REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI TRANI
SEZIONE DI CANOSA di PUGLIA
In Persona del Giudice Unico, dott. Paolo Rizzi, ha pronunziato la presente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al numero 16259 del registro generale per gli affari contenziosi dell’anno 2002 posta in deliberazione all’udienza del 26 settembre 2003, con contestuale concessione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica scaduto il 15 dicembre 2003 e vertente
TRA
G. e M. P., elett.te domiciliati in Canosa di Puglia, via “omissis”, presso lo studio degli avv.ti G. D. A. e L. S., che li rapprestano e difendono congiuntamente e disgiuntamente come da procura a margine dell’atto di appello;appellanti
E
A. P. S.p.A., in persona dell’Amministratore unico dott. F. D., elett.te domiciliato in Canosa di Puglia, via “omissis”, presso lo studio dell’avv. M. G., rappresentato e difeso dall’avv. D. L. come da procura a margine della comparsa di costituzione e risposta;APPELLATO
NONCHE’
I. S. M. S.R.L., in persona dell’omonimo titolare e legale rappresentante pro-tempore, elett.te domiciliato in Trani, via “omissis”, presso lo studio dell’avv. V. S., che la rappresenta e difende come da procura in calce all’atto di appello;APPELLATA
OGGETTO: appello avverso sentenza Giudice di Pace n.81/02.
CONCLUSIONI
All’udienza del 26 settembre 2003 così i procuratori delle parti hanno precisato le rispettive conclusioni:
per gli appellanti: “conclude per l’accoglimento dell’atto di appello, previo rigetto di ogni avversa eccezione di nullità e/o improcedibilità, siccome destituite di fondamento per tutte le ragioni esposte nella memoria 21/02/03 e replica 22/03/03; vinte le spese del doppio grado di giudizio”;
per l’appellato A.Q.P.: “precisa le proprie conclusioni riportandosi alle proprie precedenti”;
per l’appellata I. M.: “precisa le proprie conclusioni riportandosi a quelle in precedenza sostenute ed evidenziate”.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il giorno 31 marzo 2000 G. e M. P., come generalizzati in epigrafe, convenivano in giudizio davanti al Giudice di Pace di Canosa di Puglia l’A. P. S.p.A. esponendo che: in un locale interrato di loro proprietà in Canosa di Puglia, alla via “omissis”, si manifestava la presenza di acque provenienti da scarichi fognali che causavano danni all’immobile per lire 4.350.000 che la convenuta, benché richiesta, non ha inteso risarcire.
Tutto ciò premesso chiedevano, previo riconoscimento della responsabilità dell’A.Q.P. per i danni subiti dall’immobile attoreo, la condanna del convenuto al risarcimento dei danni nella misura di lire 4.350.000, o di quell’altra accertata nel corso del giudizio, oltre accessori ed alla rifusione delle spese di lite.
Costituitosi l’A. P. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, eccepiva la carenza di legittimazione attiva degli attori, non avendo gli stessi provato la proprietà dell’immobile per cui è causa; quindi, eccepiva la nullità dell’atto di citazione per violazione dell’art. 163, n.4 c.p.c. e la carenza di legittimazione passiva di esso convenuto, mero gestore delle reti idriche e fognali, di proprietà della P.A., che aveva affidato la custodia all’A.T.I. Capogruppo R. s.r.l.; infine, contestava la responsabilità in ordine ai danni lamentati dagli attori nonché l’ammontare degli stessi.
Chiedeva, il rigetto della domanda con vittoria delle spese di lite, previa autorizzazione alla chiamata in causa della A.T.I. R s.r.l.
Costituitasi la R. s.r.l., quale capogruppo dell’A.T.I., chiedeva l’autorizzazione alla chiamata in causa della impresa M. quale soggetto cui era stata affidata la rete idrica dell’abitato di Canosa in cui è ubicato l’immobile attoreo al fine di essere da essa manlevata in caso di eventuale soccombenza.
Detta chiamata, autorizzata dal Giudice di prime cure, avveniva con atto notificato in data 6 novembre 2000.
Si costituiva l’impresa M. s.r.l., in persona del legale rappresentante, eccependo il difetto di legittimazione attiva degli attori e contestando, nel merito, la pretesa attorea sotto il profilo dell’an e del quantum debeatur e concludendo per il rigetto della domanda.
La causa veniva istruita documentalmente e a mezzo testi, veniva disposta C.T.U. e, all’udienza del 13 giugno 2002 veniva trattenuta in decisione sulle contrapposte conclusioni delle parti.
