REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 IL TRIBUNALE DI TRANI
SEZIONE DI ANDRIA


In Persona del Giudice Unico, dott. Paolo Rizzi, ha pronunziato la presente


SENTENZA


 nella causa civile iscritta al numero 1586 del registro generale per gli affari contenziosi dell’anno 1999 posta in deliberazione all’udienza del 5 dicembre 2003, con contestuale concessione di termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica scaduto il 23 febbraio 2004 e vertente


TRA


R. T., elett.te domiciliato in Andria, via “omissis”, presso lo studio dell’avv. N. D. B., che lo rappresenta e difende come da procura a margine dell’atto di citazione; attore


E


F. ASSICURAZIONI S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elett.te domiciliata in Andria, piazza “omissis”, presso lo studio dell’avv. N. G., rappresentata e difesa dall’avv. F. R. come da procura a margine alla copia passiva dell’atto di citazione;convenuta


nonché


C. I. e S. C., elett.te domiciliati in Andria, via “omissis”, presso lo studio dell’avv. G. P. che li rappresenta e difende come da procura a margine della comparsa di costituzione e risposta;convenuti


OGGETTO: risarcimento danni da sinistro stradale.


CONCLUSIONI
All’udienza del 5 dicembre 2003 così i procuratori delle parti hanno precisato le rispettive conclusioni:
per l’attore: “precisa le proprie conclusioni così come rassegnate in atto di citazione ed in corso di giudizio e deposita nota di risposta del 03/12/03”;
per la convenuta F.: “precisa le proprie conclusioni riportandosi integralmente a tutti i precedenti scritti difensivi nonché a quanto trascritto nei verbali di causa. Chiede, altresì, che il Giudice tenga contro di quanto suesposto, dichiari congruo l’importo versato all’attore e lo condanni alle spese processuali successive”.


SVOLGIMENTO  DEL  PROCESSO


Con atto di citazione notificato il 3 febbraio 1999, R. T. ha convenuto in giudizio S. C., C. I. e la F. Assicurazioni S.p.A., esponendo che: in data 4 settembre 1998 alle ore 9:30 circa, mentre era a bordo del suo furgone Ford Escort tg. (omissis) all’incrocio tra via Goito e via Ferrucci in Andria, veniva attinto nella parte posteriore dalla trattrice agricola tg. (omissis) di proprietà di S. C., condotta da C. I. e assicurata per la r.c.a. dalla F. Ass.ni, per la velocità sostenuta e la distrazione del conducente; a causa del sinistro il mezzo ha subito danni per lire 2.736.000 – oltre ad ulteriori spese per la visura al P.R.A., fermo tecnico e documentazione fotografica – mentre esso istante ha subito una “contrattura muscolo-ligamentosa del collo e della regione lombare” da cui è conseguito un danno pari a lire 28.196.300 che i convenuti, benché richiesti, non hanno inteso risarcire se non versando l’insufficiente importo di lire 900.000 per il danno al veicolo.
Tutto ciò premesso ha concluso chiedendo: “accertare l’esclusiva responsabilità di I. C. in merito al sinistro de quo e, per l’effetto, condannare i convenuti, in solido fra loro, al risarcimento dei danni, in favore di T. R., con il pagamento della complessiva somma di £. 30.396.300 (già detratte £. 800.000 trattenute in acconto) ovvero di quella altra maggiore o minore somma che sarà ritenuta di giustizia, oltre interessi e svalutazione monetaria dal giorno del sinistro al soddisfo. Il tutto entro i limiti della competenza del Giudice adito ex art. 10 c.p.c. Con vittoria di spese, diritti ed onorari di giudizio”.
Si è costituita la F. Assicurazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, contestando la domanda e chiedendone il rigetto.
In particolare, ha contestato l’ammontare richiesto dall’attore in quanto spropositato rispetto ai danni realmente subiti, che non hanno inciso sulla  sua capacità lavorativa.
Ha, quindi, dedotto che solo dopo molta insistenza il T. ha accettato di sottoporsi a visita medica diretta ad accertare la relazione causale tra il sinistro e le lesioni lamentate.
Ha chiesto “…3) dichiarare congruo l’importo rimesso e, in subordine, limitare la domanda ai danni eziologicamente rinvenienti dall’incidente; 4) condannare l’attore al pagamento delle spese processuali e, in caso di parziale accoglimento della domanda, limitarle in proporzione al quantum che sarà provato”.
Si sono costituiti in giudizio anche C. I. e S. C., chiedendo di “rigettare le domande proposte con atto di citazione del 05/02/99 dall’attore, perché infondate in fatto e in diritto sia in ordine “all’an” che in relazione “al quantum”, con vittoria di spese e competenze di causa”.
Hanno eccepito che il sinistro è avvenuto in quanto l’attore, che era fermo al semaforo così come la trattrice agricola, dopo avere ripreso la marcia si era bruscamente arrestato per dare la precedenza ai veicoli che giungevano di fronte, impedendo al conducente del mezzo convenuto di frenare tempestivamente nonostante la propria modesta velocità.
Quindi, hanno contestato l’importo richiesto dall’attore.
La causa è stata istruita documentalmente e a mezzo della prova per testi, l’interrogatorio formale dell’attore mentre il convenuto I. ha omesso di rendere l’interrogatorio formale deferitogli, non comparendo all’udienza all’uopo fissata senza addurre alcun legittimo impedimento.
È stata disposta C.T.U. medica sulla persona dell’attore e, sulla scorta delle conclusioni del consulente, la convenuta F. ha offerto all’attore la somma di € 4.200,00 per l’integrale definizione della controversia, tuttavia non accettata dal T..
Omessa ogni altra attività istruttoria, all’udienza del 5 dicembre 2003 la causa è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti, con contestuale assegnazione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.


