TRIBUNALE DI TRANI
SEZIONE DI ANDRIA
IL GIUDICE


Letti gli atti, sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 11 maggio 2004, con contestuale assegnazione alle parti di termine per il deposito di note illustrative scaduto il 31 maggio 2004;


premesso che


con ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato in data 2 aprile 2004 A. C., in proprio e quale socio unico e legale rappresentante della S.G.A S. n.c. ha richiesto, con provvedimento di urgenza, “sospendere l’efficacia del recesso “per giusta causa” comunicato con nota del 28.01.2002 e, per l’effetto, ordinare alla Compagnia A. Assicurazioni S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro-tempore: di reintegrare C. A., nella sua qualità…nelle funzioni di agente generale dell’Agenzia (omissis) di Andria con il ripristino del rapporto di agenzia ingiustamente interrotto; di pagare in suo favore le provvigioni di spettanza, maturate dall’operato recesso sino al reintegro, nella misura così come da conteggio analitico sino al 31.01.03, pari ad Euro 160.459,00 oltre successive”;
a sostegno della domanda ha allegato di essere stato agente assicurativo della Compagnia U. Italiana S.p.A., cui nel 1998 è subentrata la A. Assicurazioni S.p.A. che, avendo assorbito anche la A.e A., aveva indicato agli agenti delle società rilevate l’esigenza di istituire una sola agenzia in Andria in luogo di quelle preesistenti, in forma societaria;
a seguito di ciò in data 28 ottobre 1998 costituì con B. M. la S.G.A S.n.c., di cui entrambi erano amministratori, cui l’A. conferì un nuovo mandato per ognuna delle società assorbite, ma ciascuno dei soci della neocostituita società agente continuò a gestire il portafoglio della propria ex compagnia di appartenenza – ognuno in un proprio studio all’interno dello stesso appartamento – per effetto di accordi intercorsi con la medesima A.;
agli inizi del 2002 riscontò alcune anomalie nella gestione del socio M. con riferimento al portafoglio ex A., consistenti dell’incasso di titoli ed occultamento delle somme nonché in rilevanti ammanchi di cassa;
a seguito della denuncia presentata dall’esponente all’Ispettore di zona A. – e poi all’autorità giudiziaria – il M. si assunse ogni responsabilità in ordine all’accaduto e esercitò il recesso dalla società ma, nonostante gli ispettori avessero rilevato la correttezza del comportamento di esso ricorrente, la resistente con nota del 28 gennaio 2002 gli comunicò il recesso per giusta causa dai contratti di agenzia pur fornendogli rassicurazioni in merito alla prosecuzione del rapporto agenziale, tanto che ha continuato a gestire l’agenzia di Andria;
alle menzionate rassicurazioni, tuttavia, non è seguita né la stipula del nuovo contratto di agenzia né la corresponsione delle provvigioni via via maturate, sicché sono derivati a carico dell’esponente rilevanti danni di carattere patrimoniale e personale, non riparabili con tale illegittimo comportamento, prodotti essenzialmente dalla insussistenza della giusta causa di recesso per fatti attribuibili esclusivamente al M.;
all’esito della notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza per la comparizione delle parti, si è costituta in giudizio la A. Assicurazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, chiedendo il rigetto della domanda cautelare;
ha preliminarmente eccepito la carenza di legittimazione attiva del ricorrente in quanto titolare del rapporto di agenzia era la S.G.A.  e non già il C. che, in proprio, non può richiedere alcuna reintegrazione nel rapporto agenziale né il pagamento di provvigioni;
quindi, ha altresì eccepito il difetto di competenza del Tribunale di Trani, sezione di Andria, per essere competente il Tribunale di Milano per gli effetti di una specifica clausola contenuta nei contratti di agenzia nonché perché luogo in cui essi sono stati stipulati;
nel merito ha evidenziato che non può essere disposta la reintegrazione dell’agente nel rapporto di agenzia ma allo stesso, in ipotesi di accertamento della illegittimità del recesso operato dalla Compagnia di assicurazioni,  spetterebbe solo l’indennità sostitutiva del preavviso;
ha, poi, aggiunto che nel caso di specie il recesso è stato giustificato dalle gravissime irregolarità accertate nella gestione della società agente che ha determinato il venir meno del necessario rapporto di fiducia con essa resistente, pure in ipotesi di estraneità del ricorrente – comunque socio ed amministratore della S.G.A. – rispetto ai fatti asseritamene commessi da B. M.;
inoltre, ha escluso di dovere alcunché al C. in quanto non titolare di alcun rapporto di agenzia ovvero di sub agenzia;
infine, ha escluso la ricorrenza del presupposto del periculum in mora essendo trascorsi due anni dai fatti;


