REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di Trani
Sezione distaccata di Barletta


Il Giudice Unico Dott. Riccardo Leonetti ha pronunciato la seguente


SENTENZA


nella causa civile iscritta nel registro generale affari contenziosi dell’ex Pretura Circ. di Trani – Sezione distaccata di Barletta sotto il numero d’ordine 3850 dell’anno 1996


TRA


C. M. C. D., C. M. e D. L. O., tutti elettivamente do-miciliati in Barletta presso lo studio dell’avv. R. B., da cui sono rappresentati e difesi, come da procura a margine dell’atto di citazione- Attori –


CONTRO


R. M., elettivamente domiciliata in Barletta presso lo stu-dio dell’avv. M. C. C., dal quale è rappresentata e difesa, come da procura a margine della comparsa di costituzione e risposta- Convenuta –


Oggetto: merito possessorio

All’udienza del 29.6.04, la causa veniva riservata per la decisione sulle conclusioni così precisate dalle parti:
per gli attori: “riportandosi all’atto introduttivo del giu-dizio nonché ai precedenti scritti difensivi (verbali d’udienza 21.1.97; 24.2.97; 3.12.97; 27.4.99) precisa le con-clusioni così come rassegnate con l’atto di citazione e come integrate e/o modificate all’udienza di trattazione del 27.4.99, chiedendo che codesto On.le Tribunale voglia così decidere:



  1. previa conferma dell’ordinanza emessa a conclu-sione della fase sommario-cautelare l’11/12.9.96 dal V. Pre-tore designato Avv. G. M., comunicata il 16.9.1996, nonchè conferma della più ampia tutela concessa in fase di reclamo ex art.669 terdecies c.p.c. dal Tribunale di Trani con ordi-nanza collegiale resa in data 22.10-6.11.1996 e rigetto di ogni avversa domanda ed eccezione, accertato lo ius posses-sionis della servitù negativa di affaccio e di veduta gravan-te sulla terrazza dell’appartamento di proprietà della conve-nuta ed a favore dell’immobile degli attori per il fronte prospiciente la Via degli O. e la turbativa verificatasi, dichiarare l’illegittimità dello spoglio operatone dalla con-venuta R. M..

  2. Per l’effetto, attesa l’illegittimità del comportamento tenuto dalla Sig.ra R., condannare quest’ultima al risarcimento (integrativo) dei danni subiti dall’attore a causa della ingiusta lesione del possesso e mancato godimento temporaneo del bene, nonché ex art.96 c.p.c., stante l’osti-nato e defatigante comportamento ostruzionistico dalla mede-sima tenuto nel giudizio, valutabili anche d’ufficio in via equitativa.

  3. In estremo subordine, nella denegata ipotesi non venisse disposta la reintegra dei ricorrenti nel possesso della suddetta servitù, condannare l’odierna convenuta al risarcimento dei danni (sostitutivo) pari all’intero valore del diritto perduto, da quantificarsi in via equitativa in un valore non inferiore a € 100.000,00.

  4. Condannare la conve-nuta al pagamento in favore del sottoscritto procuratore, che si dichiara anticipatario, di tutte le spese e competenze del presente giudizio nonché di quelle inerenti la fase cautela-re-somM. (innanzi al Pretore), la fase del reclamo e la fase concernente la modalità di esecuzione del procedimento caute-lare (contenente istanze di inefficacia, revoca, modifica, etc. del provvedimento collegiale), incardinate presso il Tribunale di Trani (fascicolo d’ufficio iscritto al n.2851/96 R.G.A.C.) nonché le spese e competenze giudiziali inerenti la fase esecutiva, per la quale ultima si precisa che sono state rimborsate le sole spese vive anticipate dai ricorrenti C.-D. per eseguire in luogo e in danno della resistente il provve-dimento giudiziario ripristinatorio, stante l’inottemperanza della R. all’ordine del Tribunale (cfr. sentenza n.257/2003 del Tribunale di Trani nel giudizio di opposizione a d.i. n.1153/99, che si produce).