Il Giudice di Pace di Canosa di Puglia, con sentenza n.81/2002 del 7 settembre 2002, depositata in Cancelleria pari data, ha rigettato la domanda “perché non provata”, accollato interamente all’A.Q.P. le spese di lite sostenute dalla R., compensato per metà le spese tra altre parti e condannato gli attori alla rifusione in favore dell’A.Q.P. e della M. s.r.l. delle residue spese.
Avverso detta sentenza hanno proposto appello G. e M. P. con atto notificato nei confronti dell’A.Q.P. e della M. prima in data 25 ottobre 2002 e, successivamente, in data 5 novembre 2002.
Hanno denunciato l’errore in cui è incorso il Giudice di primo grado nel ritenere del tutto inattendibili i testi escussi nel corso del giudizio, con motivazione apodittica alla luce dell’assenza di risultanze processuali di segno contrario.
Quindi, hanno lamentato l’acritico recepimento in sentenza delle conclusioni del C.T.U., in contrasto con le risultanze della prova testimoniale e la consulenza tecnica di parte.
Infine, hanno contestato il capo di sentenza relativo alla condanna di essi attori alla parziale rifusione delle spese di lite sostenute dagli appellati.
Hanno concluso chiedendo: “riformare totalmente l’appellata sentenza n. 81/2002, resa inter partes e, per l’effetto, in accoglimento dell’atto di citazione 31.03.2000, condannare gli appellati, in ordine al rispettivo grado di legittimazione e responsabilità, al risarcimento dei danni in favore dei sigg.ri P. G. e P. M., nella misura di Euro 2.246,59, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dì dell’evento fino all’effettivo soddisfo. Vinte le spese e competenze del doppio grado di giudizio”.
Si è ritualmente costituito in giudizio l’A. P. S.p.A., in persona dell’amministratore unico, contestando l’appello perché infondato attesa la correttezza della sentenza gravata in ordine alla ritenuta inattendibilità dei testi escussi nel giudizio di primo grado, alla puntualità della relazione di C.T.U. recepita in sentenza ed alla statuizione sulle spese di lite.
Ha chiesto: “confermare dell’integrale contenuto della sentenza n. 81/2002 del 07.09.2002 del Giudice di Pace di Canosa di Puglia e condannare i sigg.ri P. G. e P. M. al pagamento delle spese, diritti ed onorari del presente grado di giudizio”.
Si è ritualmente costituita in giudizio anche l’Impresa S. M. s.r.l., in persona dell’omonimo legale rappresentante pro-tempore, eccependo, preliminarmente, la nullità della costituzione in giudizio degli appellati in quanto avvenuta oltre il termini di cui all’art. 165 c.p.c., atteso che l’atto di appello è stato notificato in data 25 ottobre 2002 mentre la costituzione è avvenuta in data 13 novembre 2002, oltre il termine di dieci giorni normativamente previsto.
Nel merito, per scrupolo difensivo, ha evidenziato la correttezza della decisione assunta dal giudice di prime cure per ciò che attiene alla mancanza di adeguato sostegno probatorio della domanda ed alla statuizione sulle spese di lite.
Ha concluso chiedendo “1) disporre la cancellazione del processo dal ruolo giudiziario per tardiva costituzione in giudizio di parte attorea; 2) in via gradata verificare la non corretta instaurazione del contraddittorio nel giudizio di appello; 3) in ogni caso ritenere l’atto di appello infondato e non provato; 4) condannare le controparti a pagare le spese e le competenze di giudizio, ex artt. 91-93 c.p.c. al procuratore anticipatario, con maggiorazioni di legge (10%), CAP (2%) ed IVA (20%)”.
All’udienza del 26 settembre 2003, omessa ogni attività istruttoria, la causa è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti, con termini di 60 giorni per il deposito delle comparse conclusionali e di 20 per repliche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello deve essere dichiarato improcedibile ai sensi dell’art. 348 c.p.c., atteso che gli appellanti hanno omesso di costituirsi in giudizio nei termini.
È pacifico che l’appellante deve costituirsi ai sensi dell’art. 165 c.p.c., in forza dell’espresso rinvio che l’art. 347 c.p.c. – disciplinante le forme e i termini per la costituzione in appello – opera alle “forme e i termini per i procedimenti davanti al tribunale”.
Ne consegue che l’appellante, entro dieci giorni dalla notificazione dell’atto di appello deve provvedere a costituirsi in giudizio depositando in Cancelleria la nota di iscrizione a ruolo ed il proprio fascicolo, al fine di non incorrere nella sanzione processuale della improcedibilità del giudizio medesimo.