osserva


preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di incompetenza del Tribunale di Trani, sollevata dalla resistente.
Orbene, pur nei limiti della summaria cognitio propria della presente fase di giudizio, detta eccezione non pare fondata.
Invero, non ignora il Tribunale che la dottrina e la giurisprudenza sono divise circa la derogabilità convenzionale dei criteri legali di determinazione della competenza territoriale in materia cautelare, ritenendo taluni che la deroga pattizia della competenza territoriale ha influenza anche sull’individuazione del giudice della cautela (in giurisprudenza cfr. Tribunale Ferrara, 21 ottobre 1997, in Giur. merito 1999, 784), ed altri che deve essere esclusa l’operatività di qualsiasi effetto attrattivo della clausola di deroga ai criteri della competenza nei giudizio cautelari (cfr. Tribunale Roma 8 marzo 1996, in Giur. merito 1999, 784).
In ogni caso, nella fattispecie de quo per un verso le clausole attributive della competenza relative alle controversie derivanti dal contratto di agenzia stipulato tra la A. e la S.G.A. in favore del Tribunale di Milano non risultano specificamente approvate dall’agente, pur essendo evidentemente presenti in moduli contenenti condizioni generali di contratto (cfr. contratti allegati ai fascicoli di entrambe le parti), cosicché le stesse risultano inoperanti (ex plurimis cfr. Cass. Civ., sez. III, 11 ottobre 1990, n. 9998, in Giust. civ. mass., 1990, fascicolo 10; Cass. Civ., sez. II, 25 agosto 1989, n. 3756, in Giust. civ. Mass. 1989, fasc. 8-9).
Inoltre, i contratti in oggetto non prevedono il Tribunale di Milano quale foro esclusivo per le dette controversie, con conseguente esclusione di tutti gli altri fori astrattamente competenti in applicazione degli ordinari criteri di collegamento, cosicché legittimamente il ricorrente ha scelto di determinare il Tribunale cui rivolgere la propria domanda sulla base delle ordinarie regole civilistiche di determinazione della competenza (“i criteri stabiliti dalla legge per determinare la competenza hanno valore cogente ed ogni deroga convenzionale, nei casi in cui questa è ammessa, crea un foro esclusivo solo quando sussista una pattuizione espressa dalla quale emerga in modo non equivoco la volontà di scegliere un particolare foro, con esclusione di ogni altro previsto dalla legge in via alternativa”: Cass. Civ., sez. III, 19 marzo 1983, n. 1946, in Giust. Civ. mass., 1983, fasc. 3).
Di conseguenza sembra potersi affermare la competenza del giudice adito poiché la resistente, pur gravando su di essa il relativo onere, non ha offerto alcun elemento idoneo a ritenere che il contratto di agenzia oggetto di causa non è stato stipulato in Andria ma a Milano (“la deduzione con cui si sostiene l’incompetenza per territorio (nei casi in cui la competenza territoriale non è inderogabile) è una eccezione in senso proprio, la quale non soltanto deve essere sollevata dalla parte interessata, ma deve essere altresì corredata dalla prova dei fatti su cui si fonda, secondo il disposto dell’art. 2697 c.c., cosicché spetta a chi eccepisce l’incompetenza l’onere di dimostrare tutti gli elementi costitutivi dell’eccezione”: Cass. Civ., sez. I, 26 giugno 1999, n. 6632, in Giust. civ. Mass. 1999, 1498).
Sempre, in rito deve ammettersi la produzione di documentazione da parte del ricorrente all’udienza del 11 maggio 2004, pure fissata per la assunzione degli informatori.
Infatti, l’art. 669 sexies c.p.c. che disciplina il procedimento cautelare ha volutamente introdotto un principio di libertà delle forme nella trattazione del giudizio coerentemente con natura sommaria della cognizione, sempre che non risulti compromesso il principio del contraddittorio e che ciascuna delle parti possa pienamente esercitare le facoltà connesse al diritto di difesa.
Orbene, nel caso di specie, la produzione della cennata documentazione non ha compromesso in alcun modo il diritto della A. Assicurazioni di difendersi nelle forme più idonee ed appropriate, pure perché ha potuto prendere visione della documentazione e confutarla con la nota che è stata autorizzata a depositare.
Quanto al merito del ricorso, occorre tenere distinta la domanda proposta dal C. nella qualità di socio unico ed amministratore della S.G.A – diretta ad ottenere la reintragazione della società nel rapporto di agenzia previo accertamento della illegittimità del recesso esercitato dalla A. – da quella proposta dal ricorrente in proprio – avente ad oggetto il pagamento delle provvigioni relative agli affari da esso conclusi dopo la cessazione del rapporto de quo.
