REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


 IL TRIBUNALE DI TRANI
SEZIONE DI ANDRIA


In Persona del Giudice Unico, dott. Paolo Rizzi, ha pronunziato la presente


SENTENZA


 nella causa civile iscritta al numero 2366 del registro generale per gli affari contenzioni dell’anno 1998 posta in deliberazione all’udienza del 11 giugno 2002, con contestuale assegnazione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica scaduto il 17 ottobre 2002 e vertente


TRA


R. e F. E., elett.te domiciliati in Andria, via “omissis”, presso lo studio dell’avv. G. D. R., che li rappresenta e difende come da procura a margine del ricorso per accertamento tecnico preventivo;attori


E


P. A. I. M. T., in persona dell’omonimo titolare, elett.te domiciliata in Andria, via “omissis”, presso lo studio dell’avv. N. D. B., che la rappresenta e difende, come da procura a margine della comparsa di costituzione e risposta;CONVENUTA


NONCHE’


E. di F. L. E C. S.n.c., in persona dei legali rappresentanti F. L., F. S. e C. M., elett.te domiciliata in Andria, via “omissis”, presso lo studio dell’avv. A. G., che la rappresenta e difende, come da procura a margine della comparsa di costituzione e risposta; CONVENUTA


E


M. A. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, incorporante per fusione de L. P. S.p.A., elett.te domiciliata in Andria, presso lo studio dell’avv. L. C., rappresentata e difesa dall’avv. G. A., come da procura in calce alla copia dell’atto di citazione; CONVENUTA


NONCHE’


L. F.; CONVENUTO CONTUMACE


E


C. G.;CONVENUTO CONTUMACE


NONCHE’


L. S. DI ASSICURAZIONI S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elett.te domiciliata in Andria, via “omissis”, presso lo studio dell’avv. A. C., rappresentata e difesa dall’avv. A. S., come da procura in calce alla copia dell’atto di citazione di terzo; TERZA CHIAMATA


OGGETTO:risarcimento danni.


CONCLUSIONI
 All’udienza del 11 giugno 2002 così i procuratori delle parti hanno precisato le rispettive conclusioni:
per gli attori: “precisa le proprie conclusioni richiamandosi a quelle già rassegnate nell’atto introduttivo del giudizio che qui si abbiano per ritrarscitte e ne chiede l’accoglimento. Precisa inoltre che dall’intero importo determinato dal C.T.U. va detratta la somma relativa alla facciata di via (omissis) ristrutturata dalla E., con condanna dei convenuti tutti e/o coloro che risulteranno essere responsabili e garanti dei danni subiti dagli attori. Con vittoria di spese e competenze di causa in favore del sottoscritto procuratore anticipatario”;
per la convenuta P. A.: “precisa le proprie conclusioni come già rassegnate nei propri scritti difensivi, nonché in corso di causa chiedendone l’integrale accoglimento con condanna al pagamento delle spese di competenza di causa al sottoscritto procuratore antistatario”;
per la convenuta E.: “precisa le conclusioni riportandosi a quelle rassegnate nella comparsa di costituzione e risposta con domanda di garanzia nonché nell’atto di citazione per chiamata in garanzia contro la ditta P. A. e la M. Assicurazioni dandosi per riportati e trascritti, con condanna delle parti soccombenti alla rifusione delle spese di causa”;
per la terza chiamata L. Assicurazioni “premesso di non accettare il contraddittorio in ordine ad ogni domanda proposta dall’attore nei confronti della deducente, precisa le proprie conclusioni riportandosi a quelle già rassegnate in comparsa di costituzione, chiedendone l’accoglimento”;
per la convenuta M. S.p.A. “così conclude: a) nei confronti dell’attore, dichiararsi la improponibilità della domanda, con vittoria di spese; b) nei confronti della E., dichiararsi per i motivi articolati in comparsa di risposta la in operatività della garanzia assicurativa e comunque rigettare la domanda con vittoria di spese”.


