TRIBUNALE DI TRANI
SEZIONE DI ANDRIA
IL GIUDICE


Letti gli atti, sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 9 giugno 2003, con assegnazione alle parti di termine fino al 24 giugno 2003 per il deposito di note illustrative;


premesso che


con ricorso ex art.700 c.p.c. depositato in data 11 aprile 2003 la C. A. D. P., in persona del legale rappresentante pro-tempore, ha chiesto con provvedimento di urgenza “ordinare all’I.N.P.S….di rilasciare ad essa CdP gli estratti conto contributivi e assicurativi relativi a tutti i dipendenti ancora in servizio presso la medesima C., assegnando termine per l’instaurando giudizio di merito nel corso del quale sarà chiesto il riconoscimento del diritto ad ottenere tali estratti conto”.
A sostegno della propria domanda ha allegato la necessità di trovare una soluzione alla grave crisi economico-finanziaria del ricorrente e di provvedere ad un processo di riconversione delle strutture secondo i criteri di cui alla legge 223/91. In tale ottica è intervenuto un accordo sindacale in base al quale occorre individuare quali tra i lavoratori dipendenti hanno maturato i requisiti di anzianità per ottenere il pensionamento onde evitare il licenziamento di unità in esubero. Ha allegato, in tale prospettiva, la necessità di ottenere dall’I.N.P.S. i dati relativi i propri dipendenti, adducendo la sussistenza del diritto ad ottenere tali informazioni, strumentali alla esecuzione dell’accordo con i sindacati e nell’esclusivo interesse dei lavoratori, pure alla luce delle normativa in materia di tutela dei dati personali.  Quanto al periculum in mora ha dedotto la precaria condizioni economica in cui essa ricorrente versa, rinveniente dal piano di riordino delle strutture ospedaliere adottato dalla Regione Puglia.
 All’esito dell’emissione del decreto di fissazione dell’udienza per la comparizione delle parti, si è ritualmente costituta in giudizio l’I.N.P.S., in persona del legale rappresentante pro-tempore, contestando l’avverso ricorso e chiedendone il rigetto.
 Preliminarmente ha eccepito il difetto di giurisdizione del Tribunale adito in quanto in sostanza la ricorrente ha formulato una domanda di accesso ai documenti amministrativi ai sensi della legge 241/90.
Quindi, ha eccepito l’incompetenza dell’adito Tribunale, atteso che per sua natura il ricorso deve essere trattato dal Tribunale di Trani, in funzione di Giudice del lavoro, afferendo a questioni concernenti la posizione previdenziale dei lavoratori dipendenti della C. nell’ottica dell’attivazione eventuale della procedura di mobilità di cui alla legge 223/91.
Nel merito, ha contestato il diritto della ricorrente ad ottenere i dati richiesti che possono essere forniti solo ai lavoratori interessati ed ha affermato che l’eventuale accoglimento del ricorso produrrebbe interamente gli effetti dell’eventuale sentenza favorevole mentre il rigetto della domanda di merito non consentirebbe la revoca degli effetti del provvedimento sommario.
Infine, ha soggiunto che non vi è prova che vi è stato il rifiuto dei lavoratori a richiedere, direttamente o a mezzo del proprio datore di lavoro, i dati per cui è causa ovvero che essi sono iscritti alle associazioni sindacali firmatarie dell’accordo alla cui esecuzione è finalizzata la conoscenza delle informazioni in oggetto.
Nella memoria depositata il 20 giugno 2003 la ricorrente ha specificato che l’interesse all’accoglimento del ricorso è relativo alla posizione di 72 dipendenti.


