REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di Trani
Il Giudice Unico dott. Riccardo Leonetti ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta nel registro generale affari contenziosi sotto il numero d’ordine 13158 dell’anno 2000
TRA
P. A., titolare dell’omonima ditta individuale corrente in Barletta, ivi elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. L. L., dal quale è rappresentato e difeso, come da procura a margine dell’atto di citazione – Attore e convenuto in riconvenzione –
CONTRO
B. P. D. B. scrl, in proprio e quale mandataria della E., in persona del legale rappresentante p.t., corrente in Bari ed elettivamente domiciliata in Trani (studio avv. A. T.), rappresentata e difesa, come da procura a margine della com-parsa di costituzione, dagli avv.ti G. G. e G. G.; – Convenuta e attrice in riconvenzione –
Oggetto: accertamento negativo
All’udienza del 16.7.04, la causa veniva riservata per la decisione sulle conclusioni così precisate dalle parti:
per il P.: “riportandosi ai propri scritti introduttivi e difensivi di cui chiede accoglimento con vittoria di onorari e di spese, alla luce delle positive risultanze peritali”;
per la banca: “riportandosi a tutti gli scritti difensivi, nonché alle risultanze della CTU, chiedendo il rigetto della domanda con vittoria di spese ed onorari”.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 22.2.00 P. A., titolare del c/c n.xx/x presso la succursale di Barletta della B. P. d. B., lamentava che quest’ultimo ente avesse posto in essere, nell’ambito del predetto rapporto bancario, tutta una serie di illeciti (applicazione di condizioni non concordate ed in particolare di interessi in misura superiore a quella pattui-ta; induzione a riconoscere il conseguente maggior debito mediante minaccia di ricorrere a imprecisati rimedi legali in suo danno; omesso invio degli estratti conto; tardiva resti-tuzione di assegno bancario protestato), sicchè evocava in giudizio la predetta succursale innanzi a questa Sezione distaccata per sentire dichiarare (previo accertamento dell’inadempimento delle condizioni contrattuali, dell’illegittimi-tà dei tassi di interesse applicati, della nullità dei documenti sottoscritti in bianco dall’attore in istato di bisogno, dei debiti e crediti reciproci) l’inesistenza di suoi obblighi nei confronti della banca in dipendenza dal rapporto di c/c in contestazione, con condanna anzi della medesima a pagare l’importo di L.30 mln (o altro importo ritenuto di giustizia), comprensivo sia delle somme indebitamente percepite dalla banca che del ristoro del danno commerciale e al-l’immagine; con vittoria di spese di lite, da distrarsi in favore del difensore dichiaratosi anticipatario.
Con comparsa depositata il 30.5.00 si costituiva la B. P. d. B. scrl, corrente in Bari, e, nel premettere di resi-stere nella qualità di mandataria della E. srl corrente in Roma (cui aveva ceduto ex L.130/99 il rapporto in contestazione, ricevendone mandato a gestire i relativi crediti anche in sede di recupero), eccepiva in via preliminare sia l’incompetenza del giudice adìto per essere territorialmente competente il Tribunale di Bari (in virtù di clausola debitamen-te sottoscritta dalle parti nonché della insussistenza – in capo alla succursale di Barletta – di personalità giuridica e poteri rappresentativi processuali) sia la nullità della citazione – ai sensi degli artt.163 n.4 e 164 c.p.c. – nelle parti relative all’illegittimità dei tassi di interesse pra-ticati e al preteso approfittamento dello stato di bisogno. Nel merito, deduceva di avere rispettato scrupolosamente le disposizioni di cui agli artt.116 ss. T.U.B., precisando in proposito che nell’accendere il c/c il P. aveva espressamente sottoscritto un documento contenente – anche mediante riferimento ad avvisi sintetici e fogli analitici – le condizioni applicabili al rapporto; che comunque tali condizioni erano desumibili dagli e/c inviati periodicamente al cliente; che lo ius variandi era stato esercitato nel rispetto delle disposizioni attuative della Banca d’Italia; che nessuna condotta illecita era configurabile con riferimento al preteso approfittamento dello stato di bisogno e alla restituzione dell’assegno protestato. Tanto premesso, la P. d. B. chiedeva dichiararsi l’incompetenza del giudice adito o in subordine la nullità della citazione; nel merito, chiedeva rigettarsi la domanda e, in via di riconvenzione, condannare il P. a pagarle, quale mandataria della E., l’importo di L.27.882.154 a titolo di saldo debitore del conto contestato, oltre inte-ressi dall’1.1.00 al tasso del 9,18%, con vittoria delle spese di giudizio.