MOTIVI DELLA DECISIONE


La domanda è fondata e deve essere accolta nei limiti di seguito esposti.
Dal complesso degli elementi probatori acquisiti nel corso del giudizio emerge nitidamente l’esclusiva responsabilità del conducente della trattrice agricola nella  causazione del sinistro per cui è causa.
In particolare, il teste G. Z. – a conoscenza dei fatti di causa per avervi assistito personalmente in quanto si trovava “fermo all’angolo dell’incrocio dove è avvenuto l’incidente all’incirca ad una distanza di quindici metri” – ha confermato “il capitolo n. 1 delle deduzioni istruttorie del 30.10.2000 di parte attrice”, in cui si afferma che il veicolo condotto dall’attore, allorquando fu urtato dal mezzo convenuto, si trovava fermo all’incrocio tra viale Goito e via Ferrucci.
Dalla trascritta deposizione si ricava che nessuna manovra di emergenza il T. avrebbe potuto utilmente porre in essere, né allo stesso è rimproverabile alcuna imprudenza nella guida in quanto si trovava fermo ad un incrocio e, ciò nonostante, fu investito dalla trattrice condotta dal convenuto.
Detta circostanza può, inoltre, ritenersi ammessa dall’I. quale conseguenza della mancata risposta all’interrogatorio formale deferitogli sullo specifico punto, che, unitamente all’esaminata prova testimoniale, è idonea a produrre la ficta confessio di cui all’art. 232 c.p.c.
I convenuti, dal canto loro, non ha positivamente dimostrato o anche solo richiesto di provare di avere osservato le norme di cautela nell’effettuare la manovra ovvero di avere vestito i panni di un automobilista diligente.
Per ciò che concerne l’entità dei danni risarcibili si deve osservare che la relazione di consulenza medico legale cui l’attore si è sottoposto, condivisibile in quanto approfondita, puntuale ed immune da vizi logici e scientifici, ha evidenziato quanto segue.
R. T., all’epoca dei fatti avente 43 anni di età, a seguito del sinistro per cui è causa ha riportato “contrattura muscolo-ligamentosa del collo e della regione lombare”, lesioni traumatiche certamente compatibili con la dinamica dei fatti riportata in citazione e riferita dal teste Z. Da tali lesioni derivarono una inabilità temporanea totale di 7 giorni, con successiva parziale al 50% di ulteriori 25 giorni, ed esiti permanenti valutati dal C.T.U. in ragione dell’1% dovuti ad una “lievissima riduzione della flesso-estensione del collo ed una modica riduzione delle funzionalità lombo sacrale nella flessione del tronco sul bacino”.
Dette indicazioni non risultano poste in dubbio da alcun elemento acquisito al giudizio di segno contrario, tale non potendosi ritenere la relazione medica di parte, allegata al fascicolo di parte attrice e confermata in udienza dal dott. S. L.
Infatti, la consulenza tecnica di ufficio risulta redatta sulla scorta di una visita eseguita dal dott. D. P. a distanza di diverso tempo dal sinistro, sicché il tecnico ha potuto, in concreto e non sulla base di una valutazione meramente prognostica, stimare l’incidenza reale ed effettiva delle lesioni riportate dal Terrano sulla sua funzionalità fisica complessiva.
In effetti, le due relazioni non si contraddicono ma hanno il pregio di completarsi ed integrarsi reciprocamente, in un contesto cronologico distinto e successivo, sicché dalla lettura delle stesse emerge il favorevole decorso della malattia dell’attore che, mentre in un primo momento e sulla base di una indagine eseguita poco dopo l’evento traumatico, risultava avere determinato una invalidità permanente stimata in termini prognostici dal consulente di parte nella misura del 5%, in realtà, all’esito di una successiva indagine effettuata dopo che era trascorso diverso tempo dal sinistro – sicché gli esiti dello stesso avevano avuto modo di stabilizzarsi e determinarsi con maggior e certezza – si è rivelata contenuti nella misura dell’1%.
Detta percentuale, in effetti, risulta aderente e fedele alla stessa dinamica del sinistro, ed alla modesta entità dell’impatto tra i veicoli, ricavabile dall’esame delle fotografie del mezzo attore allegate ai fascicoli di entrambe le parti, e con il quadro medico complessivo tracciato dal dott. D. P.
