REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 IL TRIBUNALE DI TRANI
SEZIONE DI ANDRIA


In Persona del Giudice Unico, dott. Paolo Rizzi, ha pronunziato la presente


SENTENZA


 nella causa civile iscritta al numero 1583 del registro generale per gli affari contenziosi dell’anno 1998 posta in deliberazione all’udienza del 21 maggio 2004 con assegnazione contestuale dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e memorie di replica scaduti il 23 settembre 2004 e vertente


TRA


G. C., titolare della ditta “I. M.” elett.te domiciliato in Andria, Via “omissis”, presso lo studio dell’avv. M. I. che lo rappresenta e difende come da procura a margine dell’atto di opposizione; opponente


E


G. I. S.r.L., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elett.te domiciliata in Andria, via “omissis”, presso lo studio dell’avv. M. V. A., rappresentata e difesa dagli avv.ti N. L. e F. M. come da procura a margine della comparsa di costituzione e risposta; opposta


OGGETTO:opposizione a decreto ingiuntivo.


Conclusioni
All’udienza del 21 maggio 2004 così i procuratori delle parti hanno precisato le rispettive conclusioni:
per l’opponente “precisa le conclusioni riportandosi all’atto di citazione, a tutti gli scritti difensivi e verbali di udienza; insiste per l’accoglimento della do,manda con vittoria di spese e competenze di causa”;
per l’opposta: “1) rigettare l’opposizione proposta dalla ditta Intimo M.A.F. di C. G. perché infondata in fatto e in diritto e non provata, confermando il decreto ingiuntivo emesso n. 1072/01 D.I.; 2) condannare la Ditta convenuta opponente al pagamento delle spese, diritti ed onorari del presente giudizio”.