  5. Condannare, infine, la conve-nuta al rimborso a favore degli attori delle spese di CTU disposta dal Tribunale di Trani nella fase concernente le modalità di esecuzione (fattura ing. R. B. n.17/97 del 10.5.97 per vecchie L.528.222) nonché dal Pretore di Barletta nel presente giudizio di merito (fattura ing. R. B. n.22/97 del 29.9.97 per vecchie L.325.663), per un ammontare comples-sivo pari ad € 440,99″;

per la convenuta: “precisa le conclusioni chiedendo il riget-to delle domande avverse in quanto inammissibili e infondate. Ribadisce la eccezione di inammissibilità in ordine alla do-manda di risarcimento danni ex art.96 c.p.c. in quanto propo-sta tardivamente. Insiste, per il resto, nella richiesta di accoglimento delle conclusioni tutte formulate nella comparsa di costituzione e in corso di causa. Vinte le spese ed onora-ri di causa, anche inerenti alle fasi cautelari e di reclamo, e il rimborso di quanto già corrisposto alla avversa parte, oltre ad interessi”.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con ricorso depositato il 6.2.96 C. M. C. D., C. M. e D. L. O., nelle rispettive qualità di proprietaria (la prima) e usufruttuari (gli altri due) di appartamento al nono piano dell’edificio ubicato in Barletta a via degli O. n.11, pre-messo che con atto di vendita 20.1.67 e atto di transazione 19.7.71 era stata costituita – in favore di detto immobile e a carico dell’appartamento soprastante posto al decimo e ul-timo piano (all’epoca di proprietà di S. L. e S. A.) – una servitù consistente nel divieto di veduta e di affaccio di-retto sulla veranda dell’appartamento inferiore (servitù da esercitarsi mediante installazione sulla terrazza dell’appar-tamento superiore di una ringhiera alta due metri posta a un metro di distanza da altra ringhiera – alta la metà – già ubicata sulla linea di gronda per tutto il fronte di via de-gli O.), lamentavano che a partire dal gennaio 1996 l’eserci-zio di detto diritto reale, sino ad allora pacifico e conti-nuativo, fosse stato impedito dalla rimozione della ringhiera più alta ad opera della nuova proprietaria dell’appartamento al decimo piano R. M.. Ciò premesso, i ricorrenti chiedevano in via interdittale la reintegrazione nel possesso della sud-detta servitù negativa mediante ripristino della ringhiera rimossa, con vittoria di spese.
 A seguito di rituale notificazione del ricorso e del pedissequo decreto di comparizione delle parti si costituiva R. M. ed eccepiva che la ringhiera più alta era stata realiz-zata dai suoi danti causa in modo provvisorio e comunque non impeditivo del passaggio (servendo solo come separazione da un loro cane mordace), sicchè i proprietari del decimo piano avevano sempre praticato l’affaccio e la veduta (e per con-verso i ricorrenti non avevano mai esercitato la pretesa ser-vitù negativa), tanto più che essi avevano acquistato l’immo-bile libero da qualsiasi servitù, mentre gli atti invocati dai ricorrenti erano costitutivi di meri rapporti obbligatori e comunque erano inopponibili in quanto non trascritti. Con-cludeva pertanto per il rigetto del ricorso con vittoria di spese di lite.
 Istruita la causa mediante audizione di alcuni informa-tori, con ordinanza 11-12.9.96 l’adito Vice Pretore accoglie-va il ricorso e, per l’effetto, dichiarava illegittimo lo spoglio operato dalla R., disattendendo invece la richiesta dei ricorrenti di ripristino del manufatto (in quanto riguar-dante opera perita e come tale esorbitante dall’ambito della tutela possessoria) e fissando il termine di gg.30 per l’ini-zio della causa di merito.
 Avverso detto provvedimento entrambe le parti propone-vano reclamo innanzi al Tribunale di Trani in composizione collegiale. In particolare, i ricorrenti si dolevano della mancata pronuncia dell’ordine di ripristino (osservando al riguardo che oggetto dello spoglio non era stata la res ri-mossa sibbene la stessa servitù negativa esercitata attraver-so di essa), mentre con reclamo incidentale i resistenti ri-proponevano sostanzialmente le eccezioni già sollevate, dedu-cendo altresì – alla luce della struttura monofasica del giu-dizio possessorio – l’improponibilità del reclamo avverso la misura interdittale.
 Con ordinanza 22.10.-6.11.96 il Collegio, rigettato il reclamo incidentale, accoglieva quello principale spiegato dai C.-D. e, per l’effetto, ordinava alla R. di realizzare una ringhiera con caratteristiche identiche a quelle del ma-nufatto rimosso.
 Con citazione notificata il 12.10.96 C. M. C. D., C. M. e D. L. O. provvedevano ad instaurare il giudizio di merito possessorio nei confronti di R. M., richiamando le argomenta-zioni sostenute nella fase interdittale e concludendo per la conferma dei provvedimenti ivi adottati, con condanna della convenuta al risarcimento integrativo del danno al loro pos-sesso (o in subordine, in caso di mancata reintegrazione, al risarcimento in funzione sostitutiva), con vittoria di spese, ivi comprese quelle delle due fasi del giudizio sommario.
