REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 IL TRIBUNALE DI TRANI
SEZIONE DI ANDRIA


In Persona del Giudice Unico, dr Paolo Rizzi, ha pronunziato la presente


SENTENZA


 nella causa civile iscritta al numero 10146 del registro generale per gli affari contenziosi dell’anno 2000 posta in deliberazione all’udienza del 2 luglio 2004 con contestuale concessione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica scaduto il 4 novembre 2004 e vertente


TRA


A. C., elett.te domiciliato in Andria, via “omissis”, presso lo studio dell’avv. F. V., rappresentato e difeso dall’avv. N. d. T. come da procura a margine dell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo; opponente


E


avv. G. D. R., elett.te domiciliato in Barletta, via “omissis”, presso lo studio dell’avv. D. I. che lo rappresenta e difende come da procura in calce alla copia notificata dell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo; opposto


NONCHE’


Assicurazoni R S.p.A., in persona dei legali rappresentanti pro-tempore dott. B. C. e dott. A. C., elett.te domiciliata in Trani, c.so “omissis”, presso lo studio dell’avv. M. P. d. B. che la rappresenta e difende come da procura in calce alla copia notificata dell’atto di citazione;terza chiamata


OGGETTO: opposizione a decreto ingiuntivo, pagamento prestazioni professionali.


CONCLUSIONI
 All’udienza del 2 luglio 2004 così i procuratori delle parti hanno precisato le rispettive conclusioni:
per l’opposto “precisa le proprie conclusioni riportandosi a quelle rassegnate nella comparsa di risposta, nonché nell’atto di chiamata in causa e in tutti i successivi scritti difensivi, insistendo per il loro integrale accoglimento. Con vittoria di spese e competenze di lite”;
per l’opponente “chiede l’accoglimento dell’opposizione a decreto ingiuntivo nei termini di cui alle conclusioni riportate nell’atto di citazione, con le conseguenze di legge e impugna le avverse conclusioni, eccezioni e richieste”;
per la terza chiamata si riporta “al contenuto di tutti i propri scritti difensivi”.


