REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 IL TRIBUNALE DI TRANI
SEZIONE DI CANOSA di PUGLIA



In Persona del Giudice Unico, dott. Paolo Rizzi, ha pronunziato la presente


SENTENZA


 nella causa civile iscritta al numero 16077 del registro generale per gli affari contenziosi dell’anno 2002 posta in deliberazione all’udienza del 27 giugno 2003, con contestuale concessione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica scaduto il 31 ottobre 2003 e vertente


TRA


G. M., elett.te domiciliato in Canosa di Puglia, via “omissis”, presso lo studio dell’avv. A. S., che lo rappresenta e difende, come da procura a margine dell’atto di appello;appellante


E


T. ASSICURAZIONI S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elett.te domiciliata in Trani, corso “omissis”, presso lo studio dell’avv. M. P. d. B., che la rappresenta e difende con l’avv. C. P. d. B. come da mandato a margine dell’atto di appello; APPELLATA


Nonché


N. C.;appellato contumace


OGGETTO: risarcimento danni da sinistro stradale, appello avverso sentenza del Giudice di Pace.


CONCLUSIONI
All’udienza del 27 giugno 2003 così i procuratori delle parti hanno precisato le rispettive conclusioni:
per l’appellante: “si riporta a tutte le deduzioni e difese rassegnate nei precedenti verbali”;
per l’appellata: “conclude per l’accoglimento delle eccezioni processuali sollevate nella comparsa di costituzione e nella memoria difensiva del 24.10.02 e, quindi, per il rigetto dell’appello in quanto inammissibile, improponibile e, comunque, infondato. Con condanna dell’appellante alla rifusione delle spese”.