 Nelle more dell’udienza di prima comparizione davanti al giudice del merito, i medesimi ricorrenti adivano nuova-mente il giudice del reclamo, denunciando l’inottemperanza della controparte al provvedimento ripristinatorio interdit-tale e chiedendo determinarsi ex art.669 duodecies c.p.c. le modalità attuative dello stesso.
 In entrambe le sedi resisteva la R..
In sede attuativa della misura interdittale, la resi-stente depositava in data 24.12.96 comparsa con cui eccepiva da un lato la sopravvenuta inefficacia del provvedimento da attuare (per avere le controparti notificato la citazione alla parte personalmente anziché al procuratore costituito), dall’altro l’avvenuta realizzazione da parte sua, nelle more, di opere idonee ad escludere l’affaccio.
 In sede di merito, la R. si costituiva con comparsa de-positata il 21.1.97 e, nel ribadire l’eccezione di sopravve-nuta inefficacia dell’ordinanza per irrituale notificazione, reiterava e precisava le argomentazioni ed eccezioni già svolte in sede interdittale, concludendo per la declaratoria di inefficacia del provvedimento emesso o, in subordine, per la sua improponibilità per decorso del termine annuale ovvero ancora, in via ancor più gradata, per il suo rigetto (mancan-do i presupposti di legge e comunque avendo il diritto di chiudere la sua proprietà nei modi ritenuti più opportuni), con rigetto altresì delle domande risarcitorie e con condanna della controparte alla rifusione delle spese delle varie fasi del giudizio.
 Le eccezioni sollevate dalla R. in sede di attuazione erano rigettate dal collegio, che con ordinanza 21-24.1.97 nominava CTU con l’incarico di verificare la conformità al-l’ordine giudiziale dei manufatti frattanto realizzati dalla resistente e, in difetto, di reperire presso due ditte spe-cializzate i preventivi della spesa necessaria ad attuare la misura, con riserva di ogni altro provvedimento necessario all’attuazione.
 Successivamente, la R. assumeva iniziative in entrambe le sedi sopra indicate.
Precisamente, in sede di merito la convenuta chiedeva – con ricorso depositato il 6.2.97 – di revocare ovvero modifi-care e/o integrare i provvedimenti interdittali già emessi, all’uopo richiamando le argomentazioni ed eccezioni già svol-te in sede somM. e nel pendente procedimento attuativo.
 In sede di attuazione, invece, la medesima chiedeva al giudice collegiale del reclamo – con ricorso depositato il 21.3.97 – la rimessione al giudice del merito della determi-nazione delle modalità di attuazione, o in subordine la modi-fica o integrazione del provvedimento cautelare, o ancora in subordine la sospensione del procedimento attuativo, giusti-ficando tali richieste con la richiesta di revoca o modifica o integrazione già avanzata nel giudizio di merito, nonché con l’adozione – in altro giudizio cautelare promosso dai ricorrenti nei confronti suoi e del condominio – di ordinanza con cui si ordinavano lavori di impermeabilizzazione sul ter-razzo in contestazione.
 Anche queste ultime richieste venivano però rigettate dal Collegio, che con ordinanza depositata il 2.5.97, preso atto di quanto rilevato dal nominato CTU circa la difformità del manufatto realizzato dalla R. rispetto a quello preesi-stente, ordinava a quest’ultima di ripristinare a sue spese entro 60 gg. dalla comunicazione dell’ordinanza – a mezzo della ditta selezionata – una ringhiera con le caratteristi-che già specificate, autorizzando in caso di inottemperanza i ricorrenti a procedervi a mezzo della medesima ditta, con anticipo delle spese e S. rimborso.
 In accoglimento di nuova richiesta depositata dai ri-correnti il 21.11.97 per la determinazione di ulteriori moda-lità di attuazione (stante la mancata esecuzione dei lavori da parte della R.), con ordinanza depositata il 20.2.98 il Collegio incaricava l’Ufficiale Giudiziario addetto alla Se-zione distaccata di Barletta della Pretura Circondariale di Trani e il già nominato CTU di accedere alla proprietà R. ed ivi fare eseguire dalla impresa prescelta i lavori di ripri-stino già autorizzati; esecuzione che veniva ultimata in data 20.5.98.
 Nel presente giudizio di merito, frattanto, il Giudice, dopo aver disposto con ordinanza depositata il 9.5.97 ispe-zione giudiziale dei luoghi a mezzo di CTU all’uopo nominato, con altra ordinanza depositata il 6.12.97 rigettava la ri-chiesta della R. di revoca, modifica o integrazione del prov-vedimento interdittale.
Istruita la causa mediante espletamento di alcune prove testimoniali articolate dalle parti, ed acquisiti i fascicoli d’ufficio relativi al giudizio sommario, all’udienza del 29.6.04 le parti precisavano le rispettive conclusioni e il giudice si riservava per la decisione, con termini per il deposito di scritti conclusivi.


