REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 IL TRIBUNALE DI TRANI
SEZIONE DI ANDRIA


In Persona del Giudice Unico, dott. Paolo Rizzi, ha pronunziato la presente


SENTENZA


 nella causa civile iscritta al numero 10085 del registro generale per gli affari contenzioni dell’anno 1999 posta in deliberazione all’udienza del 16 gennaio 2004, con contestuale assegnazione alle parti di termini di giorni 60 per il deposito di comparse conclusionali e 20 per il deposito delle memorie di replica scaduto il 5 aprile 2004 e vertente


TRA


E. S., elett.te domiciliata in Andria, via “omissis”, presso lo studio dell’avv. G. T. che lo rappresenta e difende, come da procura a margine dell’atto di citazione;attore


E


M. C., elett.te domiciliata in Andria, via “omissis”, presso lo studio dell’avv. V. Z. che la rappresenta e difende, come da procura a margine della comparsa di costituzione e risposta;CONVENUTA


OGGETTO: pagamento somme.


CONCLUSIONI
 All’udienza del 16 gennaio 2004 così i procuratori delle parti hanno precisato le rispettive conclusioni:
per l’attore “conclude chiedendo l’accoglimento della domanda attorea con vittoria di spese da distrarsi in favore del procuratore antistatario”;
per la convenuta “precisa le conclusioni riportandosi a quelle rassegnate nella comparsa di costituzione e nei successivi scritti difensivi”.