Osserva


Preliminarmente devono essere disattese l’eccezione di carenza di giurisdizione e di competenza sollevate dall’ente resistente.
Infatti, con riferimento alla prima eccezione, osserva il Tribunale che la ricorrente agisce al fine di ottenere il riconoscimento nel merito del proprio diritto ad ottenere i dati relativi ai propri dipendenti il possesso dell’I.N.P.S.
Orbene, la stessa Autorità Garante per la tutela dei dati personali ha riconosciuto, condivisibilmente, la diversità del diritto di accesso ai dati personali di cui alla legge 675/96 rispetto al diritto di accesso ai documenti amministrativi governato dalla legge 241/90 e, quindi, la possibilità di agire innanzi al Giudice ordinario per tutelare, anche in via sommaria, detto diritto (provvedimento 11 gennaio 2001, pubblicato sul Bollettino del 16 gennaio 2001, consultabile sul sito internet dell’Autority).
Quanto all’eccezione di incompetenza, deve essere evidenziato che il Tribunale di Andria costituisce pur sempre sezione distaccata del Tribunale di Trani, al cui interno vi è una divisione degli affari secondo sfere di attribuzione territorialmente circoscritte e non una vera e propria individuazione di distinte sfere di potere giurisdizionale (anche in considerazione del fatto che il primo comma dell’art. 83 ter disp.att. c.p.c. si limita a fare riferimento a ripartizione di cause tra sede principali e distaccate).
A conferma di ciò vi è che l’art. 83 ter, comma 2 disp.att. c.p.c., stabilisce che il Giudice, se ravvisa una violazione delle disposizioni di ordinamento giudiziario relative alla ripartizione delle cause tra sede principale (in cui opera il Giudice del Lavoro) e sedi distaccate, non deve pronunciare un sentenza di incompetenza ma deve trasmettere il fascicolo di ufficio al Presidente del Tribunale il quale non provvede con sentenza bensì con decreto non impugnabile che non può contenere statuizioni sulla competenza.
Pure alla luce di tale puntualizzazione, la controversia in esame non appare rientrare nella sfera di attribuzioni del Giudice del lavoro, atteso che oggetto diretto della domanda è il riconoscimento del diritto ad conoscere dati di lavoratori da utilizzare, evidentemente fuori dal presente giudizio, al fine di regolare i rapporti di lavoro esistenti nell’ottica del risanamento della situazione economica della ricorrente. 
Nel merito, giova evidenziare che la tutela innominata ex art.700 c.p.c., atteso il carattere strumentale ed allo stesso tempo autonomo del relativo procedimento rispetto al giudizio di merito, può estrinsecarsi nella adozione di un provvedimento di natura anticipatoria ovvero conservativa rispetto alla decisione oggetto della domanda di merito.
In entrambi i casi, per il detto carattere della tutela cautelare atipica, il provvedimento di accoglimento del ricorso deve neutralizzare, sia pure per il tempo necessario per la decisione del giudizio di merito, il pericolo grave ed irreparabile che il diritto azionato subirebbe in attesa dell’esito del giudizio a cognizione piena.
In definitiva deve assicurare in via provvisoria, a favore e nei confronti di determinate parti, gli effetti della decisione di merito che dovrà necessariamente essere pronunciata tra le stesse parti all’esito del giudizio a cognizione piena, sul medesimo diritto e/o rapporto giuridico sostanziale oggetto del procedimento cautelare.
La funzione anticipatoria cautelare per sua stessa intrinseca natura ha propri caratteri di identificazione diversi da quelli dei provvedimenti sommari non cautelari, posto che, mentre questi ultimi anticipano in tutto o in parte la decisione di merito, in quanto chiamati a fornire necessariamente anticipata soddisfazione del diritto, le misure cautelari – pur quando non assolvono una mera funzione di prenotazione degli effetti della decisione di merito ma ne anticipano gli effetti materiali – non ne anticipano mai gli effetti giuridici. Non a caso affermazione ricorrente in giurisprudenza e dottrina è che essendo connotato tipico dei provvedimenti di urgenza ex art.700 c.p.c. la loro provvisorietà e strumentalità, deve ritenersi abnorme il provvedimento cautelare che – come nel caso della pronuncia di carattere costitutivo o dell’ordine di cancellazione della trascrizione – producendo effetti non solo completamente satisfattivi, ma anche definitivi, sia sul piano della produzione degli effetti materiali che dell’accertamento del diritto, spezzi il nesso di strumentalità che il provvedimento di urgenza deve avere con quello a cognizione piena.
Si tratta, dunque, di un limite interno al provvedimento sommario cautelare, facente parte della sostanza stessa di tale forma di tutela, la possibilità di provvedere alla rimozione degli effetti da esso prodotti in caso di rigetto nel merito della domanda.
Pertanto, costituisce proprio un limite di ammissibilità del ricorso alla misura cautelare atipica la sua inidoneità a regolare in via definitiva la controversia.
In tale ottica, con specifico riguardo alla questione di cui trattasi, una duplice considerazione induce ad escludere che il ricorrente possa agire ex art.700 c.p.c. per la consegna degli estratti conto contributivi e assicurativi di cui è causa.
In primo luogo, la provvisorietà – quale connotazione peculiare del provvedimento di urgenza e distintivo rispetto ai provvedimenti anticipatori non cautelari (che hanno attitudine alla definitività o almeno all’ultrattività) – non si identifica con la provvisorietà degli effetti, posto che, a fronte del pericolo di un pregiudizio irreparabile, spetta al Giudice la comparazione e valutazione dei contrapposti interessi: è, infatti, preferibile evitare un pregiudizio irreparabile ad un diritto la cui esistenza appaia probabile, anche se ciò può provocare un danno irreversibile ad un diritto che, in sede di concessione della misura cautelare, appaia invece improbabile.