MOTIVI DELLA DECISIONE


All’esito dell’istruttoria espletata, deve concludersi che la domanda di reintegrazione nel possesso avanzata dagli odierni attori è senz’altro fondata e va dunque accolta, con integra-le conferma del provvedimento reso in data 22.10.-6.11.96 dal Tribunale di Trani in composizione collegiale in sede di re-clamo avverso l’interdetto pronunciato il precedente 11-12.9.96 dalla Sezione distaccata di Barletta della Pretura Circondariale di Trani.
 Preliminarmente all’esame del merito vanno affrontate e risolte, nel senso della loro infondatezza, le eccezioni di rito sollevate da parte convenuta nel corso del giudizio.
 In primo luogo non merita accoglimento l’eccezione del-la convenuta – già sollevata in sede di reclamo e riproposta nel presente giudizio – secondo cui l’ordinanza interdittale sarebbe divenuta inefficace ex art.669 novies per mancata sua notificazione al procuratore costituito della resistente nel termine di gg.30 fissato nella stessa ordinanza.
 A parte il già decisivo rilievo che l’efficacia del provvedimento interinale è comunque destinata a venire meno a seguito dell’assorbente pronuncia sul merito possessorio (la quale a sua volta interviene in un momento in cui la misura d’urgenza risulta già totalmente eseguita), vale osservare che la giurisprudenza formatasi a seguito della nota pronun-cia delle SS.UU. n.1984/98, pur dividendosi sulla natura del provvedimento interdittale che fissi un termine per l’inizio della causa di merito, nega concordemente che il mancato ri-spetto di tale termine possa comportare l’inefficacia del-l’ordinanza ai sensi dell’art.669 novies c.p.c. (cfr. Cass. 12702/02); fermo restando che l’ordinanza risulta comunque notificata tempestivamente nei confronti della parte, che costituendosi ha sanato eventuali nullità della notificazione ai sensi del combinato disposto degli artt.160 e 156 u.c. c.p.c. .
 In secondo luogo, va rigettata l’eccezione della R. se-condo cui i ricorrenti sarebbero decaduti dal diritto di agi-re a tutela del proprio possesso per essere decorso il termi-ne annuale previsto dalla legge.
 Non vi è dubbio, infatti, che la lamentata rimozione della ringhiera – pacificamente avvenuta ad opera della R. e dunque in momento successivo al suo acquisto del 25.10.95 – costituisca un atto del tutto nuovo ed autonomo rispetto alle altre diverse condotte di spoglio eventualmente poste in es-sere dai precedenti proprietari dell’appartamento superiore; e che pertanto, alla stregua di consolidata giurisprudenza (Cass.7865/90), dal suo compimento decorra un nuovo termine annuale di esperibilità dell’azione; con conseguente tempe-stività del ricorso in esame, depositato in cancelleria in data 6.2.96.
 Passando ora al merito, è utile premettere che il pos-sesso di una servitù negativa (nel quale gli odierni attori hanno chiesto ed ottenuto di essere reintegrati) si configura quando, al compimento di un atto iniziale attraverso cui il proprietario del fondo dominante manifesta una prohibitio, faccia seguito un’attitudine di osservanza da parte del pro-prietario del fondo servente, sempre che l’astensione non sia meramente causale ma si manifesti come effetto della volontà altrui (Cass.2229/79).
 Orbene, non vi è dubbio che, nella specie, ricorrano tutti i presupposti sopra indicati.
 Ed invero l’inequivoca volontà della proprietaria della veranda del nono piano di impedire ogni affaccio e veduta dal soprastante appartamento risulta ampiamente comprovata dalla documentazione in atti, considerato che l’atto pubblico di compravendita del 20.1.67 fa espressa menzione di una rin-ghiera di ferro posta ad oltre un metro dal filo di gronda ed esplicitamente deputata ad impedire l’altrui veduta ed affac-cio (cfr. doc. 1 fasc. attori giudizio sommario), mentre a sua volta l’atto di transazione 19.7.71 dà atto che detta ringhiera è stata sopraelevata come da impegni assunti dai costruttori, e ciò evidentemente al fine di meglio garantire la piena realizzazione degli scopi ad essa sottesi.
 Del pari, risulta adeguatamente dimostrata la condotta, tenuta nel corso degli anni dai danti causa dell’odierna con-venuta, di osservanza dell’originaria prohibitio.
 Sotto quest’ultimo profilo, infatti, non può darsi cre-dito alla tesi della R. secondo cui la ringhiera in discorso sarebbe stata eretta dai P. unicamente a scopo di protezione da un cane di indole aggressiva da loro posseduto, e comunque – anche per la presenza di un varco – non avrebbe impedito ai suddetti proprietari del piano superiore di affacciarsi verso la terrazza sottostante.
