REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 IL TRIBUNALE DI TRANI
SEZIONE DI ANDRIA


In Persona del Giudice Unico, dott. Paolo Rizzi, ha pronunziato la presente


SENTENZA 


nella causa civile iscritta al numero 10132 del registro generale per gli affari contenzioni dell’anno 1999 posta in deliberazione all’udienza del 3 dicembre 2002, con contestuale concessione di termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica scaduto il 22 febbraio 2003 e vertente


TRA


M. e A. L., elett.te domiciliati in Andria, corso “omissis”, presso lo studio dell’avv. S. S., che li rappresenta e difende, come da procura a margine dell’atto di citazione; attori


E


 L. V., elett.te domiciliato in Andria, galleria “omissis”, presso lo studio dell’avv. F. B., che lo rappresenta e difende come da procura in calce all’atto di citazione in riassunzione notificato; convenuto


Nonché


S. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore rag. V. C., elett.te domiciliata in Andria, galleria “omissis”, presso lo studio dell’avv. F. B., che la rappresenta e difende come da procura in calce all’atto di citazione in riassunzione notificato; convenuta


OGGETTO: risarcimento danni da sinistro stradale.


CONCLUSIONI
All’udienza del 3.12.2002 così i procuratori delle parti hanno precisato le rispettive conclusioni:
per gli attori: “1)…rigettare tutte le istanze, deduzione e conclusioni avverse, e chiede che, ritenuta causa determinante del sinistro in oggetto, la condotta di guida imprudente e di manovrabilità della sua vettura, da parte di V. L., adibendola a trasporto di sacchi di olive, voglia il Giudice condannare i convenuti, in solido fra loro, al risarcimento di tutti i danni e alla persona del richiedente L. M. per l’inabilità temporanea, per quella di inabilità permanente, per cure mediche con assistenza anche fuori sede per visita da professionisti privati con conseguente accompagnamento di familiari, per danni morali, pretium doloris e danno biologico previsto per legge, come dimostrato agli atti di giudizio e C.T.U. e per danni alla moto in favore questi di V. A., come documentati, e per i danni tutti verso gli attori con interessi legali sulle somme dovute dalla data del sinistro fino alla data dell’effettivo soddisfo; in via subordinata, salvo gravame: 2)…ritenere la responsabilità prevalente del convenuto V. L. e con esso della S.: S.p.A. con sede in T. in persona del suo legale rappresentante per la condotta imprudente del V. adibendo la sua auto a trasporto sacchi olive (teste L. M.), accogliere le domande; 3) in ogni caso, condannare i convenuti,in solido fra loro, al pagamento delle spese tutte di giudizio con diritti ed onorari ….in favore degli attori”;
per i convenuti: “rassegna le conclusioni riportandosi a quelle contenute nella propria comparsa di costituzione e risposta che qui, per brevità, si abbiano per integralmente riportate e ritrascritte. Impugna e contesta tutto quanto ex adverso dedotto, eccepito e concluso”.