In sede di memoria ex art.183 c.p.c., il P. formulava ulteriore doglianza relativa all’indebita capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi maturati sul c/c in contestazione.
Rigettate le richieste di prova orale articolate dalle parti, la causa veniva istruita mediante espletamento di CTU contabile. Quindi all’udienza del 16.7.04 le parti precisavano le rispettive conclusioni e la causa veniva riservata per la decisione, con termini per il deposito di scritti conclu-sivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda del P. è infondata e va dunque rigettata, mentre va accolta, per quanto di ragione, la domanda avanzata in via di riconvenzione dalla banca convenuta.
Preliminarmente deve rilevarsi l’infondatezza delle eccezioni di incompetenza territoriale sollevate dalla BPB.
Quanto all’affermazione secondo cui la competenza si radicherebbe nel Tribunale di Bari quale sede della banca convenuta (non rilevando la diversa sede della succursale interessata), vale osservare che, per costante giurisprudenza, il convenuto ha l’onere di contestare la competenza per territorio del giudice adìto sotto tutti i possibili profili, altrimenti radicandosi la competenza sulla base del criterio di competenza non contestato (cfr., ex multis, SS.UU. 248/99). A ciò consegue che nella specie, non avendo la banca contestato la competenza anche con riferimento ai due fori speciali facoltativi ex art.20 c.p.c., quest’ultima sussiste sulla base di tale disposizione, e ciò a prescindere da ogni questione relativa alla personalità giuridica e alla rappre-sentanza processuale delle succursali e dei preposti ad esse, questioni a ben vedere non riguardanti il profilo della com-petenza.
Quanto poi alla documentata esistenza, nel contratto in atti, di clausola – debitamente sottoscritta dal cliente – volta a radicare la competenza per territorio nel Foro di Bari, è sufficiente il rilievo che da tale clausola non risulta la volontà delle parti di configurare come esclusiva la competenza del Tribunale di Bari e per converso escludere ogni altro foro competente a conoscere del rapporto obbliga-torio tra le parti, non essendo sufficiente a tal fine l’ampia formula “per ogni controversia” (Cass.2214/01).
Sempre in via preliminare, va poi disattesa l’eccezione di nullità della citazione sollevata dalla banca convenuta con riferimento alla chiesta declaratoria di illegittima applicazione degli interessi passivi, essendo la doglianza formulata dal P. (con riferimento all’applicazione di interessi “più elevati di quelli originariamente convenuti”) sufficienti a soddisfare i requisiti richiesti dalla legge per l’atto introduttivo, tenuto anche conto del contenuto tecnico-contabile dell’azione, tale da non prestarsi ad una approfondita descrizione in fatto.
Passando finalmente al merito della domanda del P., le doglianze di quest’ultimo risultano fondate anzitutto con riferimento alla dedotta illecita applicazione, da parte della banca, di tassi di interessi e commissioni peggiorativi rispetto alle condizioni contrattuali originariamente concordate.
Ed invero, premesso che nel contratto 23.2.94 di apertura di c/c furono concordati – per quanto qui interessa – un tasso del 17,75% per gli interessi debitori su scoperto in-trafido ed un tasso dello 0,250% a titolo di c.m.s. (mentre nessun accordo ebbe ad oggetto il tasso di interessi debitori sugli sconfinamenti extrafido), dagli estratti conto in atti risulta che nel corso del rapporto sono stati applicati, anche sul presupposto dell’intervento di scoperture extrafido, tassi più elevati (fino al 19,750% per gli interessi passivi e fino allo 0,615% per la c.m.s.).