 Anzitutto, tale versione dei fatti contrasta insanabil-mente con la circostanza – attestata per tabulas – dell’esi-stenza di una ringhiera finalizzata ad impedire l’accesso all’area di affaccio fin dall’anno 1967, ossia ben tre anni prima che i P. acquistassero la proprietà e la disponibilità materiale dell’appartamento al decimo piano.
 A parte tale fondamentale rilievo (già di per sé deci-sivo ai fini di una valutazione di attendibilità delle di-chiarazioni rese sul punto), la versione dei fatti fornita dalla convenuta presenta ulteriori aspetti di debolezza con riferimento a ciascuna delle specifiche circostanze allegate.
Quanto alla pretesa finalità della recinzione di prote-zione dall’animale mordace, che pure trova riscontro in alcu-ne dichiarazioni (v. informatore Di S. e testi C. e T.), non ci si può esimere dal rilevare l’assoluta irragionevolezza del timore che il cane – vincendo i suoi naturali istinti – potesse risolversi ad intraprendere un balzo di vari metri. Inoltre neppure è dato comprendere il motivo per cui i P. avrebbero sentito il bisogno di creare una protezione ulte-riore rispetto alla ringhiera già esistente sulla linea di gronda (pur potendosi procedere più semplicemente alla sopra-elevazione di quest’ultima) né perché avrebbero dovuto collo-care la stessa sul solo fronte prospiciente la terrazza D. e non anche sugli altri fronti di articolazione del lastrico.
Quanto poi al preteso varco nella ringhiera, ne esclu-dono l’effettiva esistenza le dichiarazioni rese nella dupli-ce sede somM. e di merito da G. G., il quale ha riferito che in occasione dei lavori di ripristino della facciata del-l’edificio non rinvenne varchi di accesso al corridoio tra le due ringhiere, tanto da essere costretto ad aprirne uno per la durata dei lavori. Quanto poi alle dichiarazioni di con-trario tenore presenti in atti, esse hanno un valore relativo perché rese in sede sommaria. con valore di mero argomento di prova (v. informatore D. S.) o perché contraddittorie (v. F. A., che in sede testimoniale riduce le dimensioni del varco e precisa di non esserne sicuro) o perché di relativa attendi-bilità per via di rappO. personali con la parte (v. teste C.) o dell’esistenza di un interesse ad evitare responsabilità (v. lettera 15.6.96 a firma di P. L.). Tali dichiarazioni, inoltre, trovano decisiva smentita nelle fotografie versate in atti dagli attori (in buona parte confermate sotto giura-mento dal teste M. A.), che attestano lo sviluppo lineare ed ininterrotto della ringhiera lungo tutto il fronte interessa-to; né a contrario avviso induce il contenuto della CTU P. che – contrariamente a quanto affermato da parte convenuta – non comprova in alcun modo l’esistenza di varchi nel manufat-to in contestazione.
D’altra parte deve aggiungersi che, quand’anche si ri-tenesse raggiunta la prova della possibilità della famiglia P. di accedere – attraverso un varco – al corridoio interno alle due ringhiere, resta indimostrato che i suoi componenti se ne siano avvalsi per affacciarsi verso l’appartamento in-feriore, posto che nessun informatore ha confermato in modo chiaro e specifico tale circostanza, ed anzi all’udienza del 27.6.96 l’informatore Di S. C. ha espressamente riferito che i P. penetravano nel corridoio soltanto per pulirlo e per curare piante ivi allocate, ossia per attività saltuarie e comunque non incompatibili con l’osservanza sostanziale del divieto di affaccio.
Né può utilmente sostenersi da parte della R. che il mancato uso delle facoltà di affaccio e veduta da parte dei proprietari dell’appartamento al decimo piano (mancato uso che tra l’altro si pone in significativa contraddizione con la diversa tesi difensiva secondo cui negli anni i P. avreb-bero esercitato l’affaccio) rientrava nei poteri dominicali ed in particolare costituiva mera tolleranza, in quanto tale inidonea a fondare un possesso meritevole di giuridica tutela.
A parte il fatto che nella fattispecie è riscontrabile non soltanto l’astensione dei P. ma anche la prohibitio del confinante (nonché – come di seguito si dirà – il nesso tra i due elementi), il richiamo all’art.1144 in tema di tolleranza non è pertinente; e ciò in quanto tale disposizione parla di atti di signoria sulla cosa compiuti con la tolleranza del proprietario della stessa, mentre nella specie gli attori non hanno compiuto alcun atto oggetto di una possibile tolleran-za, concretandosi il loro possesso di servitù negativa in null’altro che nel godimento dell’altrui astensione. Diversa-mente opinando, si perverrebbe incongruamente a configurare la tolleranza anche nella condotta di colui che non agisce a fronte di un altrui godimento che ha ad oggetto proprio la sua stessa inazione.
