REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
SEZIONE DI ANDRIA
In Persona del Giudice Unico, dott. Paolo Rizzi, ha pronunziato la presente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al numero 10176 del registro generale per gli affari contenzioni dell’anno 2000 posta in deliberazione all’udienza del 24 maggio 2002, con termine per conclusionali e repliche scaduto il 29 settembre 2002 e vertente
TRA
M. M., elett.te domiciliato in Andria, via “omissis”, presso lo studio dell’avv. A. D. G., che lo rappresenta e difende, come da procura a margine dell’atto di appello;appellante
E
L. S. A. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore sig. R. C., elett.te domiciliata in Andria, via “omissis”, presso lo studio dell’avv. A. C., rappresentata e difesa dall’avv. A. S., come da mandato in calce all copia dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado;APPELLATA
Nonché
F. C.;appellato contumace
OGGETTO:risarcimento danni, appello avverso sentenza del Giudice di Pace.
CONCLUSIONI
All’udienza del 24.05.2002 così i procuratori delle parti hanno precisato le rispettive conclusioni;
per l’appellante: “precisa le proprie conclusioni riportandosi a quelle già rassegnate nell’atto di appello chiedendone l’integrale accoglimento con vittoria di spese e competenze del doppio grado di giudizio”;
per l’appellata: “precisa le proprie conclusioni richiamando, previo rigetto di ogni avversa richiesta istruttoria, già disattesa con ordinanza del 26/03/01, quelle già formulate con comparsa di costituzione in appello del 13/5/2000 e vittoria di spese”.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il giorno 3 agosto 1996, M. M. conveniva in giudizio F. C. nonché la L. Assicurazioni S.p.A. esponendo che: in data 15 ottobre 1993 mentre era a bordo, quale trasportata, della autovettura FIAT 126 tg.(omissis) di proprietà di F. C. e da questo condotta, rimaneva coinvolta in un sinistro stradale. Tale sinistro si verificava poiché il C., nel percorrere via XX settembre in direzione via Oberdan, era costretto ad effettuare una repentina sterzata per evitare la collisione con un ciclomotore che, provenendo a velocità sostenuta da via Oberdan, gli tagliava la strada dandosi poi alla fuga. In conseguenza di ciò riportava una forte contusione cranica, guarita solo dopo 80 giorni, pur residuando postumi invalidanti nella misura del 7%. Concludeva chiedendo la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni.
Si costituiva la L. Assicurazioni S.p.A. la quale, previa richiesta di integrazione del contraddittorio nei confronti di N. L., eccepiva la prescrizione del diritto azionato dall’attrice, essendo decorso un anno dalla data di esecuzione del trasporto di cortesia (15.10.1993) a quella della mora (9.11.1994). In via subordinata deduceva l’infondatezza della domanda e, comunque, contestava la quantificazione del danno fatta dall’attrice.
Non si costituiva F. C., rimanendo, dunque, contumace.
Veniva istruita la causa con l’interrogatorio formale del C. e prova per testi, mentre l’attrice M. non interveniva all’udienza fissata dal Giudice di Pace per la sua comparizione, limitandosi ad allegare la sussistenza di un legittimo impedimento.
Con sentenza n.16/99 depositata l’11 febbraio 1999 il Giudice di Pace di Andria rigettava la domanda di M. M., accogliendo l’eccezione di prescrizione sollevata dalla convenuta L. Assicurazioni S.p.A., e compensava tra le parti le spese di lite. Avverso detta sentenza M. M. ha proposto appello con atto notificato il 20 marzo 2000.
Ha denunciato l’errore in cui è incorso il giudice di prime cure nel qualificare il rapporto tra essa appellante ed il C. come trasporto di cortesia e non gratuito e nel ritenere prescritto il diritto al risarcimento dei danni, pure in considerazione del fatto che il danneggiato può agire facendo valere tanto la responsabilità contrattuale del danneggiante, soggetta al termine prescrizionale di un anno, quanto quella extracontrattuale, sottoposta alla prescrizione biennale.
Ha, inoltre, dedotto che nel caso di specie, attesa la ricorrenza degli elementi oggettivo e soggettivo del delitto di lesioni colpose, deve farsi applicazione del più ampio termine di prescrizione cui è soggetto il delitto.
Tutto ciò premesso ha concluso chiedendo: “voglia il Giudice adito, in totale riforma della sentenza impugnata, annullarla e in accoglimento della domanda proposta dall’odierna appellante con l’atto di citazione del 30.7.96, ritenere non prescritta l’azione promossa dalla stessa col suddetto atto; per l’effetto, previa dichiarazione di responsabilità del C. F. nella produzione del sinistro per cui è causa, condannare i convenuti, in solido, al risarcimento di tutti i danni fisici e morali subiti dall’istante, da determinarsi in corso di causa mediante C.T.U. medica, di cui si reitera la richiesta avanzata in primo grado. Il tutto oltre interessi e svalutazione monetaria e con vittoria di spese e competenze del doppio grado di giudizio”.