SVOLGIMENTO  DEL  PROCESSO


Con atto di citazione notificato il 22 marzo 1997 M. L. ha convenuto in giudizio davanti al Giudice di Pace di Andria L. V. e la S. s.p.a., esponendo che: in data 10.11.1996 verso le ore 13:15 mentre viaggiava lungo via “omissis” in direzione viale T. alla guida della motocicletta Cagiva 125 tg. (omissis), di proprietà di A. L., veniva improvvisamente attinto nei pressi dell’incrocio di via “omissis” dall’auto Fiat tg. (omissis), condotta da L. V. ed assicurata per la responsabilità civile dalla S., proveniente da sinistra; in conseguenza dell’impatto ha riportato gravi lesioni e conseguenti malattie non ancora interamente guarite che hanno anche impedito lo svolgimento dell’attività lavorativa alle dipendenza della ditta “L. s.”; nessuno dei convenuti, sebbene richiesto, ha inteso risarcire i danni.
Tutto ciò premesso ha concluso chiedendo: “a) riconoscere l’esclusiva colpa del sig. V. L., conducente e proprietario dell’auto Fiat targata (omissis), per i danni causati con la sua condotta di guida imprudente e in conseguenza b) condannare il sig. V. L. e la S.p.A. S. Assicurazioni con sede in T., in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, quale obbligata a garantire il V. per danni causati a terzi dalla circolazione del suo automezzo, in solido fra loro, al risarcimento dei danni fisici, per il mancato guadagno per il tempo di durata della malattia, per i postumi delle lesioni riportate, con rivalutazione e interessi legali sulla somma rivalutata dalla data del sinistro fino a quella dell’integrale soddisfo, il tutto nella misura da determinare e nei limiti di competenza del Giudice adito; c) condannare altresì i convenuti, in solido fra loro, alle spese del presente giudizio con diritti e onorari in favore dell’attore, oltre IVA e Cap come per legge; d) dichiarare la emananda sentenza provvisoriamente esecutiva”.
Si sono costituiti ritualmente in giudizio L. V. e la S. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, contestando la domanda e chiedendone il rigetto.
In particolare hanno dedotto che l’impatto tra i mezzi fu inevitabile atteso che il V. aveva già impegnato l’incrocio quando alla sua destra sopraggiunse a velocità sostenuta la moto condotta dall’attore.
Hanno, poi, invocato anche il concorso di colpa del L. nella causazione del sinistro.
Infine, hanno contestato il quantum della pretesa risarcitoria, generica ed indeterminata.
Hanno così concluso: “rigettare la domanda proposta dal sig. L. M., nei confronti della S. Ass.ni nonché del sig. V. L., poiché assolutamente infondata sia in fatto che in diritto, sia nell’an che nel quantum debeatur richiesto, con vittoria di spese, diritti ed onorari. In subordine, si chiede che venga riconosciuta una responsabilità concorrente dell’attore e del convenuto nell’accadimento del sinistro stradale de quo, ex art.2054, co.2, c.c., con condanna comunque dell’attore al pagamento delle spese di lite”.
Alla controversia in oggetto è stata riunita quella R.G. 189/97 introdotta da A. L. con atto di citazione notificato il 21 maggio 1997 nei confronti di L. V. e della S. S.p.A.
Ha esposto l’attore di essere il proprietario del veicolo coinvolto nel sinistro e condotto dal M. L. e di avere subito un danno pari a lire 1.516.850, oltre IVA ed ha chiesto “a) riconoscere l’esclusiva colpa del sig. V. L., conducente e proprietario dell’auto Fiat targata (omissis), per i danni causati con la sua condotta di guida imprudente alla suddetta moto di proprietà dell’istante e in conseguenza b) condannare il sig. V. L. e la S.p.A. S. Assicurazioni con sede in T., in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, quale obbligata a garantire il V. per danni causati a terzi dalla circolazione del suo automezzo, in solido fra loro, al risarcimento dei danni riportati dal motociclo “CAGIVA” per l’importo di £.1.516.850 oltre Iva, in favore dell’attore, oltre la rivalutazione dalla maturazione del credito fino alla data dell’integrale soddisfo, gli interessi legali sulla somma rivalutata, nonché alle spese del presente giudizio con diritti e onorari, IVA e Cpap; c) dichiarare la emananda sentenza provvisoriamente esecutiva”.
Anche in tale giudizio si sono costituiti i convenuti contestando la dinamica del sinistro, affermando la colpa esclusiva ovvero concorrente di M. L. e chiedendo il rigetto della domanda.
La causa è stata istruita documentalmente e a mezzo testi, quindi il Giudice di Pace con sentenza n.97/99 del 31 maggio 1999, depositata in data 1 giugno  1999, si è dichiarato incompetente per essere competente per valore il Tribunale di Trani ed ha assegnato alle parti termine di giorni 60 per la riassunzione del giudizio.