Alla luce di tali indicazioni, il danno biologico subito dall’attore può essere liquidato in via equitativa in € 780,00 per l’inabilità temporanea, sia assoluta che relativa, ed in € 747,70 per l’invalidità permanente.
Quanto all’inabilità temporanea, appare equo riconoscere infatti € 40,00 per ogni giorno di i.t.a., € 20,00 per ogni giorno di i.t.r. al 50%, in considerazione della modestia delle lesioni subite del T.
Per ciò che attiene, invece, all’invalidità permanente si ritiene di uniformarsi a parametri che tengono conto della natura delle lesioni sofferte e dell’inabilità patita prendendo come punto di partenza il grado d’invalidità minimo dell’1% ed il valore economico ad esso attribuibile sul piano di un apprezzamento corrente di natura sia biologica che economica, in ragione di € 946,46 per la fascia d’età più bassa, e che, inoltre, apportano a detto parametro di partenza (in base a coefficienti predeterminati, costituenti il risultato di una pluriennale elaborazione giurisprudenziale dei giudici di merito nel caso di specie del Tribunale di Milano – aggiornata al luglio 2003 – particolarmente apprezzabile per l’ampiezza dell’indagine svolta e la ponderazione degli elementi valutativi utilizzati) una serie di correttivi, al fine di tener conto della complessiva misura dell’invalidità permanente accertata dal C.T.U. e dell’età del leso al momento del sinistro, sulla scorta dell’osservazione, mutuata dalla scienza medica, per cui l’entità concreta delle limitazioni condizionanti l’esplicazione della vitalità di una persona nel campo del lavoro, dei rapporti sociali ed affettivi, delle attività culturali, di svago e sportive, cresce in misura più che aritmetica rispetto al crescere della misura dell’invalidità permanente.
Deve, poi, considerarsi che se è vero che l’organismo di un individuo giovane ha maggiori capacità di sviluppare attitudini in grado di compensare le funzioni perdute o compromesse, è altrettanto vero il rilievo (che, nella complessiva valutazione del danno, assume maggior peso del primo) per cui la vita di una persona giovane resta segnata per un periodo più lungo dalle conseguenze permanenti delle lesioni subite e che nell’arco di tale più lungo periodo è compresa anche la parte della vita che di solito si presenta, sotto ogni aspetto, come la più ricca e dinamica.
Riscontrandosi nel fatto tutti gli elementi costitutivi del reato di lesioni colpose disciplinato dall’art. 590 c.p., ancorché solo astrattamente qualificabile come illecito penale ai fini che qui interessano indipendentemente dalla sua concreta punibilità, compete alla parte istante anche il ristoro del danno morale ex art. 2059 c.c. che, in via equitativa, può liquidarsi, avuto riguardo all’entità del fatto ed all’afflittività dell’evento, nella somma di € 510,00 arrotondata, ossia nella misura di 1/3 del danno biologico.
L’importo così determinato, pari ad € 2.037,7 (arrontondato), è già calcolato rivalutando i valori correnti al momento del sinistro all’attualità, secondo gli indici ISTAT sul costo della vita per le famiglie di operai ed impiegati.
A tali somme debbono aggiungersi le spese mediche sostenute dal T. che, essendo conseguenza del sinistro, dovranno essergli rimborsate dai convenuti e che si liquidano in complessivi € 240,00, documentate dall’attore, arrotondati e rivalutati all’attualità
Non può, in proposito, essere ricompreso tra le spese mediche l’importo della consulenza di parte, atteso che per costante giurisprudenza tale somma rientra tra le spese di lite che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate (Cass. Civ., sez. III, 16 giugno 1990, n. 6056).
Non può, invece, essere riconosciuta alcuna somma a titolo di risarcimento del danno patrimoniale lamentato dall’istante in assenza di ogni elemento probatorio idoneo a ritenere fondata la domanda su tale specifico aspetto ed utilizzabile anche ai fini di una eventuale liquidazione equitativa di tale voce di danno.
