REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI TRANI
SEZIONE DI ANDRIA
In Persona del Giudice Unico, dott. Paolo Rizzi, ha pronunziato la presente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al numero 10111 del registro generale per gli affari contenziosi dell’anno 2002 posta in deliberazione all’udienza del 17 febbraio 2003, con contestuale concessione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica scaduto il 6 maggio 2004 e vertente
TRA
F. P., elett.te domiciliato in Lecce, viale “omissis”, presso lo studio dell’avv. M. M. che lo rappresenta e difende come da procura a margine dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado; appellante
E
A. C. E C. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elett.te domiciliata in Andria, via “omissis”, presso lo studio dell’avv. F. F. che la rappresenta e difende come da procura sulla copia notificata dell’atto di citazione;appellata
OGGETTO: risarcimento danni da sinistro stradale, appello avverso sentenza del Giudice di Pace.
CONCLUSIONI
All’udienza del 17 febbraio 2004 così i procuratori delle parti hanno precisato le rispettive conclusioni:
per l’appellante: “si riporta alle conclusioni dell’atto di citazione chiedendo la riforma dell’impugnata sentenza e insistendo per l’ammissione del rapporto della Polstrada”;
per l’appellata: “richiamate le conclusioni di cui alla comparsa di costituzione e risposta conclude per l’inammissibilità della produzione avversa, per il rigetto dell’appello e per il pagamento delle spese di lite”.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 4 dicembre 1998 F. P. convenne in giudizio davanti al Giudice di Pace di Andria la A. C. e C. A. S.p.A. esponendo che: in data 3 marzo 1997, mentre alla guida della propria autovettura Fiat Croma tg. (omissis) percorreva l’Autostrada A/14 Bari/Napoli al km. 627+940 nei pressi dell’uscita Andria Sud, per cause imprecisate, cadde sulla auto un albero posto sul ciglio della strada provocando danni materiali per lire 4.163.473, oltre a danni fisici certificati dal P.S. dell’Ospedale di Napoli, pari a lire 600.000 che la convenuta, benché richiesta, non ha inteso risarcire.
Ciò premesso concluse chiedendo la condanna della convenuta al risarcimento di tutti i danni patiti. Oltre al pagamento delle spese e competenze di causa.
Si costituì in giudizio la A. C. e C. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, contestando la domanda e chiedendone il rigetto.
In particolare, dedusse che non ricorrevano nel caso di specie i presupposti applicativi dell’art. 2043 c.c. pure perché l’attore non aveva tenuto una condotta di guida in concreto adeguata alle particolari circostanze correlate all’accadimento.
Infine, contestò l’ammontare dei danni richiesti.
La causa fu istruita documentalmente e a mezzo testi mentre il legale rappresentante della convenuta disertò l’udienza fissata per l’assunzione dell’interrogatorio formale ammesso senza addurre alcun legittimo impedimento, quindi, fu trattenuta in decisione sulle contrapposte conclusioni delle parti.
Con sentenza n. 68/2001 del 15 gennaio 2001, depositata il successivo 13 febbraio, il Giudice di Pace ha rigettato la domanda compensando interamente le spese di lite.
Avverso detta sentenza F. P. ha proposto appello con atto notificato il 29 marzo 2002.
Ha denunciato l’errore in cui è incorso il Giudice di prime cure nell’avere ritenuto non dimostrata la responsabilità della convenuta nella causazione del sinistro oggetto di causa, per effetto della asserita tardiva ed inammissibile produzione del rapporto redatto dalla Polizia Stradale oltre i termini di cui all’art. 320 c.p.c.
In particolare, ha evidenziato che fin dall’atto introduttivo del giudizio aveva richiesto l’acquisizione su ordine del giudice del menzionato documento e analoga richiesta era stata formulata dalla convenuta la quale, inoltre, non aveva eccepito alcunché in ordine alla successiva produzione dello stesso da parte di esso istante, resa possibile attraverso la esibizione alla Polizia Stradale di copia dell’ordinanza con cui il Giudice di pace aveva disatteso la richiesta istruttoria in oggetto.