SVOLGIMENTO  DEL  PROCESSO


Con decreto n. 8/2000 emesso in data 24 gennaio 2000 e notificato il successivo 4 febbraio il Tribunale di Trani, sezione distaccata di Andria, ha ingiunto ad A. C. di pagare in favore dell’avv. G. D. R. la somma di lire 14.223.233, oltre interessi legali dalla mora al saldo ed accessori di legge, quale corrispettivo per la prestazione professionale resa dal ricorrente in favore dell’ingiunto attore nella controversia civile, di primo e secondo grado, promossa nei confronti della I. A.ssni ed A. D. P. avente ad oggetto un risarcimento danni da sinistro stradale.
Avverso detto provvedimento ha proposto opposizione A. C. con citazione notificata il 10 marzo 2000, deducendo che l’opposto, pur sapendo che il sinistro oggetto dei giudizi in cui ha prestato la propria attività era avvenuto in strada non ancora aperta al traffico veicolare ed in presenza di una contestazione per velocità non commisurata allo stato dei luoghi, ha chiesto il risarcimento dell’intero danno rendendosi responsabile della compensazione delle spese di lite dei due gradi di giudizio.
Inoltre, ha dedotto che il ricorrente ha agito senza mandato per il giudizio di secondo grado, per altro sottoscritto in bianco per il giudizio di primo grado.
Ha, quindi, contestato i criteri di liquidazione applicati in relazione alla modesta complessità del giudizio ed al relativo valore, pari a lire 5.352.000, somma riconosciuta in favore dell’opponente, e che il professionista ha richiesto il pagamento anche degli onorari relativi ad altro giudizio per lo stesso sinistro autonomamente promosso per il coniuge di esso esponente, A. M., determinati sulla scorta delle tariffe entrate in vigore successivamente ai giudizi stessi.
Inoltre, ha lamentato la mancata applicazione dell’art. 5 n. 4 della tariffa professionale vigente.
Infine, ha dedotto di essere creditore dell’opposto della somma di £. 900.000 quale corrispettivo di acquisiti da esso effettuati presso la propria attività commerciale, da considerarsi acconto sulle competenze per l’incarico professionale ricevuto.
Tutto ciò premesso ha concluso chiedendo “1 In via principale: a) dichiarare che nulla è dovuto da C. A. all’opposto avv. G. D. R. per spese, diritti ed onorari richiesti con il decreto ingiuntivo opposto per tutte le causali esposte in narrativa e, in particolare, ai punti A), B) dei motivi di opposizione, essendo in atti la prova della mancanza di mandato per il giudizio dinanzi alla Corte di Appello e, per quanto attiene al giudizio dinanzi al Tribunale, come risulterà dalla espletando istruttoria. B) conseguentemente revocare in toto l’opposto decreto ingiuntivo n. 8 emesso dall’ill.mo Giudice dr. Rizzi del Tribunale di Trani, Sezione distaccata di Andria; c) condannare l’opposto al pagamento di spese e competenze tutte del presente giudizio. 2) In via subordinata: a) dichiarare che l’avv. G. D. R. è l’unico responsabile di tutti i danni subiti da C. A., per le ragioni di cui ai punti A) e B) dei motivi di opposizione sopra esposti, nella misura di £. 14.338.533, oltre interessi di legge, somma corrispondente al totale delle somme di cui all’opposto decreto ingiuntivo, ovvero nella misura minore, corrispondente alle spese processuali che l’ill.mo sig. Giudice adito riterrà spettanti all’avv. D. R. in base ai motivi di opposizione sopra enunciati – lettere A), B), C) D) di questo atto. b) conseguentemente, condannare l’avv. G. D. R. a pagare dette somme all’opponente C. A.; c) disporre la compensazione delle somme di cui alla lettera a) che precede, dovute dall’avv. G. D. R. G. a C. A. con quelle eventualmente dovute dal C. all’avv. G. D. R. in virtù dell’opposto D.I. o con quelle minori che l’ill.mo sig. Giudice adito riterrà spettanti all’opposto sulla base dei motivi sopra enunciati, detratte £. 990.000 ricevute in acconto dall’avv. D. R., come dal punto n. 9 della narrativa di questo atto; c) con vittoria di spese, diritti ed onorari del presente giudizio. 3) In via del tutto gradata: a) ridurre le somme liquidate nel decreto ingiuntivo opposto per quanto esposto ai punti B, C, D di questo atto; b) con vittoria di spese e competenze del presente giudizio”.
Si è costituito depositando rituale comparsa l’avv. G. D. R. chiedendo “il rigetto dell’opposizione e di ogni ulteriore domanda proposta dalla controparte perché inammissibile ed infondata in ogni presupposto di fatto e di diritto. Con il beneficio delle spese e competenze di lite”.
A sostengo della propria domanda ha contestato quanto esposto nell’atto di opposizione, evidenziando che l’incarico professionale conferitogli dall’opponente è stato espletato in sintonia con la volontà manifestata dal cliente e che la procura alle liti è stata rilasciata anche per il giudizio di appello.
Quindi, ha sottolineato la congruità degli onorari richiesti e liquidati dal Consiglio dell’Ordine e contestato il riferimento fatto dall’opponente all’art. 5 n. 4 della tariffa professionale.