Infatti, la modesta entità dei postumi riportati e l’assenza di ogni elemento oggettivo attinente alla sussistenza di una concreta incisione della attività professionale a causa del fatto illecito del convenuto, non consentono di formulare alcun giudizio favorevole – neppure fondato su una valutazione prognostica – in relazione alla liquidazione di un danno ulteriore non ricompreso in quello biologico (sul punto cfr. Cass. Civ., sez. III, 20 giugno 1997, n. 5251).
Inoltre, l’attore non ha provato né chiesto di provare, pur incombendo sullo stesso il relativo onere, che per effetto del sinistro per cui è causa ha subito una perdita patrimoniale qualificabile quale lucro cessante.
Per quanto concerne, invece, il danno al veicolo, questo deve essere liquidato nella somma di cui alla fattura n. 9 del 5 ottobre 2000 rilasciata dal carrozziere F. Z. e confermata in udienza dal fratello dello stesso.
In proposito, occorre evidenziare che l’importo ivi indicato, pari ad € 484,00 (arrotondati) è stato corrisposto al carrozziere per la riparazione del mezzo e risulta senz’altro congruo al risarcimento del danno effettivamente patito dal T.
Difatti, l’esame delle fotografie allegate al fascicolo dell’attore ed a quello della compagnia di assicurazioni convenuta evidenzia un danno di entità limitata, per la cui riparazione non è necessaria la sostituzione della porta posteriore del furgone con gli interventi correlati, atteso che è evidente che un piccolo intervento, limitato ed economico, è più che sufficiente a restituire al mezzo la sua integrità e completa funzionalità.
Quanto alle spese di visura, queste devono essere liquidate unitamente alle spese di lite. Nulla è, invece, dovuto all’attore per il fermo tecnico del veicolo.
Secondo l’orientamento della Suprema Corte, infatti, “in tema di risarcimento danni da incidente stradale, il cd. “danno da fermo tecnico” del veicolo incidentato non può considerarsi sussistente “in re ipsa”, quale conseguenza  automatica dell’incidente, ma necessita, per converso, di esplicita prova, che attiene tanto al profilo della inutilizzabilità del mezzo meccanico in relazione ai giorni in cui esso è stato sottratto alla disponibilità del proprietario, tanto a quello della necessità del proprietario stesso di servirsene, così che, dalla impossibilità della sua utilizzazione, ne sia derivato un danno (quale, ad esempio, quello derivante da impossibilità allo svolgimento di un’attività lavorativa, ovvero  da esigenza di far ricorso a mezzi sostitutivi)” (Cass. civ., sez. III, 19 novembre 1999, n.12820).
Nel caso di specie, l’istante ha omesso di provare di avere subito un danno a causa dell’indisponibilità del mezzo  sinistrato, né, a voler ritenere sussistente il danno in oggetto in relazione alla particolare qualità soggettiva dell’istante, ha offerto idonei elementi per addivenire alla quantificazione del danno stesso.
La menzionata carenza probatoria non può essere colmata in via equitativa in quanto, secondo la Corte di Cassazione, “il giudice può addivenire alla liquidazione dei danni in via equitativa, tanto nell’ipotesi in cui sia mancata interamente la prova  del  loro  preciso ammontare, per l’impossibilità della parte di fornire congrui ed idonei elementi al riguardo, quanto nell’ipotesi di notevole difficoltà di una precisa quantificazione. Nella ricorrenza delle suindicate  condizioni, deve pur sempre il giudice indicare i criteri seguiti per determinare, sia pure con l’elasticità propria dell’istituto e nell’ambito dell’ampio potere discrezionale che lo caratterizza, l’entità del risarcimento” (Cass. civ., sez. III, 16 luglio 2002, n.10271).
Nel caso di specie, il ricorso alla liquidazione equitativa di cui all’art.1226 c.c. finirebbe con il supplire alla carenza probatoria della parte che ben avrebbe potuto dimostrare l’entità del danno subito producendo la documentazione contabile da cui emerge la contrazione del volume di affari a causa dell’incidente per cui è causa ovvero di aver dovuto ovviare alla indisponibilità del mezzo sopportando sacrifici economici.
Oltre alla rivalutazione del credito, già riconosciuta sull’intera somma, è stato chiesto dall’istante anche il riconoscimento degli interessi sul credito, con decorrenza dalla data del fatto.
