REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 IL TRIBUNALE DI TRANI
SEZIONE DI CANOSA di PUGLIA


In Persona del Giudice Unico, dott. Paolo Rizzi, ha pronunziato la presente


SENTENZA


 nella causa civile iscritta al numero 16410 del registro generale per gli affari contenziosi dell’anno 2001, posta in deliberazione all’udienza del 30 gennaio 2004, con contestuale assegnazione di termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e di memorie di replica scaduto il 19 aprile 2004 e vertente


TRA


A. P., quale genitore esercente la potestà sul minore A. L., elett.te domiciliata in Canosa di Puglia, via “omissis”, presso lo studio degli avv.ti. M. D. A., G. D. A., L. S. e V. M. che la rappresentano e difendono congiuntamente e disgiuntamente come da procura a margine dell’atto di citazione;attrice


E


C. C. P., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elett.te domiciliato in Trani, via “omissis”, presso lo studio dell’avv. V. S. che lo rappresenta e difende come da procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, giusta delibera del C.S. n.75 del 29 novembre 2001;CONVENUTO


OGGETTO: risarcimento danni.


CONCLUSIONI
All’udienza del 30 gennaio 2004 così i procuratori delle parti hanno precisato le rispettive conclusioni:
per l’attrice “previo rigetto di ogni avversa eccezione, deduzione e richiesta, previa declaratoria di responsabilità extracontrattuale, sia per fatto illecito ex art. 2043 c.c., stante la natura insidiosa, imprevedibile e non visibile della buca esistente sul manto stradale, sia ed occorrendo a titolo di custodia ex art. 2051 c.c. della strada comunale, condannare il C. C. di P., in persona del Sindaco pro-tempore, per i fatti ed accadimenti esposti nell’atto introduttivo di citazione notificato il 19.11.2001 al risarcimento di tutti i danni subiti dal minore (inabilità temporanea totale, inabilità temporanea parziale, postumi permanenti invalidanti, danno morale spese mediche) a seguito del sinistro nella misura ritenuta equa e di giustizia o a quella che sarà determinata in corso di causa a seguito di esperanda C.T.U. medico-legale, nella quale si insiste, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dì del sinistro sino all’effettivo soddisfo. Vinte le spese e competenze di causa”;
per il convenuto “precisa le proprie conclusioni riportandosi a quelle già formulate e rassegnate nei verbali di causa e atto difensivi”.


