TRIBUNALE DI TRANI
SEZIONE DI ANDRIA
IL GIUDICE


Letti gli atti, sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 29 ottobre 2002;


premesso che


con ricorso ex art.700 c.p.c. depositato in data 17 ottobre 2002 J. A. D. A. ha chiesto che con provvedimento di urgenza fosse ordinata la “cancellazione del nominativo della ricorrente dalla C. A. I.”. A sostegno della propria domanda ha dedotto che in seguito ad emissione di un assegno bancario con difetto di provvista sul conto corrente n.1982 acceso presso la Banca Nazionale del Lavoro, lo stesso veniva protestato. La Banca trattaria ha provveduto a comunicare ad essa ricorrente l’avvenuto protesto del titolo e l’avviso che in caso di mancato pagamento entro il 30 settembre 2002 il suo nominativo sarebbe stato iscritto nella C. A. I. A fronte di ciò nel detto termine l’assegno è stato pagato e di tanto è stata rilasciata quietanza depositata in originale presso la Banca resistente in data successiva alla scadenza del termine di pagamento, essendo stata recapitata presso lo studio dell’avv. G. solo in data 5 ottobre 2002. Ciò nonostante l’istituto di credito trattario ha comunque segnalato il nominativo della D. alla menzionata C., con la conseguenza che la ricorrente  non potrà più emettere assegni per sei mesi su tutte le Banche e gli Istituti postali d’Italia mentre gli assegni già emessi non potranno essere pagati e, dunque, verranno protestati con grave danno per l’attività d’impresa esercitata.
All’esito della pronuncia del decreto di fissazione dell’udienza per la comparizione delle parti si è costituita la Banca Nazionale del Lavoro, contestando il ricorso perché infondato e chiedendone il rigetto.
Ha, in particolare eccepito la legittimità della propria condotta, atteso che la segnalazione del nominativo del traente dell’assegno non pagato per mancanza di fondi deriva automaticamente dalla mancata prova che il pagamento è avvenuto nel termine di cui all’art.8 L.386/90, non essendo sufficiente il solo pagamento.
Quanto al merito, ha soggiunto che il pagamento del titolo per cui è causa è avvenuto non già entro il termine del 30 settembre 2002, bensì in data 2 ottobre come si evince dall’atto di quietanza che porta l’autentica della sottoscrizione proprio in data 2.10.2002.
Ha, infine, contestato la sussistenza del periculum in mora, atteso che l’assegno è solo un mezzo di pagamento e non è comunque inibito alla ricorrente di estinguere in contanti le proprie obbligazioni pecuniarie.
All’udienza del 29 ottobre 2002 la causa è stata trattenuta in decisione sulla domanda di tutela sommaria.