Con atto notificato il 23 luglio 1999 M. e A. L. hanno provveduto alla riassunzione del giudizio nei confronti di entrambi i convenuti, richiamando il contenuto degli atti introduttivi di entrambi i giudizio riuniti e chiedendo: “riconoscersi la colpa esclusiva di V. L. per l’avvenuto sinistro o, se concorrente, in misura maggiore quella addebitabile al sig. V. L. e per esso obbligata in solido la S. in persona del suo legale rappresentante pro-tempore a rivalere gli attori in riassunzione di tutti i danni materiali, fisici, biologico, pretium doloris e per postumi invalidanti da determinare nella misura media fra il 16% determinato dal C.T.U. e del 30% determinato dal consulente medico di parte per L. M. e per i danni alla moto per L. A. e 2 – condannare la S.p.A. S. Assicurazioni e il sig. V. L. al pagamento, in solido fra loro, a titolo di risarcimento danni della somma di £.120.000.000 in favore di L. M. o in altra maggiore o minore meglio determinabile sulla scorta delle risultanze medico legali del C.T.U. rapportate a quelle del medico legale dott. S. e alla maggior misura di colpa addebitabile e V. L.; 3 – condannare altresì i convenuti in riassunzione, in solido fra loro, al pagamento dei danni riportati dalla moto Cagiva nella misura di £. 1.516.850 oltre rivalutazione, interessi sulla somma rivalutata dalla data del sinistro sino a quella del soddisfo più IVA in favore di L. A.; 4 – condannare i convenuti in riassunzione, in solido fra loro, alle spese per il giudizio avanti al Giudice di Pace di Andria e a quelle del presente giudizio con diritti ed onorari di avvocato, oltre IVA e CPA in favore del sottoscritto procuratore che ne ha fatto di tutto anticipazione”.
Si sono costituiti L. V. e la S. S.p.A. richiamando le difese svolte davanti al Giudice di Pace e così concludendo: “A) in via principale e nel merito: si chiede che l’Ill.mo Giudice di Pace adito, disattesa e reietta ogni avversa istanza ed eccezione, voglia rigettare la domanda proposta dal sig. L. A., nei confronti della S. Ass.ni S.p.A., nonché del sig. V. L., poiché assolutamente infondata sia in fatto che in diritto, sia nell’an che nel quantum debeatur richiesto, con vittoria di spese, diritti ed onorari. B) in via subordinata e nel merito: si chiede che venga riconosciuta una responsabilità assolutamente prevalente dell’attore L. M. nell’accadimento del fatto dannoso de quo con condanna dello stesso al pagamento delle spese, diritti ed onorari del giudizio. C) in via ulteriormente subordinata e nel merito: Si chiede che venga riconosciuta una responsabilità concorrente dell’attore e del convenuto nell’accadimento del sinistro stradale de quo, ex art.2054, co.2 c.c. con condanna comunque dell’attore al pagamento delle spese di lite”.  
Omessa ogni attività istruttoria, all’udienza del 3.12.2002 la causa è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti, con contestuale assegnazione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Preliminarmente, osserva il Tribunale che il presente giudizio non costituisce un giudizio nuovo rispetto a quello pendente innanzi al Giudice di Pace e conclusosi con una sentenza di incompetenza ma prosegue dinnanzi al nuovo Giudice (“quando la riassunzione della causa dinnanzi al giudice dichiarato competente avviene nel termine fissato nella sentenza che dichiara l’incompetenza ed, in mancanza, in quello di sei mesi dalla comunicazione di tale sentenza, il processo continua, ai sensi dell’art.50 c.p.c., davanti al nuovo giudice mantenendo una struttura unitaria e, perciò, conservando tutti gli effetti sostanziali e processuali del giudizio svoltosi dinnanzi al giudice competente”: Cass. civ., sez. III, 2 febbraio 1995, n.1241, in Giust. civ., Mass. 1995, 268).
Quale conseguenza di tale prosecuzione il thema decidendum – e dunque probandum – è quello individuato negli atti originariamente introduttivi del giudizio e, successivamente, modificato nel rispetto della scansione normativamente prevista del giudizio e le prove raccolte dal giudice incompetente possono essere tranquillamente utilizzate dal nuovo giudice ai fini della decisione del merito della controversia (“in caso di riassunzione della causa davanti al giudice competente ai sensi dell’art.50 c.p.c., ben possono utilizzarsi gli atti istruttori disposti dal giudice che ha dichiarato la propria incompetenza, poiché la “traslatio iudicii”, disposta dalla legge sulla base dell’unità della giurisidizione, presuppone la valida costituzione dell’intero procedimento e quindi anche degli atti istruttori assunti innanzi al giudice incompetente, inizialmente adito”: Cass. civ., sez. I, 9 settembre 1993, n.9444, in Giur. It. 1994, I, 1352).
Orbene, a prescindere dalla correttezza della decisione sulla competenza da parte del Giudice adito (invero del tutto discutibile) in quanto non oggetto di gravame, nel caso di specie la prosecuzione davanti al Tribunale della causa in origine sottoposta alla cognizione del Giudice di Pace comporta l’utilizzazione delle prove da questo raccolte e la limitazione della domanda risarcitoria proposta da M. L. all’importo di lire 30.000.000.