SVOLGIMENTO  DEL  PROCESSO


Con citazione notificata il 19 novembre 2001 A. P., quale genitore esercente la potestà sul minore A. L., ha convenuto in giudizio il C.  C. P., in persona del legale rappresentante pro-tempore, esponendo che: in data 16 giugno 1991 verso le ore 17:30 mentre il minore percorreva in bicicletta la strada prosieguo di via (omissis) in Canosa, all’altezza del Campo Sportivo Comunale cadeva in terra a causa di una buca esistente sul suolo stradale, riportando gravi lesioni personali riscontrate dal Pronto soccorso del locale nosocomio che, pur richiesto, il convenuto non ha inteso risarcire.
Tutto ciò premesso ha concluso chiedendo “sentirsi condannare (il Comune di Caso di Puglia) al risarcimento dei danni biologico e morali, derivati e derivanti al minore L. A. nella misura che sarà determinata in corso di causa oltre £ 70.800 per spese mediche sostenute, interessi e rivalutazione dal dì del sinistro all’effettivo soddisfo. Vinte le spese e competenze del presente giudizio”.
Si è costituito in giudizio depositando rituale comparsa il C. C.  P., in persona del legale rappresentante pro-tempore, contestando la domanda, in fatto ed in diritto e chiedendone, pertanto, il rigetto.
Preliminarmente ha eccepito il difetto di legittimazione attiva dell’attrice atteso che la domanda doveva essere proposta da entrambi i genitori del minore trattandosi di atto di straordinaria amministrazione.
Nel merito ha dedotto che la strada su cui è avvenuto il sinistro era conosciuta da minore che cadde per distrazione.
Ha, quindi, soggiunto che non vi erano insidie, il cielo era sereno, il tratto di strada asciutto, illuminato e pianeggiante e vi era un passaggio alternativo.
Ha aggiunto che il minore era privo di sorveglianza da parte dei genitori e, infine, ha contestato la relazione causale tra l’evento e i danni lamentati nonché la quantificazione degli stessi.
Ha così concluso “1) dichiarare il difetto di legittimazione attiva nonché la “culpa in vigilando et in educando” dei genitori. 2) Dichiarare A. L. responsabile dell’evento e rigettare le domande perché infondata in fatto e diritto. 3) Condannare controparte al pagamento delle spese e delle competenze di giudizio, ex artt. 91-93 c.p.c. oltre maggiorazioni di legge (10%), CAP (2%) ed IVA (20%)”.
La causa è stata istruita documentalmente e quindi, all’udienza del 30 gennaio 2004, omessa ogni ulteriore attività istruttoria, è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti, con termini di 60 giorni per il deposito delle comparse conclusionali e di 20 per repliche.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di carenza di legittimazione attiva dell’attrice, atteso che ex art. 320 c.c. i genitori, anche disgiuntamente, possono agire in giudizio al fine di proporre una azione risarcitoria per il ristoro di danni subiti dal figlio in quanto diretta a tutelare ed a salvaguardare il patrimonio del minore (1).
Quanto al merito, la domanda è infondata e deve essere rigettata.
Nel caso di specie, osserva il Tribunale che non può darsi luogo all’applicazione della disciplina di cui all’art.2051 c.c.
Infatti, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte l’ente pubblico risponde ex art.2051 c.c. dei danni cagionati da beni che ricadono nella sua sfera di vigilanza sempre che non si tratti di beni che per la loro estensione ed uso generale e diretto da parte dei cittadini non consentano un controllo adeguato ad evitare situazioni di pericolo – quale è certamente una strada urbana pubblica (Cass. civ., sez. III, 4 dicembre 1998, n.12314).
Tali casi trovano la norma regolatrice nell’art.2043 c.c.
In particolare, la responsabilità della Pubblica Amministrazione per carente manutenzione delle strade pubbliche da cui derivi un danno agli utenti è ravvisabile ogni qualvolta vi sia in concreto una insidia o trabocchetto: “nell’esercizio  del suo potere discrezionale inerente alla esecuzione e  manutenzione di  opere pubbliche la p.a. incontra limiti derivanti sia  da  norme di  legge,  regolamentari e tecniche, sia da regole di comune  prudenza e  diligenza,  prima  fra tutte  quella del “neminem laedere”  in  ossequio alla  quale essa è tenuta a far sì che l’opus publicum  (in particolare una strada aperta al pubblico transito) non integri  per l’utente  gli  estremi  di una  situazione  di  pericolo occulto (cosiddetta insidia o trabocchetto). Tale situazione ricorre, in particolare,  quando  lo  stato dei  luoghi  è caratterizzato dal doppio  e concorrente  requisito  della non visibilità oggettiva del pericolo e della non prevedibilità subiettiva del pericolo stesso” (Cass. civ., sez. III, 16 giugno 1998, n. 5989) (2).
Dunque, non ogni irregolarità del manto stradale è idonea a fondare una responsabilità dell’ente preposto alla sua manutenzione in quanto è necessario che il fattore causativo del danno consista in un elemento accidentale del bene che, per le particolari circostanze di luogo e di tempo, non sia oggettivamente visibile e soggettivamente prevedibile (3).
Orbene, alla luce degli elementi probatori acquisiti nel corso del giudizio ed a fronte delle specifiche contestazioni del convenuto deve escludersi la ricorrenza in concreto di un pericolo costituito da una buca del manto stradale caratterizzata da imprevedibilità ed inevitabilità e, quindi, di una insidia o trabocchetto idonea a fondare la responsabilità dell’ente convenuto.
Infatti, l’esame delle fotografie prodotte dall’istante consente tranquillamente di affermare che la sconnessione presente sulla strada era certamente visibile da parte dell’utente della strada, avveduto e prudente.
In modo particolare, detta frattura emergente dalla documentazione fotografica in oggetto, è senz’altro visibile in considerazione della significativa frammentazione dell’asfalto e della marcata discontinuità – anche cromatica – rispetto all’intera superficie della strada circostante che, invece, si presenta integra.
La sconnessione in esame è, inoltre, chiaramente visibile anche da lontano, così come si evince dalla fotografia panoramica.
Tale visibilità deve essere vieppiù affermata in considerazione del fatto che il sinistro è pacificamente avvenuto in un orario che, in quel momento dell’anno garantisce piena visibilità (ore 17:30 del mese di giugno, cfr. atto introduttivo del giudizio) e che non pioveva ovvero non vi era alcun ostacolo idoneo a celarla ai pedoni, né l’attrice ha dimostrato il contrario ovvero ha chiesto di essere ammessa a fornire la relativa prova.
D’altra parte la stessa conformazione della strada, in considerazione della sua ampiezza, consentiva di scegliere un passaggio privo di ostacolo alcuno, oggettivo ovvero anche solo soggettivo.
 Conseguentemente, deve affermarsi che il sinistro è avvenuto per disattenzione del minore che, ben potendo percepire il pericolo esistente sulla strada non ha scelto di procedere con maggiore prudenza ovvero mantenendo la sua destra, causando la produzione dell’evento, pure se l’età dello stesso al momento del fatto (circa 14 anni) già avrebbe consigliato l’adozione di un comportamento prudente ed adeguato alle condizioni dei luoghi.
Le cennate evidenze rendono superflue le richieste istruttorie formulate dall’istante, atteso che le stesse non risultano idonee a dimostrare che, nelle circostanze di tempo e di luogo descritte in citazione, il sinistro si è verificato a causa di una discontinuità del manto stradale qualificabile come insidia o trabocchetto, non contenendo alcun riferimento alla sua visibilità, pur se il relativo onere probatorio gravava sull’attrice.
La particolarità della situazione sostanziale dedotta in giudizio e la effettiva sussistenza di una buca sulla strada – pure se priva dei connotati dell’insidia o trabocchetto, rendono conforme ad equità l’integrale compensazione delle spese di lite.


