REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di Trani
Sezione distaccata di Barletta
Il Giudice Unico Dott. Riccardo Leonetti ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta nel registro generale affari con-tenziosi dell’ex Pretura Circ. di Trani – Sezione distaccata di Barletta sotto il numero d’ordine 3483 dell’anno 1999
TRA
D. L. S., residente a Barletta ed ivi elettivamente domici-liato presso lo studio dell’avv. F. C., dal quale è rappre-sentato e difeso, come da procura in calce alla copia notifi-cata dell’atto di citazione – Attore –
CONTRO
F. F., residente a Barletta ed ivi elettivamente domiciliato presso lo studio degli avv.ti M. D. e G. D., dai quali è rap-presentato e difeso, come da procura a margine della comparsa di costituzione e risposta – Convenuto –
Oggetto: risarcimento danni da fatto illecito
All’udienza del 5.10.04, la causa veniva riservata per la decisione sulle conclusioni così precisate dalle parti:
per l’attore: “riportandosi a quanto dedotto eccepito e ri-chiesto in corso di causa confermato dalla consulenza esple-tata e dalle prove testimoniali. Rileva che le informative richieste all’ENEL non sono ancora pervenute per cui chiede di essere autorizzato eventualmente al deposito unitamente alla comparsa conclusionale trattandosi di informative dalle quali si dovrebbe accertare solo la data di sottoscrizione del contratto di F. per la somministrazione di energia elet-trica. Conclude pertanto per l’accoglimento della domanda come proposta con condanna del F. a tutti i danni verificatisi nell’appartamento accertati in corso di causa”;
per il convenuto: “riportandosi integralmente a quanto esposto, dedotto, eccepito e prodotto in corso di causa. Con vittoria di spese e competenze legali”.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 20.5.99 D. L. S., proprietario di appartamento al 2° piano dello stabile sito in Barletta a via S. F. d’Assisi n.100 (locato ad uso abitativo a F. F. con contratto del 29.1.98) e del sottostante appartamento al 1° piano (ceduto in comodato a D. L. E.), lamentava che nel-l’agosto del 1997, a seguito della rottura di una lavatrice nell’appartamento condotto dal F., nell’unità abitativa sot-tostante si era verificata una massiccia infiltrazione d’ac-qua. Tanto premesso, non avendo avuto esito le richieste avanzate al conduttore per il risarcimento dei danni alle murature dell’immobile del primo piano, evocava il F. in giu-dizio per sentirlo condannare a risarcirgli i danni nella misura di L.7.373.650, con riserva di agire per il ristoro degli ulteriori danni subiti.
Con comparsa depositata il 21.9.99 si costituiva il convenuto ed eccepiva di non essere legittimato a contraddire giacchè a detta dello stesso attore l’evento produttivo si era verificato quando egli non conduceva ancora l’appartamen-to al secondo piano. Nel merito, eccepiva inoltre che la responsabilità dell’infiltrazione era attribuibile in via esclusiva alla rottura degli impianti idraulici e quindi allo stesso De L. in quanto proprietario dell’immobile soprastante. Il F. concludeva pertanto per la declaratoria di difetto di legittimazione passiva e, nel merito, per il rigetto della domanda, con vittoria di spese e risarcimento dei danni ex art.96 c.p.c. .
In sede di udienza di trattazione e di successive ap-pendici scritte ex art.183 c.p.c., l’attore deduceva di avere erroneamente indicato nel 29.1.98 l’inizio del rapporto di locazione, in realtà iniziato fin dall’1.1.89 (in forza di contratto non registrato perché non richiedente obbligatoria-mente tale formalità).
In sede di memoria istruttoria, il convenuto contestava l’entità del danno lamentato dall’attore e le deduzioni di quest’ultimo in ordine al rapporto di locazione.
La causa veniva istruita mediante l’interrogatorio for-male del convenuto, l’audizione di alcuni testimoni nonché l’espletamento di CTU. Parte attrice veniva inoltre autoriz-zata a chiedere all’ENEL informativa circa la data di stipula – da parte del F. – del contratto di somministrazione di energia elettrica.
All’udienza del 5.10.04 le parti precisavano le rispet-tive conclusioni e la causa veniva riservata per la decisio-ne, con termini per il deposito di scritti conclusivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve preliminarmente rilevarsi che l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dal convenuto sul presupposto di non essere conduttore dell’immobile all’epoca dell’evento dannoso appartiene in realtà – al pari di quella di responsabilità esclusiva del proprietario quale proprietario degli impianti idrici pretesa fonte del danno – al merito della controversia, giacchè con tali eccezioni il F. non mira a negare di rientrare tra i soggetti ai quali la legge riconosce in astratto il potere di resistere in giudizio alle pretese a titolo di responsabilità aquiliana, ma più semplicemente intende negare di essere – nel caso specifico – titolare passivo del rapporto obbligatorio controverso.
Riportata sul piano del merito, l’eccezione è peraltro infondata, posto che lo stesso convenuto, in sede di interrogatorio formale, ha ammesso in modo pieno ed inequivoco di avere condotto in locazione l’appartamento al secondo piano sin dal 1989, così confermando la cronologia degli eventi così come dedotta dall’attore e successivamente precisata dallo stesso nei termini fissati per l’emendatio libelli.