Nel caso di specie, dall’esame dell’atto introduttivo del giudizio di secondo grado e dalla comunicazione di versamento del contributo unificato allegata alla nota di iscrizione al ruolo nonché dal timbro apposto dalla cancelleria sul fascicolo della parte che ha proposto il gravame, emerge che l’atto di appello è stato notificato, una prima volta, all’A.Q.P. S.p.A. ed alla Impresa M. s.r.l. in data 25 ottobre 2002 mentre l’adempimento delle formalità in cui si sostanzia la costituzione in giudizio dell’appellante è avvenuto in data 13 novembre 2002, ovvero ben oltre il termine di dieci giorni di cui all’art. 165 c.p.c., cit. Ad impedire la declaratoria di improcedibilità del giudizio non può soccorrere l’avvenuta ripetizione della notifica dello stesso atto di appello, nei confronti delle parti appellate, avvenuta il successivo 5 novembre 2002 in forza della convinzione della nullità della precedente notifica.Infatti, occorre evidenziare che l’eventuale nullità della notifica dell’atto è senz’altro sanabile, anche su iniziativa di parte e prima ancora della pronuncia dell’ordinanza che dichiarata la nullità della notifica ne ordina la rinnovazione, ma la sanatoria opera pacificamente ex tunc.In proposito, in linea di principio la dottrina e la giurisprudenza distinguono la inesistenza dalla nullità della notifica.La prima si ha in fattispecie la cui difformità dal modulo legale è tale che il fenomeno verificatosi, chiaramente abnorme, non è idoneo ad inserirsi nello sviluppo del processo, come nel caso in cui l’atto giuridico difetti di quel minino di requisiti costitutivi indispensabile per la sua stessa identità (1) .Ricorre, invece, una ipotesi di nullità della notifica i tutti gli altri casi, riconducibili al dettato normativo dell’art. 160 c.p.c., che codifica tutti quei casi in cui manchi un requisito formale necessario perché l’atto raggiunga il suo scopo.Nel primo caso è evidente che la inesistenza della notifica può essere sanata, ma solo con effetti ex nunc dalla costituzione del destinatario dell’atto (2) , mentre nella seconda ipotesi l’avvenuta rinnovazione della notifica, su impulso di parte o a seguito dell’ordine del giudice, la sanatoria opera ex tunc, sicché l’atto compiuto successivamente si salda a quello precedente rendendolo formalmente idoneo a produrre gli effetti processuali e sostanziali ad esso propri (3).L’esposto principio trova consacrazione anche nella sentenza n. 4804 del 13 aprile 2000 pronunciata della terza sezione civile della Suprema Corte, allegata dagli appellanti.In detta decisione i giudici di legittimità, premesso che “per costante, pacifica giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. 23..1999 n.7949; Cass. 26.11.1998 n.12002 e Cass. 15.5.1998 n.4910)… “la notificazione di un atto del processo può dirsi giuridicamente inesistente nella ipotesi in cui o manchi del tutto, ovvero risulti compiuta in modo assolutamente non previsto dal codice di rito (in modo cioè da non consentirne la sussunzione nella sfera del rilevante giuridico sotto il profilo della corrispondenza dell’atto tipico delineato dalla norma), risultando, per converso, soltanto nulla (con conseguente suscettibilità di sanatoria o rinnovabilità ex art. 291 c.p.c.) qualora risulti effettuata in luogo o a persona diversi da quelli stabiliti dalla legge, ma che abbiano pur sempre un qualche riferimento con il destinatario”, chiarisce in ordine alla possibile sanatoria che essa “può essere effettuata – chiaramente con effetto ex tunc – a seguito della rinnovazione della notifica disposta dal giudice” ovvero “operata, prima della costituzione in giudizio, dalla stessa parte che ha rilevato tale nullità”.Nel caso de quo, secondo l’assunto dei Pirelli sarebbe riscontrabile una mera nullità della notifica effettuata nei confronti dell’A.Q.P. e dell’Impresa M., giacché l’atto è stato pacificamente consegnato presso lo studio dei procuratori dei convenuti costituiti in primo grado (residuando, al più, un dubbio circa la persona che lo ha materialmente recepito) sicché non risulta reciso il rapporto che evidentemente sussiste tra l’atto stesso ed il suo destinatario nonché il luogo dove la notifica doveva essere eseguita (4) .Sulla scorta di tale rilievo ed alla luce degli esposti principi emerge che