Infine, ha eccepito l’inammissibilità delle domande proposte in via subordinata dal C. chiedendo, comunque, di essere autorizzato a chiamare in causa la R.  S.p.A., con la quale ha stipulato polizza R.C. professionale n. (omissis)
La chiamata del terzo, debitamente autorizzata con decreto del 8 maggio 2000, è avvenuta con atto notificato a mezzo posta in data 1 agosto 2000 con cui il convenuto ha chiesto “1) Si condanni l’assicurazione R.  S.p.A. in persona del suo legale rappresentante pro-tempore…a garantire e manlevare l’Avv. G. D. R. dagli effetti negativi che potrebbero derivargli dall’emananda sentenza in caso di accoglimento della domanda formulata da parte attrice. 2) Si condanni inoltre la citata R. S.p.A. al pagamento delle spese e competenze di lite, anche in favore dell’odierno concludente”.
La R. S.p.A. si è ritualmente costituita in giudizio chiedendo in via principale “rigettarsi la domanda di manvela e garanzia proposta dal chiamante in causa perché inammissibile, improponibile ed infondata. Spese come per legge”.
Ha dedotto che la polizza contratta dal convenuto assicura esclusivamente la responsabilità civile del professionista per danni a terzi e non il pagamento delle sue prestazioni professionali.
Quindi, ha evidenziato che la polizza è stata stipulata solo in data 20 aprile 1990 e prevede una franchigia di un decimo del risarcimento, mentre i fatti risalgono al 1986, sicché è pure intervenuta la prescrizione di cui all’art. 2952 c.c.
La causa è stata istruita documentalmente, con l’interrogatorio formale dell’opposto e a mezzo testi e all’udienza del 2 luglio 2004, omessa ogni altra attività istruttoria, è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti, con contestuale assegnazione dei termini di 60 giorni per il deposito delle comparse conclusionali e di successivi 20 per il deposito delle memorie di replica.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Preliminarmente, osserva il Tribunale che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo il giudice deve accertare il fondamento della pretesa fatta valere con il ricorso per ingiunzione e non già limitarsi a stabilire se l’ingiunzione fu emessa legittimamente e, qualora il credito risulti accertato nella sua stessa esistenza nonché nel suo ammontare, deve accogliere la domanda indipendentemente dalla regolarità, sufficienza, validità degli elementi probatori che addussero all’emanazione dell’ingiunzione (“in  tema  di  procedimenti  monitori,  con l’opposizione  al  decreto ingiuntivo  il  giudice è  investito  del  potere-dovere di statuire sulla pretesa  fatta  valere  con la  domanda  di ingiunzione e sulle eccezioni proposte contro di essa, anche se il decreto risulti emesso fuori  dei casi  stabiliti  dalla legge, secondo le normali regole di ripartizione  dell’onere della prova, sì che la nullità del decreto medesimo può  essere legittimamente dichiarata solo nel caso in cui, per   ragioni  pregiudiziali, manchi  del  tutto  la possibilità  di emettere una pronuncia di merito”: Cass. civ., sez. II, 8 settembre 1998 n.8853, in Giust. civ. Mass. 1998, 1864; “l’opposizione a  decreto  ingiuntivo  apre un  ordinario  giudizio di cognizione sicché il giudice che accerti che l’ingiunzione sia stata emessa  illegittimamente, in difetto dei presupposti processuali, non può limitarsi  a revocare l’opposto decreto, ma deve pronunciare nel merito  del  diritto fatto  valere  dal  creditore con  la domanda di ingiunzione, tenendo  conto  di   tutti  gli  elementi di  giudizio ritualmente  acquisiti agli atti,  potendo  influire la  mancanza  o l’insufficienza  degli elementi probatori sulla cui base fu emesso il decreto soltanto sul regolamento delle spese processuali”: Cass, civ., sez. II, 17 novembre 1994, n.9708, in Giust. civ. Mass. 1994, fasc.11 ).
Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di prestazioni professionali del professionista per pacifica giurisprudenza l’efficacia della parcella, vincolante per il Giudice in sede di emissione del decreto ingiuntivo, non si estende al giudizio di opposizione che, svolgendosi secondo le regole dell’ordinaria cognizione, impone al professionista di fornire gli elementi dimostrativi della pretesa e la prova dell’effettività della prestazione relativa (cfr. Cass. Civ., sez. II, 12 febbraio 1998, n. 1505, in Giust. Civ. Mass., 1998, 325).
Sempre preliminarmente, deve essere affermata l’ammissibilità della domanda riconvenzionale ritualmente spiegata dall’opponente con l’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo (cfr. ex plurimis, Cass. Civ., sez. I, 10 agosto 2001, n. 11053, in Foro It., 2002, I, 783).
Quanto al merito, stabilisce l’art. 2 del D.M. 31 ottobre 1985, riprodotto dal corrispondente art. 2 del D.M. 24 novembre 1990, n. 392 e D.M. 5 ottobre 1994, n. 585, che “gli onorari e i diritti sono sempre dovuti all’avvocato…dal cliente indipendentemente dalle statuizioni del giudizio sulle spese giudiziali”.