Infine, ha soggiunto che non vi è comunque preclusione alla allegazione di detto mezzo di prova in appello.
Tutto ciò premesso ha concluso chiedendo: “1) accogliere l’impugnazione con quest’atto proposta alla sentenza n. 68/01 del Giudice di Pace di Andria e, per l’effetto, 2) riformare la stesa sentenza dichiarando responsabile del sinistro la Autostrade Concessione e Costruzioni Autostrade S.p.A. 3) condannare la società appellata, in persona del legale rappr. p.t., al pagamento delle somma di £. 4.763.473, oltre interessi e rivalutazione come per legge. Con vittoria di spese diritti ed onorari del doppio grado di giudizio”.
Si è costituita in giudizio A. C. e C. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, deducendo che correttamente il Giudice di primo grado ha ritenuto non provata la domanda perché tardivamente prodotto in giudizio il rapporto della Polizia Stradale, da cui comunque emerge solo che l’albero posto sul ciglio della strada cadde sulla vettura dell’attore nel momento in cui questa sopraggiungeva.
Inoltre, ha soggiunto che non vi è stata nel caso concreto alcuna insidia nel determinismo dell’evento e che la caduta dell’albero viene comunque in considerazione quale caso fortuito o forza maggiore.
Ha chiesto: “1. rigettare l’appello prodotto da P. F. e per l’effetto confermare la impugnata sentenza del Giudice di Pace di Andria emessa il 15 gennaio 2001, con la condanna dell’appellante P. F. al pagamento delle spese, competenze, diritti e onorari ed in conseguenza rigettare integralmente la domanda di risarcimento avanzata dall’attore, che è tenuto a corrispondere per inteso le spese del presente grado. 2. rigettare comunque, siccome infondato in fatto e in diritto, l’appello proposto da controparte”.
Dopo l’acquisizione del fascicolo di ufficio del giudizio di primo grado, omessa ogni altra attività istruttoria, all’udienza del 17 febbraio 2004 la causa è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti, con contestuale assegnazione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, osserva il Tribunale che la produzione del rapporto della Polizia Stradale di Bari del 30 marzo 1997 vale a sanare l’eventuale irrituale deposito avvenuto nel corso del giudizio di primo grado.
Infatti, secondo l’orientamento della Suprema Corte “il documento irritualmente prodotto in primo grado può essere nuovamente prodotto in secondo grado nel rispetto delle modalità di produzione previste dall’art. 87 disp. att. c.p.c..” (Cass. Civ., sez. III, 22 gennaio 2002, n. 696).
Quanto al merito, occorre premettere che in materia di sinistri che si verificano su autostrade vi è stata una significativa evoluzione della giurisprudenza dei giudici di legittimità che ha conosciuto un sostanziale e rilevante mutamento di indirizzo in tempi piuttosto recenti.
Infatti, esaminando l’aspetto concernente l’inquadramento della responsabilità extracontrattuale del soggetto in questione la Suprema Corte ha osservato che: “la prevalente giurisprudenza di questa Corte è orientata nel senso di escludere che, con riguardo ai danni subiti da utenti di autostrade, trovi applicazione l’art. 2051 c.c. nei confronti della pubblica amministrazione proprietaria dell’autostrada, ovvero del concessionario, in quanto il bene è oggetto di uso diretto e generale ed ha estensione tale da non consentire una vigilanza idonea ad evitare l’insorgenza di situazioni di pericolo; e che, per contro, una violazione del generale principio del neminem laedere e dell’art. 2043 c.c. in tanto sia configurabile in quanto l’ente proprietario o gestore abbia provocato o non abbia rimosso una situazione di pericolo occulto (insidia o trabocchetto), la quale ricorre in presenza dei requisiti della non visibilità e della non prevedibilità. Si è da più parti lamentato che la generalizzazione del principio, in una all’applicazione del restrittivo criterio di imputazione della responsabilità cui s’è appena accennato, si risolve in un privilegio per la pubblica amministrazione e, di riflesso, in un ingiustificato deteriore trattamento per gli utenti danneggiati. Con sentenza n. 156 del 1999 la Corte costituzionale lo ha escluso, in riferimento ai parametri costituzionali di raffronto costituiti dagli artt. 3 e 24 Cost., sulla scorta dei rilievi che, come sottolineato in alcune sentenze, “la notevole estensione del bene e l’uso generale e diretto da parte dei terzi costituiscono meri indici dell’impossibilità del concreto esercizio del potere di controllo e di vigilanza sul bene medesimo; la quale dunque potrebbe essere ritenuta, non già in virtù di un puro e semplice riferimento alla natura demaniale del bene, ma solo a seguito di un’indagine condotta dal giudice con riferimento al caso singolo, e secondo criteri di normalità”.
