TRIBUNALE DI TRANI
SEZIONE DI ANDRIA
IL GIUDICE
Letti gli atti, sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 10 giugno 2003;
premesso che
con ricorso ex artt. 1168 ss c.c., depositato in data 9 aprile 2003, R. G. ha esposto di essere proprietaria di un fabbricato in Andria condotto in comodato precario da R. D. B. e adibito all’esercizio commerciale per l’esposizione e vendita di lampadari ed affini da parte del resistente, coniuge separato della ricorrente; dopo la separazione ha manifestato il recesso dall’impresa familiare del marito chiedendo la restituzione dell’immobile, avendo la necessità di concederlo in locazione a terzi ai fine di integrare l’esiguo assegno di mantenimento riconosciutole dal Presidente del Tribunale; a fronte di detta richiesta il D. B. ha rifiutato la consegna dell’immobile.
Tutto ciò premesso ha chiesto disporsi la reintegrazione nella piena disponibilità dell’immobile.
All’udienza del 16 maggio 2003 è personalmente intervenuto il resistente R. D. B. dichiarando di conferire mandato difensivo all’avv. L. e contestando il ricorso atteso che la detenzione del fabbricato per cui è causa è giustificata dalla circostanza che in esso viene esercitata l’impresa familiare.
La causa è stata rinviata per consentire alle parti di raggiungere un accordo idoneo a dirimere la controversia.
All’udienza del 10 giugno 2003 è stato ascoltato un informatore e la causa è stata riservata sulla domanda di tutela cautelare.
Osserva
Va, preliminarmente, evidenziata l’irregolare costituzione del resistente il quale non ha provveduto a depositare una propria comparsa e relativo fascicolo ma si è limitato a conferire mandato al proprio difensore solo all’udienza del 16 maggio 2003.
Detta irregolarità deve essere affermata pure in considerazione del fatto che il ricorso proposto ex art.1168 c.c. introduce non solo la fase a cognizione sommaria ma anche quella di merito – tanto che il Giudice nell’accordare o negare la tutela sommaria deve poi direttamente rinviare la causa all’udienza di trattazione ex art.183 c.p.c. – sicché il resistente che intende costituirsi ritualmente nel giudizio, deve farlo nelle forme di cui all’art.166 c.p.c. e, quindi, secondo la dottrina maggioritaria, provvedendo al deposito della comparsa e del proprio fascicolo di parte.
Sempre preliminarmente, giova premettere che, l’azione di reintegra esperita dalla ricorrente, ha come necessario presupposto che il possessore, ovvero il detentore autonomo, sia stato privato del possesso o della detenzione di un bene da parte di chi sostituisca il proprio possesso all’altrui possesso o ne renda comunque impossibile l’esercizio in modo non transitorio ma duraturo (cfr. Cass. 7887/94). La condotta in cui lo spoglio si sostanzia deve essere stata posta in essere con violenza, anche non fisica, ovvero occultamente (cioè a propria non negligente insaputa: cfr. Cass.1131/98; Cass. 12295/99). Ricorrendo le condizioni di cui all’art.1170, comma 2 c.c. l’azione in oggetto è esperibile anche in caso di spoglio non violento o non clandestino. È altresì necessario che oltre all’elemento materiale dello spossessamento sia ravvisabile anche un elemento soggettivo in capo allo spoliator ossia l’animus spoliandi, consistente nella consapevole volontà di sostituirsi nel godimento del bene contro la volontà, anche presunta, del precedente detentore o possessore ovvero nel dolo o nella colpa dell’atto materiale di attentato al possesso (cfr. Cass. 1294/97; Cass. 9871/94).
Alla luce dei principi evidenziati e sulla base degli elementi di giudizio acquisiti nel corso della presente fase a cognizione sommaria, il ricorso è fondato e deve essere accolto.
Infatti, sia pure nei limiti della presente fase, appare sussistere il possesso dell’istante sull’immobile per cui è causa, esercitato attraverso la destinazione dello stesso all’esercizio dell’attività d’impresa di cui il marito della G., odierno resistente, è titolare.
Detto possesso, invero, non è stato contestato dal D. B. il quale, piuttosto, ha eccepito la sussistenza di un titolo di detenzione del bene consistente nel conferimento dello stesso nell’impresa famigliare costituita dalle parti.
Orbene, osserva il Tribunale che detta circostanza non appare ostativa all’accoglimento del ricorso.
Infatti, la richiamata sussistenza di una impresa familiare ai sensi dell’art.230 bis c.c. si sostanzia nella prestazione di una attività continuativa di collaborazione all’impresa e non anche nel conferimento di beni personali, a meno che non possa ravvisarsi in concreto una società di fatto tra i coniugi.
Nel caso di specie, dunque, può affermarsi che, fermo restando la qualità di collaboratore all’impresa familiare della G. (cfr. provvedimento del Presidente del Tribunale di Trani in atti e dichiarazioni rese dall’informatore, T. D. B., figlia delle parti), essa ha consentito al coniuge di utilizzare l’immobile de quo, senza tuttavia vincolarlo stabilmente alle esigenze dell’attività svolta dal marito, con la conseguenza che il venir meno dell’autorizzazione all’impiego del bene ha privato di giustificazione al sua detenzione da parte del resistente.
Neppure, in assenza di alcun apprezzabile elemento che era onere del resistente allegare, può affermarsi la ricorrenza nel caso di specie di una società di fatto tra le parti.
Pertanto, il rifiuto di restituzione del bene, opposto alla ricorrente da R. D. B., integra gli elementi oggettivo e soggettivo dell’illecito possessorio (che si sostanzia nel fatto stesso dello spoglio e della turbativa e non viene meno per il convincimento di avere esercitato un proprio diritto o per l’assenza di dolo o colpa (Cass. civ., 22.06.2000, n.8486), con la conseguenza che deve essere ordinata al resistente l’immediata restituzione dell’immobile al possessore R. G.
Va da ultimo evidenziato che, con la sentenza n. 1984 del 1998, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato, in ordine alla prosecuzione del giudizio possessorio, che il pretore con l’ordinanza conclusiva del procedimento interdittale deve fissare “l’udienza di prima trattazione del giudizio di cognizione (art. 183 c.p.c.)”.
P.Q.M.
Accoglie la domanda e, per l’effetto, ordina a R. D. B. l’immediata reintegrazione di R. G. nel possesso dell’immobile ubicato in Andria, alla via “omissis”, provvedendo a lasciarlo libero di cose o persone;
Dichiara chiusa la fase sommaria;
Rinvia ex art.183 c.p.c. la causa all’udienza del ore di rito assegnando al convenuto termini di legge per la proposizione delle eccezioni non rilevabili di ufficio.
manda alla cancelleria per le comunicazioni di rito.
Andria, 24 giugno 2003
Il Giudice
Dott. Paolo RIZZI