SVOLGIMENTO  DEL  PROCESSO


Con citazione notificata i giorni 16, 24, 26 e 12 novembre 1998 R. e F. E., come generalizzati in epigrafe, hanno convenuto in giudizio la ditta E. di F. L. & C. S.n.c., in persona dei legali rappresentanti L. e S. F. e M. C., C. G., L. F., A. P. e L. P.-G. F: Ass.ni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, esponendo che: con ricorso per accertamento tecnico preventivo depositato il 5.02.1998 hanno chiesto al Pretore di Andria di provvedere alla nomina di un C.T.U. per verificare quanto da essi lamentato relativamente all’immobile di loro proprietà sito in Andria, via “omissis”. A retroprospetto con tale immobile C. G. e L. F. nonché l’impresa edile E. hanno abbattuto l’immobile preesistente senza osservare alcuna delle precauzioni necessarie ad evitare di arrecare danni alle costruzioni vicine, nonché alla escavazione del terreno per realizzare un nuovo fabbricato. Sin dal luglio 1997 l’immobile attoreo ha subito rilevanti danni derivanti dalla malaccorta esecuzione dei lavori di demolizione e costruzione del nuovo fabbricato di proprietà G.-F. Il nominato C.T.U. ing. M. B. ha depositato l’elaborato peritale ma nessun danno è stato risarcito in favore degli attori.
Tutto ciò premesso hanno concluso chiedendo “1) dichiarare essi convenuti responsabili dei danni tutti subiti dall’immobile degli attori, sito in Andria alla via “omissis”, per le causali di cui in narrativa. 2) condannare essi convenuti, in via solidale tra loro, al risarcimento dei danni, in pro degli attori, nella misura di lire 21.149.000 e/o in quell’altra minore di giustizia che sarà determinata dal C.T.U. che sin da ora si richiede, oltre gli interessi legali dal dì del fatto illecito all’effettivo soddisfo. 3) con vittoria di spese e competenze tecnico-legali sia della fase preventiva che di quella di merito del presente giudizio, oltre oneri fiscali tutti”. 
Si è costituita in giudizio la ditta P. A. I. M. T., in persona dell’omonimo titolare, contestando la domanda, in fatto ed in diritto, e chiedendone il rigetto con vittoria di spese, competenze ed onorari di lite.
Ha dedotto che la responsabilità dei danni, quand’anche sussistenti, non può esserle attribuita attesa la mancata sussistenza di alcun nesso eziologico tra i danni lamentati e la condotta tenuta dalla stessa.
Ha, quindi, specificato che potrà essere tenuta a risarcire solo quei danni, ove esistenti, causalmente riconducile a proprio fatto.
Infine, ha chiamato in causa la L. Assicurazioni S.p.A. per essere garantita nell’ipotesi di accoglimento della domanda attorea nei suoi confronti.
Ha concluso chiedendo “nel merito, in via principale, respingere la domanda formulata nei suoi confronti dagli attori E. R. e F. per le ragioni di cui al n.4 della narrativa; in via subordinata, dichiarare tenuta la L. Ass.ni S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, a tenerlo indenne di quanto sarà tenuto a pagare e, per l’effetto, condannando la detta impresa al pagamento di tale somma a favore degli attori. Con vittoria di spese, diritti ed onorari di giudizio”.
Si è, altresì, costituita in giudizio la E. di F. L. & C. S.n.c., in persona dei legali rappresentanti L. e S. F. e M. C. deducendo l’infondatezza della domanda attorea e chiedendone il rigetto.
Ha eccepito che i danni lamentati dagli attori preesistevano all’inizio dei lavori di escavazione, come chiarito dalla relazione depositata dal C.T.U. all’esito degli accertamenti espletati in sede di accertamento tecnico preventivo. Tanto, inoltre, emergerebbe da un verbale di constatazione e ispezione dei luoghi redatto in contraddittorio.
Ha aggiunto che i danni prodottisi successivamente non si sarebbero verificati se l’immobile di proprietà E. non fosse già stato interessato da precedenti lesioni.
Inoltre, ha rilevato che la eventuale responsabilità dei danni, ove esistenti, deve essere attribuita alla ditta P. A. cui erano stati affidati i lavori di scavo e che si era impegnata contrattualmente ad assumere tutte le precauzioni al fine di evitare pregiudizio a cose o persone.
Infine, ha soggiunto che per la responsabilità civile ha sottoscritto apposita polizza assicurativa con la compagnia di assicurazioni L. P. S.p.A.
Ha chiesto: “1) rigettare la domanda attorea in quanto infondata in fatto e diritto; 2) in subordine, nella infondata e denegata ipotesi che la D. E. S.n.c. dovesse essere condannata a pagare i danni richiesti dagli attori nella misura determinata giudizialmente, chiede di essere manlevata dal sig. P. A. quale unico responsabile dei danni lamentati dall’attore e, per l’effetto, chiede che lo stesso venga condannato a garantire la ditta convenuta corrispondendo direttamente ai sigg. E. i danni da questi richiesti e, se escussa preventivamente, rifondere alla ditta E. S.n.c. quanto quest’ultima fosse costretta a pagare in virtù della domanda attorea. 3) in via del pari subordinata chiede di essere manlevata e garantita, altresì, dalla compagnia di Ass.ni “L. P. S.p.A.”, in persona del legale rappresentante pro-tempore, in forza del contratto di assicurazione per la responsabilità civile verso terzi (polizza assicurativa n.omissis) e, per l’effetto, chiede che la stessa venga condannata a garantire la ditta convenuta corrispondendo direttamente ai sigg. E. i danni da questi richiesti e, se escussa preventivamente, rifondere alla ditta E. S.n.c. quanto quest’ultima fosse costretta a pagare in virtù della domanda attorea. Con vittoria di spese e competenze di causa”.
C. G. e L. F., benché regolarmente citati, hanno omesso di costituirsi in giudizio rimanendo, pertanto, contumaci.
La M. Assicurazioni S.p.A., costituendosi in giudizio quale società incorporante per fusione de “L. P. S.p.A.”, ha eccepito l’improponibilità della domanda in quanto nel caso di specie non è consentita l’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’assicuratore, non rientrando la stessa nell’ambito applicativo della legge 990/69.
Nel merito ha dedotto l’infondatezza della domanda in quanto i lavori di scavo da cui sarebbero asseritamente derivati i danni al fabbricato attoreo sono stati subappaltati dall’assicurata E. alla ditta P., unico eventuale responsabile.
Inoltre, ha rilevato che all’epoca in cui ebbero inizio i lavori non esisteva ancora alcuna garanzia assicurativa e che i danni non possono comunque essere risarciti in quanto preesistenti alla realizzazione degli scavi. L’operatività della polizza deve, altresì, essere esclusa ai sensi dell’art.28, lettera I) delle condizioni generali di assicurazione richiamate in contratto.
Infine, ha sottolineato che l’eventuale risarcimento deve essere contenuto entro i massimali di polizza.
Ha così concluso: “conclude in via preliminare per la declaratoria di improponibilità della domanda e/o carenza di legittimazione passiva e subordinatamente per il rigetto integrale della domanda con vittoria di spese e competenze di causa”.
Si è, infine, costituita la terza chiamata L. società di assicurazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore eccependo l’inoperatività della polizza a mente dell’art.17 delle condizioni generali di assicurazione.
Inoltre ha anch’essa posto l’attenzione sulla preesistenza di lesioni all’interno del fabbricato degli attori dovuti al cattivo stato di manutenzione dello stesso e che, comunque, i danni eventuali non sono tutti casualmente riconducibili allo scavo del terreno e degli stessi dovrà rispondere la E..
Ha chiesto: “rigettare la domanda proposta da P. A. I. M. T. nei confronti della concludente società stante la in operatività della garanzia per i motivi addotti; – in subordine, in caso di mancato accoglimento dell’istanza principale, rigettare la domanda stante la infondatezza delle domande principali E. R. e F.; – liquidare le spese secondo il principio della soccombenza”.
La causa è stata istruita mediante produzioni documentali, interrogatorio formale del legale rappresentante della convenuta P., e prova per testi.
È stata disposta C.T.U. e, all’udienza del 11 giugno 2002, omessa ogni altra attività istruttoria, la causa è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti, con contestuale assegnazione dei termini di legge di 60 giorni per il deposito delle comparse conclusionali e di 20 per il deposito delle memorie di replica.