SVOLGIMENTO  DEL  PROCESSO


Con atto di citazione notificato il giorno 2 agosto 1999 G. M. convenne in giudizio davanti al Giudice di Pace di Canosa di Puglia N. C. nonché la T. Assicurazioni S.p.A. esponendo che: in data 24 maggio 1999 verso le ore 16:00, mentre percorreva a bordo della sua vettura Lancia K tg. (omissis) un incrocio posto alle porte della città di Canosa, veniva urtato nella parte posteriore sinistra dal veicolo FIAT Fiorino tg. (omissis) di proprietà e condotto da N. C., assicurato per la r.c.a. dalla T. Assicurazioni S.p.A. che proveniva dalla sinistra a forte velocità ed ometteva di dare la precedenza; nell’occasione l’auto dell’attore riportava danni per lire 12.756.300 che la compagnia convenuta non aveva inteso risarcire.
Ciò premesso concluse chiedendo la condanna dei convenuti, in via solidale tra loro, al risarcimento dei danni nella misura di lire 15.000.000 per danni a cose, ivi compreso il fermo tecnico. Oltre al pagamento delle spese e competenze di causa.
Si costituì in giudizio solo la T. Assicurazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, contestando la domanda e chiedendone il rigetto perché nel caso di specie era ravvisabile quanto meno il concorso di colpa dell’attore nella causazione del sinistro, sicché l’importo versato dalla convenuta compagnia, pari a lire 7.000.000 doveva ritenersi integralmente satisfattivo della pretesa azionata in quanto il danno patito ammontava complessivamente a lire 6.814.680.
La causa fu istruita a mezzo della prova testimoniale e dell’interrogatorio formale dell’attore e, quindi, fu trattenuta in decisione.
Con sentenza n.44/2001 del 12 febbraio 2001, depositata il 14 febbraio 2001, il Giudice di Pace rigettò la domanda perché non provato l’ammontare del danno subito dall’attore, superiore a quello già risarcito dalla convenuta, e condannò lo stesso al rimborso parziale delle spese di lite in favore della T. Ass.ni S.p.A.
Avverso detta sentenza G. M. ha proposto appello con atto notificato il 20 febbraio 2002.
Ha denunciato l’errore in cui è incorso il giudice di prime cure nella valutazione delle risultanza processuali, in particolare della prova testimoniale e del preventivo di spesa allegato al proprio fascicolo, dalle quali emerge l’esatto ammontare del danno subito dall’attore e risultante anche dalle fotografie versate nel fascicolo della convenuta. In particolare, ha affermato di avere pienamente assolto l’onere probatorio su di lui gravante, mentre l’importo offerto dalla compagnia assicurativa non è idoneo a ristorare integralmente il pregiudizio patito.
Tutto ciò premesso ha concluso chiedendo: “a) accogliere lo spiegato appello e per l’effetto, previa riforma  dell’impugnata sentenza: 1) sulla base della rinnovata valutazione della prova e della documentazione prodotta in prime cure, condannare gli appellati in solido al risarcimento dei danni subiti dall’appellante, quantificati in £.15.000.000 pari a Euro 7.746,85 comprensivi di fermo tecnico; b) condannare, in ogni caso, entrambi i convenuti al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio”.
Si è costituita in giudizio la T. Assicurazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del gravame in quanto l’atto di appello è stato notificato direttamente alla parte e non presso il procuratore  costituito, di talché la sentenza impugnata è passata in giudicato.
Nel merito, ha dedotto che correttamente il Giudice di prime cure ha ritenuto indimostrata la domanda, pure alla luce della consulenza di parte prodotta da essa convenuta.
Ha chiesto: “rigettare l’appello in quanto  inammissibile ed improponibile per l’intervenuto passaggio in giudicato della sentenza per decorso del termine di impugnazione. Salvo gravame, in via subordinata si rigetti l’appello perché infondato. Con condanna dell’attore alla refusione delle spese”.
N. C. ha omesso di costituirsi in giudizio rimanendo, pertanto, contumace.
Dopo l’acquisizione del fascicolo di ufficio del giudizio di primo grado, omessa ogni altra attività istruttoria, all’udienza del 27 giugno 2003 la causa è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti, con contestuale assegnazione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di improcedibilità del giudizio di appello, sollevata dall’appellata T. Assicurazioni S.p.A.
Infatti, secondo l’orientamento della Suprema Corte “per costante giurisprudenza, l’art. 23 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 sull’assicurazione obbligatoria della R.C.A., disponendo che nel giudizio instaurato con l’azione diretta contro l’assicuratore dev’essere chiamato il responsabile del danno, configura, in deroga al principio della facoltatività del litisconsorzio in materia di obbligazioni solidali, un litisconsorzio necessario con inscindibilità di cause (fra le più recenti: Cass. 4 dicembre 1996, n.10833; 6 novembre 1996, n.9647; 19 luglio 1996, n. 6514; 20 marzo 1995, n. 3215). …Conseguenza della situazione di litisconsorzio è che le domande sono “connesse in rapporto di reciproca dipendenza” e che l’accertamento dell’obbligo di risarcimento dell’assicurato determina la sussistenza dell’obbligo di prestazione dell’assicuratore. Con riferimento al giudizio d’appello il litisconsorzio e l’inscindibilità delle cause comportano che l’impugnazione della sentenza per un capo con gli altri collegato “da qualunque parte in confronto di qualunque parte proposta, impedisce il passaggio in giudicato dell’intera sentenza nei confronti di tutte le parti” (Cass. S.U. 20 luglio 1983, n.5320; v., inoltre, Cass. 21 gennaio 1992, n. 686; 28 settembre 1989, n. 3939; 14 gennaio 1987, n. 198; 20 agosto 1984, n. 4661)” (Cass. Civ., sez. III, 7 ottobre 1998, n.9919, cfr. anche Cass, civ., sez. III, 28 aprile 1997, n.3624, nonché Cass. Civ., sez. III, 19 luglio 1996, n.6514).
Pertanto, ricadendo la fattispecie concreta nell’ambito dell’art.331 c.p.c.,  trova applicazione il principio secondo cui deve essere disposta l’integrazione del contraddittorio non soltanto nell’ipotesi in cui l’impugnazione non sia stata proposta nei confronti di qualcuna delle parti, ma anche nel caso di invalida proposizione della medesima (Cass. Civ., sez. I, 14 ottobre 1995, n.10755).
