REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 IL TRIBUNALE DI TRANI
SEZIONE DI ANDRIA


In Persona del Giudice Unico, dott. Paolo Rizzi, ha pronunziato la presente


SENTENZA


 nella causa civile iscritta al numero 10022 del registro generale per gli affari contenziosi dell’anno 2001 posta in deliberazione all’udienza del 30 settembre 2003, con contestuale concessione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica scaduto il 19 dicembre 2003 e vertente


TRA


E. di D. B. G. e C. S.A.S., in persona del legale rappresentante pro-tempore G. D. B., elett.te domiciliata in Andria,  via “omissis”, presso lo studio dell’avv. G. T., che la rappresenta e difende come da procura a margine della comparsa di costituzione del 16 marzo 2001;opponente


E


A. P., titolare dell’omonima ditta, elett.te domiciliata in Andria, via “omissis”, presso lo studio dell’avv. S. D. T., che lo rappresenta e difende come da procura a margine del ricorso per decreto ingiuntivo;OPPOSTO


OGGETTO: opposizione a decreto ingiuntivo.


CONCLUSIONI
All’udienza del 30 settembre 2003 così i procuratori delle parti hanno precisato le rispettive conclusioni:
per l’opponente: “dichiarare l’incompetenza del giudice ordinario ovvero l’improcedibilità della domanda del P., così revocando il decreto ingiuntivo opposto; in subordine, previa ammissione delle prove articolate, rigettare nel merito la domanda, revocando il decreto ingiuntivo opposto, e accogliere la spiegata domanda riconvenzionale. Condannare in ogni caso l’opposto alla rifusione delle spese e competenze del presente giudizio oppositivo “;
per l’opposto: “precisa le proprie conclusioni, di merito ed istruttorie, riportandosi a quelle rassegnate nella comparsa di costituzione e nella memoria struttoria ex art.184 c.p.c.”.


