivi»).
Ebbene, la singolarità ed occasionalità dell’operato del C. preclude di inferire il carattere “incontrollato” del deposito ai sensi e per gli effetti del secondo comma dell’art. 51 cit. (v. Cass., sez. 111, 30 settembre 1998, Tiragallo: “l’accumulo non autorizzato…di materiali qualificabili come rifiuti tossici e nocivi…già qualificabile come reato in base alle previsioni di cui all’art 26 dell’abrogato d.P.R. 10 settembre 1982 n. 915…rientra oggi nelle previsioni di cui all’art.51 comma 2 del d. lg. 5 febbraio 1997 n.22, in base al quale detto accumulo può costituire reato solo se “incontrollato” di tal che, difettando tale ultima condizione, il fatto non può più dirsi penalmente sanzionato” ), nel fatto da lui commesso residuando, tutt’al più, gli estremi dell’illecito amministrativo contemplato dall’art 50 D. L.vo cit. e relativo alla specifica ipotesi di “abbandono di rifiuti“; ai fini del cui accertamento – e della verifica dell’eventuale corresponsabilità del P. – s’impone pertanto la trasmissione degli atti al Presidente della Provincia di Bari.
Le sopravvenute dichiarazioni di remissione della querela giustificano infine la declaratoria di estinzione di entrambe le fattispecie delittuose ascritte al C. sub B), non senza sottolineare come – a detta del qualificato teste oculare L., frequentatore sin dal 1999 del fondo interessato da quella dismissione di rifiuti quest’ultimo versasse “in stato di abbandono…incolto…e allora soggetto ad essere incendiato” e fosse caratterizzato dalla presenza di “piante bruciate” si da potersi ragionevolmente escludere – in funzione della procedibilità d’ufficio del reato – la configurazione della circostanza aggravante rappresentata dalla concreta capacità “fruttifera” di alberi eo arbusti sottoposti a danneggiamento.


P. Q. M.


Il Giudice del Tribunale in composizione monocratica, visto l’art 530 c.p p., assolve C. G. e P. F. dalle imputazioni loro rispettivamente ascrive sub A) e C) perché i fatti non costituiscono reati, ordinando la trasmissione degli atti all’autorità amministrativa competente per l’eventuale adozione delle misure sanzionatorie di legge.
Visto l’art.531 c.p.p., dichiara non doversi procedere nei confronti del C. in ordine al reato continuato ulteriommente ascrittogli, ritenuta l’insussistenza dell’aggravante di cui al n. 5) del II comma dell’art 635 c.p., perché lo stesso è estinto per remissione di querela, con la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali anticipate dallo Stato.
Ordina la confisca e distruzione di quanto in sequestro.
Cosi deciso in Andria, addì 26 gennaio 2005


Il Giudice
Dott. Francesco Maria Rizzi