Non par dubbio, peraltro, che l’irreversibilità degli effetti del provvedimento, seppur non lo esclude, limita il ricorso alla misura cautelare.
In altri termini, in presenza di una situazione nella quale il provvedimento cautelare, oltre ad assumere contenuti anticipatori interamente satisfattivi risulti anche potenzialmente irreversibile, la valutazione sia del fumus che del periculum  deve essere più rigorosa, sicché l’emissione del provvedimento cautelare deve ritenersi consentita solo in presenza di un’altissima probabilità dell’esistenza del diritto e del pericolo di pregiudizio.
 Orbene, nella fattispecie in esame, deve osservarsi che non appare sussistere il diritto azionato dalla ricorrente ai sensi della legge 31 dicembre 1996, n.675.
Infatti, per un verso non sembra essersi in presenza dell’ipotesi di cui all’art.12, comma 1, lettera b) della legge menzionata e di quella di cui all’art.20, comma 1 lettera a) bis (introdotto dall’art.7 D.lgs. 467 del 28 dicembre 2001), relative ai casi di esclusione del consenso dell’interessato al trattamento dei dati personali, atteso che tali norme fanno riferimento alla necessità di conoscere i dati personali al fine di procedere alla esecuzione delle obbligazioni scaturenti da un contratto di cui è parte l’interessato.
Ai sensi dell’art.1 lettera f) della legge in commento “interessato” è la persona fisica, la persona giuridica o l’ente cui si riferiscono i dati personali.
Pertanto, tale non può ritenersi la ricorrente né allo stato appare essere stata delegata dai lavoratori interessati, in quanto non vi è in atti alcun elemento per ritenere che detti lavoratori siano iscritti alle organizzazioni sindacali che hanno sottoscritto l’accordo del 24 marzo 2003 né in detto accordo appare emergere con sufficiente certezza la sussistenza di tale delega.
Neppure sembra potersi sostenere che nel caso di specie non necessiti il consenso dell’interessato ex art.12, comma 1, lettera h) delle legge 675/96, come pure sembra affermare la C. istante, in quanto l’azione cui il presente ricorso è strumentale è comunque diretta a far valere il diritto all’acquisizione di una prova documentale.
Infatti, così opinando e prescindendo dalla valutazione della futura destinazione di detta prova, si renderebbe sempre superfluo il consenso dell’interessato con la semplice proposizione della domanda diretta, puramente e semplicemente, ad affermare l’esistenza del diritto alla prova e, quindi, a conoscere i dati.
Ritiene, pertanto, il Tribunale che la corretta interpretazione della norma in esame imponga la strumentale destinazione della prova documentale che si intende ottenere alla instaurazione di un giudizio nel corso del quale essa prova deve essere impiegata e che non può esaurirsi nella mera affermazione della sussistenza di detto diritto il cui fine ultimo è solo e proprio la formazione della prova.
Neppure sembra potersi affermare che i dati richiesti in ricorso devono essere utilizzati quale prova documentale in un giudizio diretto a verificare la correttezza dei criteri utilizzati per la mobilità dei lavoratori – che sarebbe sottoposta alla cognizione del Tribunale quale Giudice del lavoro – in quanto tale controversia non è pendente né vi è motivo di ritenere che verrà immancabilmente a sorgere.
In secondo luogo, il nesso di strumentalità, che deve necessariamente intercorrere tra il provvedimento di urgenza e il giudizio di merito, si interrompe allorché il provvedimento cautelare, per il suo contenuto, esaurisca ogni interesse del ricorrente a promuovere il giudizio di merito, che non sia quello alla rivalsa delle spese (non liquidate con il provvedimento di accoglimento dell’istanza ex art.700 c.p.c.).
Invero il criterio della strumentalità proprio dei provvedimenti cautelari di urgenza, in coerenza con le previsioni degli artt.669 octies e 669 novies c.p.c., comporta che la misura cautelare non può essere concessa se – accordando una tutela definitiva, insuscettibile di qualsiasi misura ripristinatoria, neppure nella forma del risarcimento danni per equivalente – renda indifferente per il ricorrente la proposizione del giudizio di merito.
In altri termini, per ritenere ammissibile il provvedimento ex art.700 c.p.c., deve potersi supporre che, pur dopo la sua emissione, persista un interesse all’accertamento della situazione di diritto, nel senso che il mancato accertamento, eventualmente per intervenuta inefficacia del provvedimento, esporrebbe il ricorrente, se non al ripristino della situazione di fatto, quantomeno al risarcimento per equivalente.
Orbene, nella fattispecie all’esame, il richiesto provvedimento esaurirebbe, nella pratica, tutti gli effetti del giudizio di merito.
Infatti, nell’ipotesi di rigetto della domanda di merito della ricorrente, questa avrebbe comunque ottenuto irreversibilmente i dati personali dei lavoratori, pur se dovesse restituire i relativi estratti conto.
Infine, occorre evidenziare che non risultano ricorrere neppure il presupposto del pericolo nel ritardo per la proposizione del ricorso di urgenza, atteso che la ricorrente non ha dimostrato che i dipendenti i cui dati intende ottenere hanno rifiutato di formulare direttamente la richiesta all’I.N.P.S. ovvero che non possa procedersi alla rimozione del periculum in mora nelle forme e nell’ambito della procedura di cui alla legge 223/91.
Le considerazioni che precedono inducono a ritenere l’inammissibilità della tutela di urgenza.
La peculiarità e novità della questione esaminata rende conforme a giustizia ed equità l’integrale compensazione delle spese di lite.


P.Q.M.


Rigetta il ricorso.
Spese compensate.
manda alla cancelleria per le comunicazioni di rito.
Così deciso in Andria, 10 luglio 2003


           IL GIUDICE
          Dott. Paolo RIZZI