P.Q.M.


Il Giudice unico di Trani, sezione di Canosa di Puglia, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta da A. P., quale genitore esercente la potestà sul minore A. L., con atto di citazione notificato il 19 novembre 2001 nei confronti del C. C.  P., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rigettata ogni diversa istanza, così provvede:
Rigetta la domanda;
Dichiara interamente compensate le spese di lite.
 così deciso in Canosa di Puglia, addì 26 maggio 2004.


 Il Giudice
       Dott. Paolo RIZZI


Note richiamate in sentenza






  1.  L’esposto orientamento interpretativo è stato autorevolmente avallato dalla Corte Costituzionale che, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale degli artt. 2051 e 1227 c.c., ha statuito che “non è fondata, con riferimento  gli artt. 3, 24 e 97 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2051 – in quanto non applicabile anche alla  p.a. per i beni demaniali soggetti ad uso ordinario, generale e diretto da parte dei cittadini – 2043 – in quanto prevede che l’inerzia colposa della p.a., atta a creare e a non rimuovere situazioni di pericolo, sia causa di responsabilità della stessa solo in presenza di una situazione di “insidia” stradale – e 1227, comma 1, cod. civ., in quanto esclude, ove sia presente detta “insidia”, un accertamento del concorso di colpa del danneggiato – sia perché, relativamente all’art. 2051 – ai sensi del quale il proprietario delle cose che abbiano cagionato danno a terzi è responsabile solo in quanto ne sia custode e dunque sia stato oggettivamente in grado di esercitare un potere di controllo e di vigilanza sulle cose stesse – l’interpretazione, secondo cui alla p.a. non è applicabile tale disposizione, allorché sul bene di sua proprietà non sia possibile, per la notevole estensione di esso e le modalità di uso, diretto e generale, da parte dei terzi, un continuo ed efficace controllo, idoneo ad impedire l’insorgenza di cause di pericolo per gli utenti, rimane indubbiamente nell’ambito del sistema codicistico della responsabilità extracontrattuale, venendosi solo a precisare, in conformità alla evidente ‘ratio’ dello stesso art. 2051, i limiti di operatività di uno dei particolari criteri di imputazione previsti dal codice civile in luogo di quello generale posto dall’art. 2043; sia perché, relativamente all’art. 2043, nell’ambito di questa disposizione – interpretata nel senso che colui, il quale intenda far valere la responsabilità contrattuale della p.a. deve, una volta esclusa, nei limiti chiariti, l’applicabilità dell’art. 2051, dimostrare che l’evento dannoso sia eziologicamente ricollegabile ad una “insidia” (o trabocchetto), cioè ad una situazione di fatto che rappresenti pericolo occulto per l’utente del bene demaniale, e segnatamente della strada aperta al pubblico – la nozione di “insidia stradale” viene a configurarsi come una sorta di figura sintomatica di colpa, elaborata dall’esperienza giurisprudenziale mediante ben sperimentate tecniche di giudizio, in base ad una valutazione di normalità, col preciso fine di meglio distribuire fra le parti l’onere probatorio, secondo un criterio di “semplificazione analitica” della fattispecie generatrice della responsabilità in esame; sia perché, relativamente all’art. 1227 comma 1, una volta acclarata la responsabilità della p.a., l’inapplicabilità di tale disposizione dipende da evidenti ragioni di incompatibilità logica fra un possibile concorso di colpa del danneggiato e la stessa nozione di “insidia”, essendo questa contraddistinta dai caratteri dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità del pericolo; sia, infine, perché l’utilizzazione giurisprudenziale della suddescritta figura sintomatica di colpa non è estranea neanche alla responsabilità extracontrattuale dei privati, convenuti per il risarcimento dei danni conseguenti a difetto di manutenzione dei loro immobili, e tale difetto, al di fuori di specifici obblighi di legge o contrattuali (e salvo quanto precisato con riguardo all’art. 2051), rileva unicamente sotto specie di violazione del principio del “neminem laedere” allo stesso modo per la p.a. e per i privati, eventuali diversità di giudizio dovendosi ricollegare soltanto alle peculiarità del bene, influenti sulla relativa manutenzione” (sentenza 29 aprile 1999, n. 156);