MOTIVI DELLA DECISIONE


La domanda è fondata e deve essere accolta per quanto di ragione.
Dalle risultanze delle operazioni peritali condotte dal C.T.U. in sede di accertamento tecnico preventivo nonché nel corso del giudizio è merito è emersa con certezza la sussistenza dei danni lamentati dagli attori in citazione e la riconducibilità degli stessi ai lavori di scavo eseguiti nel fondo di proprietà G.-F.
In modo particolare, il consulente tecnico di ufficio ing. M. B., dopo aver richiamato nella relazione depositata nel giudizio di merito il verbale redatto dalle parti in contraddittorio relativo alle condizioni del fabbricato attoreo prima dell’inizio dei lavori per cui è causa, ha affermato che “esclusa la lesione descritta nel verbale di ispezione del 16.07.1997, tutte le altre, attualmente presenti, sono state prodotte in data successiva e quindi in seguito ai lavori di demolizione e scavo fatti eseguire con mezzi meccanici dall’impresa E. dalla ditta del sig. P. A.” (pag. 4). Specificatamente ha ricondotto i danni de quo alle “vibrazioni indotte al fabbricato E. dall’uso dei mezzi meccanici adoperati per l’esecuzione dello scavo dei due piani dell’erigendo fabbricato di proprietà G.-F.” (pag.15)
La riconducibilità di tali lesioni e, più in generale, dei danni rilevati dal C.T.U. presso l’immobile E. all’attività edilizia svolta dai convenuti è fatta discendere, sul piano logico, dalla osservazione dei luoghi effettuata dal consulente in due distinti momenti, assumendo sempre quale attendibile punto di partenza il citato verbale di sopralluogo in cui si procedeva a descrivere quale era lo stato dell’immobile di proprietà degli attori prima che iniziassero i lavori sul fondo limitrofo.
I rilievi effettuati dal consulente e le conclusioni relative, pertanto, sono il frutto dello studio comparativo della situazione dell’edificio degli istanti prima e dopo lo scavo effettuato dalla ditta P., sicché non possono che condividersi le conclusioni cui giunge l’ing. B. per cui se prima del detto scavo erano presenti solo alcuni danni e, a lavori ultimati, si è potuto riscontrare il verificarsi di altri danni e diverse lesioni deve dedursi che la causa efficiente di tali nuovi inconvenienti deve rinvenirsi nell’attività svoltasi all’interno del fondo dei convenuti.
Peraltro, osserva il Tribunale che le condizioni strutturali del fabbricato E. non hanno avuto alcun ruolo nella produzione dei danni per cui è causa, così come opinato dai convenuti, in quanto a pag. 15 della C.T.U. nitidamente l’ing. B. afferma che sulla base degli accertamenti tecnici esperiti – approfonditi e privi di vizi logici e scientifici – “il fabbricato E. era strutturalmente indipendente da quello demolito anche se era stato costruito in aderenza a quello preesistente di proprietà G.-F.”.
Non può comunque sottacesi che l’integrale lettura del lavoro del consulente di ufficio consente di individuare un’altra causa dei danni patiti dagli attori, atteso che si fa espresso riferimento ad infiltrazioni di acqua piovana che “si sono verificate perché subito dopo la esecuzione della demolizione del vecchio fabbricato, adiacente il muro a confine di proprietà Esabon, non è stata eseguita nessuna protezione in modo da rendere tale parete, esposta alle intemperie, impermeabile all’acqua piovana. Solo successivamente l’impresa E. ha protetto una parete di tale muratura con un telo in plastica” (pag. 10).
Orbene, alla luce della costante elaborazione giurisprudenziale il soggetto responsabilità dei danni per cui è causa, quanto meno di quelli originati dai lavori di demolizione e scavo, deve essere identificato nel convenuto P., quale ditta appaltatrice della esecuzione di detti lavori, sulla base di un contratto – versato in atti dalla convenuta E. e non oggetto di contestazione – datato 18 luglio 1997.
Ha, infatti, affermato la Suprema Corte che “l’appaltatore è di regola l’unico responsabile dei danni derivati  a terzi  dall’esecuzione delle opere appaltate. A  connotare  l’operato dell’appaltatore   è   l’autonomia  gestionale   del   rischio   con riferimento  all’assetto organizzativo dell’impresa, alla  scelta  ed all’utilizzo  dei  mezzi  ritenuti necessari  ed  alle  modalità  di esecuzione  dell’opera commissionata. L’autonomia e  la  libertà  di gestione  dell’appaltatore – che si obbliga verso  il  committente  a fornirgli  il risultato della sua opera – comportano che  il  rischio inerente  alla  cosa  oggetto delle opere  appaltate  si  sposta  dal committente all’assuntore dell’esecuzione dell'”opus”, con inapplicabilità  della responsabilità del committente  ex  articolo 2049  c.c. Inoltre, durante tutto il tempo dell’esecuzione dell’opera e  fino  alla  consegna all’appaltante, il dovere di  custodia  e  di vigilanza   sulla   cosa   da  consegnare   passa   dal   committente all’appaltatore il quale è tenuto sia ad impedire che  la  cosa  sia distrutta o si deteriori, sia a rispettare il principio del  “neminem laedere”,   ossia  evitare  di  arrecare  danni  a  terzi   a   causa dell’esecuzione dell’opera commissionata. È pertanto  da  escludere, in  relazione  ai  danni  arrecati a  terzi  nel  corso  ed  a  causa dell’esecuzione dei lavori, una responsabilità anche del committente non  potendo questi controllare le modalità dell’organizzazione  che si è data l’impresa appaltatrice. Il potere di vigilanza e controllo che,  all’interno  del  contratto di  appalto,  il  committente  può esercitare  nel  proprio interesse, è irrilevante  sul  piano  della “responsabilità  extracontrattuale derivante  dall’esecuzione  delle opere  commissionate.  