NOTA A SENTENZA CORTE DI CASSAZIONE S.U. N. 12505/04


In tema di applicabilità dell’art. 72 L.F. al contratto preliminare di permuta


Fattispecie: Contratto di permuta tra un suolo sul quale dovevano essere realizzate 4 palazzine ed una palazzina completa.


Permuta realizzata attraverso la vendita del suolo, a prezzo simulatamente pagato,  e la promessa di trasferimento di una palazzina completa a prezzo simulatamente pagato.
Completate le palazzine, insorge controversia tra permutante e impresa non in ordine all’obbligo di trasferimento della palazzina oggetto della permuta, ma alle somme di danaro: l’impresa pretendeva importo aggiuntivo per il maggior valore dell’opera trasferita e la permutante assumeva di vantare danno perché la palazzina non era stata realizzata a regola d’arte.
Il Tribunale di Trani con sentenza 797/1998, relatore Dott.ssa Adriana Doronzo, trasferisce la proprietà della palazzina ex art. 2.932 c.c. e riconosce i danni vantati dalla permutante.
Mentre è in corso il termine per l’appello interviene il fallimento dell’impresa.
La Curatela esercita la facoltà di scioglimento prevista dall’art. 72 4° comma L.Fall.
ed impugna la sentenza.
La Corte di appello di Bari con sentenza 752/2000, relatore Cons. Quitadamo, rigetta l’impugnazione assumendo che in riferimento al contratto preliminare di permuta la prestazione della permutante era interamente eseguita onde la facoltà di scioglimento non era esercitabile perché le due prestazioni (trasferimento del suolo e delle palazzine erano collegate da un unico sinallagma contrattuale) .
Interponeva ricorso per Cassazione la Curatela assumendo violazione e falsa applicazione dell’art. 72 4° comma L. Fall.
La prima sezione della Corte di Cassazione, con ordinanza 11.12.2000, rimette la causa alle Sezioni Unite.
La sentenza delle Sezioni Unite n. 12505/2004, relatore Cons. Giuseppe Marziale, notoriamente autorità in materia di diritto commerciale e fallimentare, presenta aspetti totalmente innovativi rispetto alla giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione.


Ne sintetizzo gli aspetti più importati riportando testualmente, dalla sentenza medesima, alcuni passi maggiormente significativi.


-A-


Giurisprudenza consolidata riteneva l’art. 72 L.F. fattispecie di ordine generale, nella quale rientrava pacificamente il preliminare di vendita a prezzo pagato seguito dal fallimento del venditore.
Controverso era il problema del  preliminare di permuta di cosa presente –trasferita al costruttore poi fallito- con obbligo di trasferimento di cosa futura.
La prevalente giurisprudenza riteneva assimilabile tale fattispecie a quella del fallimento del promettente-venditore a prezzo totalmente pagato, applicando l’art. 1555 c.c. e ritenendo compatibile l’art. 72 L.F. alla permuta.
In tali ipotesi veniva riconosciuto al compratore e al permutante la sola facoltà di insinuarsi al passivo del fallimento per il prezzo pagato.


La sentenza in esame, prendendo le mosse dalla considerazione che le norne in materia di vendita sono applicabili alla permuta “solo in quanto compatibili”, afferma che tale compatibilità è impedita in riferimento all’art. 72 L.F. dalla circostanza che l’art. 72 indivudua due diverse discipline per il fallimento del venditore e per il fallimento del compratore e che:
“nella permuta non è rinvenibile una siffatta distinzione di “ruoli in quanto il reciproco trasferimento delle cose (o dei “diritti) oggetto del contratto comporta che ciascuno dei “contraenti assuma al tempo stesso, la posizione di alienante e “di acquirente” (pag. 12).
Pertanto al preliminare di permuta non è applicabile nessuna delle due ipotesi.
 “Deve quindi escludersi che l’incidenza del fallimento possa, in tal caso, essere diversamente regolata a seconda che a fallire sia l’una o l’altra parte. Gli effetti della dichiarazione del fallimento saranno quindi regolati, sia nell’una che nell’altra ipotesi, in modo uniforme e secondo un criterio che non può non essere individuato in quello fondato sulla mancata o incompleta esecuzione del contratto “da entrambe le parti” … dovendo ritenersi, per le ragioni esposte nel precedente paragrafo, che il principio sancito dal 4° comma dell’art. 72 L.F. è inapplicabile ai contratti di permuta stipulati prima della dichiarazione di fallimento e che, pertanto, quale che sia il contraente fallito, il Curatore può sciogliersi dal contratto solo se quest’ultimo è ancora ineseguito (o non compiutamente eseguito) da entrambe le parti”.
In precedenza la sentenza aveva dimostrato che essendovi “asimmetria” tra le disposizioni del 1°- 2°- 3° e quella del 4° comma dell’art. 72 L.F.,  “il criterio fondato sulla totale o parziale inesecuzione del contratto “da entrambe le parti” riveste, rispetto all’altro criterio previsto dalla stessa norma, carattere di generalità”.