Tale questione deve essere valutata alla luce dell’orientamento espresso dalla Suprema Corte con la sentenza, a Sezioni Unite, n.1712 del 17.2.1995.
Tale sentenza, infatti, da un lato, richiamando il combinato disposto degli artt. 2056 e 1223 c.c., riconosce in caso di ristoro per equivalente del danno da fatto illecito la risarcibilità del danno derivante da ritardo e dunque dal mancato godimento dell’equivalente monetario del bene perduto (lucro cessante) “per tutto il tempo che intercorre fra il fatto e la sua liquidazione”, danno liquidabile anche con l’attribuzione di interessi, e, dall’altro, esclude che si possa assumere a base del calcolo di tale danno la somma liquidata come capitale nella misura rivalutata definitivamente al momento della pronuncia, dovendo calcolarsi gli interessi sulla somma rivalutata di anno in anno ovvero calcolando indici medi di rivalutazione.
In conformità al combinato disposto degli artt.2056, 1223, 1226 e 1227 c.c., il danno da ritardo in materia di responsabilità da fatto illecito non è presunto ex lege (non essendo applicabile, come precisato dalla Suprema Corte nella citata sentenza, l’art. 1224 I comma c.c.), ma deve essere allegato e provato facendo ricorso anche e soltanto a presunzioni semplici ed al criterio equitativo di cui all’art. 2056, comma 2, c.c.
Orbene, la modesta entità dell’importo dovutogli a titolo risarcitorio, pari ad € 2.961,7, non consente di affermare che lo stesso sarebbe stato investito ovvero impiegato nell’attività d’impresa dell’istante piuttosto che impiegato per l’acquisito di beni di consumo.
All’importo dovuto in favore dell’attore deve essere detratta la somma di € 464,8 (pari a lire 900.000 già corrisposte al T. dalla F. Assicurazioni a titolo di risarcimento del danno materiale subito), cosicché l’ammontare definitivo del risarcimento è pari ad € 2.494,9.
Quanto, infine, all’ulteriore somma di € 4.200,00 offerta all’istante, questa non potrà determinare una diminuzione dell’importo dovuto in quanto non risulta essere stata accettata.
Per quanto attiene, poi, al periodo intercorrente tra la data della presente sentenza e la data dell’effettivo pagamento, sul totale delle somme sopra liquidate  dovranno essere corrisposti, per effetto della pronuncia di liquidazione del danno che attribuisce al quantum dovuto natura di debito di valuta, in applicazione dell’art. 1282 c.c.,  gli interessi annui al tasso legale.Per ciò che concerne le spese di lite, queste devono essere compensate nella misura di un terzo, tenuto conto del comportamento della compagni di assicurazioni convenuta che ha provveduto ad offrire, sia pure solo all’udienza per la precisazione delle conclusioni, una somma congrua a risarcire il danno cagionato dal sinistro per cui è causa.
Le spese residue seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.


P.Q.M.


Il Giudice unico di Trani, sezione di Andria, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta da R. T. con atto di citazione notificato il 3 febbraio 1999 nei confronti di S. C., C. I. e della F. Assicurazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rigettata ogni altra istanza così provvede:
Accoglie la domanda e per l’effetto condanna S. C., C. I. e la F. Assicurazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, in solido tra loro al pagamento in favore di R. T. della somma di € 2.496,9, oltre interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza e fino all’effettivo soddisfo;
Compensa le spese di lite tra le parti nella misura di un terzo e condanna S. C., C. I. e la F. Assicurazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, in solido tra loro alla rifusione in favore di R. T. delle spese residue che liquida in complessivi € 3.200,00 di cui € 500,00 per spese, € 1.100,00 per diritti ed € 1.600,00 per onorari di avvocato, oltre accessori di legge ed oltre al rimborso di due terzi delle spese di C.T.U. già liquidate.
così deciso in Andria, addì 19 aprile 2004.


   Il Giudice
       Dott. Paolo RIZZI