Infatti, come il C. non potrebbe in proprio richiedere il ripristino di un rapporto relativo ad un altro soggetto di cui esso, persona fisica, è solo socio, così la S.G.A. non potrebbe invocare il pagamento delle provvigioni menzionate in quanto riferite all’attività svolta dal C. dopo il venir meno del rapporto contrattuale di agenzia tra essa e la compagnia di assicurazioni resistente.
Effettuata tale specificazione, deve essere rigettato in quanto infondato il ricorso proposto dalla S.G.A.
Non è contestato tra le parti che la persona giuridica in oggetto, titolare del rapporto di agenzia, era stata costituita da sole due persone – il C. e tale B. M. – in forma di società in nome collettivo.
Detta circostanza emerge anche dall’atto costitutivo della società stipulato in Corato in data 21 ottobre 1998 per notar R. F., allegato al fascicolo di parte ricorrente.
È altresì incontroverso che il socio M., emerse le malefatte dallo stesso commesse nella sua gestione del portafoglio clienti A., ha esercitato il recesso dalla compagine sociale, così come comprovato documentalmente dalla lettera di dimissioni del 8 gennaio 2002 (cfr. allegato sul 5 del fascicolo di parte istante) che ha fatto seguito all’impegno assunto dallo stesso socio il precedente 7 gennaio (doc. n. 4) e riferito dal Civita alla Compagnia di assicurazioni con missiva del 9 gennaio 2002 (cfr. doc. n. 3).
Orbene, secondo la normativa dettata dall’art. 2272 n. 4) c.c., estesa alle S.n.c. dall’art. 2308 c.c., “la società si scioglie…quando viene a mancare la pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi questa non si è ricostituita”.
In proposito la giurisprudenza ha pressoché all’unanimità affermato che il venir meno della pluralità dei soci di una società di persona non determina ex se lo scioglimento della società ma che tale effetto si determina se detta situazione di protrae per un periodo superiore a sei mesi (cfr. Tribunale Milano, 4 luglio 1996, in GIur. It, 1997, I, 2 1978; Cass. Civ., sez. I, 9 marzo 1996, n. 1876, in Foro it., 1996, I, 2070; Cass. Civ., sez. II, 4 dicembre 1995, n. 12487, in Giust. civ. mass., 1995, fasc. 12).
Inoltre, verificatosi lo scioglimento della società per il decorso del termine indicato i soci amministratori possono limitarsi esclusivamente al compimento degli affari urgenti ai sensi dell’art. 2274 c.c.
In effetti “lo scioglimento di una società non ne produce l’estinzione, ma essa continua ad esistere con la stessa individualità, struttura e organizzazione, sia pure con un restringimento della capacità, derivante dalla modificazione dello scopo che non è più quello dell’esercizio dell’impresa, bensì quello della sua liquidazione, attraverso la definizione dei rapporti di credito e di debito con i terzi” (Cass. Civ., sez. II, 2 aprile 1999, n. 3221, in Giust. civ. Mass. 1999, 747; cfr. anche Cass. Civ., 1 giugno 1980, n. 3982, in Giust. civ. mass. 1980, fasc. 6).
Nel caso di specie, dunque, il venir meno del socio M. in data 8 gennaio 1998 ha lasciato quale unico socio della S.G.A il C. e la mancata ricostituzione della pluralità dei soci ha prodotto lo scioglimento della società in data 8 luglio 1998.
Di conseguenza A. C., pur non essendosi la società estinta, ha assunto la veste di liquidatore, come risulta dall’art. 15 dell’atto costitutivo e come d’altra parte stabilisce la giurisprudenza (cfr. Cass. Civ., sez. I, 14 ottobre 1997, n. 10027, in Giust. civ. mass., 1997, 1932: “quando una società di persone sia stata sciolta, anche senza una dichiarazione formale, continuano a rappresentarla coloro che erano a ciò designati anteriormente allo scioglimento, come previsto, in via generale, dall’art. 2274 c.c. Per quanto attiene, più in particolare, alle società in nome collettivo, gli amministratori che abbiano avuto conferita la rappresentanza della società, conservano tale rappresentanza, fino all’eventuale nomina dei liquidatori, poiché la società – sia essa di persone o di capitali – non rappresenta, dopo il suo scioglimento, nella fase di liquidazione, un ente diverso da quello originario”).