La liquidazione di detti onorari e dei diritti, inoltre, deve essere effettuata sulla scorta dei criteri stabiliti dall’art. 6 dei decreti ministeriali menzionati e le tariffe stabilite dalle normative in oggetto hanno carattere vincolante (“anche a seguito della sentenza n.35 del 1998 della Corte di Giustizia CEE le tariffe professionali forensi hanno valore vincolante. Infatti, pronunciando sulla compatibilità delle tariffe professionali con gli articoli 5 e 85 del trattato CEE (ora 10 e 81) la Corte di Giustizia con sentenza 19 febbraio 2002, n.34 ha affermato che i menzionati articoli non impediscono a uno stato membro di adottare norme che approvino, sulla base di un progetto predisposto da un ordine professionale forense, una tariffa che stabilisca gli onorari minimi e massimi per i membri dell’ordine, a condizione che lo stato eserciti a mezzo dei suoi organi controlli nei momenti di approvazione della tariffa e di liquidazione degli onorari”: Cass. Civ., sez. III, 17 ottobre 2003, n.15551, in Guida al diritto del Sole 24 Ore n.47 del 6.12.2003).
Inoltre i diritti spettanti all’avvocato devono essere liquidati secondo le tariffe professionali vigenti al momento dell’espletamento dell’attività svolta in favore dell’opposto, sicché dovrà farsi applicazione nel caso di specie delle disposizioni del D.M. 31 ottobre 1985 e delle allegate tabelle (atteso che il giudizio per cui è stato richiesto il pagamento dell’onorario professionale è stato introdotto nel 1986), quelle del D.M. 24 novembre 1990 n. 392, del D.M. 14 febbraio 1992, n. 238 e del D.M. 5 ottobre 1994, n. 585 per l’attività svolta nella vigenza dell’una ovvero dell’altra normativa.
Per ciò che concerne, invece, gli onorari, questi devono essere determinati sulla base della tariffa in vigore al momento dell’esaurimento dell’attività difensiva, che può tranquillamente collocarsi successivamente all’entrata in vigore del D.M. 585/94, allorché è stato definito il giudizio di appello in cui era parte l’opponente, atteso che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, la prestazione dell’avvocato non è frazionabile nel tempo, sicché la sua attività deve essere considerata unitariamente sino al suo esaurimento, ovvero fino al momento dell’emissione della parcella.
Ciò posto può tranquillamente affermarsi che l’opposto avv. D. R. ha positivamente dimostrato, mediante la produzione della documentazione relativa ai giudizi di primo e secondo grado intrapresi da A. C. nei confronti di A. D. P. e della I. A., la circostanza del conferimento dell’incarico nonché dell’effettività dell’attività giudiziale svolta davanti al Tribunale di Trani ed alla Corte d’Appello di Bari.
In particolare, tanto emerge dal fascicolo depositato nel corso dei giudizi in oggetto, contenente l’atto di citazione e quello di appello con il relativo mandato a margine nonché copia dei verbali di causa relativi alle udienze in cui il ricorrente ha svolto la propria attività professionale in favore del C. e gli scritti conclusivi.
Occorre, altresì, evidenziare che emerge per tabulas anche il conferimento del mandato relativo al giudizio di secondo grado, apposto a margine dell’originale dell’atto di citazione in grado di appello, in atti.
Tale circostanza – oltre ad essere documentalmente comprovata – è ulteriormente suffragata anche dal comportamento processuale tenuto dall’opponente il quale, dopo avere annunziato la proposizione di querela di falso all’udienza del 25 novembre 2003, ha poi rinunciato a tale impugnazione della procura alle liti, da ciò potendosi trarre ex art. 116, comma 2 c.p.c. un ulteriore e pregnante elemento di convincimento circa l’effettivo conferimento all’avv. D. R. anche del mandato alle liti per il secondo grado di giudizio.
Deve, quindi, essere affermata la pacifica sussistenza del diritto al pagamento degli onorari da parte del professionista.
Quanto all’ammontare delle somme dovute in favore dell’istante a titolo di prestazioni professionali, queste debbono essere quantificate in relazione alla documentazione allegata al fascicolo attoreo, alla complessità delle questioni trattate ed all’impegno profuso dal professionista anche in considerazione della durata del rapporto professionale, e al valore della controversia.
Sotto tale ultimo aspetto ritiene il Tribunale che le controversie in cui ha prestato la propria attività l’opposto debbano essere pacificamente ritenute – ex art. comma 1, ultima parte D.M. 31 ottobre 1985, 392/90 e 585/94 che indica quale criterio da applicare “la somma attribuita alla parte vincitrice piuttosto che a quella domandata – di valore pari a vecchie lire 5.352.000 (€ 2.765,00 arrotondati), tale essendo l’importo liquidato in favore dell’opponente all’esito del giudizi risarcitori, coerente con il reale ed effettivo valore della controversia, di talché dovrà farsi applicazione delle tariffe determinate dal D.M. 585/94 in relazione allo scaglione di valore della controversia fino a lire 10.000.000.