A tale conclusioni non ci si può sottrarre sulla base di una pluralità di considerazioni: 1) è stato lo stesso attore a contenere la domanda risarcitoria nei limiti della competenza per valore del Giudice di Pace (cfr. atto di citazione notificato il 22.3.1997, in cui l’istante chiede testualmente di “condannare il sig. V. L. e la S.p.A. S. Assicurazioni con sede in T., in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, quale obbligata a garantire il V. per danni causati a terzi dalla circolazione del suo automezzo, in solido fra loro, al risarcimento dei danni fisici, per il mancato guadagno per il tempo di durata della malattia, per i postumi delle lesioni riportate, con rivalutazione e interessi legali sulla somma rivalutata dalla data del sinistro fino a quella dell’integrale soddisfo, il tutto nella misura da determinare e nei limiti di competenza del Giudice adito”); 2) il mutamento della domanda, ancorché nel corso del giudizio davanti al Giudice dichiaratosi incompetente, è avvenuto solo all’udienza di precisazione delle conclusioni, sicché, pure a voler qualificare detta specificazione della domanda quale emendatio e non mutatio libelli, questa è avvenuta quando erano già inesorabilmente maturate tutte le preclusioni stabilite sia che si ritenga applicabile davanti al Giudice di Pace l’art.183 c.p.c., sia – ed a maggior ragione – ove la norma richiamata non è ritenuta suscettibile di applicazione in virtù del richiamo dell’art.311 c.p.c., in quanto il rito in esame è caratterizzato dalla definizione del thema decidendum nel momento iniziale del processo, soprattutto quando i c.d. “nova” non sono conseguenza delle difese del convenuto; 3) la rilevabilità d’ufficio della maturazione delle richiamate preclusioni; 4) la circostanza che la entità delle lesioni riportate dall’istante avrebbe superato la competenza per valore dell’adito Giudice era già nota all’attore, così come agilmente desumibile dalla consulenza a firma del dott. S. del 6.12.1997, sicché una eventuale integrazione della domanda ben poteva essere effettuata prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni allorquando tale fatto non poteva più certo considerarsi come nuovo e sopravvenuto; 4) l’art.125 disp.att. c.p.c. non prevede che l’atto di riassunzione del giudizio contenga conclusioni diverse rispetto a quelle rassegnate negli atti introduttivi della causa e modificate ai sensi dell’art.183 c.p.c., in quanto enunciando i requisiti della comparsa di riassunzione si limita ad indicare al n.3 “il richiamo dell’atto introduttivo del giudizio”; 5) la irrilevanza della statuizione del Giudice di Pace sulla competenza (per altro eccepita dalla parte tardivamente) che indicando il Giudice competente a conoscere della controversia non è intervenuta a modificare il contenuto dell’atto di citazione che, per effetto dell’enunciata continuazione del giudizio davanti al nuovo Giudice, deve essere vagliato anche con riferimento al regolare svolgimento della controversia.
Ciò premesso, nel merito la domanda è fondata e deve essere accolta per quanto di ragione.   
Dal complesso degli elementi probatori emersi nel corso del giudizio, infatti, emerge nitidamente la responsabilità del convenuto V. nella causazione del sinistro per cui è causa.
Tanto è agevolmente desumibile dalla planimetria redatta dai Vigili Urbani ed allegata alla relazione di intervento del 10.11.1996 (acquisita agli atti del giudizio su disposizione del Giudice di Pace) da cui risulta che il conducente della vettura Fiat ha omesso di accordare la precedenza al veicolo condotto dal L., proveniente dalla sua destra e che aveva già impegnato l’incrocio.
Inoltre, il teste B. B., Vigile Urbano intervenuto sul luogo dell’incidente, ha affermato che “fu ammesso dal convenuto V. la sua non data precedenza al motociclo condotto da L. M.”.
Ciò detto, tuttavia, osserva il Tribunale che non può andare esente da ogni  responsabilità il conducente del motociclo.
Infatti, in materia di scontro tra veicoli, la Suprema Corte ha stabilito che “l’accertamento in concreto di responsabilità di uno dei conducenti non comporta il superamento della presunzione di colpa concorrente sancito dall’art. 2054 cod. civ. essendo a tal fine necessario accertare in pari tempo che l’altro conducente si sia pienamente uniformato alle norme sulla circolazione e a quelle di comune prudenza ed abbia fatto tutto il possibile per evitare l’incidente. Conseguentemente, l’infrazione, anche grave, come l’inosservanza del diritto di precedenza, commessa da uno dei conducenti non dispensa il giudice dal verificare anche il comportamento dell’altro conducente al fine di stabilire se, in rapporto  alla situazione di fatto accertata, sussista un concorso di colpa nella determinazione dell’evento dannoso. Infatti tale diritto di precedenza non esonera il conducente, che ne fruisce, dall’obbligo di osservare le norme sulla circolazione stradale ed i normali precetti  della  prudenza, sicché, anche nel caso di palese colpa del conducente del veicolo proveniente da sinistra per non aver dato la precedenza al conducente proveniente da destra, l’inosservanza da parte di quest’ultimo delle norme e dei precetti suddetti può comportarne l’affermazione della colpa concorrente (Cass. 6.4.1978, n. 1593; Cass. 25.5.1987, n. 4689). Il giudice, quindi, ove anche accerti la responsabilità di uno dei conducenti, per infrazione dell’obbligo