Men  che meno, avuto  riguardo  alla  ripetuta autonomia della posizione dell’appaltatore, è ipotizzabile un dovere del  committente di cooperare materialmente all’esecuzione del lavoro dato  in  appalto.  L’appaltatore deve  quindi  di  regola  ritenersi l’unico  responsabile  dei danni derivanti a terzi  dalla  esecuzione dell’opera, salva la corresponsabilità del committente  in  caso  di specifiche violazioni di regole di cautela nascenti ex articolo  2043 c.c.  ovvero  in caso di una riferibilità dell’evento al committente stesso  per “culpa in eligendo” per essere stata affidata l’opera  ad un’impresa  assolutamente inidonea, ovvero quando  l’appaltatore,  in base  ai  patti  contrattuali, sia stato un semplice esecutore  degli ordini  del  committente ed abbia agito quale  “nudus  minister”  del committente  medesimo attuandone specifiche direttive, ovvero  ancora quando  il  committente si sia fattualmente ingerito  nell’esecuzione del   lavoro   materialmente   cooperando  all’impresa   appaltatrice palesemente  priva  delle necessarie capacità e dei  mezzi  tecnici, indispensabili  per  eseguire la prestazione, senza  il  pericolo  di arrecare danni a terzi. La corresponsabilità del committente verso i terzi  non  può  essere fatta discendere dalla mancata  sorveglianza dell’attività dell’appaltatore risultata dannosa e dalla  negligenza consistita nel non aver impedito le conseguenze pregiudizievoli dalla stessa   derivabili:  l’appaltatore,  infatti,  è  ed  agisce   come imprenditore  autonomo (nei sensi suddetti, tra  le  tante,  sentenze 20/11/1997  n.  11566;  29/10/1997  n.  10652;  12/2/1997  n.   1284; 30/5/1996 n. 5007)” (Cass. civ., sez. II, 26 giugno 2000, n.8686). Più recentemente, la Suprema Corte ha ribadito che “la responsabilità propria dell’appaltatore, in relazione allo speciale contenuto delle obbligazioni nascenti a suo carico dal contratto di appalto, sussiste anche nell’ipotesi in cui la sua sfera di autonomia e discrezionalità venga limitata dal controllo e dall’ingerenza del committente e dalle istruzioni dal medesimo impartite, direttamente o tramite il direttore dei lavori, tale sfera di autonomia dovendosi ritenere esclusa solo nel caso in cui ingerenza e istruzioni abbiano una continuità ed analicità tali da elidere, nell’esecutore, ogni facoltà di vaglio, di guisa che il rapporto di appalto si trasforma, ipso facto, in un rapporto di lavoro subordinato. Pertanto l’autonomia e la responsabilità dell’appaltatore nell’esecuzione dell’opera non vengono meno per il solo fatto che egli abbia ottemperato a specifiche richieste o a direttive del committente, sia perché tale circostanza non è idonea a trasformarlo in nudus minister di quest’ultimo, sia perché egli, comunque, non è tenuto a seguire supinamente direttive, che importino lesione di diritti assoluti dei terzi, ai quali non può opporre di aver cagionato il danno nell’esecuzione degli obblighi contrattuali assunti verso il committente” (Cass. civ., sez. II, 29 gennaio 2002 n.1154).
Neppure la nomina, da parte del committente, di un direttore dei lavori è di per sé idonea ad escludere la responsabilità dell’appaltatore: “Costituisce  ius receptum (cfr. tra le tante: Cass. 23 aprile 1997 n. 3520;  Cass.  11  aprile 1991 n. 3801 e Cass. 16 maggio 1987 n. 4518) che  “l’appaltatore  risponde  nei  confronti dei terzi dei danni che siano  derivati  dall’inosservanza  delle  regole  tecniche  e  della comune    diligenza  anche  quando  l’opera  sia  compiuta  sotto  il controllo  di  un  direttore  dei  lavori  ed anche se l’inosservanza dipenda  da  fatti  ascrivibili al direttore medesimo o a difetto del progetto  od  anche quando si ricolleghi alle direttive impartite dal committente,  in  quanto  in  dette  ipotesi può solo configurarsi un concorso  di  colpa  tra  direttore  dei  lavori  (o  committente) ed appaltatore,  ma  non  l’esonero di responsabilità di quest’ultimo, a meno  che l’appaltatore non abbia agito quale “nudus minister” e cioè senza alcuna libertà di determinazione e di decisione” (Cass. civ., sez. III., 4 giugno 1999, n.5455).
Orbene, nel caso di specie non vi è alcun dubbio in ordine alla esecuzione dei lavori di scavo da parte della impresa convenuta P.. Tanto, in particolare, emerge dal menzionato contratto con cui la E. di F. L. & C. S.n.c. ha appaltato ad A. P. “i lavori per la realizzazione della demolizione e degli scavi”, nonché dalla confessione resa sul punto dallo stesso P. all’udienza del 27 aprile 2001 fissata per l’assunzione dell’interrogatorio formale deferitogli (“è vero che i lavori di scavo di cui all’atto di citazione furono eseguiti dalla mia ditta”).
Inoltre, dall’istruttoria espletata nel corso del giudizio non è emersa la ricorrenza di elementi idonei a fondare una responsabilità esclusiva ovvero una corresponsabilità per i danni prodotti dall’attività di scavo a carico della committente E. ovvero dei proprietari del suolo, atteso che non è stata offerta la prova di una ingerenza spiegata dalla menzionata E. nella organizzazione d’impresa del P. tale da integrare i presupposti di cui alla richiamata giurisprudenza e di far perdere alla convenuta P. le caratteristiche e l’autonomia propria dell’appaltatore.