La ratio dell’esclusione della responsabilità a titolo di custodia è, dunque, fondata sulla impossibilità di evitare l’insorgenza di situazioni di pericolo in un bene: non già perché demaniale, ma in quanto soggetto all’uso diretto da parte di un rilevantissimo numero di utenti ed in quanto particolarmente esteso, tanto da rendere impossibile l’esercizio di un controllo adeguato. La demanialità del bene è, cioè, solo un indice sintomatico di quella impossibilità, ma non la attesta in modo automatico, tanto che non si è omesso di chiarire che quando è consentita un’adeguata attività di vigilanza che valga ad impedire l’insorgenza di cause di pericolo per i terzi, l’art. 2051 c.c. trova senz’altro applicazione pure nei confronti della pubblica amministrazione (Cass. 21.1.1987, n. 526; Cass., 7.1.1982, n. 58), quand’anche si tratti di demanio stradale (Cass. 27.11.1995, n. 13114). Ora, non pare revocabile in dubbio che la possibilità o l’impossibilità di un continuo ed efficace controllo e di una costante vigilanza – dalle quali rispettivamente dipendono l’applicabilità o la non applicabilità dell’art. 2051 c.c. – non si atteggiano univocamente in relazione ad ogni tipo di strada.
E ciò non solo in relazione alla loro estensione, ma anche alle loro caratteristiche, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza che le connotano, agli strumenti che il progresso tecnologico volta a volta appresta e che, in larga misura, condizionano anche le aspettative della generalità degli utenti.
Per la autostrade, contemplate dall’art. 2 del vecchio e del nuovo codice della strada e per loro natura destinate alla percorrenza veloce in condizioni di sicurezza, l’apprezzamento relativo alla effettiva “possibilità” del controllo alla stregua degli indicati parametri non può che indurre a conclusioni in via generale affermative, e dunque a ravvisare la configurabilità di un rapporto di custodia per gli effetti di cui all’art. 2051 c.c..
Nell’applicazione del principio occorre peraltro distinguere le situazioni di pericolo immanentemente connesso alla struttura o alle pertinenze dell’autostrada, da quelle provocate dagli stessi utenti ovvero da una repentina e non specificamente prevedibile alterazione dello stato della cosa, che pongano a repentaglio l’incolumità degli utenti e l’integrità del loro patrimonio.
Mentre, invero, per le situazioni del primo tipo, l’uso generalizzato e l’estensione della rea costituiscono dati in via generale irrilevanti in ordine al concreto atteggiarsi della responsabilità del custode, per quelle del secondo tipo dovrà configurarsi il fortuito tutte le volte che l’evento dannoso presenti i caratteri della imprevedibilità e della inevitabilità; come accade quando esso si sia verificato prima che l’ente proprietario o gestore, nonostante l’attività di controllo e la diligenza impiegata al fine di garantire un intervento tempestivo, potesse rimuovere o adeguatamente segnalare la straordinaria situazione di pericolo determinatasi, per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere” (Cass. Civ., sez. III, 13 gennaio 2003, n. 298).
Ciò posto, l’appello è infondato e deve essere rigettato.
Infatti, dall’esame della menzionata relazione della Polizia stradale non è possibile formulare alcuna affermazione di responsabilità della convenuta circa il sinistro subito dall’appellante.