di dare la precedenza, non è esentato dal verificare se, in rapporto alla situazione di  fatto accertata, sussista un superamento della presunzione di concorso di colpa dell’altro conducente danneggiato”. Inoltre “in tema di circolazione stradale, i conducenti dei veicoli antagonisti sono tenuti ad effettuare una manovra di emergenza per evitare il sinistro. Infatti, in applicazione del principio di solidarietà desumibile dagli artt. 2  Cost. e 1175 cod. civ., il conducente del  veicolo antagonista deve cooperare ad evitare che il sinistro si verifichi, non potendo trincerarsi dietro la circostanza che egli non versa in una violazione delle norme comportamentali. L’unico caso in cui detto soggetto non è tenuto alla manovra di emergenza si verifica allorché, attese le circostanze del caso concreto, una qualche manovra astrattamente idonea di emergenza risulta impossibile” (Cass. civ., sez. III, 5 maggio 2000, n.5671).
Nel caso di specie, tuttavia, il L. non ha offerto alcun elemento di rilievo che consenta di verificare la condotta dallo stesso tenuta in occasione del sinistro e dunque di vincere la presunzione di colpa dello stesso fissata dall’art.2054 c.c.
Anzi il teste L., terzo trasportato sul mezzo attoreo, ha affermato che “viaggiavamo ad una velocità di circa 40 km orari e non abbiamo frenato all’incrocio”, sicché deve desumersi che la moto non manteneva una velocità prudenziale in prossimità dell’incrocio e non ha effettuato alcuna manovra diretta ad evitare il sinistro.
Quanto alla misura in cui entrambi i conducenti delle auto debbano ritenersi responsabili del sinistro, questa deve essere ripartita in ragione del 80% a carico del V. e del 20% a carico del L.
Infatti, non può tacersi che maggiore efficienza causale nella produzione dell’incidente ha avuto il comportamento del V. che ha trasgredito ad una regola fondamentale della circolazione stradale quale è quella della precedenza, che crea nei conducenti dei veicoli con precedenza l’affidamento nell’arresto agli incroci delle vetture che sono tenute a rispettare il diritto altrui di passare per primi, soprattutto all’interno di aree urbane dove particolarmente rigoroso deve essere il rispetto delle norme di prudenza per l’elevatissimo rischio di cagionare danni a terzi. Deve, poi, essere rilevato che il convenuto avrebbe dovuto usare particolare prudenza anche in considerazione del fatto che la propria vettura “era carica di olive” (teste L.) e, quindi, resa dal carico più pesante e meno manovrabile.
Per ciò che concerne l’entità dei danni risarcibili si deve osservare che la relazione di consulenza medico legale cui l’attore si è sottoposto, condivisibile in quanto approfondita, puntuale ed immune da vizi logici e scientifici, ha evidenziato quanto segue.
M. L., all’epoca dei fatti avente 18 anni di età, a seguito del sinistro per cui è causa ha riportato “ferita lacero contusa con perdita di sostanza a carico della gamba sinistra, trauma distorsivo del ginocchio sinistro con lesione parziale del legamento crociato posteriore (LCP) e del legame crociato anteriore (LCA), frattura della tuberosità tibiale prossimale sinistra, frattura della base del primo metacarpo sinistro”, compatibili con la dinamica lesiva denunciata. Da tali lesioni derivarono una inabilità temporanea totale di 70 giorni, con successiva parziale al 50% di ulteriori 50 giorni, ed esiti permanenti valutati dal C.T.U. in ragione dell’16% dovuti ai postumi permanenti della frattura della bade del V metacarpo ed alle lesioni del ginocchio sinistro, nonché all’esito cicatriziale.
Dette indicazioni non risultano poste in dubbio da alcun elemento acquisito al giudizio di segno contrario e sono il risultato di indagini peritali approfondite, articolate, condotte sulla scorta di tutti gli elementi acquisiti in giudizio e dell’esame della persona dell’attore, immuni da vizi logici o scientifici. Inoltre, le risultanze della C.T.U. risultano essere maggiormente coerenti con la natura delle lesioni subite dal L. rispetto a quelle enunciate nella consulenza di parte (non confermata dal dott. S. in udienza e, quindi, sfornita di rilievo probatorio: “la  perizia  giurata  depositata  da  una  parte  non  è  dotata  di efficacia  probatoria  nemmeno  rispetto  ai  fatti che il consulente asserisce  di  aver  accertato. Non essendo prevista dall’ordinamento la  precostituzione fuori del giudizio di un siffatto mezzo di prova, ad  essa  si può solo riconoscere valore di indizio, al pari di ogni documento  proveniente  da un terzo, il cui apprezzamento è affidato alla  valutazione  discrezionale del giudice di merito ma della quale non  è  obbligato  in  nessun caso a tenere conto. Alla parte che ha prodotto  la  perizia  giurata , è peraltro riconosciuta la facoltà di  dedurre  prova  testimoniale  avente ad oggetto le circostanze di fatto  accertate  dal  consulente, che, se confermate dal medesimo in veste  di  testimone,  possono  acquisire dignità e valore di prova, sulla  quale  allora  il  giudice  di merito dovrà, esplicitamente o implicitamente,  esprimere  la  propria  valutazione  ai  fini  della decisione” (Cass. civ., sez.II, 19 maggio 1997 n.4437, Fabiani/Nardi). Infatti, il C.T.U. giustifica puntualmente le proprie affermazioni sulla base di valutazioni ragionevoli e motivate (che tengono anche conto criticamente dei rilievi contenuti nella c.t. di parte, talvolta per contestarla), nel mentre la consulenza di parte per un verso mescola valutazioni afferenti la c.d. capacità lavorativa generica con altre relative alla capacità lavorativa specifica (che, invece, deve essere considerata a parte) e per altro verso formula giudizi che non risultano supportati da idonee giustificazioni.