A diversa conclusione non può giungersi neppure sulla base delle prove orali raccolte nel corso del giudizio.
Il teste S. Z., dipendente di P. escusso all’udienza del 27 aprile 2001, ha genericamente affermato che “l’ing. C., quale direttore dei lavori, impartiva disposizioni tecniche all’impresa esecutrice dei lavori, il cui titolare, tale F. S., parlava a sua volta con me prevalentemente ed anche con il conducente dell’escavatore, ribadendo nella sostanza le medesime direttive del C.”. La genericità di tale dichiarazione trova un temperamento solo con riferimento ad una circostanza particolare, relativa alla rimozione e frantumazione di una masso “rilevammo la presenza di un masso di pietra dell’altezza di circa un metro-1 metro e 20 cm. Il su nominato F. ci diede l’ordine di frantumarlo, mentre il titolare della ditta P. rappresento espressamente il pericolo che potesse derivarne qualche lesione a carico del fabbricato. Il F. replicò di procedere e che si assumeva lui ogni responsabilità per eventuali danni. Procedette l’operaio addetto al martello pneumatico, mentre io ho successivamente tirato al centro il blocco frantumandolo con il martellone, inteso quale rostro dell’escavatore. Preciso che intanto ho eseguito gli ordini del F. in quanto ciò mi fu espressamente detto dal mio datore di lavoro P.”. Il teste R. C., addetto al martello pneumatico ha riferito circostanze parzialmente diverse dallo Z., avendo affermato che “no ricevevo ordine da alcuno ed operavo secondo il mio intuito e la mia esperienza…a fianco a me era presente un rappresentante dell’impresa appaltatrice che mi diceva di procedere ed anche in fretta”. Infine il teste N. M. ha dichiarato che “il F. impartiva direttive essenzialmente al collega Z., il quale a sua volta diceva a noi come dovevamo operare…l’ingegner C. si recava sul posto al mattino, vi si intratteneva anche qualche ora, parlava con il F. e poi andava via”. Circa l’episodio citato dallo Z. relativo al masso ha precisato che “mentre il F. ci invitò a tagliarlo e frantumarlo, il P. espresse delle riserve paventando il pericolo di lesioni a carico dell’edificio. Nell’invitarci a proseguire oltre il F. dichiarò di assumersi ogni responsabilità per eventuali danni”.
Orbene, le testimonianze trascritte non sono idonee a fondare una responsabilità esclusiva o concorrente del committente in quanto di contenuto generico circa la puntualità, il contenuto e la vincolatività delle direttive che il F. o il direttore dei lavori impartivano ai dipendenti della ditta P. Neppure i testi hanno chiarito se tali direttive concernevano in concreto le specifiche modalità di esecuzione dei lavori di scavo e se poi venivano materialmente eseguite senza alcuna discrezionalità – ciò di cui è però dato dubitare alla luce delle dichiarazioni di R. C.
Inoltre, il contratto di appalto non contiene alcuna disposizione che prevede una tale ingerenza del committente nell’organizzazione dell’appaltatore e nella sua attività tale da ridurre quest’ultimo a mero esecutore di ordini provenienti dal committente stesso.
Anche l’episodio concernente il masso su cui i testi si sono soffermati non fonda alcun giudizio positivo in ordine alla responsabilità della E. ovvero di G. e F. Infatti, il convenuto P. non ha dimostrato la sussistenza di alcuna relazione eziologica tra la rimozione del masso de quo, voluta ed anzi ordinata dal legale rappresentante della E., e i danni subiti dal fabbricato E. Tale dimostrazione, inoltre, non poteva essere data dal consulente di ufficio il quale, essendo intervenuto successivamente alla esecuzione di lavori ha potuto esprimere un giudizio postumo di riconducibilità delle lesioni lamentate dagli attori ai lavori di scavo nel loro complesso ma non poteva in alcun modo – neppure sulla scorta delle testimonianze in atti – stabilire l’efficacia causale di un singolo e specifico episodio di scavo, particolarmente circoscritto e caratterizzato. 
Infine, non può essere attribuito significato confessorio quanto riferito dai testi circa l’assunzione di responsabilità personale per l’accaduto, in quanto si tratta di una confessione stragiudiziale resa a terze persone liberamente valutabile dal giudice (art.2735 c.c.) prima ancora di ogni accertamento conseguente all’accaduto e smentita, quanto alla dinamica del fatto dannoso, dal complesso delle risultanze istruttorie menzionate.
Per quanto riguarda, invece i danni provocati da infiltrazioni di acqua piovana, questi dovranno essere risarciti dalla convenuta E., atteso che rinvengono la propria causa efficiente non già nella esecuzione di lavori di scavo ma nella inidonea protezione dell’immobile attoreo successivamente alla demolizione del fabbricato preesistente che gravava evidentemente sull’impresa cui G. e F. avevano appaltato la esecuzione del complesso dei lavori. A tale conclusioni giunge lo stesso ing. B., il quale a pag.10 dell’elaborato depositato nel corso del giudizio di merito scrive, come già in precedenza riportato, che “tali infiltrazioni si sono verificate perché subito dopo la esecuzione della demolizione del vecchio fabbricato, adiacente il muro a confine di proprietà E., non è stata eseguita nessuna protezione in modo da rendere tale parete, esposta alle intemperie, impermeabile all’acqua piovana. Solo successivamente l’impresa E. ha protetto una parte di tale muratura con un telo di plastica”.