Ciò posto, neppure può mettersi in dubbio che la con-dotta dei P. di pressocchè totale astensione dall’esercizio della facoltà di veduta ed affaccio sull’immobile sottostan-te, lungi dall’essere casuale, si ricolleghi all’originaria prohibitio del proprietario del fondo dominante, dovendosi in proposito valorizzare l’esplicita volontà manifestata in tal senso dai proprietari dei due fondi sin dal 1967.
Soltanto a quest’ultimo fine, e dunque in definitiva ad colorandam possessionem (per acquisire cioè elementi circa le caratteristiche e l’estensione di un possesso già dimostrato aliunde) risulta ammissibile nel presente giudizio di merito possessorio un richiamo ai titoli.
Al contrario non possono essere considerate le eccezio-ni di tipo petitorio sollevate dalla R. nel corso del giudi-zio con riferimento alla natura meramente obbligatoria della servitù ed alla omessa trascrizione del titolo che la contem-pla. E d’altra parte, anche ad ipotizzare che tali eccezioni siano ammissibili, esse appaiono prive di effettiva consi-stenza, atteso che la servitù negativa (da tenere concettual-mente distinta dall’obbligazione di elevare il manufatto fun-zionale all’esercizio del diritto) risulta già costituita e trascritta nell’anno 1967, con conseguente sua piena opponi-bilità ai terzi anche a prescindere dal compimento di ulte-riori formalità riferite al fondo servente (cfr. Cass. 3590/93).
Una volta dimostrato – per le ragioni sin qui enunciate – che gli odierni attori esercitano sulla cosa una signoria di fatto corrispondente nei contenuti ad una servitù negativa di affaccio e veduta, non vi è dubbio che essi siano stati privati di tale possesso a seguito della rimozione della rin-ghiera più alta ad opera di parte convenuta.
Quest’ultima, a tal riguardo, si difende deducendo di avere realizzato al posto della ringhiera, nell’esercizio della sua facoltà di chiudere nel modo più idoneo la cosa di proprietà (facoltà di cui chiede l’accertamento incidentale), altre opere idonee a rendere impossibile l’affaccio e così ripristinare l’altrui servitù negativa.
Senonchè tale tesi difensiva, pur tempestivamente avan-zata (sostanziandosi al più in un’eccezione riconvenzionale), è infondata, poiché se è vero in via generale ed astratta che il proprietario può chiudere il proprio fondo (art.841 c.c.) nel rispetto dei limiti di legge (art.842 ss. c.c.) e dei diritti altrui, è anche vero che nel caso di specie la rimo-zione della ringhiera ha inciso negativamente sul possesso delle controparti, né è dimostrato che tale lesione sia venu-ta meno con la realizzazione di altro manufatto ligneo (poi rimosso), il quale anzi – come evidenziato in sede di attua-zione dalla CTU 18-23.3.97  e dai relativi allegati fotogra-fici, non soltanto non corrispondeva a quanto ordinato dal giudice del reclamo, ma per le sue caratteristiche (minore distanza dalla ringhiera posta sulla linea di gronda, lar-ghezza delle maglie quadrate, presenza di varchi) non era idonea ad impedire l’affaccio e la veduta sul fondo degli attori nella stessa misura del precedente manufatto metalli-co.
Pochi cenni, infine, merita la valutazione della ricor-renza, nella specie, dei presupposti della violenza dello spoglio e dell’animus spoliandi da parte della convenuta.
Invero non può dubitarsi che la R. – nel rimuovere la originaria ringhiera – abbia agito contro la volontà dei pos-sessori e con la consapevolezza di privarli della servitù negativa, essendo entrambi gli aspetti inequivocabilmente provati sia dall’essere il manufatto visibilmente preordinato ad impedire l’affaccio e la veduta (posto che un acquirente di media diligenza non può ragionevolmente confidare nelle vaghe spiegazioni fornite dalla venditrice in sede di tratta-tiva), sia dall’avere i possessori notificato alla R. in data 22.11.95 un atto stragiudiziale di invito e diffido con cui illustravano ampiamente la situazione dei due immobili confi-nanti.