-B –


Il contratto preliminare è andato evolvendosi da elemento meramente strumentale rispetto all’assetto di interessi regolato compiutamente dalle parti soltanto con il contratto definitivo, a momento sempre più pregnante ed esaustivo “di una sequenza procedimentale diretta alla realizzazione di una operazione unitaria”.
In tale contesto il contratto definitivo (o la sentenza ex art. 2.932 c.c.) vengono spesso ad assumere le caratteristiche di un adempimento meramente formale.


-C-


Giurisprudenza costante della Cassazione affermava che la trascrizione della domanda giudiziale ex art. 2.932 c.c., nella vendita e/o nella permuta, seguita dal fallimento del venditore non impediva l’esercizio della facoltà di scioglimento del curatore ex art. 72 4° comma L.F. (Cass. 10.5.1958 n. 1542; Cass. 14.2.1966 n. 436; Cass. 18.1.1973 n. 172; Cass. 10.6.1982 n. 3509; Cass. 29.5.1989 n. 1497; Cass. S.U. 14.4.1999 n. 239; Cass. 12.5.1997 n. 4105; Cass. 16.5.1997 n. 4358; Cass. 13.5.1999 n. 4747; Cass. 22.4.2000 n. 5287).
Tale facoltà era impedita soltanto dal passaggio in giudicato della sentenza di trasferimento ex art. 2.932 c.c. (Cass. 22.4.2000 n. 5287, Cass. 16.5.1997 n. 4358) e ciò perché “la sentenza dichiarativa di fallimento, cristallizzando il patrimonio del fallito al momento dell’apertura della procedura concorsuale (art. 42 L.F.), impedirebbe il perfezionamento della fattispecie integrata dalla pronuncia della sentenza contemplata dall’art. 2.932 c.c.”


Tale principio consolidato viene ribaltato dalla sentenza in esame.
Partendo dall’analisi della valenza degli artt. 51 e 42 L.F. da un lato e del meccanismo pubblicitario di cui all’art.  2652 n. 2   la sentenza afferma che “gli effetti della sentenza di accoglimento, quando sia trascritta, retroagiscono alla data della trascrizione della domanda.
“Invero, fermando alla data della trascrizione della domanda giudiziale la situazione controversa, sì da renderla insensibile ai successivi mutamenti posti in essere dal convenuto o dai terzi, in ordine al bene oggetto della pretesa, si è inteso preservare l’attore vittorioso dal pregiudizio, cui altrimenti sarebbe esposto durante il tempo necessario per il riconoscimento e, nel caso dell’art. 2.932 c.c., per l’attuazione del suo diritto (Cass. 3.1.1975 n. 1)”.


Tale consolidato principio processuale, ad avviso della sentenza, viene oggi avvalorato sia dal nuovo testo dell’art. 111  2° comma della Costituzione “che ha “assunto la durata ragionevole del processo quale connotato “necessario dell’attività giurisdizionale”, sia dalla L. 4.8.1955 n. 848 di recepimento della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo “che annovera tra i diritti fondamentali dell’individuo, la cui violazione dà titolo al riconoscimento di un’equa soddisfazione (art. 41), anche del diritto alla durata ragionevole del processo”.


Gli innovativi principi affermati dalla Corte di Cassazione si pongono in linea con l’evoluzione normativa in atto tendente ad una maggiore tutela dei diritti patrimoniali dell’acquirente degli immobili in costruzione, iniziata con la disciplina sulla trascrizione del contratto preliminare trasfusa anche nel nuovo ultimo comma dell’art. 72 L.F. ed oggi confermata dalla Legge Delega 2.8.2004 n. 210.


Penso che i principi affermati abbiano una portata enorme non solo con riferimento alla materia fallimentare.
Tuttavia avanzo un dubbio personale che porgo agli illustri relatori della seduta odierna.
Mi chiedo se l’orientamento di particolare favore verso il promettente acquirente e il promettente permutante in forza della nuovo principio  in materia di trascrizione nei confronti della curatela, sia compatibile con la disciplina dell’azione revocatoria cui oggi è sottoposto l’acquirente nel biennio precedente la dichiarazione di fallimento.
Tale situazione pone, a mio avviso, in irragionevole posizione di svantaggio, chi ha già concluso un contratto definitivo nel biennio precedente la dichiarazione di fallimento –che è esposto alla revocatoria- rispetto a chi invece è parte di un contratto preliminare ed è in attesa della sentenza ex art. 2932 c.c. che, in base alla sentenza innanzi esposta, è tutelato a 360° dalla trascrizione della domanda.
E’ anch’esso esposto alla revocatoria? E, in caso positivo, ha senso completare la fattispecie traslativa nei confronti della Curatela per poi revocarla?


Avv. Sabino Palmieri