Conseguentemente, spettano all’opposto i seguenti onorari:
giudizio di primo grado:
studio della controversia                                                                                                                        € 130,00;
consultazioni con cliente                                                                                                                        €   65,00;
ricerca documenti                                                                                                                                   €  35,00;
redazione dell’atto di citazione:                                                                                                              € 110,00;
partecipazione a dodici udienze                                                                                                             € 276,00 (€ 23 x 12);
assistenza a due mezzi di prova, così indicati nella richiesta di liquidazione al Consiglio dell’Ordine      € 140,00 (€ 70 x 2);
redazione scritti conclusivi                                                                                                                      € 280,00
per un totale di € 1.036,00 cui devono essere aggiunte € 73,33 (pari a lire 141.995, già detratte le spese relative alla prestazione resa in favore di A. M.) per spese ed € 611,47 (così determinati: € 343,18 con riferimento ai diritti stabiliti secondo lo scaglione applicato – da lire 5.000.000 a lire 10.000.000 – dal D.M. 31.10.85, € 203,74 con riferimento al D.M. 392/90 ed € 64,55 con riferimento ai diritti spettanti per le attività espletate nella vigenza del D.M. 585/94) per diritti, oltre IVA, CAP e rimborso spese forfetarie come per legge.
Per il giudizio di appello, spettano i seguenti onorari, determinati interamente secondo la tariffa approvata con D.M. 585/94 per le cause davanti alla Corte di Appello di valore compreso fino a lire 10.000.000:
studio della controversia                            € 170,00;
consultazioni con il cliente                          € 70,00;
redazione atto introduttivo                        € 150,00;
assistenza a due udienze (€ 35 x 2)          € 70,00;
comparsa conclusiva                                  € 350,00;
per un totale di € 810,00 cui devono essere aggiunte € 387,21 per spese ed € 619,74 (riliquidati in applicazione dello scaglione relativo alle controversie di valore compreso tra lire 5.000.000 e lire 10.000.000) per diritti, oltre IVA, CAP e rimborso spese forfetarie come per legge.
Di conseguenza all’opposto avv. D. R. spetta, per l’attività espletata in favore di A. C. il complessivo importo di € 3.179,52, di cui € 464,54 per spese, € 1.231,21 per diritti ed € 1.846,00 per onorari di avvocato.
Oltre a tale somma all’opponente è dovuto l’importo di € 307,72 quale rimborso forfetario nella misura del 10% su diritti ed onorari, € 67,69 a titolo di CAP (2% di € 3.384,93, ovvero la somma di diritti, onorari e rimborso forfetario) ed € 690,52 per IVA al 20% (sugli importi indicati), per complessivi € 1.065,93.
Conseguente l’importo dovuto in favore dell’opposto, comprensivo di spese, diritti, onorari ed accessori è di € 4.245,45.
Ciò posto, osserva il Tribunale che il disposto di cui all’art. 5, comma 4 D.M. 585/94 (norma, peraltro, di identico contenuto a quella già prevista dal D.M. 31.10.86 e seguenti), non trova applicazione nel caso di specie, potendo al più essere invocata da A. M., a cui favore l’opposto ha svolto attività difensiva nel medesimo giudizio in cui era attore il C. e che non risulta avere corrisposto i relativi onorari.
Inoltre, osserva il Tribunale che non può procedersi alla liquidazione degli onorati sotto il minimo tariffario poiché non vi è alcuna dimostrazione del fatto che la difesa del C. non ha procurato all’assistito alcun vantaggio.
Dall’importo riconosciuto in favore dell’avv. D. R., tuttavia, deve essere detratta la somma di € 438,98 (pari a lire 850.000), corrispondente al corrispettivo per l’acquisito di alcuni beni di consumo effettuato dall’opposto presso l’esercizio commerciale dell’opponente.
In proposito, il teste R. C., figlia dell’ingiunto a conoscenza dei fatti di causa per averli personalmente appresi e della cui attendibilità non vi è motivo di dubitare, escussa all’udienza dell’11 febbraio 2003 ha affermato che l’attore nel periodo natalizio ebbe ad acquistare un giocattolo, un albero di Natale con addobbi, senza pagare il relativo corrispettivo, indicato in una cifra compresa tra lire 850.000 e 900.000, da portare in detrazione sul compenso spettante per i giudizi riguardanti A. C.
Detta deposizione consente con sufficiente tranquillità di ritenere dovuto l’importo de quo – che in considerazione della incertezza nella sua determinazione ritiene il Tribunale di liquidare nella minore somma indicata dal teste – anche a prescindere dall’esame della deposizione testimoniale di A. M.