Poiché dunque, alla luce di quanto sin qui esposto, la domanda di tutela del possesso risulta fondata, essa va sen-z’altro accolta, con conferma integrale del provvedimento interdittale, e ciò con riferimento al maggior contenuto da esso assunto in sede di reclamo, dovendosi in proposito con-dividere appieno le argomentazioni svolte in quella sede, secondo cui la distruzione anche totale dell’opera attraverso la quale si assicura la strumentalità tra i due fondi serven-te e dominante non preclude di domandare in sede di reinte-grazione il ripristino dell’opera rimossa, atteso che con tale ripristino il possessore viene rimesso nella preesisten-te situazione di fatto (Cass.3731/85).
Passando ora alle pretese risarcitorie avanzate dai ri-correnti, e premesso che la conferma integrale dell’ordinanza resa in sede di reclamo rende superfluo l’esame della domanda subordinata di risarcimento danni definito “sostitutivo”, va anzitutto esaminata la richiesta di risarcimento dei danni con funzione c.d. integrativa, ossia finalizzata a compensare gli istanti del mancato godimento nel periodo intercorrente tra il compimento della lesione (gennaio 1996) e il recupero del possesso (avvenuto con il completamento dei lavori di apposizione della nuova ringhiera in data 20.5.98: cfr. rela-zione del CTU depositata il 4.6.98).
Tale domanda va anzitutto ritenuta ritualmente propo-sta, non potendosi accogliere l’eccezione di tardività solle-vata dalla convenuta, e ciò in quanto la pretesa – avente tra l’altro carattere accessorio rispetto a quella di reintegra-zione – è stata avanzata fin dall’atto introduttivo del pre-sente giudizio e comunque nell’ambito dell’anno utile per la proposizione della richiesta di tutela del possesso.
Nel merito, poi, tale domanda è fondata, in quanto su-bordinata alla ricorrenza dei medesimi presupposti richiesti per la reintegrazione, presupposti già sopra positivamente verificati.
In ordine al quantum, la prova dell’effettivo danno su-bito dagli attori a seguito della privazione – per circa trenta mesi – della servitù negativa di affaccio e veduta è praticamente impossibile (tanto che gli attori non hanno chiesto l’ammissione di prove sul punto), sicchè si impone una valutazione di tipo equitativo ai sensi dell’art.1226 c.c. come richiamato dall’art.2056 c.c. .
In particolare, assumendo come tendenziale valore di riferimento il notorio valore locativo in zona di immobili di analoghe caratteristiche, e riducendolo proporzionalmente per tenere conto del fatto che la lesione ha riguardato solo un aspetto del godimento dell’immobile, si stima equo liquidare l’importo complessivo di € 5.000,00, già rivalutati all’at-tualità per tenere conto della sua natura di debito di valo-re.
Va invece rigettata la domanda, pure tempestivamente formulata dagli attori (cfr. Cass. 3967/99), di risarcimento dei danni ex art.96 c.p.c. per lite c.d. temeraria.
Infatti, anche a ritenere che la strenua resistenza op-posta dalla R. alle pretese attoree nelle sedi somM. e di merito abbia esorbitato dal legittimo esercizio del diritto di difesa per assurgere ad un vero e proprio abuso di dirit-to, accompagnato dall’elemento soggettivo della mala fede processuale, risulta decisivo ai fini del rigetto della do-manda il rilievo che gli attori non hanno allegato né tanto meno provato – come era loro preciso onere (cfr. da ultimo Cass.18169/04) – che dalla condotta processuale della R. sia loro derivato un danno diverso e ulteriore rispetto a quello consistente nelle spese di lite; spese, queste ultime, che trovano già adeguato regolamentazione attraverso l’applica-zione degli ordinari principi vigenti in materia.
Passando appunto ad esaminare il profilo delle spese di lite, esse, liquidate come da dispositivo, incombono senz’al-tro sulla convenuta in quanto soccombente.
In particolare, sono anzitutto a carico della R. le spese del giudizio di merito possessorio.
Incombono poi sulla medesima le spese processuali so-stenute dalla controparte nel giudizio sommario, ivi comprese quelle della fase di reclamo e di quella attuativo-esecutiva.
Sono infine a carico della convenuta gli importi, documentati da fatture, versati dagli attori all’ing. B. a liqui-dazione dell’intero compenso della prima CTU svolta in sede di attuazione (€ 272,80, compresi accessori) nonché di metà del compenso della CTU svolta in sede di merito (€ 168,19). Nulla spetta invece a titolo di rimborso delle somme antici-pate dagli attori al consulente in occasione della seconda CTU espletata in sede di attuazione, poiché esse risultano essere state rimborsate spontaneamente, al pari di altre voci di spesa, dalla convenuta (cfr. doc. n. 15 fascicolo di meri-to di parte attrice).
Degli onorari non riscossi e delle spese anticipate va disposta la distrazione in favore dell’avv. R. B., dichiaratosi antistatario.