I danni nel loro complesso sono stati compiutamente descritti nei due elaborati peritali e nella relazione del 13 ottobre 2001 il C.T.U. si è anche preoccupato di evidenziare lo  sviluppo e l’aggravamento di alcune lesioni rispetto a quelle riscontrate allorché ha proceduto alla redazione della relazione di A.T.P.
Il loro complessivo ammontare è stato determinato in € 14.460,793 (pari a lire 28.000.000) al netto dell’Iva eventualmente dovuta.
Da tale importo dovrà essere detratto quello di € 1.029,608, relativo al costo delle opere necessarie per il ripristino delle lesioni riportate dal prospetto del fabbricato E., atteso che nel corso del giudizio gli stessi attori hanno dato atto delle effettiva esecuzione dei lavori da parte della E., chiedendo dunque di scomputare dalle somme indicate in C.T.U. quelle relative alla porzione dell’edificio in considerazione, compiutamente indicate a pag.6 della relazione tecnica.
Conseguentemente l’importo finale dei danni subiti dagli attori, così come quantificato correttamente nella consulenza tecnica di ufficio, è pari a € 13.431,185 (pari a circa ventisei milioni di lire) al cui pagamento, con gli accessori dio seguiti specificati, dovranno essere condannati in solido la E. e il P. ai sensi dell’art.2055 c.c.
Alla luce delle precisazioni e dei rilievi svolti sulla convenuta ditta E. dovrà gravare il danno da infiltrazioni casualmente ricollegabile alla omessa realizzazione di idonee opere di impermeabilizzazione dell’immobile di proprietà degli attori, il cui ammontare è stato quantificato dal consulente di ufficio unitamente a quello relativo alle lesioni invece dovute ai lavori di scavo che hanno concorso a determinare la complessiva situazione di deterioramento del fabbricato attoreo. Non potendosi, pertanto, distinguere partitamente i lavori strettamente necessari per la rimozione delle conseguenze delle infiltrazioni da quelli utili a rimuovere le conseguenze dannose degli scavi effettuati dalla ditta Pastore, in quanto strettamente connessi, le somme in proposito indicate nella consulenza – pari ad € 4.645,944 dovranno gravare per la metà su entrambe le convenute, sicché la E. dovrà subire l’obbligazione risarcitoria nella misura di € 2.322,972, oltre € 750,00 quale importo forfetario per oneri tecnici di progettazione, direzione dei lavori e tasse.
La rimanente somma di €  10.358,213 graverà per intero sulla convenuta P. la quale dovrà tenere indenne la E. di quanto verserà in concreto agli attori fino alla concorrenza della somma di € 3.072,972 oltre accessori, così come espressamente richiesto dalla medesima E., in considerazione della diversa misura di responsabilità gravante su ciascuna in relazione ai danni patiti da R. e F. E.
Costituendo espressione di un debito di valore, le suddette somme devono essere rivalutate all’attualità – con decorrenza dalla data di espletamento della consulenza tecnica d’ufficio (13.10.2001) – sulla base dell’indice I.S.T.A.T. relativo ai prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati.
Oltre alla rivalutazione del credito, già riconosciuta, è stato chiesto anche il riconoscimento degli interessi sul credito, con decorrenza dalla data del fatto.
Tale questione deve essere valutata alla luce dell’orientamento espresso dalla Suprema Corte con la sentenza, a Sezioni Unite, n.1712 del 17.2.1995.
Tale sentenza, infatti, da un lato, richiamando il combinato disposto degli artt. 2056 e 1223 c.c., riconosce in caso di ristoro per equivalente del danno da fatto illecito la risarcibilità del danno derivante da ritardo e dunque dal mancato godimento dell’equivalente monetario del bene perduto (lucro cessante) “per tutto il tempo che intercorre fra il fatto e la sua liquidazione”, danno liquidabile anche con l’attribuzione di interessi, e, dall’altro, esclude che si possa assumere a base del calcolo di tale danno la somma liquidata come capitale nella misura rivalutata definitivamente al momento della pronuncia, dovendo calcolarsi gli interessi sulla somma rivalutata di anno in anno ovvero calcolando indici medi di rivalutazione.
In conformità al combinato disposto degli artt.2056, 1223, 1226 e 1227 c.c., il danno da ritardo in materia di responsabilità da fatto illecito non è presunto ex lege (non essendo applicabile, come precisato dalla Suprema Corte nella citata sentenza, l’art. 1224 I comma c.c.), ma deve essere allegato e provato facendo ricorso anche e soltanto a presunzioni semplici ed al criterio equitativo di cui all’art. 2056, comma 2, c.c.
Pur non avendo fornito gli attori alcun elemento di prova in ordine ai possibili impieghi delle somme  dovute, appare corretto riconoscere, sul valore medio del credito nell’arco di tempo intercorso dal dì del fatto (che si può fissare nei 1 dicembre 1997, ovvero da quando, secondo la stessa esposizione attorea i lavori di scavo sono terminati) alla presente decisione, un saggio equivalente a quello legale tra il dì del sinistro e quello della presente decisione.