In particolare, è stata rilevata dagli agenti intervenuti sul luogo la presenza di un albero posto di traverso lungo la corsia di emergenza ed in parte lungo la ordinaria corsia di marcia.
Orbene, dalla detta documentazione non emerge, tuttavia, se l’albero in oggetto insistesse o meno su una zona prospiciente la sede stradale e, perciò, rientrante nell’ambito delle cose gestite e dunque custodite dalla società Autostrade.
Conseguentemente, l’incertezza circa la ricorrenza del presupposto applicativo della disciplina di cui all’art. 2051 c.c., costituito dalla possibilità di esercitare un controllo attuale e concreto sulla cosa oggetto di custodia da cui è derivato il danno, rende applicabile al caso di specie la ordinaria disciplina in materia di responsabilità extracontrattuale stabilita dall’art. 2043 c.c. cosicché grava sul danneggiato l’onere di provare gli elementi costitutivi dell’illecito aquiliano e, in modo particolare, il nesso di causalità tra fatto e danno e la colpa ovvero il dolo del danneggiante.
Tale prova non è stata adeguatamente offerta dall’appellato.
In particolare, non è stata positivamente dimostrata l’omissione colposa da parte dell’appellata del dovere di rimuovere l’albero caduto sulla sede stradale, né tale lacuna è colmabile attraverso l’esame del citato rapporto che si limita a riferire lo stato oggettivo dei luoghi dopo l’accadimento dell’incidente.
D’altra parte è la stessa esposizione dei fatti dell’esponente che porta ad escludere una inerzia del soggetto gestore del tratto di autostrada teatro dell’incidente, atteso che costui ha affermato che l’albero è caduto sulla propria vettura mentre proprio mentre questa sopraggiungeva.
Detta dinamica indurrebbe a ritenere che nel caso di specie vi è stato un caso fortuito, dunque una fatalità, forse dovuta al forte vento presente in prossimità del luogo del sinistro (cfr. menzionato rapporto) che viene a spezzare ogni nesso causale tra il fatto omissivo delle Autostrade ed il sinistro.
Neppure l’istante ha richiesto di provare che l’appellata non ha diligentemente provveduto alla manutenzione degli alberi esistenti sul ciglio della strada ovvero che quello caduto versava in un tale stato da rendere necessario un tempestivo intervento, sempre che lo stesso fosse stato sottoposto alla custodia della appellata.
Infine, ai fini del decidere è irrilevante la circostanza della mancata risposta da parte del legale rappresentante della convenuto all’interrogatorio formale deferitogli nel corso del giudizio di primo grado.
Infatti, detto elemento ex se non può indurre a ritenere ammessi i fatti oggetto dell’interrogatorio dovendo essere valutati unitamente a tutti gli altri elementi di giudizio, secondo quanto stabilito dall’art. 232 c.p.c.
Nel caso de quo non vi sono apprezzabili elementi che, valutati unitamente al comportamento dell’interrogando possono realizzare l’effetto processuale in esame, pure in considerazione del fatto che non è ragionevole ritenere che il legale rappresentante di una società di rilevanti dimensioni possa essere a diretta conoscenza di un fatto relativamente marginale come quello relativo alla causa di un albero su un limitato tratto di strada (Cass. Civ., 14 dicembre 1988, n. 6816).
Sussistono giusti motivi e d’equità per compensare integralmente tra le parti le spese di lite del presente grado di giudizio, mentre quelle relative al giudizio di primo grado restano regolate dalla sentenza gravata.
P.Q.M.
Il Giudice unico di Trani, sezione di Andria, definitivamente pronunziando sull’appello proposto da F. P. avverso la sentenza n. 68/2001 pronunciata dal Giudice di Pace di Andria il 15 gennaio 2001, depositata il successivo 13 febbraio 2001, con atto notificato il 29 marzo 2002 nei confronti della A. C. e C. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore,, rigettata ogni altra istanza così provvede:
Rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza gravata;
Dichiara interamente compensate le spese di lite del presente grado di giudizio.
così deciso in Andria , addì 29 giugno 2004.
Il Giudice
Dott. Paolo RIZZI