SVOLGIMENTO  DEL  PROCESSO


Con decreto n. 1072/97 emesso in data 21 novembre 1997 e notificato unitamente a precetto il 3 gennaio 1998 il Pretore addetto alla Pretura Circondariale di Trani, sezione distaccata di Andria, ha ingiunto a G. C., quale titolare della ditta I. M. di C. G. di pagare senza dilazione in favore del Gruppo I. S.r.L., in persona del legale rappresentante pro-tempore, la somma di lire 7.950.000, oltre interessi legali, svalutazione monetaria a saldo di talune forniture.
Avverso detto provvedimento ha proposto opposizione G. C., nella menzionata qualità, con citazione notificata in data 11 febbraio 1998, deducendo che il credito dell’opposta è di lire 3.950.000 – che ha dichiarato di volere pagare banco iudicis –  in quanto esso opponente ha provveduto a versare in contanti lire 4.000.000 per far sì che la creditrice ritirasse l’assegno di lire 7.950.000 originariamente emesso a saldo della fornitura.
Tutto ciò premesso ha concluso chiedendo: “rigettare il decreto ingiuntivo in quanto infondata in fatto ed in diritto, con vittoria di spese ed onorari”.
Si è costituito in giudizio Gruppo I. S.r.L., in persona del legale rappresentante pro-tempore, contestando l’opposizione e chiedendo “1. rigettare l’opposizione perché infondata in fatto ed in diritto; 2) condannare la Ditta Convenuta Opponente al pagamento delle spese e competenze di causa” adducendo di non avere mai ricevuto alcuna somma a saldo della fornitura effettuata in favore della ditta I. M.
La causa è stata istruita documentalmente ed a mezzo dei testi di parte opposta, mentre l’opponente ha rinunciato all’escussione dei propri testi ammessi e non si è presentato per rendere l’interrogatorio formale deferitogli senza addurre alcuna giustificazione.
Omessa ogni ulteriore attività istruttoria, all’udienza del 21 maggio 2004 la stessa è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti, con  contestuale assegnazione di termini di 60 giorni per il deposito delle comparse conclusionali e di 20 per le memorie di replica.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Preliminarmente, osserva il Tribunale che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo il giudice deve accertare il fondamento della pretesa fatta valere con il ricorso per ingiunzione e non già limitarsi a stabilire se l’ingiunzione fu emessa legittimamente e, qualora il credito risulti accertato nella sua stessa esistenza nonché nel suo ammontare, deve accogliere la domanda indipendentemente dalla regolarità, sufficienza, validità degli elementi probatori che addussero all’emanazione dell’ingiunzione (1).
Quanto al merito l’opposizione è infondata e deve essere rigettata.
Infatti, pacifica è la effettiva sussistenza del credito azionato monitoriamente, consacrato nell’assegno allegato al fascicolo dell’opposto e posto a fondamento del decreto ingiuntivo opposto.
Ciò in quanto il C. nell’atto di opposizione al provvedimento monitorio non ha sollevato alcuna contestazione in ordine alla effettività della fornitura eseguita dal G. I. in favore della ditta di cui esso è titolare ma si è limitato ad allegare l’avvenuto pagamento – in contanti – della somma di lire 4.000.000 in luogo di quella di lire 7.950.000 ed ha manifestato in modo in equivoco la volontà di effettuare il pagamento delle residue lire 3.950.000 banco iudicis.
D’altra parte lo stesso opponente ha riconosciuto di avere emesso un assegno di importo pari a quello portato dal decreto ingiuntivo a saldo della fornitura, che in un successivo momento ha chiesto al proprio creditore di ritirare dalla banca perché privo di provvista.
È del tutto evidente che tale condotta è certamente incompatibile con qualsiasi contestazione circa l’esecuzione della fornitura poiché non può dubitarsi che l’eccezione di avvenuto pagamento del dovuto (ovvero anche solo di parte di esso) presuppone l’esecuzione della altrui prestazione contrattuale.
In proposito, del tutto irrilevante è quanto dedotto dal C. circa l’asserita carenza di prova circa la consegna della merce per il cui pagamento è stato emesso il decreto ingiuntivo.
Infatti, detta contestazione è stata effettuata per la prima volta nella comparsa conclusionale, ovvero in un atto che per sua intrinseca nauta non può aggiungere alcunché a quanto già acquisito al giudizio avendo solo l’esclusiva funzione di consentire alle parti di illustrare le ragioni già addotte nei precedenti atti processuali (2).
Neppure può ritenersi che l’opposta non abbia assolto l’onere di provare tali specifici aspetti della controversia, in quanto la loro mancata contestazione nell’atto oppositivo ovvero nei successivi atti diretti a fissare il thema disputandum – ed anzi l’avere l’opposto assunto un comportamento incompatibile con tale contestazione come in precedenza evidenziato – ha ragionevolemente indotto la ricorrente ad orientare la propria condotta processuale in relazione agli aspetti controversi ovvero a quei soli profili oggetto di puntuale e specifica contestazione da parte del debitore (Cass. civ., 10 gennaio 1975, n.90) e a trascurare gli aspetti non posti in dubbio (3).
Per ciò che attiene al profilo dell’avvenuto pagamento parziale dell’importo dovuto dal C., secondo la giurisprudenza di legittimità “il creditore che agisce per il pagamento di un suo credito è tenuto unicamente a fornire la prova del rapporto o del titolo dal quale deriva il suo diritto e non anche a provare il mancato pagamento, poiché il pagamento integra un fatto estintivo, la cui prova incombe al debitore che l’eccepisca; soltanto di fronte alla comprovata esistenza di un pagamento avente efficacia estintiva (cioè puntualmente eseguito con riferimento ad un determinato credito) l’onere della prova viene nuovamente a gravare sul creditore, il quale controdeduca che il pagamento deve imputarsi ad un credito diverso, rappresentando l’onere del convenuto di provare il fatto estintivo, un “prius” logico rispetto all’onere di provare la diversa imputazione di pagamento, atteso che l’onere del creditore acquista la sua ragione d’essere  soltanto dopo che il debitore abbia dato prova esauriente e completa del fatto estintivo” (4).
A tal proposito alcun apprezzabile elemento di giudizio ha offerto l’opponente che, anzi, ha persino rinunciato alle prove orali già ammesse, omettendo di citare i propri testi, se non per la sola udienza istruttoria del 6 luglio 2001.
Al contrario l’opposta ha positivamente dimostrato la sussistenza dell’intero debito per cui è stata emessa l’ingiunzione.
In proposito, il teste G. S., escusso all’udienza del 19 gennaio 2001, a conoscenza dei fatti di causa poiché all’epoca del rapporto intercorso tra le parti era dipendente del G. I., ha dichiarato che “C. G., nella sua qualità di titolare omonimo della ditta I. M., è debitore nei confronti della G. I. della somma di £. 7.950.000 per rapporti commerciali intercorsi tra le parti…detta somma è portata dall’assegno n. 77062334643-07 tratto sulla Banca Nazionale dell’Agricoltura-filiale di Andria, c.c. 4150 D. Il sig. Carnicelli chiese direttamente a me di intercedere con la G. I. S.r.L., di ritirare l’assegno innanzi descritto al fine di evitare il protesto, impegnandosi ad estinguere la debitoria entro fine maggio dell’anno 1997…nonostante gli impegni presi il C. non ha poi versato alcuna somma quale acconto sul suo debito per quanto mi consta”.
Del tutto analogo è risultato il tenore della deposizione resa alla medesima udienza da M. T., a conoscenza dei fatti in quanto ragioniere della opposta.
Il menzionato teste, oltre ad avere riferito i fatti nella medesima versione del Sellitri ha aggiunto di avere esso stesso sollecitato diverse volte il pagamento di quanto dovuto dall’opponente, senza esito alcuno.
Del tutto analoga è, infine, la testimonianza di F. V., anch’esso a conoscenza dei fatti di causa perché dipendete della G. I. quale ragioniere.
Ad ulteriore conferma delle circostanze in esame vi è che il convenuto C. ha omesso di rendere l’interrogatorio formale deferitogli su tali specifici aspetti della controversia, non partecipando alla relativa udienza ovvero ad altra successiva senza allegare alcun legittimo impedimento.
Tale comportamento, unitamente menzionati elementi di giudizio, consente di ritenere ammessi i fatti oggetto della prova per interpello ex art. 232 c.p.c.
Conseguentemente l’opposizione deve essere rigettata ed il decreto ingiuntivo opposto deve essere dichiarato definitivamente esecutivo.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.