Per quanto attiene, poi, al periodo intercorrente tra la data della presente sentenza e la data dell’effettivo pagamento, sul totale delle somme sopra liquidate dovranno essere corrisposti, per effetto della pronuncia di liquidazione del danno che attribuisce al quantum dovuto natura di debito di valuta, in applicazione dell’art. 1282 c.c.,  gli interessi annui al tasso legale.
La domanda risarcitoria deve essere accolta nei soli confronti dei convenuti E. e P. e non anche nei confronti della convenute società di assicurazione, nei cui confronti non è ammessa l’azione diretta che il legislatore ha inteso limitare ai casi tassativamente previsti. A tale proposito ha statuito la Suprema Corte che “il giudice non può pronunciare condanna al risarcimento dei danni direttamente ed in solido nei confronti del responsabile di un fatto illecito, non attinente alla circolazione dei veicoli (o natanti) a motore, e dell’assicuratore della relativa responsabilità civile, chiamato in causa a titolo di garanzia impropria, ma deve limitare la condanna a favore dei terzi danneggiati all’assicurato, e decidere poi sulla domanda di garanzia impropria di quest’ultimo fondata sul rapporto contrattuale di assicurazione, non essendo applicabili al di fuori dell’ambito dell’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, le norme speciali concernenti l’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’assicuratore, dettate dagli art. 18 e ss. l. 24 dicembre 1969 n. 990” (Cass. civ., sez. III, 14 novembre 1992 n. 12248).
Per quanto attiene alla domanda di garanzia spiegata dal convenuto E. nei confronti della M. Assicurazioni S.p.A., società incorporante per fusione L. P. S.p.A., questa è fondata e deve essere accolta.
Infatti, la E. è responsabile per i danni derivati al fabbricato degli attori dall’acqua piovana che si è infiltrata a causa della mancata adozione delle necessarie protezioni, dopo che con la demolizione dell’immobile preesistente l’edificio E. era rimasto esposto agli agenti atmosferici (cfr. C.T.U.).
La polizza assicurativa stipulata dalla convenuta è senz’altro operante con riferimento a tali danni, atteso che richiama espressamente la clausola F delle condizioni aggiuntive che, a deroga di quanto previsto all’art.28, lettera m) delle condizioni generali di assicurazione, estende la garanzia anche ai danni da acqua piovana, sia pure prevedendo a carico dell’assicurato uno scoperto del 10% con il minimo di £. 300.000.
Pertanto la M. Assicurazioni dovrà tenere indenne la E. di quanto questa è stata condannata a pagare in favore di F. e R. E., nei limiti della responsabilità propria di essa e al netto dello scoperto del 10%.
La domanda di garanzia proposta dalla ditta P. nei confronti della L. Assicurazioni S.p.A., invece, non può trovare accoglimento.
Infatti, la copertura assicurativa non opera nel caso di specie in cui i danni al fabbricato E. sono derivati da vibrazioni del terreno causate dall’uso di macchinari – come ampiamente rilevato – in quanto l’art.17, lettera g) delle condizioni generali di assicurazione esclude espressamente dalla garanzia assicurativa i danni a “fabbricati ed a cose in genere dovuti ad assestamento, cedimento, franamento o vibrazioni del terreno, da qualsiasi causa determinati”.
L’art.2.21 delle condizioni speciali, che trova applicazione in quanto relativa al rischio cui si riferisce la polizza, per espressa previsione negoziale non si sostituisce alle clausole di cui alle condizioni generali ma va ad integrarle. Pertanto, il menzionato art.17, lettera g) non può ritenersi abrogato dall’art.2.21 in esame ma il combinato disposto delle due regole contrattuali in oggetto deve essere interpretato sistematicamente nel senso che quando l’assicurazione è diretta a garantire i danni alle cose si applica uno scoperto del 20% purché sia operativa la polizza secondo le previsioni delle condizioni generali di contratto.
 A diversa conclusione non può giungersi sulla base di quanto affermato dal convenuto P., atteso che non vi è prova in atti del fatto che la causa dei danni per cui è causa non sia stata la vibrazione del terreno ma l’urto subito da parte dell’immobile attoreo.
Neppure dalla condotta tenuta dalla compagnia assicurazioni sul piano sostanziale possono derivare conseguenze in ordine all’accoglimento della domanda di garanzia, atteso che non è stato provato che vi sia stata una effettiva e definitiva volontà della L. di risarcire interamente il danno subito dagli attori con correlativo affidamento del P. nell’intervento dell’assicuratore e sua conseguente liberazione da ogni responsabilità.
Per altro, non può sottacersi che una simile condotta, qualora vi fosse stata, avrebbe al più potuto rilevare sotto il profilo risarcitorio e non già ai fini dell’accoglimento della domanda di garanzia.
 Sussistono giusti motivi e d’equità per compensare interamente le spese di lite tra i convenuti E., P. e la M. Assicurazioni e L. Assicurazioni S.p.A. e tra la M. Assicurazioni e gli attori, anche alla luce della peculiarità della situazione sostanziale dedotta in giudizio e della complessità degli accertamenti tecnici necessari per individuare la causa del sinistro.
Per ciò che attiene ai rapporti tra gli attori e i convenuti G. e F., nulla deve essere disposto, attesa la contumacia degli stessi.
Quanto alle spese di lite tra gli attori e la E., P., queste seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.