Si è costituita in giudizio la L. Assicurazioni S.p.A. contestando i motivi dell’appello e chiedendone, conseguentemente, il rigetto per le medesime ragioni già spiegate nel corso del giudizio di primo grado.
Ha, comunque, rimarcato l’intervenuta prescrizione della pretesa azionata dalla appellante la quale, in ogni caso, non ha mai chiarito di voler introdurre un’azione di natura extracontrattuale davanti al Giudice di Pace e non, piuttosto, contrattuale.
Ha concluso, pertanto, “rigettare l’interposta impugnazione con conseguente conferma della sentenza n.16/99 R.I. resa inter partes dal Giudice di Pace di Andria in data 28/1-11/2/99; condannare M. M. al pagamento delle spese processuali maggiorate come per legge del secondo grado del giudizio in favore della concludente società”.
F. C. ha omesso di costituirsi rimanendo, quindi, contumace.
È stata disposta l’acquisizione del fascicolo di ufficio del giudizio di primo grado e, omessa ogni altra attività istruttoria, la causa è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti, con contestuale assegnazione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello è infondato e deve essere rigettato.
Correttamente, infatti, il Giudice di prime cure ha ritenuto prescritta la pretesa azionata con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado da M. M., accogliendo l’eccezione sollevata dalla convenuta compagnia di assicurazioni.
È di tutta evidenza che la determinazione e corretta individuazione della causa petendi e, dunque, del titolo della domanda comporta conseguenze particolarmente significative, soprattutto quando l’istante può scegliere di porre a fondamento della propria pretesa alternativamente un titolo negoziale ovvero la responsabilità extracontrattuale del convenuto.
Da tale scelta discende il regime probatorio, quello prescrizionale e, in ultima analisi, la stessa possibilità per il convenuto di apprestare la propria difesa che, essendo orientata a contrastare la domanda, presuppone che la stessa venga formulata in modo tale da consentirgli di conoscere compiutamente l’oggetto della controversia, come anche richiesto dall’art.163 n.4 c.p.c.
A tale proposito, è pacifico che quanto alla esposizione dei fatti, e dunque della c.d. causa petendi, è sufficiente l’indicazione in citazione delle circostanze di fatto che la parte pone a base delle sua richiesta e che consente, per un verso, la sussunzione della fattispecie sottoposta alla cognizione del giudice nell’ambito applicativo di una norma giuridica e, per altro verso, al convenuto di apprestare una idonea difesa in punto di fatto. Quanto, invece, alla indicazione degli elementi di diritto su cui la domanda si fonda questa può essere anche estremamente generica ovvero implicita, in quanto non vincolante per il Giudice e suscettibile di modificazione secondo la regola iura novit curia.
Nel caso in cui, tuttavia, le domande possono dirsi eterodeterminate, come nel caso di specie (“in tema di danni derivanti dalla circolazione stradale, pur potendo un unico fatto dar luogo sia a responsabilità contrattuale che a responsabilità extracontrattuale, qualora il soggetto trasportato abbia riportato danni alla persona durante l’esecuzione del trasporto, le due azioni costituiscono strumenti autonomi e restano soggette a regimi diversi anche per quanto riguarda la prescrizione, con la conseguenza che gli eventuali atti interruttivi aventi ad oggetto il termine di prescrizione relativo ad una soltanto delle due azioni non possono essere considerati efficaci rispetto al decorso del termine previsto per l’altra” (Cass. civ., sez. III, 29 marzo 1983 n. 2278, in Giust. civ. Mass. 1983, fasc. 3 Riv. giur. circol. trasp. 1983, 709), l’onere gravante sull’attore deve essere inteso in termini più rigorosi, non potendo il giudizio restare soggetto ad incertezze od ambiguità ovvero al rischio di svolgere attività processuale inutile o inconferente ai fini del decidere.
Diversamente opinando si dovrebbe ammettere che l’istante, omettendo di chiarire espressamente e tempestivamente, soprattutto a fronte di specifiche eccezioni, il tenore della propria domanda potrebbe mutarne il titolo ed il relativo regime processuale a seconda del concreto svolgimento del giudizio e la sua utilità del momento, ciò che nell’attuale processo civile, per come strutturato dal legislatore della riforma, non è neppure astrattamente concepibile, a maggior ragione dopo che sono maturate le preclusioni di cui all’art.183 c.p.c.
Ciò premesso, può tranquillamente ritenersi che l’attrice ha inteso fondare la propria domanda sul titolo negoziale del contratto di trasporto intervenuto con il Cannone, a titolo gratuito ovvero di cortesia poco importa.
Infatti, in citazione l’attrice si qualifica come trasportata e, a fronte dell’eccezione di prescrizione puntualmente sollevata dalla L. Assicuzioni non ha inteso precisare il titolo della domanda.