gli appellanti avrebbero dovuto comunque costituirsi in giudizio nel termine di dieci giorni dalla prima notifica, ancorché ritenuta nulla, atteso che, per l’effetto sanante ex tunc della successiva notifica emendata dagli asseriti vizi della prima, la litispendenza dell’appello si è determinata comunque dalla prima notifica e, quindi, è da essa che deve essere verificata la tempestiva costituzione in giudizio.L’esposta considerazione trova un conferma ulteriore nella circostanza che, secondo la giurisprudenza, l’art. 347 c.p.c. non commina alcuna sanzione per l’ipotesi di costituzione in giudizio dell’appellante antecedente alla notifica dell’atto di appello, non risultando in tal modo alterato l’iter processuale (5).Pertanto gli istanti, nel dubbio sulla regolarità della notifica dell’atto di appello, avrebbero dovuto provvedere comunque a costituirsi il giudizio in attesa di perfezionare il procedimento di sanatoria della nullità attraverso la rinotifica dell’atto medesimo.Non può, poi, soggiacersi che in realtà non si riscontra, nel caso di specie, alcuna nullità della notifica in oggetto, quanto meno con riferimento al rapporto processuale tra i P. e l’. M., in quanto l’atto è comunque e pacificamente pervenuto a conoscenza del procuratore costituito della parte presso il suo studio nel quale, a ben vedere, aveva anche eletto domicilio.Tanto, in particolare, risulta dalla procura rilasciata dall’appellato in calce alla copia passiva dell’atto di citazione per chiamata in causa di terzo, a prescindere dalla circostanza che di tale elezione di domicilio non vi è menzione nella epigrafe della sentenza gravata.
L’acclarato mancato rispetto del termine di cui al combinato disposto degli artt. 347 e 165 c.p.c. rende doverosa la pronuncia di improcedibilità dell’appello, rimanendo irrilevante la mancata proposizione della relativa eccezione da parte dell’A.Q.P., in quanto la pronuncia in esame deve essere resa anche ex officio, atteso che la relativa verifica attiene alle condizioni necessarie perché il giudizio possa avere il suo corso (6).
La peculiarità della questione esaminata rende conforme ad equità la integrale compensazione delle spese di lite tra le parti con riferimento al presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Giudice unico di Trani, sezione di Canosa di Puglia, definitivamente pronunziando sull’appello proposto dalla G. e M. P. avverso la sentenza n.81/02 emessa dal Giudice di Pace di Canosa di Puglia in data 7 settembre 2002, depositata in pari data in Cancelleria, con atto notificato il25 ottobre 2002 nei confronti dell’A. P. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, nonché dell’Impresa Saverio M. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rigettata ogni altra istanza così provvede:
Dichiara l’appello improcedibile;
Dichiara interamente compensate le spese del giudizio di appello.
così deciso in Canosa di Puglia, addì 29 gennaio 2004.
Il Giudice
Dott. Paolo RIZZI
Note richiamate in sentenza
- Ciò, ad esempio, accade quando l’iter perfezionativo della processo notificativo non si compie (Cass. Civ., sez. II, 18 giugno 1987, n.5359), ovvero quando non vi è alcun rapporto tra il destinatario ed il luogo dove è stata consegnata la copia o la persona che l’ha ricevuta (Cass. Civ., sez. I, 4 dicembre 1991, n.12998);
- cfr. Cass. Civ., sez. L., 1 agosto 1990, n.7673;
- circa l’efficacia ex tunc della sanatoria con riferimento a varie ipotesi di costituzione del convenuto ovvero di rinnovazione della notifica, cfr., ex plurimis, Cass. Civ., sez. II, 15 maggio 2002, n.7062; Cass. Civ., sez. II, 8 gennaio 2002, n. 139; Cass. Civ., sez. I, 5 novembre 1998, n. 11111; Cass. Civ., sez. III, 10 agosto 1995, n.8777; Cass. Civ., sez. L., 28 maggio 1990, n.4936;
- cfr. Cass. Civ., SS. UU., 20 dicembre 1993, n.12593, secondo cui nel caso in cui la sentenza non è stata notificata devono ritenersi equiparate, a scelta del notificante, le ipotesi relative ai luoghi indicati dall’art. 330 c.p.c., integrando,m comunque, la violazione del disposto in oggetto una mera nullità della notifica;
- cfr. Cass. Civ., sez. I, 3 agosto 1987, n.6674;
- cfr. Cass. Civ., 9 luglio 1996, n.6235 secondo cui la improcedibilità dell’appello può essere rilevata anche d’ufficio in sede di legittimità;