P.Q.M.


Il Giudice unico di Trani, sezione di Andria, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta da R. e F. E., con atto di citazione notificato in data 16, 24, 26 e 12 novembre 1998 nei confronti della ditta E. di F. L. & C. S.n.c., in persona dei legali rappresentanti L. e S. F. e M. C., C. G., L. F., A. P. e L. P.-G. F. Ass.ni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rigettata ogni altra istanza, così dispone:
Accoglie la domanda e per l’effetto dichiara la E. di F. L. & C. S.n.c., in persona dei legali rappresentanti L. e S. F. e la ditta P. A. responsabili dei danni riportati dall’immobile di proprietà degli attori, sito in Andria alla via “omissis”;
Condanna la E. di F. L. & C. S.n.c., in persona dei legali rappresentanti L. e S. F. e la ditta P. A. in solido tra loro al pagamento in favore di R. e F. E. della somma complessiva di € 13.431,185 da rivalutarsi all’attualità con decorrenza dal 13.10.2001, sulla base dell’indice I.S.T.A.T. relativo ai prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, oltre interessi legali dal 1 dicembre 1997 sulla somma annualmente rivalutata ed interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino all’effettivo soddisfo;
Condanna P. A. a tenere indenne la E. di F. L. & C. S.n.c., in persona dei legali rappresentanti L. e S. F. di quanto sarà tenuto a versare in favore di R. e F. E. fino alla concorrenza di € 10.358,213 da rivalutarsi all’attualità con decorrenza dal 13.10.2001, sulla base dell’indice I.S.T.A.T. relativo ai prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, oltre interessi legali dal 1 dicembre 1997 sulla somma annualmente rivalutata ed interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino all’effettivo soddisfo;
Condanna la M. Assicurazioni S.p.A. in persona del legale rappresentante pro-tempore a tenere indenne la E. di F. L. & C. S.n.c., in persona dei legali rappresentanti L. e S. F. di quanto sarà tenuto a versare in favore di R. e F. E. fino alla concorrenza di €  3.072,972 da rivalutarsi all’attualità con decorrenza dal 13.10.2001, sulla base dell’indice I.S.T.A.T. relativo ai prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, oltre interessi legali dal 1 dicembre 1997 sulla somma annualmente rivalutata ed interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino all’effettivo soddisfo, al netto dello scoperto del 10%;
Condanna la E. di F. L. & C. S.n.c., in persona dei legali rappresentanti L. e S. F. e la ditta P. A. in solido tra loro al pagamento in favore di R. e F. E. delle spese di lite, che liquida in complessivi € 3.374,52, di cui € 582,52 per spese, € 990,00 per diritti ed € 1.800,00 per onorari di avvocato, oltre accessori di legge ed oltre alle spese già liquidate di C.T.U., da distrarsi in favore del procuratore anticipatario;
Dichiara interamente compensate le spese tra le altre parti.
così deciso in Andria, addì 10 dicembre  2002.


   Il Giudice
       Dott. Paolo RIZZI