Alla luce di tali indicazioni, il danno biologico subito dall’attore può essere liquidato in via equitativa in € 4.750,00 per l’inabilità temporanea, sia assoluta che relativa, ed in € 32.289,07 per l’invalidità permanente.
Quanto all’inabilità temporanea, appare equo riconoscere infatti € 50,00 per ogni giorno di i.t.a., € 25,00 per ogni giorno di i.t.r. al 50%
Per ciò che attiene, invece, all’invalidità permanente si ritiene di uniformarsi a parametri che tengono conto della natura delle lesioni sofferte e dell’inabilità patita prendendo come punto di partenza il grado d’invalidità minimo dell’1% ed il valore economico ad esso attribuibile sul piano di un apprezzamento corrente di natura sia biologica che economica, in ragione di € 922,58 per la fascia d’età più bassa, e che, inoltre, apportano a detto parametro di partenza (in base a coefficienti predeterminati, costituenti il risultato di una pluriennale elaborazione giurisprudenziale dei giudici di merito nel caso di specie del Tribunale di Milano – operativa dal giugno 2002 – particolarmente apprezzabile per l’ampiezza dell’indagine svolta e la ponderazione degli elementi valutativi utilizzati) una serie di correttivi, al fine di tener conto della complessiva misura dell’invalidità permanente accertata dal C.T.U. e dell’età del leso al momento del sinistro, sulla scorta dell’osservazione, mutuata dalla scienza medica, per cui l’entità concreta delle limitazioni condizionanti l’esplicazione della vitalità di una persona nel campo del lavoro, dei rapporti sociali ed affettivi, delle attività culturali, di svago e sportive, cresce in misura più che aritmetica rispetto al crescere della misura dell’invalidità permanente.
Deve, poi, considerarsi che se è vero che l’organismo di un individuo giovane ha maggiori capacità di sviluppare attitudini in grado di compensare le funzioni perdute o compromesse, è altrettanto vero il rilievo (che, nella complessiva valutazione del danno, assume maggior peso del primo) per cui la vita di una persona giovane resta segnata per un periodo più lungo dalle conseguenze permanenti delle lesioni subite e che nell’arco di tale più lungo periodo è compresa anche la parte della vita che di solito si presenta, sotto ogni aspetto, come la più ricca e dinamica.
Riscontrandosi nel fatto tutti gli elementi costitutivi del reato di lesioni colpose disciplinato dall’art. 590 c.p., ancorché solo astrattamente qualificabile come illecito penale ai fini che qui interessano indipendentemente dalla sua concreta punibilità, compete alla parte istante anche il ristoro del danno morale ex art. 2059 c.c. che, in via equitativa, può liquidarsi, avuto riguardo all’entità del fatto ed all’afflittività dell’evento, nella somma di € 9.260,00 ossia nella misura di ¼ del danno biologico, arrotondato.
Non può, invece, essere liquidato in pro dell’istante il pregiudizio “estetico” che può assumere rilevanza ex se – e costituire, conseguentemente, oggetto di ulteriore risarcimento rispetto a quello del danno biologico – nelle limitate fattispecie nelle quali esso implichi a carico del soggetto leso, al di là della compromissione della propria integrità psicofisica, una comprovata obiettiva deminutio della c.d. capacità di concorrenza socio-economica nell’ambito delle relazioni interpersonali: “i postumi di carattere estetico, conseguenti ad un fatto lesivo della persona (nella specie alterazione della normale armonia del viso), in quanto incidenti in modo negativo  sulla vita di relazione possono essere considerati fonte di danno, il quale non costituisce una forma di danno morale, ma é una componente del  danno patrimoniale, giacché consiste nell’alterazione, in senso peggiorativo, della capacità psicofisica del soggetto, cui si ricollegano conseguenze negative nell’esplicazione di attività complementari o integrative rispetto alla normale attività lavorativa e, in sostanza, implica una menomazione della cosiddetta capacità di concorrenza dell’individuo rispetto ad altri soggetti nei rapporti sociali ed economici, limitandone la possibilità di espansione e di affermazione sia nel campo professionale che in quello extralavorativo” (Cass. 19 maggio 1989, n.2409. Conformi: Cass. 18 ottobre 1980, n.5606; Cass. 6 giugno 1987, n.4956; Cass. 10 marzo 1992, n.2840).