P.Q.M.


Il Giudice Unico del Tribunale di Trani, Sezione distaccata di Barletta, definitivamente pronunciando sulla domanda pro-posta, con atto di citazione notificato il 12.10.96, da C. M. C. D., C. M. e D. L. O. nei confronti di R. M., così provve-de:
1) accoglie la domanda di reintegrazione nel possesso e, per l’effetto, conferma integralmente l’ordinanza pronunciata il 22.10.-6.11.96 dal Tribunale di Trani in composizione collegiale in sede di reclamo avverso l’interdetto pronun-ciato il 11-12.9.96 dalla Sezione distaccata di Barletta della Pretura Circondariale di Trani;
2) accoglie la domanda di risarcimento dei danni da perdita temporanea del possesso e, per l’effetto, condanna R. M. a pagare in favore degli attori l’importo equitativamente de-terminato in complessivi € 5.000,00, importo già rivalutato all’attualità;
3) rigetta la domanda di risarcimento dei danni per responsa-bilità aggravata ex art.96 c.p.c.;
4) condanna la convenuta a rifondere agli attori le spese so-stenute nelle due sedi sommarie. e di merito, spese che li-quida per il presente giudizio di merito in complessivi € 6.243,51 (€ 157,51 per esborsi, € 3.086,00 per diritti ed € 3.000,00 per onorari) e per il giudizio sommario, comprese le fasi di reclamo e di attuazione, in ulteriori complessi-vi € 6.175,34 (€ 524,7 per esborsi, € 3.487,64 per diritti ed € 2.163,00 per onorari), oltre RSG, CAP e IVA come per legge;
5) pone in via definitiva a carico della R. il costo della prima delle CTU espletate in sede di attuazione (€ 272,80) e di metà della CTU espletata nella presente sede di merito (€ 168,20), per complessivi € 440,99,00, comprensivi di ac-cesori di legge;
6) dispone la distrazione degli onorari non riscossi e delle spese anticipate in favore dell’avv. R. B. nella dichiarata qualità di difensore anticipatario. 
Così deciso in Barletta il 15.1.05.


             Il Giudice
         dott. Riccardo Leonetti