SVOLGIMENTO  DEL  PROCESSO


Con citazione notificata il 29 giugno 1999 E. S., titolare dell’omonima impresa, ha convenuto in giudizio M. C. esponendo che: per conto della convenuta ha eseguito lavori di ristrutturazione e rifacimento dei locali a piano terra dell’immobile ubicato in Andria, via “omissis” consistiti nella trasformazione di una preesistente abitazione in pescheria; il corrispettivo di tali lavori contabilizzato da esso istante, pari a lire 103.000.000, non è mai stato corrisposto dalla convenuta pur dopo l’ultimazione dei lavori mentre il tecnico incaricato dalle parti di determinare detto corrispettivo non ha portato a compimento tale incarico  dopo un anno dal conferimento.
Tutto ciò premesso ha concluso chiedendo “condannare C. M. al pagamento in favore dell’attore della somma di L. 103.000.000, o di quell’altra maggiore o minore che sortirà di giustizia, oltre gli interessi legali dalla formale messa in mora del 24.2.1998. Condannare, inoltre, la convenuta alla rifusione delle spese processuali con distrazione in favore del sottoscritto avvocato che ne ha fatta anticipazione” .
Si è costituita in giudizio M. C. eccependo l’infondatezza della domanda, chiedendone il rigetto e spiegando domanda riconvenzionale.
Ha preliminarmente eccepito l’improponibilità della domanda, in presenza di un compromesso per arbitrato irrituale.
In particolare ha dedotto che, a seguito di tempestiva contestazione dell’importo richiesto dall’attore, incongruo rispetto alle opere realmente eseguite e calcolato senza tener conto del bollettino dell’elenco prezzi dell’Associazione regionale degli Ingegneri ed Architetti di Puglia, le parti decisero concordemente di conferire ad un tecnico terzo l’incarico di determinare l’ammontare dei lavori, indicato da detto tecnico in lire 65.000.000, somma accettata dal tecnico di parte attrice.
Ha, quindi, evidenziato che era stato stabilito che il pagamento sarebbe avvenuto a rate mensili di lire 5.000.000.
Ha, poi, soggiunto che per effetto del contrasto insorto con l’attore ha dovuto corrispondere ad un proprio tecnico di fiducia la somma di lire 4.500.000 ed ha dovuto ritardare l’inizio dell’attività commerciale da svolgersi nei locali oggetto di causa, anche perché gli impianti non erano muniti dei certificati di conformità alle leggi vigenti in materia di sicurezza. 
Ha concluso chiedendo: “1) – Preliminarmente, dichiararsi il difetto di giurisdizione e l’improponibilità della domanda, in presenza di un compromesso per arbitrato irrituale, intercorso tra le parto. 2) – In via gradata e nel merito, rigettarsi la domanda attrice perché destituita di fondamento in fatto ed in diritto, accertato che il prezzo dei lavori eseguiti è pari a £. 65.000.000 (sessantacinquemilioni), da corrispondersi mercè versamenti di £. 5.000.000 (cinquemilioni) mensili. 3) – In accoglimento della spiegata domanda riconvenzionale, condannarsi il sig. S. E. al risarcimento dei danni patiti dalla sig.ra C. M., in conseguenza dell’inadempimento delle obbligazioni dal primo assunte, da quantificarsi anche in via equitativa, eventualmente pervenendo ad una compensazione tra contrapposte ragioni creditorie. 4) – con vittoria di spese e competenze di causa”.
La causa è stata istruita con produzioni documentali e prove per testi.
Quindi, espletata C.T.U., all’udienza del 16 gennaio 2004, la causa è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti, con contestuale concessione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Preliminarmente occorre disattendere l’eccezione di difetto di giurisdizione del Tribunale adito, da qualificarsi correttamente come eccezione di improponibilità della domanda per rinuncia all’azione derivante da arbitrato irrituale (cfr. ex plurimis Cass. civ., sez. II, 26 ottobre 1996, n. 9357).
Nel caso di specie, infatti, l’attento esame della scrittura privata di “conferimento di incarico professionale” allegata da entrambe le parti al proprio fascicolo, induce ad escludere la ricorrenza, in concreto, di un arbitrato irrituale ovvero anche di una mera perizia contrattuale.
Per aversi arbitrato irrituale le parti decidono di demandare ad un soggetto terzo la definizione di una controversia tra di loro insorta, impegnandosi ad accettare la determinazione dell’arbitro come diretta espressione della loro volontà negoziale.
Detto istituto si differenzia dalla perizia contrattuale in quanto nel primo le parti demandano ad un terzo la soluzione di una questione giuridica rispetto alla quale è sorto contrasto, mentre nel secondo l’oggetto dell’apprezzamento dell’arbitro ha natura meramente tecnica.
Sotto tale aspetto è del tutto condivisibile l’affermazione giurisprudenziale secondo cui “la perizia contrattuale, con la quale le parti deferiscono ad uno o più terzi, scelti per la loro particolare competenza tecnica, il compito di formulare un apprezzamento tecnico che essi si impegnano ad accettare come diretta espressione della loro volontà negoziale, si inserisce in una fattispecie negoziale diretta ad eliminare, su basi transattive o conciliative, una controversia insorta tra le parti, mediante mandato conferito ad un terzo, così come avviene nell’arbitrato libero, dal quale si differenzia per il diverso oggetto del contrasto, che attiene ad una questione tecnica, e non giuridica (come nell’arbitrato libero), ma non per gli effetti, dato che in entrambi il contrasto é superato mediante la creazione di un nuovo assetto di interessi dipendente dal responso del terzo, che le parti si impegnano preventivamente a rispettare” (Cass. civ., sez. II, 30 marzo 1995, n. 3791).
Sulla scorta del principio trascritto è evidente che nel caso di specie ricorrerebbe al più una ipotesi di perizia contrattuale, atteso che l’unico contrasto insorto tra le parti è quello concernente la “quantificazione e la valutazione dei lavori eseguiti” (cfr. scrittura in atti), mentre nessuna questione è sorta in ordine alla interpretazione o alla esecuzione del contratto.
Tuttavia, la corretta disamina del documento in oggetto porta a concludere che in concreto non ricorre alcuna ipotesi di rinuncia all’azione giudiziale da parte dei contraenti, in quanto non vi è in alcun punto del testo dell’accordo un impegno ad osservare e a far proprie le determinazioni del tecnico terzo.
Anzi, le parti hanno espressamente stabilito di demandare ad un “professionista terzo” la determinazione della quantificazione dei lavori eseguiti dall’attore al fine di “tentare un bonario componimento dell’insorta controversia” e, quindi, con ciò evidentemente riservandosi a facoltà di aderire all’indicazione del terzo e farla propria, nella prospettiva che tale indicazione costituisce il frutto di un mero tentativo di accordo, ovvero di disattenderla.