In particolare, la Corte di Cassazione ha affermato che “in ipotesi di litisconsorzio necessario fra più soccombenti – data l’esigenza  della  formazione  unitaria  del  giudicato, nello stesso momento, nei confronti di  tutti i litisconsorti -, l’impugnazione dagli stessi proposta, con unico atto, ma notificata tempestivamente riguardo soltanto ad  uno, o ad alcuni, di essi e tardivamente riguardo  agli  altri  (rispetto  al diverso termine decorrente dalla distinta  data  di notifica della sentenza impugnata), è ammissibile anche per questi  ultimi,  dovendo ritenersi che  l’impugnazione proposta fuori termine in causa  inscindibile valga quale atto di integrazione del  contraddittorio  ai  sensi e  per  gli effetti dell’art. 331 cod. proc. civ.” (Cass. Civ., sez. V, 10 marzo 2002, n.2981) e che in tali casi “l’effetto conservativo dell’impugnazione si verifica  nei confronti di tutti i compartecipanti al giudizio a condizione che l’atto di appello sia stato notificato nei termini ad almeno uno di  essi” (Cass. Civ., sez. III, 27 luglio 2001, n.10297).
Orbene, nel caso di specie l’atto di appello è stato notificato tempestivamente nei confronti di N. C., ragion per cui l’impugnazione proposta, prima con atto nullo perché notificato direttamente alla parte e poi con atto notificato al difensore costituito in data 17 luglio 2002, opera quale atto di integrazione del contraddittorio.
Neppure alla conseguenza invocata dall’appellata può condurre il mancato rispetto del termine stabilito dall’art.163 bis c.p.c. tra la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio e l’udienza fissata per la comparizione per le parti.
In effetti, l’art.164 c.p.c., comma 3, stabilisce che se il convenuto si costituisce il giudizio deducendo l’inosservanza dei termini a comparire il giudice deve limitarsi a fissare una nuova udienza nel rispetto dei detti termini.
Cosicché il vizio lamentato dalla T. può ritenersi sanato dal rinvio della causa dall’udienza del 25 ottobre 2002 a quella del 31 gennaio 2003, mentre è irrilevante la circostanza del mancato rispetto del termine da parte dell’appellante con l’ordinanza del 28 maggio 2002, in quanto, come già rilevato, l’art.164 c.p.c. non prevede la rinnovazione della citazione, essendosi comunque costituito l’appellato, ma il solo differimento dell’udienza.
Occorre, inoltre, evidenziare che l’appellata non ha lamentato la compressione di alcuna facoltà processuale dalla scansione del giudizio così come in concreto verificatasi.
Quanto al merito, l’appello è infondato e deve essere rigettato.
Infatti, correttamente il Giudice di prime cure ha ritenuto inidoneo il preventivo di spesa per la riparazione della vettura di proprietà dell’attore, confermato dal carrozziere in udienza quale teste, a dimostrare compiutamente l’ammontare del danno patito dall’istante.
Infatti, per un verso ritiene il Tribunale di condividere l’affermazione effettuata nella sentenza gravata relativa alla inidoneità ex se del preventivo di spesa, “senza supporto di documentazione fotografica” a costituire prova sufficiente.
Tanto, in particolare, trova conforto anche nella giurisprudenza di merito, secondo cui detto preventivo “può costituire in presenza di determinate concorrenti circostanze…una base utile per la valutazione del danno in via equitativa” (Giudice di pace di Roma, 16 marzo 1998).
Non può in proposito sottacersi che il preventivo altro non è se non una stima, una valutazione che il carrozziere fa dell’ammontare del danno che, evidentemente, è suscettibile di variazioni nel corso dei lavori di riparazione del mezzo.
Per altro verso si è ritenuto di non poter attribuire piena efficacia probante alla deposizione testimoniale del carrozziere il quale si è limitato a riconoscere il preventivo a sua firma e la generica corrispondenza dello stesso alle tariffe vigenti ma, pur avendo implicitamente affermato di avere effettuato le riparazioni, non è stato in grado di ricordare il corrispettivo ricevuto, comunque non comprovato documentalmente da idonea fattura pacificamente non emessa, sicché la prova in definitiva ha avuto ad oggetto su un giudizio che il teste è stato chiamato ed esprimere ma non ha trovato adeguato conforto in idonei supporti documentali.
Occorre inoltre, evidenziare, che la lacune probatoria denunciata dal Giudice di pace risulta accentuata dalla presenza nel fascicolo della convenuta compagnia di assicurazioni di una perizia di parte che, ancorché non confermata in udienza dal perito nella qualità di teste, si presenta dettagliata e significativamente distante, quanto all’ammontare dei danni, dalla somma richiesta dall’assicurato.
Infine, osserva il Tribunale che il M. non ha provveduto a ridepositare nel fascicolo di ufficio del giudizio di appello il fascicolo di parte del giudizio di primo grado in cui il menzionato preventivo di spesa era presente, cosicché non è possibile apprezzare l’analiticità dello stesso e la verosimiglianza delle somme in esso indicate.
Sulla scorta della denunciata carenza probatoria il Giudice di prime cure ha ritenuto di procedere alla liquidazione equitativa del danno, facendo applicazione di un consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass. Civ., sez. III, 19 gennaio 1995, n.591, sentenza del Giudice di pace di Roma, citata) che consente al giudice di merito di utilizzare comunque il preventivo di spesa anche al fine di procedere alla valutazione del danno secondo equità.
Orbene, l’assenza in atti del preventivo di spesa ed il carattere generico della testimonianza del carrozziere, impediscono di valutare criticamente l’operato del primo Giudice, cosicché la sentenza gravata deve trovare conferma anche nel presente grado di giudizio.
Infine, non può essere accolta l’istanza di ammissione di C.T.U. formulata dall’appellante solo nella comparsa conclusionale, atteso che lo strumento in oggetto non può supplire alle carenza probatorie e delle parti ed è diretto alla valutazione tecnica degli elementi di giudizio ritualmente acquisiti, sicché nel caso di specie la mancanza del più volte citato preventivo e di alcuna documentazione idonea a stabilire quali sono i danni subiti dall’attore impedisce l’impiego del mezzo richiesto.
le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.


P.Q.M.


Il Giudice unico di Trani, sezione di Canosa di Puglia, definitivamente pronunziando sull’appello proposto da G. M. avverso la sentenza n.44/01 emessa dal Giudice di Pace di Canosa di Puglia il 12 febbraio 2001 e depositata il 14 febbraio 2001, con atto notificato il 20 febbraio 2002 nei confronti di N. C. e della T. Assicurazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rigettata ogni altra istanza così provvede:
Rigetta l’appello;
Condanna G. M. alla rifusione in favore della T. Assicurazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, delle  spese di lite che liquida in complessivi € 1.150,00 di cui € 200,00 per spese, € 350,00 per diritti ed € 600,00 per onorari di avvocato, oltre accessori di legge.
così deciso in Canosa di Puglia, addì 4 dicembre  2003.


   Il Giudice
       Dott. Paolo RIZZI