A quanto sopra consegue, di tutta evidenza, l’ irrilevanza della corposa attività istruttoria espletata nel corso del giudizio al fine di chiarire l’effettiva entità dei canoni di locazione pagati dal convenuto; circostanza, quest’ultima, che avrebbe avuto rilievo (trattandosi di giustificare con il basso importo del canone locativo la mancanza di prova scritta del primo periodo di locazione) soltanto laddove fosse rimasta indimostrata in via diretta l’anteriorità del rapporto di locazione rispetto all’evento dannoso.
Lo stesso dicasi per le informazioni chieste all’ENEL, peraltro mai trasmesse dall’ente.
Ciò posto, deve subito aggiungersi che la prova della qualità di conduttore del F. all’epoca in cui si è pacificamente verificata l’infiltrazione non vale di per sé a fondare la domanda risarcitoria.
L’accoglimento di quest’ultima (da inquadrarsi – nel-l’esercizio del potere-dovere di qualificazione giuridica della pretesa – nella speciale ipotesi di responsabilità da cose in custodia di cui all’art.2051 c.c.) postula infatti la dimostrazione degli elementi costitutivi della domanda, ossia per un verso l’essersi il danno verificato per il dinamismo connaturato della cosa custodita (nella specie la lavatrice) o per l’insorgenza in essa di un agente dannoso, per altro verso l’esistenza di un potere fisico del soggetto sulla cosa con conseguente dovere di custodirla (cfr. Cass.10641/02); tenuto altresì conto dell’eccezione del convenuto il quale, in una prospettiva eguale e contraria a quella di contropar-te, riconduce il danno all’impianto idraulico e lo imputa pertanto allo stesso De L. quale proprietario (e dunque cu-stode dell’impianto medesimo).
Ebbene, all’esito dell’attività istruttoria deve con-cludersi che la tesi dell’attore risulta sufficientemente provata e, per converso, smentita quella propugnata dal con-venuto, sicchè la domanda deve ritenersi fondata ed essere accolta per quanto di ragione.
Ed invero il CTU (con indagine tecnica che ben può con-siderarsi di tipo c.d. percipiente e dunque assurgere essa stessa a mezzo diretto di prova), pur non spingendosi ad in-dividuare con positiva certezza le cause dell’infiltrazione nella rottura e/o sfilamento delle tubazioni idriche degli elettrodomestici, ha escluso – alla luce delle caratteristi-che dei fenomeni di umidità riscontrati – che fonte di questi ultimi possa essere stata la rottura delle tubazioni sottotraccia (confermando inoltre la corrispondenza tra il locale adibito a lavanderia dal F. e le aree sottostanti interessate dalle infiltrazioni).
Tale conclusione negativa appare già di per sé suffi-ciente ad attribuire al conduttore F. la responsabilità del-l’accaduto, giacchè per giurisprudenza ormai consolidata della S.C. il criterio discretivo in materia è dato dalla dispo-nibilità in concreto delle cose fonte di danno, sicchè il proprietario è custode solo delle strutture murarie e degli impianti ivi inglobati (di cui conserva la giuridica disponi-bilità, senza poteri di intervento su di essi da parte del-l’inquilino), mentre per le restanti parti e per gli accesso-ri del bene locato è il conduttore ad essere responsabile in via esclusiva per i danni da essi provocati, salva la prova del fortuito, nella specie neppure dedotto dal convenuto (cfr. da ultimo, in relazione ad un’ipotesi del tutto analoga a quella in esame, Cass.2422/04).
La dedotta circostanza della rottura della lavatrice dei coniugi F. quale causa dell’infiltrazione dei relativi danni trova inoltre riscontro nelle prove orali.
Infatti D. L. E. ha riferito che nell’agosto del 1997, avendo verificato che dal piano superiore cadeva acqua nel-l’appartamento da lei occupato, si recò nell’appartamento soprastante, dapprima trovandolo vuoto, poi entrandovi con la moglie dell’attore, la quale ebbe a riferirle “che detto al-lagamento era stato causato dalla rottura della lavatrice che aveva lasciato in funzione prima di uscire di casa”.
Né vi è ragione per negare a tale testimonianza de re-lato, resa sotto giuramento e senza intrinseche contraddizioni, rilevanza probatoria, sia pure con la cautela imposta dallo stretto rapporto di parentela con l’attore. In particolare l’inutilizzabilità dei suddetti esiti probatori non può discendere dall’eccepita incapacità del teste giacchè, a pre-scindere dalla fondatezza dell’eccezione, l’incapacità del teste e la conseguente invalidità della prova sono state contestate per la prima volta in sede di memorie conclusive anziché – come si ritiene imponga l’art.246 c.p.c. – in sede di assunzione della prova o nella prima difesa successiva.