Pertanto ha, sia pure implicitamente, accettato la prospettazione operata dalla convenuta la quale, dunque, ha contribuito alla definizione del thema disputandum incardinandolo sulla natura contrattuale dell’azione spiegata.
Conseguentemente, a mente dell’art.2951 c.c. il diritto al risarcimento del danno vantato dalla M. resta sottoposto al regime prescrizionale annuale che, nella controversia in oggetto, è pacificamente trascorso atteso che il sinistro si è verificato in data 15 ottobre 1993 mentre la richiesta risarcitoria è stata avanzata alla convenuta solo in data 9 novembre 1994.
Né a diversa conclusioni può giungersi invocando il più lungo termine di prescrizione di cui all’ultimo comma dell’art.2947 c.c.
Infatti, secondo la Suprema Corte senz’altro la norma in esame trova applicazione anche in materia di responsabilità contrattuale: “in base al comma 3 dell’art. 2947 c.c., il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito, che sia considerato dalla legge come reato, si prescrive nello stesso termine di prescrizione del reato se quest’ultimo si prescrive in un termine superiore ai cinque anni, mentre si prescrive in cinque anni se per il reato è stabilito un termine uguale o inferiore, nel qual caso il termine di prescrizione dell’azione civile decorre dalla data di consumazione del reato e non assumono rilievo eventuali cause di interruzione o sospensione della prescrizione relative al reato, essendo ontologicamente diversi l’illecito civile e quello penale. Tale disposizione va riferita sia al danno da fatto illecito contrattuale che extracontrattuale, purché sia considerato dalla legge come reato” (Cass. civ. SS.UU., 18 febbraio 1997, n. 1479, in Giust. civ. Mass. 1997, 264 Giust. civ. 1997,I,1255 Foro it. 1997,I,1868 Danno e resp. 1997, 320 nota (CARBONE) Resp. civ. e prev. 1997, 711 nota (FEOLA)).
Tuttavia, nel caso di specie, difettano gli elementi sulla cui base ritenere che ricorrano, in astratto, gli elementi costitutivi del delitto di lesioni colpose ascrivibile alla condotta del C.
Infatti, secondo la stessa prospettazione attorea la responsabilità del sinistro sembrerebbe ascrivibile alla condotta esclusiva del terzo conducente del ciclomotore rimasto ignoto ed estraneo al presente giudizio.
Dalla ricostruzione dell’incidente effettuata nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado emerge che il C., conducente della vettura su cui viaggiava la M., è stato costretto ad una sterzata repentina dal comportamento di un ciclomotore che, procedendo a velocità sostenuta, gli tagliava la strada. Il C., si legge sempre in citazione, era costretto ad assumere tale condotta e nessuna censura viene mossa al suo comportamento se non all’esito della prova testimoniale resa dal teste S.
Quanto rilevato non può che assumere particolare rilievo, sia pure al solo scopo di verificare l’astratta configurabilità come reato della condotta del convenuto, in considerazione del fatto che “essendo la citazione atto di parte, le circostanze in essa riportate sono necessariamente addotte con “animus confitendi” e costituiscono quindi confessione stragiudiziale nei confronti di colui al quale l’atto è notificato, anche in giudizio diverso da quello in cui la confessione voglia farsi valere” (Cass. civ., sez. lav., 29 giugno 1981 n. 4241, Giust. civ. Mass. 1981, fasc. 6.).
Occorre, poi, considerare che il detto ciclomotore, come affermato dal menzionato S., viaggiava in senso vietato, ciò che senz’altro ne aumenta l’astratta responsabilità della causazione del sinistro.
A contrastare tale ricostruzione dei fatti non vale quanto dichiarato dallo stesso teste il quale, escusso all’udienza del 27.11.1997, dopo aver confermato genericamente le circostanze articolate ai numeri 1, 2 e 3 dell’atto di citazione, ha riferito che l’auto condotta dal C. viaggiava a velocità sostenuta, esprimendo una evidente valutazione certamente non ammessa in quanto non inquadrabile in un fatto e priva di elementi circostanziali in grado di rendere tale affermazione oggettiva.
Il rigetto dell’appello sotto l’assorbente profilo considerato, rende superfluo l’esame delle ulteriori censure mosse alla sentenza di primo grado attinenti all’inquadramento del rapporto tra la M. e il C. ed al relativo regime giuridico.
Sussistono giusti motivi di equità per compensare tra tutte le le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Giudice unico di Trani, sezione di Andria, definitivamente pronunziando sull’appello proposto da M. M. con atto notificato il 20 marzo 2000 avverso la sentenza n.16/99 emessa dal Giudice di Pace di Andria il 28.01.1999 e depositata il 11.02.1999, rigettata ogni altra istanza così provvede:
Rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata;
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
così deciso in Andria, addì 28 ottobre 2002.
Il Giudice
Dott. Paolo RIZZI