Senonchè tali variazioni sfavorevoli, la cui possibili-tà pure era stata prevista in contratto e sottoscritta dal P. ai sensi degli artt.1341-1342 c.c., non possono ritenersi lecite in forza del disposto degli artt.117-118 t.u.b. .
Anzitutto, infatti, l’applicazione di maggiori interes-si per scoperto extrafido non risulta essere mai stata stabilita contrattualmente, sicchè i relativi addebiti in corso di rapporto non si configurano come variazioni di un patto già intercorso tra banca e cliente, bensì come illecita applicazione unilaterale di una condizione mai concordata.
Inoltre, con riferimento alle variazioni (in senso sfavorevole al correntista) dei tassi originariamente concorda-ti, la banca non ha adeguatamente provato di avere esercitato lo ius variandi nel rispetto delle condizioni all’uopo richieste dal t.u.b. e dalla normativa secondaria vigente ratione temporis.
In particolare, a fronte dell’eccezione di parte convenuta di mancata ricezione degli e/c, non è stata fornita prova del fatto che essi siano effettivamente pervenuti nella sfera di conoscenza del correntista, non evincendosi tale circostanza – neppure presuntivamente – dalla documentazione prodotta in giudizio.
Poiché alla predetta violazione si ricollega l’inefficacia delle variazioni sfavorevoli applicate dalla banca, ne consegue che il saldo del conto in contestazione va depurato degli importi dovuti all’applicazione di tassi in misura superiore rispetto a quella originariamente concordata, ferma invece – ovviamente – la rilevanza delle variazioni in senso più favorevole al P..
Le doglianze dell’attore risultano altresì fondate con riferimento all’indebita applicazione, da parte della banca, del criterio di capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori.
In ordine a tale questione di nullità parziale del contratto, sollevata dall’attore in sede di memoria ex art.183 c.p.c. e comunque rilevabile d’ufficio, si ritiene di potere esaustivamente richiamare la recente e condivisibile pronun-cia delle Sezioni Unite della Cassazione n.21095 del 4.11.04, la quale ha confermato il principio, affermato dalla S.C. a partire da Cass.2374/99, secondo cui la clausola che preveda la periodicità trimestrale del calcolo degli interessi debitori è nulla nè può trovare ragioni di validità nell’esistenza di un uso normativo ai sensi dell’art.1283 c.c. in tema di anatocismo.
Alla declaratoria di nullità della clausola produttiva di interessi debitori con periodicità trimestrale consegue che il saldo del conto corrente intestato al P. va ricalcola-to mediante applicazione del diverso criterio della capitalizzazione annuale degli interessi passivi, criterio preferi-bile rispetto all’assoluta inapplicazione di meccanismi di capitalizzazione, trovando rispondenza nel principio di cui all’art.1284 c.c. oltre che in evidenti esigenze di perequa-zione del rapporto contrattuale tra le parti (cfr. in tal senso, tra le altre, Trib. Roma 28.11.02, e Trib. Reggio Calabria 28.6.02, in Giur. merito 2003, 899 ss.).
Entrambi i profili di ricalcolo sin qui descritti sono stati tenuti presente dal c.t.u. nominato, il quale nella sua relazione scritta ha – con procedimento logico del tutto condivisibile in quanto coerente con la documentazione in atti e con i criteri sopra enunciati – per un verso espunto le variazioni di tassi peggiorative rispetto all’originaria disciplina negoziale, per altro verso proceduto a ricalcolare il saldo finale applicando il criterio di capitalizzazione an-nuale in luogo di quello trimestrale.
A seguito delle suddette operazioni di ricalcolo contabile, è risultato che alla data di chiusura del conto (28.12.99) la banca aveva diritto di ricevere competenze per il complessivo (minor) importo di L.17.425.275 (pari a € 8.999,40); e che pertanto il saldo finale passivo del conto medesimo a quella data va ridotto sino alla misura di complessive L.21.404.144 (pari a € 11.054,32).
Da tale importo nulla va peraltro detratto a titolo di risarcimento dei danni asseritamente derivati al correntista dall’inadempimento contrattuale della banca, atteso che non è meritevole di accoglimento la domanda di condanna formulata in tal senso dal P..