Per ragioni eguali e contrarie deve invece negarsi rilevanza alla testimonianza, di contenuto opposto, resa da B.A., moglie del convenuto, atteso che essa ha dichiarato di essere in comunione legale dei beni con il marito, con conseguente fondatezza dell’eccezione – sollevata ritualmente da parte attrice – di sua incapacità a testimoniare ex art.246 c.p.c., potendo il patrimonio comune venire decurtato in di-pendenza del giudizio di cui è parte l’altro coniuge (cfr. C. Cost.62/95).
Infine, argomenti di prova della tesi attorea possono senz’altro rinvenirsi nel comportamento processuale del con-venuto, il quale ha eccepito in via assorbente e preliminare la mancanza di una sua legittimazione a contraddire (eccezio-ne rivelatasi poi del tutto infondata per sua stessa ammis-sione), con ciò dimostrando di non volersi confrontare con la controparte sul merito della lite.
Alla luce di quanto sin qui detto, la domanda risarci-toria del D. L. deve pertanto ritenersi meritevole di acco-glimento.
Circa la quantificazione dei danni, deve anzitutto escludersi che l’importo degli stessi vada limitato a quello (L.2 mln) indicato dall’attore nella lettera del 4.12.98, non soltanto perché il preteso contenuto confessorio di tale nota è stato dedotto per la prima volta in sede di memorie istrut-torie (e dunque oltre i limiti fissati per eccepire fatti idonei a paralizzare – anche parzialmente – l’altrui prete-sa), ma anche perché la confessione deve vertere su fatti e non – come in ipotesi – su valutazioni; perché una quantifi-cazione in via stragiudiziale non può precludere una succes-siva più elevata pretesa giudiziale; e perché la maggior som-ma richiesta nella presente sede ben può giustificarsi con un aggravamento dei danni nel periodo intercorso tra la data dell’accertamento richiamato dalla lettera in discorso (no-vembre 1997) e la data dell’instaurazione del giudizio ri-sarC.rio.
Ciò posto, ai fini della liquidazione può senz’altro farsi riferimento all’importo (€ 3.215,23) indicato dal CTU nella sua relazione scritta, trattandosi di valutazione condivisibile perché fondata su criteri immuni da vizi logici e su di un’attenta indagine operata sui luoghi di causa.
D’altra parte, il F. non ha contestato in alcun modo i criteri utilizzati dal CTU per liquidare i danni, limitandosi a lamentare che i costi sarebbero stati calcolati ingiustificatamente per l’intero appartamento anziché per i singoli vani danneggiati dal fenomeno infiltrativo; doglianza tuttavia priva di fondamento, giacchè a ben vedere la liquidazione del CTU non ha riguardato l’intero appartamento, ma proprio i tre vani (salottino, studio e bagno) in cui egli ha riscon-trato danni, significativamente coincidenti con quelli indicati dal De L. sin dall’atto di citazione.
Né vale eccepire che l’attore avrebbe dovuto chiedere un accertamento tecnico preventivo al fine di provare la sua richiesta, essendo agevole replicare che l’a.t.p. è soltanto uno dei possibili mezzi utilizzabili per provare una pretesa che richieda conoscenze tecniche ignote al giudicante.
In conclusione, in accoglimento della domanda di De L. S., F. F. va condannato a pagare al primo l’importo di € 3.215,23 a titolo di risarcimento danni.
Detta somma riguarda un debito di valore e dunque va rivalutata, a prescindere da un’esplicita domanda in tal sen-so, mediante applicazione – dalla data dell’accertamento del CTU (aprile 2003) e sino all’attualità – degli indici istat sul costo della vita, quali affidabili indicatori della progressiva perdita di potere d’acquisto da parte della valuta nazionale.
Su tale importo rivalutato vanno poi calcolati gli interessi, dall’evento (agosto 1997) sino alla decisione, nella misura dell’1,5% annuo, misura che tiene conto del fatto di riferirsi fin dall’inizio ad un capitale rivalutato, anziché al capitale rivalutato di anno in anno (sulla possibilità per il giudicante di utilizzare tali criteri in via alternativa cfr. Cass. 20742/04).
Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Vanno infine poste definitivamente a carico di F. F. le spese di CTU (€ 750,94).
P.Q.M.
Il Giudice Unico del Tribunale di Trani, Sezione distaccata di Barletta, definitivamente pronunciando sulla domanda pro-posta, con citazione notificata il 20.5.99, da D. L. S. nei confronti di F. F., così provvede:
1) accoglie la domanda, per l’effetto, condanna F. F. a risar-cire a D. L. S. subìti nella misura complessiva di € 3.215,23, rivalutata dall’aprile 2003 sino all’attualità se-condo gli indici ISTAT, oltre interessi sulla somma così ri-valutata, nella misura equitativa dell’1,5% annuo dall’ago-sto 1997 sino alla decisione;
2) condanna altresì il convenuto a rifondere all’attore le spese di lite, che liquida nella misura di complessivi € 3.133,97, di cui € 333,97 per esborsi, € 1.400,00 per dirit-ti ed € 1.400,00 per onorari, oltre RSG, CAP e IVA come per legge;
3) pone definitivamente a carico del convenuto le spese di CTU.
Così deciso in Barletta il 22.2.05
Il Giudice
Dott. Riccardo Leonetti