Vi è, poi, da osservare che l’atto in oggetto, la cui mancata sottoscrizione da parte della C. ben può ritenersi superata dalla sua produzione in giudizio ad iniziativa della convenuta (idonea a ritenere provato l’accordo sancito dal documento in relazione al quale la forma scritta è pacificamente richiesta solo ad probationem), non può in alcun modo ritenersi in concreto vincolante, atteso che è pacifico che il tecnico incaricato dalle parti non ha mai provveduto ad eseguire alcuna attività, pure essendo trascorso circa un anno dal conferimento del mandato (circostanza non in contestazione) ma si è limitato a prendere atto di un conteggio delle opere eseguite dallo S. effettuato dai tecnici di parte, con ciò contravvenendo ampiamente al compito assegnatogli.
Tanto, in particolare, ha affermato il teste P. B., escusso all’udienza del 30 aprile 2002, il quale ha dichiarato che “su delega del geom. M., io e il geom. F., rispettivamente nella qualità il sottoscritto di consulente tecnico del sig. S., e il geom. F. di consulente tecnico della sig.ra C., abbiamo proceduto alle operazioni di verifica della contabilità. Completate le operazioni in contraddittorio tra me e il geom. F., abbiamo comunicato al geom. M. che avevamo ultimato la contabilità…l’esaborato redatto in contraddittorio…non è stato da me trasmesso al geom. M.”.
Dal canto suo il teste F., escusso anch’esso all’udienza del 30 aprile 2002, ha riferito che “essendo stato contattato dall’ing. B. per il tentativo di soluzione bonaria della controversia” informò di tanto “il geom. M., arbitro designato, chiedendogli di soprassedere all’inizio delle operazioni; dopo che, in contraddittorio con l’ing. B., venne da me rielaborata la contabilità informai dei risultati il geom. M.”.
Conseguentemente la finalità cui l’accordo era preordinata non può dirsi perseguita in quanto surrogata da un accordo dei tecnici di parte cui non risulta essere stato conferito il mandato di sostituirsi “all’arbitro terzo” ma solo di coadiuvarlo quali tecnici di fiducia.
Ciò premesso in rito, nel merito la domanda è fondata e deve essere accolta nei limiti di seguito esposti.
Non vi è alcun dubbio circa l’esecuzione da parte dell’impresa dell’attore dei lavori per il cui pagamento è stato introdotto il presente giudizio, in quanto l’oggetto della controversia è solo quello concernente il corrispettivo di detti lavori.
In proposito, il consulente tecnico di ufficio, la cui relazione risulta essere il frutto di una accurata ed approfondita disamina della documentazione in atti – costituita anche dalle contabilità elaborate dai due tecnici di parte – e dello stato dei luoghi oltre che della corretta applicazione dei criteri di valutazione dell’opera dell’attore, ha stabilito che l’importo spettante ad E. S. è pari ad lire 69.763.102 (€ 36.029,63).
Tale somma deve essere interamente corrisposta all’attore, atteso che non è stata raggiunta la prova della pattuizione di una riduzione del corrispettivo delle opere nella misura del 6% come asserito da parte convenuta.
Certamente irrilevanti, in proposito, risultano le dichiarazioni testimoniali dei menzionati tecnici di parte B. e F. i quali hanno entrambi riferito di avere stabilito di applicare il bollettino dell’elenco prezzi ARIAP, ribassandolo nella menzionata misura del 6%.
In effetti, non emerge dalle deposizioni in oggetto che tale disposizione fu loro dettata dalle parti, cosicché sembra essere il frutto di una autonoma determinazione dei tecnici stessi, insuscettibile di essere con certezza riferita alla volontà dei contraenti, loro mandanti.
Corretta, invece, deve ritenersi la maggiorazione applicata dal C.T.U. sulla scorta di una “norma corrente” in relazione a talune opere di ristrutturazione e miglioramento edili, specificamente indicate in relazione, che non si caratterizzano come opere di pura edificazione di un manufatto ex novo.
Conseguentemente, la convenuta deve essere condannata a corrispondere in favore dell’attore la somma di € 36.029,63, oltre IVA – nella misura dovuta – ed interessi nella misura legale dal 26 febbraio 1998, data della messa in mora (cfr. fascicolo di parte attrice) fino all’effettivo saldo.
Tale somma dovrà essere corrisposta senza dilazione alcuna in quanto indimostrata è l’asserzione relativa alla pattuzione di una rateizzazione del pagamento.
La domanda riconvenzionale è infondata e deve essere rigettata.
Infatti, la convenuta non ha provato, né ha chiesto di provare, di avere subito un danno per effetto dell’omesso rilascio delle certificazioni di conformità degli impianti da parte dell’attore.
In particolare, non risulta positivamente dimostrato che, per effetto di tale omissione, ha subito un ritardo nel rilascio delle autorizzazioni amministrative all’esercizio dell’attività commerciale da svolgersi nei locali oggetto dei lavori per cui è causa ovvero che detta attività è iniziata con ritardo rispetto alle iniziali previsioni per effetto del comportamento dello S.
Quanto, infine, al rimborso delle spese sostenute a titolo di corrispettivo del proprio consulente tecnico, queste per costante giurisprudenza rientrano tra le spese di lite che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate (Cass. Civ., sez. III, 16 giugno 1990, n. 6056).
Il parziale accoglimento della domanda integra i giusti motivi di cui all’art. 92, comma 2, per compensare le spese di lite nella misura di un quarto – ivi comprese le spese di C.T.U. – mentre le spese residue seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.


P.Q.M.


il Giudice unico di Trani, sezione di Andria, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta da E. S. con atto di citazione notificato il 29 giugno 1999 nei confronti di M. C., rigettata ogni diversa istanza, così provvede:
Accoglie la domanda e per l’effetto condanna M. C. al pagamento in favore di E. S. della somma complessiva di € 36.029,63, oltre IVA – nella misura dovuta – ed interessi nella misura legale dal 26 febbraio 1998 fino all’effettivo saldo;
Rigetta la domanda riconvenzionale;
Compensa le spese di lite nella misura di un quarto e condanna M. C. al pagamento delle rimanenti spese in favore di E. S. che liquida in complessivi € 5.307,64 di cui € 1.507,64 per spese comprensive dei tre quarti dei compensi del C.T.U. già liquidati, € 1.400,00 per diritti ed € 2.400,00 per onorari di avvocato, oltre accessori di legge, da distrarsi in favore del procuratore anticipatario.
così deciso in Andria, addì 6 maggio 2004.


 Il Giudice
Dott. Paolo RIZZI