A fronte della prova offerta dall’opponente, l’opposto non ha positivamente dimostrato l’avvenuto pagamento dell’importo de quo.
Pertanto, l’opposizione dovrà essere accolta ed il decreto ingiuntivo opposto revocato, ma il C. deve essere condannato al pagamento in favore del D. R. della somma di € 3.806,47 (€ 4.245,45 – 438,98).
Sulla somma determinata dovranno essere corrisposti gli interessi nella misura legale che decorreranno dalla data della mora (11 aprile 2000) fino all’effettivo soddisfo.
Quanto alla somma di € 203,22 corrisposta per la richiesta del parere di congruità del Consiglio dell’Ordine Forense, questa dovrà essere liquidata tra le spese di lite (Cass civ., sez. II, 21 novembre 1979, n. 6064, in Giust. Civ. mass., 1979, fasc. 11).
Per quanto, poi, concerne la domanda riconvenzionale proposta dall’opponente, essa è infondata e deve essere rigettata.
In effetti, non vi è dubbio che “nell’adempimento dell’incarico professionale conferitogli, l’obbligo di diligenza da osservare ai sensi del combinato disposto di cui agli art. 1176, comma 2, e 2236 c.c. impone all’avvocato di assolvere, sia all’atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto, (anche) ai doveri di sollecitazione ed informazione del cliente, essendo tenuto a rappresentare a quest’ultimo tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque, insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi; di richiedergli gli elementi necessari o utili in suo possesso; a sconsigliarlo dell’intraprendere o proseguire un giudizio dall’esito probabilmente sfavorevole” (Cass. Civ., sez. II, 30 luglio 2004, n. 14597 in Giust. Civ. Mass. 2004, f. 7).
Nel caso di specie, tuttavia, il Tribunale non ravvisa alcuna violazione dei menzionati doveri da parte del professionista.
Ciò in quanto l’introduzione del giudizio ha condotto comunque all’affermazione del diritto dell’attore al risarcimento del danno ed ha comportato lo svolgimento di una intensa attività processuale – emergente dalle copie dei verbali allegate al fascicolo dell’opposto – in cui esso ha cercato di introdurre nel giudizio elementi finalizzati a dimostrare la responsabilità esclusiva del convenuto nella causazione del sinistro, che avrebbe certamente comportato una diversa statuizione sulle spese di lite.
Il fatto, poi, che il Tribunale abbia inteso ripartire la responsabilità per l’incidente in pari misura tra le parti non può essere addebitata a colpa del professionista il quale in modo del tutto legittimo e plausibile ha cercato di valorizzare tra gli elementi a disposizione del Tribunale quelli attestati un maggiore coinvolgimento nella dinamica del sinistro del suo contraddittore.
Del tutto fisiologica, poi, è la diversa valutazione di detti elementi da parte del Giudice che ha ritenuto non vinta la presunzione di cui all’art. 2054 c.c.
Inoltre, non decisiva al fine di riconoscere la responsabilità dell’avvocato è la circostanza che costui sapeva che il sinistro era avvenuto su strada chiusa al traffico e che al C. era stata contestata la violazione delle norme del codice della strada relative alla velocità da osservare nella circolazione veicolare, atteso che, per un verso, tali elementi valutati unitamente a tutte le circostanze del sinistro astrattamente non avrebbero impedito che il conducente del veicolo antagonista rispetto a quello dell’attore avrebbe potuto essere riconosciuto maggiormente responsabile in considerazione della condotta di guida da costui tenuta (secondo quanto evidenziato dall’attore, costui procedeva in senso vietato do circolazione ed a fari spenti) e, per altro verso, è noto che la contestazione di una infrazione al codice della strada non può vincolare il Giudice atteso che si fonda su valutazioni degli agenti di Polizia effettuate dopo che i fatti sono accaduti e ben suscettibili di prova contraria.
Analoghe considerazioni operano per ciò che concerne il giudizio di appello, giacché sulla scorta degli elementi acquisiti nel corso del giudizio di primo grado non era peregrino invocare una riforma della sentenza in senso più favorevole all’appellante.
Non può sottacersi, infine, che quella del difensore è una obbligazione di mezzi e che alla luce di quanto in possesso del professionista ha condotto ad una attività difensiva rispettosa del dovere di diligenza e funzionale all’accoglimento integrale o parziale della domanda.
Il rigetto della domanda risarcitoria rende superfluo l’esame della domanda di garanzia spiegata nei confronti del terzo chiamato.
Sussistono giusti motivi e d’equità per compensare per intero le spese tra l’opposto ed il terzo chiamato e per la metà tra l’opponente e l’opposto, ivi comprese quelle del procedimento monitorio, in considerazione del parziale accoglimento dell’opposizione, mentre le spese residue seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.