Ebbene, riguardo alla circostanza che per effetto della lesione riportata la suddetta capacità di concorrenza abbia subito ovvero possa subire un’effettiva menomazione patrimonialmente apprezzabile il L. non ha offerto né richiesto di essere ammesso a fornire alcuna dimostrazione; menomazione della quale sembra, anzi, potersi ragionevolmente escludere la sussistenza proprio in considerazione della natura delle lesioni riportate.
L’importo complessivamente determinato, pari ad € 46.299,07, è già calcolato rivalutando i valori correnti al momento del sinistro all’attualità, secondo gli indici ISTAT sul costo della vita per le famiglie di operai ed impiegati.
A tali somme debbono aggiungersi le spese mediche sostenute dal L. che, essendo conseguenza del sinistro, dovranno essergli rimborsate dai convenuti e che si liquidano in complessivi € 562,31, documentate dall’attore e ritenute congrue dal consulente d’ufficio.
Non può, invece, essere riconosciuta alcuna somma a titolo di risarcimento del danno patrimoniale lamentato dall’istante in assenza di ogni elemento probatorio idoneo a ritenere fondata la domanda su tale specifico aspetto ed utilizzabile anche ai fini di una eventuale liquidazione equitativa di tale voce di danno.
Infatti, l’attore ha solo allegato di avere subito un rallentamento dell’attività lavorativa in conseguenza del sinistro, con relativa perdita o comunque incisione della capacità lavorativa specifica, senza asseverare in alcun modo tali affermazioni.
Neppure ha positivamente dimostrato lo svolgimento di una attività lavorativa.
Oltre alla rivalutazione del credito, già riconosciuta, è stato chiesto dall’istante anche il riconoscimento degli interessi sul credito, con decorrenza dalla data del fatto.
Tale questione deve essere valutata alla luce dell’orientamento espresso dalla Suprema Corte con la sentenza, a Sezioni Unite, n.1712 del 17.2.1995.
Tale sentenza, infatti, da un lato, richiamando il combinato disposto degli artt. 2056 e 1223 c.c., riconosce in caso di ristoro per equivalente del danno da fatto illecito la risarcibilità del danno derivante da ritardo e dunque dal mancato godimento dell’equivalente monetario del bene perduto (lucro cessante) “per tutto il tempo che intercorre fra il fatto e la sua liquidazione”, danno liquidabile anche con l’attribuzione di interessi, e, dall’altro, esclude che si possa assumere a base del calcolo di tale danno la somma liquidata come capitale nella misura rivalutata definitivamente al momento della pronuncia, dovendo calcolarsi gli interessi sulla somma rivalutata di anno in anno ovvero calcolando indici medi di rivalutazione.
In conformità al combinato disposto degli artt.2056, 1223, 1226 e 1227 c.c., il danno da ritardo in materia di responsabilità da fatto illecito non è presunto ex lege (non essendo applicabile, come precisato dalla Suprema Corte nella citata sentenza, l’art. 1224 I comma c.c.), ma deve essere allegato e provato facendo ricorso anche e soltanto a presunzioni semplici ed al criterio equitativo di cui all’art. 2056, comma 2, c.c.
Pur non avendo fornito l’attore alcun elemento di prova in ordine ai possibili impieghi delle somme  dovute, appare corretto riconoscere, sul valore medio del credito nell’arco di tempo intercorso dal dì del fatto alla presente decisione, un saggio equivalente al 4%.
A tale titolo devono essere liquidati in favore del L. € 15.149,00.
Dal complessivo importo liquidato a titolo risarcitorio in favore dell’attore M. L., pari ad € 62.010,38, dovrà essere detratta una somma pari alla misura di responsabilità dallo stesso avuta nella causazione del sinistro (20%), sicché l’importo complessivo del risarcimento sarà pari ad € 49.608,304.
Tuttavia, a causa della circoscrizione della domanda risarcitoria nei limiti della competenza del Giudice di Pace, così come già evidenziato, i convenuti dovranno versare in favore dell’istante la somma di € 15.493,71.
Per quanto attiene, poi, al periodo intercorrente tra la data della presente sentenza e la data dell’effettivo pagamento, sul totale delle somme sopra liquidate dovranno essere corrisposti, per effetto della pronuncia di liquidazione del danno che attribuisce al quantum dovuto natura di debito di valuta, in applicazione dell’art. 1282 c.c.,  gli interessi annui al tasso legale.
Per quanto riguarda la domanda proposta da A. L., questa deve essere accolta per intero a prescindere dalla misura del V. nella causazione del sinistro, in virtù del principio di solidarietà passiva stabilito dall’art.2055 c.c.
Circa l’ammontare del danno da risarcire, il preventivo allegato allegato al fascicolo attoreo indica in lire 1.516.850 (pari ad € 783,38) l’importo necessario al ripristino del mezzo sinistrato. Tale valutazione è sostanzialmente coincidente con quella di cui alla perizia assicurativa, sicché ben può essere utilizzata quale parametro per la liquidazione del danno.
Su tale somma deve essere conteggiata l’IVA ed applicata la rivalutazione monetaria, trattandosi di debito di valore, dalla data del fatto e fino alla data di pubblicazione della sentenza, da cui decorreranno gli interessi nella misura legale fino all’effettivo soddisfo.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.