P.Q.M.


Il Giudice unico del Tribunale di Trani, sezione di Andria, definitivamente pronunziando sulla opposizione proposta con atto notificato l’11 febbraio 1998 da G. C., quale titolare della ditta I. M. di C. G., avverso il decreto ingiuntivo 1072/97 emesso in data 21 novembre 1997 dal Pretore addetto alla Pretura Circondariale di Trani, sezione distaccata di Andria, in favore del G. I. S.r.L., in persona del legale rappresentante pro-tempore, notificato il successivo 3 gennaio 1998, nonché sulla domanda riconvenzionale contestualmente proposta, rigettata ogni diversa istanza, così dispone:
Rigetta l’opposizione e per l’effetto conferma il decreto ingiuntivo opposto;
Condanna G. C., quale titolare della ditta I. M. di C. G. alla rifusione delle spese di lite in favore del G. I. S.r.L., in persona del legale rappresentante pro-tempore, che liquida in complessivi € 2.052,90 di cui € 152,90 per spese, € 800,00 per diritti ed € 1.100,00 per onorari di avvocato, oltre accessori di legge.
così deciso in Andria, addì 1 ottobre  2004


IL GIUDICE
Dott. Paolo RIZZI


Note: richiamate in sentenza.




  1.  “in  tema  di  procedimenti  monitori,  con l’opposizione  al  decreto ingiuntivo  il  giudice è  investito  del  potere-dovere di statuire sulla pretesa  fatta  valere  con la  domanda  di ingiunzione e sulle eccezioni proposte contro di essa, anche se il decreto risulti emesso fuori  dei casi  stabiliti  dalla legge, secondo le normali regole di ripartizione  dell’onere della prova, sì che la nullità del decreto medesimo può  essere legittimamente dichiarata solo nel caso in cui, per   ragioni  pregiudiziali, manchi  del  tutto  la possibilità  di emettere una pronuncia di merito”: Cass. civ., sez. II, 8 settembre 1998 n.8853, in Giust. civ. Mass. 1998, 1864; “l’opposizione a  decreto  ingiuntivo  apre un  ordinario  giudizio di cognizione sicché il giudice che accerti che l’ingiunzione sia stata emessa  illegittimamente, in difetto dei presupposti processuali, non può limitarsi  a revocare l’opposto decreto, ma deve pronunciare nel merito  del  diritto fatto  valere  dal  creditore con  la domanda di ingiunzione, tenendo  conto  di   tutti  gli  elementi di  giudizio ritualmente  acquisiti agli atti,  potendo  influire la  mancanza  o l’insufficienza  degli elementi probatori sulla cui base fu emesso il decreto soltanto sul regolamento delle spese processuali”: Cass, civ., sez. II, 17 novembre 1994, n.9708, in Giust. civ. Mass. 1994, fasc.11;