SVOLGIMENTO  DEL  PROCESSO


Con decreto ingiuntivo n.175/2000 del 13 novembre 2000, notificato il successivo 5 dicembre 2000, il Tribunale di Trani, sezione distaccata di Andria, ha ingiunto alla E. di D. B. G. & C. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro-tempore, di pagare in favore di A. P. l’importo di lire 43.082.000, oltre interessi e spese di procedura, per l’esecuzione di lavori effettuati portati dalle fatture 4/00 e 5/00.
Avverso il decreto ingiuntivo ha proposto opposizione E. di D. B. G. & C. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro-tempore, con atto di citazione notificato in data 13 gennaio 2001, esponendo che: il ricorrente ha realizzato correttamente i lavori appaltati solo in parte, subordinando il loro completamento al pagamento della fattura n.4/00, ciò pure in difformità delle pattuizioni contrattuali; in considerazione del comportamento del P., che aveva illegittimamente abbandonato il cantiere, rifiutando di produrre l’elenco delle opere contrattuali ed extracontrattuali realizzate, i lavori residui sono stati eseguiti da un terzo.
Tutto ciò premesso ha concluso chiedendo “dichiarare nullo e/o inefficace l’opposto d.i. per le ragioni innanzi esposte; accertare e quantificare l’ammontare dei lavori eseguiti dalla ditta opposta, secondo le previsioni contrattuali; condannare la ditta P. A. al risarcimento dei danni relativi alle infiltrazioni indicate in premessa, nonché, di tutti i danni relativi all’inadempimento contrattuale, da quantificarsi in corso di causa. Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa”.
Si è costituita in giudizio A. P., titolare dell’omonima ditta, contestando l’opposizione, in fatto ed in diritto e chiedendone, pertanto, il rigetto.
In particolare, ha eccepito che l’opponente, contravvenendo alle pattuizioni contrattuali, non ha provveduto al saldo della fattura n.4/00 emessa in acconto sul maggiore corrispettivo dell’appalto né della fattura n.5/00, contenente l’indicazione analitica delle opere eseguite, ciò che ha indotto l’opposto alla sospensione dei lavori.
Quindi, ha contestato la cattiva esecuzione dei lavori de quo, evidenziando la disponibilità alla riparazione di eventuali difetti, impedita, però, dagli occupanti dell’appartamento interessato.
Infine, ha soggiunto che tutte le opere riportate nelle fatture azionate monitoriamente sono state commissionate dalla E., mentre sono state pagate quelle commissionate direttamente dagli acquirenti degli alloggi edificati dalla opponente.
Ha concluso chiedendo: “in via preliminare, concedere la provvisoria esecuzione ex art.648 c.p.c.; nel merito, rigettare l’avversa opposizione perché del tutto infondata e non provata sia in fatto che in diritto e, per l’effetto, confermare il decreto ingiuntivo n. 175/2000 con condanna dell’opponente al pagamento, oltre quanto ingiunto, anche del maggior danno da svalutazione monetaria. Con vittoria di spese, diritti ed onorari di giudizio”.
Con comparsa del 16 marzo 2000 si è costituito un nuovo difensore per l’opponente, in sostituzione del precedente difensore, eccependo l’incompetenza del giudice adito ovvero l’improponibilità della domanda, avendo le parti inteso deferire la controversia in arbitrato rituale o libero, giusta art. 11 del contratto di appalto del 27 maggio 1998.
Quindi, ha eccepito la mancanza dei presupposti per l’emissione del provvedimento opposto nonché la inesigibilità delle somme pretese dal Pisani in violazione delle previsioni negoziali che prevedevano il collaudo delle opere eseguite prima del pagamento degli importi dovuti e, comunque, non prevedevano la possibilità di richiedere pagamenti in acconto da parte dell’appaltatore.
All’udienza del 30 settembre 2004 omessa ogni attività istruttoria, la causa è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti, con contestuale concessione dei termini legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di repliche.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Preliminarmente, deve essere delibata l’eccezione di compromesso, sollevata dall’opponente, in quanto potenzialmente idonea a definire la controversia.
Al fine di verificare la tempestività della proposizione dell’eccezione in oggetto nonché la sua efficacia sul giudizio de quo, occorre esaminare la natura della clausola compromissoria di cui all’art. 11 del contratto di appalto del 27 maggio 1998.
Detta clausola espressamente demanda ad un “giudizio arbitrale” “qualunque contestazione o vertenza che dovesse sorgere sulla interpretazione, esecuzione e risoluzione del presente contratto e che non dovesse risultare composta amichevolmente”.
Inoltre, specifica che “il collegio arbitrale giudicante sarà costituito a richiesta di una delle parti contraenti e la domanda dovrà essere inoltrata all’altra parte con lettera raccomandata A.R.” e determina la composizione del collegio, senza tuttavia prevedere le modalità cui si atterrano gli arbitri per dirimere il contrasto insorto tra le parti.
Circa l’individuazione della natura della clausola compromissoria la costante giurisprudenza di legittimità ha stabilito che ” in  tema di interpretazione  di  una clausola  compromissoria,  il carattere rituale ovvero irrituale dell’arbitrato in essa previsto va desunto con riguardo alla volontà delle parti ricostruita secondo le ordinarie regole di ermeneutica contrattuale, ricorrendo la fattispecie  dell’arbitrato rituale quando sia stata demandata agli arbitri una funzione sostitutiva di quella del giudice, integrandosi, per converso, l’ipotesi  dell’arbitrato libero quando il collegio arbitrale sia stato investito della   soluzione  di determinate controversie  in via  negoziale,  mediante un negozio di accertamento ovvero strumenti conciliativi o transattivi…Il permanere del  dubbio interpretativo circa la effettiva volontà dei contraenti impone, come  corretta opzione interpretativa, la dichiarazione della irritualità  dell’arbitrato,  tenuto conto del carattere del tutto eccezionale dell’arbitrato rituale, introduttivo, pur sempre, di una deroga alla competenza del giudice ordinario” (1).
In particolare “in tema di arbitrato irrituale, non possono essere ritenuti elementi decisivi  alla legittima configurabilità dell’istituto (onde escludere la sussistenza della diversa figura dell’arbitrato rituale) né il conferimento agli arbitri della potestà di decidere secondo equità, ovvero in veste di amichevoli compositori (non essendo tale specificazione  del criterio di definizione della controversia incompatibile  con l’arbitrato  rituale, nel  quale ben  possono gli arbitri essere investiti dell’esercizio di poteri equitativi), né la preventiva  attribuzione alla pronuncia arbitrale del carattere della inappellabilità  (carattere ipotizzabile  anche  con  riferimento al lodo da  arbitrato  rituale,  ex art. 829 c.p.c., con il solo effetto della esclusione della deducibilità dell’error in iudicando), né la previsione di esonero degli arbitri da «formalità  di procedura» (previsione  non incompatibile con l’istituto dell’arbitrato rituale, giusta disposto   dell’art. 816   c.p.c.), dovendosi,  per  converso, valorizzare, ai  fini  di  una corretta lettura della volontà delle parti compromesse in arbitri,  espressioni  terminologiche  (quali quelle  ricorrenti nel caso di specie) congruenti con l’attività del «giudicare» e  con  il  risultato di  un  «giudizio» in ordine ad una «controversia»  (specie  se  concernente   questioni   schiettamente giuridiche  e non tecniche), compatibili, cioè, con la previsione di un arbitrato rituale” (2).
Nel caso di specie la lettura complessiva dell’art. 11 del contratto in oggetto non consente con certezza di affermare se le parti abbiano inteso derogare o meno alla competenza del Giudice ordinario.
Né a preferire l’una interpretazione piuttosto che l’altra soccorrono le modalità di nomina degli arbitri o di convocazione del collegio, ovvero le espressioni terminologiche impiegate.
Infatti, è evidente che le espressioni “giudizio arbitrale” e “collegio arbitrale giudicante”, presenti in un contesto assolutamente neutro in cui non vi è alcun elemento pregnante per individuare in concreto e oltre ogni dubbio la volontà contrattuale delle parti, a giudizio del Tribunale non risultano idonee ad attribuire all’arbitrato la natura di ritualità.
Ciò pure in considerazione del fatto che, al contrario, elementi a sostengo della irritualità dell’arbitrato stesso potrebbero essere ravvisati, come evidenziato dall’opponente, nella libertà di forma, nella previsione della richiesta di costituzione del collegio con semplice lettera raccomandata e non nel rispetto delle modalità di cui all’art. 810 c.p.c.
Pertanto, non può non ricorrersi al criterio interpretativo residuale individuato dalla giurisprudenza, sicché deve ritenersi che le parti abbiano voluto prevedere il ricorso per la soluzione delle controversia ad un arbitrato irrituale.
Ciò posto, deve affermarsi la tempestiva proposizione dell’eccezione in esame da parte dell’E.
Infatti, “l’eccezione con la quale sia dedotta l’esistenza di una clausola compromissoria,  se  rivolta a prospettare l’incompetenza del giudice adito  per  essere la vertenza oggetto di arbitrato rituale, può essere efficacemente  proposta  soltanto  «in  limine  litis» con la prima difesa, mentre, se diretta a far rilevare l’assoggettabilità della controversia ad arbitrato irrituale, deve, comunque, essere sollevata  in sede di merito dalla parte” (3) , alla stregua di una comune eccezione non rilevabile di ufficio e, quindi, nei termini di cui all’art. 180 c.p.c. (4).
Nel merito, l’eccezione è fondata e deve essere accolta, per cui la controversia avrebbe dovuto essere devoluta al collegio arbitrale previsto in contratto.
Infatti, a causa della sua intrinseca natura la clausola de quo non abbisognava di alcuna specifica approvazione da parte del contraente che si assume “debole” in quanto per costante giurisprudenza non rientra nel novero delle clausole vessatorie di cui all’art. 1341 c.c.
In particolare la Suprema Corte ha chiarito che “la clausola compromissoria  rientra fra quelle da approvarsi specificamente per iscritto ai sensi degli artt. 141 e 1342 cod. civ. solo se istitutiva di arbitrato rituale” (5)  ciò in quanto “la  pattuizione  di  un  arbitrato  irrituale  non  determina  alcuna incompetenza  del  giudice  ordinario  a  conoscere della domanda, ma soltanto  l’improponibilità  della medesima qualora la controparte sollevi ritualmente la relativa eccezione” (6) , sicché non si è in presenza di una pattuizione di “deroga alla competenza dell’autorità giudiziaria”, di natura certamente vessatoria.
Conseguentemente deve affermarsi che la controversia introdotta dall’opposto con ricorso per decreto ingiuntivo, afferendo alla esecuzione del contratto di appalto, ricade certamente nell’ambito di operatività della clausola compromissoria, sicché la domanda deve essere dichiarata improponibile ed il decreto ingiuntivo annullato (7).
Sussistono giusti motivi e d’equità per compensare integralmente le spese di lite tra le parti.