Osserva


Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Occorre prendere le mosse dall’esame degli artt.8, 9 e 9 bis L.15 dicembre 1990, n.386, come modificati dal D.lgs.30 dicembre 1999, n.507.
L’art. 8 prevede che nei casi di cui al precedente articolo 2 (emissione di assegno senza provvista) le relative sanzioni amministrative (previste dallo stesso art.2 e dal seguente art.5) “non si applicano se il traente, entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione del titolo, effettua il pagamento dell’assegno, degli interessi, della penale e delle eventuali spese per il protesto o per la contestazione equivalente”.
L’art. 9, invece, stabilisce al comma 2, lettera b) una conseguenza diversa da quella della sanzione amministrativa, sempre per il caso di mancato pagamento del titolo per assenza di provvista, ossia “…il trattario iscrive il nominativo del traente nell’archivio previsto dall’art.10 bis”. Tale iscrizione è effettuata “nel caso di difetto di provvista, quando è decorso il termine stabilito dall’art.8 senza che il traente abbia fornito la prova dell’avvenuto pagamento, salvo quanto previsto dall’art.9 bis, comma 3”.
Il successivo art.9 bis, poi, disciplina il c.d. avviso di revoca “nel caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, di un assegno per difetto di provvista, il trattario comunica al traente che, scaduto il termine indicato nell’art.8 senza che abbia fornito la prova dell’avvenuto pagamento, il suo nominativo sarà iscritto nell’archivio di cui all’art.10 bis e che dalla stessa data sarà revocata ogni autorizzazione ad emettere assegni”.
Orbene, dalla semplice lettura delle norme richiamate emerge una sostanziale diversità di disciplina tra la fattispecie tipizzata dall’art.8 e quella di cui al seguente art.9, oggetto del presente giudizio.
Se, infatti, il traente di un assegno non pagato per assenza di provvista (come nel caso di specie) intende evitare l’erogazione a suo carico delle sanzioni amministrative di cui agli artt.2 e 5 deve provvedere ad effettuare il pagamento entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione del titolo, documentando poi l’avvenuto pagamento nelle forme di cui al comma 3 dell’art.8, anche nel corso del procedimento applicativo della sanzione di cui all’art.8 bis.
Al fine, invece, di evitare la segnalazione alla C. A. I., il traente deve farsi particolarmente diligente e non limitarsi ad effettuare il pagamento entro il menzionato termine di sessanta giorni ma anche provare, in modo qualificato, alla Banca trattaria l’avvenuto pagamento entro lo stesso termine.
A questa conclusioni conducono sostanzialmente due argomenti.
Il primo, di natura letterale, discende dalla richiamata formulazione delle norme in esame: nel caso di cui all’art.8 il legislatore ha espressamente subordinato all’applicazione della sanzione il semplice mancato pagamento del titolo nei sessanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione dello stesso; nell’ipotesi del successivo art.9 la iscrizione all’archivio di cui all’art.10 bis discende dalla mancata prova del pagamento, prova che deve giungere all’Istituto di Credito sempre entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione dell’assegno.
A sostengo di questo argomento meramente letterale se ne aggiunge uno sistematico.
L’avere condizionato l’applicazione della sanzione amministrativa al solo mancato pagamento del titolo nel più volte citato termine – indipendentemente dal momento in cui viene offerta la prova di tale pagamento – è coerente con la natura stessa della sanzione da irrogare, che si riferisce esclusivamente alla persona del traente e non interferisce in alcun modo nel traffico giuridico ed economico in cui essa opera. Pertanto la prova del pagamento potrà essere resa nel corso del procedimento applicativo della sanzione sicché la stessa non verrà più pronunciata.
L’inserimento, invece, del nominativo del traente nell’archivio c.d. Centrale di allarme Interbancaria, assolve ad una diversa funzione in quanto prende in considerazione i rapporti economici dello stesso e la sua interazione con altri soggetti pubblici e privati ed il sistema bancario che necessita di certezze formali.
È evidente che in questa ipotesi si rende necessario garantire il corretto comportamento dei soggetti che operano in tale ambito, anche attraverso il ricorso a rimedi caratterizzati da particolare rigidità ed automatismo, sicché il legislatore ha ritenuto opportuno non accontentarsi dell’avvenuto pagamento dell’assegno entro i sessanta giorni ma ha richiesto che, perché il soggetto possa continuare ad utilizzare tale mezzo di pagamento, provveda anche a documentare in detto termine la circostanza dell’avvenuto pagamento.
Mancando tale certezza, sia pure solo formale, automaticamente conseguirà la segnalazione di cui all’art.9.
Tale interpretazione si giustifica anche alla luce delle conseguenze, particolarmente gravose per il trattario, dell’omesso tempestivo inserimento nell’archivio, che rendono l’istituto di credito obbligato in solido con il traente a pagare gli assegni emessi nel periodo in cui avrebbe dovuto operare la revoca, proprio a garanzia dei terzi che sono entrati in contatto con un soggetto evidentemente non più da ritenersi affidabile nelle transazioni economiche.
Diversamente opinando, smarrendosi ogni punto di riferimento temporale certo, si dovrebbe ammettere che il traente possa provare alla Banca l’avvenuto pagamento entro il termine pur dopo mesi o, paradossalmente, anni dall’avvenuta scadenza, mettendo in crisi quella esigenza di certezza che ha invece ispirato l’intervento legislativo.
In questo quadro la documentazione fatta pervenire dalla ricorrente all’istituto di credito resistente è giunta tardivamente rispetto al termine fissato e non contestato del 30 settembre, sicché automaticamente il nome della D. è stato inserito nella C. A.
Alla luce di quanto esposto, inoltre, la circostanza che la Banca Nazionale del Lavoro nella comunicazione inviata alla D. ha fatto riferimento al mero pagamento entro il 30 settembre e non già all’esigenza di documentare nelle prescritte forme tale pagamento, non incide sulla legittimità della iscrizione del nome della ricorrente nell’archivio –proprio in virtù della descritta automaticità del meccanismo approntato dal legislatore –   ma potrà, al più, essere fonte di responsabilità della resistente, anche sotto il profilo di cui all’art.9 bis, ultimo comma L.386/90.
Né il ritardo nella comunicazione dell’avvenuto pagamento può essere giustificato neppure sotto il profilo della incolpevole ignoranza delle legge determinata dall’errore della Banca – che, comunque ove vi sia stato, rileverà eventualmente sulla responsabilità della resistente e non già sulla legittimità della sua condotta ai sensi dell’art.9 della legge citata – in quanto dalla stessa quietanza di pagamento allegata al fascicolo di parte istante si può agevolmente evincere la perfetta conoscenza della normativa di riferimento.
La particolarità e novità delle questioni giuridiche affrontare rendono opportuna la integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.


P.Q.M.


Rigetta il ricorso;
Dichiara interamente compensate le spese di lite tra le parti.
manda alla cancelleria per le comunicazioni di rito.
Andria, 31 ottobre 2002


IL GIUDICE
Dott. Paolo RIZZI