Al riguardo si rileva che quest’ultimo ha riferito il danno al “danno commerciale subito…in virtù della ritardata consegna dell’assegno bancario innanzi menzionato, oltre che (al) danno all’immagine” (cfr. punto n.3 delle conclusioni rassegnate nell’atto introduttivo).
Senonchè dalla cronologia delle vicende relative a detto assegno, quale risulta dai documenti in atti, non emerge alcun significativo e colpevole ritardo della banca, né comunque – il che è di per sé assorbente di ogni altra considerazione – è dato ricavare la prova di un danno subito dal P..
Quanto poi al danno all’immagine, l’avere la banca chiesto al cliente la restituzione di un importo (circa L.28 mln) maggiore di quello (L.21,5 mln) effettivamente dovuto non può ragionevolmente ritenersi (con)causa di un eventuale danno all’immagine; danno che, se effettivamente si è verificato, è piuttosto da attribuire all’esercizio della facoltà di revoca da parte della banca (esercizio sulla cui liceità il P. nulla ha mai avuto da obiettare).
Del tutto generiche infine (e dunque non suscettibili di essere prese in considerazione) sono le doglianze dell’attore in via principale circa asserite vicende di sottoscri-zione in bianco dei documenti contrattuali e di approfittamento – da parte della banca – dello stato di bisogno del cliente, rispetto alle quali il P. non ha esperito gli appo-siti rimedi previsti dalla legge né ha fornito alcun elemento probatorio idoneo a supportare le proprie tesi difensive.
Alla luce di quanto sin qui esposto, va dunque rigetta-ta la domanda di accertamento negativo formulata dal P., risultando esistente, nella specie, un credito della banca convenuta.
Per converso va accolta, per quanto di ragione, la do-manda riconvenzionale spiegata dalla BPB, nella qualità di mandataria della cessionaria E.srl, nei confronti del P., con condanna di quest’ultimo a pagare il saldo passivo del c/c contestato, così come ricalcolato dal c.t.u. in ragione di € 11.054,32; oltre interessi al tasso del 9,18% annuo a partire dall’1.1.00 e sino al soddisfo, così come richiesti dalla banca creditrice in sede di comparsa di costituzione.
Non può infatti condividersi – in quanto del tutto priva di riscontro normativo – la tesi del convenuto secondo cui l’infondatezza dell’originaria maggior pretesa della banca precluderebbe la condanna del P. al pagamento di un diverso e minore importo.
Piuttosto quest’ultima circostanza costituisce giusto motivo per dichiarare compensato tra le parti un quarto delle spese di lite (ferma l’applicazione del principio della soccombenza per il regolamento della restante parte) nonché l’intero costo della c.t.u. .
P.Q.M.
Il Giudice Unico del Tribunale di Trani, Sezione distaccata di Barletta, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta, con citazione notificata il 22.2.00, da P. A. nei confronti della B. P. d. B. – Agenzia di Barletta, in persona del legale rappresentante p.t.; nonchè sulla domanda riconvenzionale proposta con comparsa depositata il 30.5.00 da quest’ultima banca, nella qualità di mandataria della E., nei confronti del primo, così provvede:
1) rigetta la domanda di P. A.;
2) accoglie la domanda riconvenzionale della B. P. d. B. scrl, in persona del legale rappresentante p.t., nella qualità di mandataria della E. srl, e, per l’effetto, condanna P. A. a pagare l’importo di € 11.054,32, oltre interessi nella misura del 9,18% annuo dall’1.1.00 sino al soddisfo;
3) condanna il P. a rifondere alla controparte i tre quarti delle spese del giudizio (che liquida nella misura complessiva di € 3.073,7, di cui € 141,70 per esborsi, € 532,00 per diritti ed € 2.400,00 per onorari, oltre RSG, CAP e IVA come per legge) dichiarando integralmente com-pensato tra le parti il restante quarto;
4) dichiara integralmente compensate tra le parti, in via definitiva, le spese di c.t.u. .
Così deciso in Barletta il 22.1.2005.
Il Giudice
Dott. Riccardo Leonetti