P.Q.M.


Il Giudice unico di Trani, sezione di Andria, non definitivamente pronunziando sulla opposizione proposta dalla E. di D. B. G. & C. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro-tempore, avverso il decreto ingiuntivo n.175/2000 del 13 novembre 2000, notificato il successivo 5 dicembre 2000, emesso dal Tribunale di Trani, sezione distaccata di Andria, in favore di A. P., con atto di citazione notificato il 13 gennaio 2001, rigettata ogni altra istanza, così provvede:Dichiara la domanda improponibile per essere stata la lite compromessa in arbitri e, per l’effetto,
dichiara nullo il decreto ingiuntivo opposto;
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese di lite;
così deciso in Andria, addì 13 febbraio 2004.


   Il Giudice
       Dott. Paolo RIZZI


Note richiamate in sentenza










  1. infatti, “l’eccezione  con  la  quale  si  deduca  l’esistenza  (o  si  discuta dell’ampiezza)    di    una  clausola  compromissoria  per  arbitrato irrituale   non  pone  una  questione  di  competenza  dell’autorità giudiziaria  (come  nel  diverso  caso di clausola compromissoria per arbitrato  rituale),  ma contesta la proponibilità della domanda per avere    i    contraenti    scelto  la  risoluzione  negoziale  della controversia  rinunziando  alla  tutela  giurisdizionale; la suddetta eccezione  non  ha  pertanto  natura  processuale  ma  sostanziale  e introduce    una    questione  preliminare  di  merito  in  relazione all’esistenza  o meno della suddetta rinuncia”: Cass. Civ., sez. III, 14 aprile 2000, n. 4845;