P.Q.M.


Il Giudice unico di Trani, sezione di Andria, definitivamente pronunziando sulla opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 8/2000 emesso in data 24 gennaio 2000 dal Tribunale di Trani, sezione distaccata di Andria, in favore di G. D. R., notificato il successivo 4 febbraio, proposta da A. C. con atto di citazione notificato il 10 marzo 2000, rigettata ogni diversa istanza, così provvede:
accoglie l’opposizione e, per l’effetto revoca il decreto ingiuntivo opposto;
condanna A. C. al pagamento, in favore dell’avv. G. D. R. della somma complessiva di euro 3.806,47 oltre agli interessi nella misura legale che decorreranno dalla mora (11 aprile 2000) fino all’effettivo soddisfo;
rigetta la domanda riconvenzionale;
compensa le spese di lite tra G. D. R. e la A S.p.A.;
compensa per metà le spese di lite, ivi comprese quelle relative alla fase monitoria, tra G. D. R. e A. C. e condanna A. C. al pagamento in favore dell’avv. G. D. R. delle spese residue che liquida in complessivi euro 1.980,00 di cui euro 380,00 per spese, euro 700,00 per diritti ed euro 900,00 per onorari di avvocato, oltre IVA, CAP, e rimborso spese forfetarie come per legge.
così deciso in Andria, addì 17 dicembre 2004


     IL GIUDICE
       Dr Paolo RIZZI