P.Q.M.


Il Giudice unico di Trani, sezione di Andria, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta da M. e A. L. con atto di riassunzione notificato il 23 luglio 1999 nei confronti di L. V. e della  S.A.I. p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rigettata ogni altra istanza così provvede:
Accoglie la domanda e per l’effetto condanna L. V. e della  S. p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, in solido tra loro al pagamento in favore di M. L. della somma di € 15.493,71, oltre interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza e fino all’effettivo soddisfo;
condanna L. V. e della  S.A.I., Società assicuratrice industriale p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, in solido tra loro al pagamento in favore di A. L. della somma di € 783,38 oltre Iva, da rivalutarsi all’attualità secondo gli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di impiegati ed operai dal 10.11.1996 fino alla data di pubblicazione della sentenza, oltre interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza e fino all’effettivo soddisfo;
condanna L. V. e della  S.A.I., Società assicuratrice industriale p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, in solido tra loro al pagamento in favore di M. e A. V. delle spese di lite che liquida in complessivi € 3.938,00 di cui € 738,00 per spese, € 1.400,00 per diritti ed € 1.800,00 per onorari di avvocato, oltre alle spese già liquidate di C.T.U., oltre accessori di legge, da distrarsi in favore del procuratore anticipatario.
così deciso in Andria, addì 2 aprile 2003.


   Il Giudice
       Dott. Paolo RIZZI