Nella menzionata veste il ricorrente avrebbe dovuto limitarsi a compiere gli atti di ordinaria amministrazione della società sciolta relativamente ad affari urgenti necessari alla conservazione del patrimonio sociale, tra cui non sembra rientrare l’introduzione del presente giudizio in quanto diretto a ripristinare il rapporto di agenzia con la A. che, al contrario, presupporrebbe un soggetto economico perfettamente e regolarmente attivo.
Infatti, la reintegrazione nel rapporto interrotto dalla resistente destinerebbe il patrimonio della S.G.A. all’esercizio dell’impresa che ne costituisce l’oggetto sociale, in contrasto con quanto stabilito dalla disposizioni normative testè richiamate concernenti le società sciolte.
Per quanto, invece, attiene alla domanda proposta da A. C. in proprio non appare infondata l’eccezione di attribuzione al giudice del lavoro sollevata dalla A.
Invero, il ricorrente ha richiesto nel merito il pagamento delle provvigioni ad esso spettanti per avere di fatto svolto l’attività di agente in favore della resistente pur dopo il venir meno del rapporto di agenzia tra la A e la S.G.A.
Di fatto, dunque, chiede il riconoscimento del diritto asseritamene conseguito per effetto di una prestazione individuale, ciò in quanto per un verso il recesso della compagnia di assicurazione dal contratto di agenzia con la citata So.Ge.Ass. non consente di ravvisare una attività legittima esercitata da quest’ultimo soggetto e, per altro verso, il venir meno della pluralità di soci della So.Ge.Ass. come in precedenza rilevato ha prodotto il suo scioglimento, ragion per il C. non può avere esercitato l’attività di impresa in suo nome e per suo conto.
Pertanto, dovendosi astrattamente configurare un rapporto di agenzia tra la A. ed un soggetto che ha prestato la propria attività di collaborazione pacificamente in modo individuale e senza l’ausilio di ulteriori collaboratori, la fattispecie sembrerebbe riconducibile nell’ambito applicativo dell’art. 409, n. 3) c.p.c. con conseguente “competenza” del Tribunale in funzione di giudice del lavoro.
Tale determinazione non può risultare preclusa dalla pronuncia resa dal Giudice del Lavoro di Trani con ordinanza del 23 gennaio 2004, in quanto lo stesso, adito dal Civita con ricorso ex art. 700 c.p.c. ha declinato la propria competenza in favore del Giudice “ordinario” sul solo presupposto che il rapporto dedotto in giudizio non rientrasse nella previsione dell’art. 409 c.p.c. perché titolare del rapporto di agenzia non era un soggetto non singolo ma collettivo (per l’appunto la S.G.A.).
È, dunque, evidente che il Giudice ha preso in considerazione solo l’aspetto della controversia relativo alla richiesta di reintegrazione nel rapporto di agenzia formulato dal Civita quale amministratore della S.G.A., mentre nulla ha detto sulla ulteriore richiesta di condanna della resistente al pagamento delle provvigioni.
D’altra parte non può non rilevarsi che la statuizione in oggetto, resa in forma di ordinanza, non è idonea a “fare stato” sulla questione della competenza, pur dovendosi considerare che i rapporti tra Tribunale “ordinario” e Tribunale in funzione di giudice del lavoro non sono regolati dalle norme sulla competenza, costituendo entrambi articolazioni dello stesso Organo Giudicante, differenziati dalle materie trattate e dal rito applicato.
Inoltre, laddove si dovesse rinvenire una connessione tra le domanda proposte dal ricorrente ai sensi dell’art. 40 c.p.c.  dovrebbe applicarsi al caso di specie per la trattazione di entrambe il rito del lavoro.
Di conseguenza, quanto alla domanda in oggetto, deve essere disposta la trasmissione del fascicolo al Presidente del Tribunale per i provvedimenti di competenza.
Sussistono giusti motivi e d’equità per compensare tra le parti le spese di lite con riferimento alla domanda proposta dalla So.Ge.Ass.


P.Q.M.


Rigetta il ricorso proposto da A. C. in qualità di socio unico e amministratore della S.G.A. S.n.c., diretto alla reintegrazione nel rapporto di agenzia con la A. Assicurazioni S.p.A., compensando integralmente le spese relative;
dispone la trasmissione degli atti al Sig. Presidente del Tribunale per l’eventuale assegnazione della controversia proposta da A. C. in proprio relativa al pagamento delle provvigioni al Tribunale in funzione di Giudice del lavoro.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito;
Andria, 2 luglio 2004
           IL GIUDICE          Dott. Paolo RIZZI