REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di Trani
Sezione distaccata di Barletta



Oggetto: pagamento  indennizzo assicurativo


Il Giudice Unico Riccardo Leonetti ha pronunciato la seguente


SENTENZA


nella causa civile iscritta nel registro generale affari con-tenziosi sotto il numero d’ordine 14092 dell’anno 2000


TRA


F. srl, in persona del legale rappresentante p.t., corrente in Barletta ed ivi elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. F. G., dal quale è rappresentata e difesa, come da procura a margine dell’atto di citazione – Attrice –


CONTRO


L. A. spa, in persona del legale rappresentante p.t., cor-rente in Trieste ed elettivamente domiciliata in Barletta presso lo studio dell’avv. F. C., dal quale è rappresentata e difesa, come da procura in calce alla copia notificata dell’atto di citazione – Convenuta –


All’udienza del 29.6.04, la causa veniva riservata per la decisione sulle conclusioni così precisate dalle parti:
per l’attrice: “si riporta alle conclusioni rassegnate nel-l’atto introduttivo ed in corso di causa chiedendone l’acco-glimento con vittoria di spese e competenze di causa“;
per la convenuta: “nel riportarsi a quanto dedotto ed eccepi-to in corso di causa, nonché nelle note depositate, conclude per il rigetto della domanda per inoperatività della polizza assicurativa e comunque perché infondata, con vittoria di spese ed onorari“.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con citazione notificata il 23.12.00 la F. srl, esercente attività di commercio di autoveicoli e titolare di polizza assicurativa contro il furto stipulata fin dal 9.8.89 con l’Agenzia di Barletta del L. A., lamentava che quest’ultima società, a seguito del furto di due autovetture BMW avvenuto il 19.1.00 presso il deposito veicoli della concessionaria senza apparenti segni di effrazione della chiusura (e quindi mediante uso di chiavi false), dopo un lungo iter di liquida-zione aveva rifiutato di adempiere il proprio obbligo di pa-gamento dell’indennizzo (frattanto determinato mediante “accertamento conservativo” in ragione di L.82,7 mln) per una pretesa inoperatività delle garanzie contrattuali. Tanto premesso, la F. evocava in giudizio la L. A. spa per sentirla condannare al pagamento della somma di L.82,7 mln (oltre interessi e rivalutazione dal dì dell’evento), al risarcimento di ogni ulteriore danno derivante dal perdurare dell’inadem-pimento, nonché alla rifusione delle spese di lite.
Con comparsa depositata il 25.10.99 si costituiva l’assicurazione convenuta e, nel premettere che l’accertamento conservativo invocato ex adverso era stato sottoscritto dalla società con espressa riserva relativa alle modalità d’accesso nei locali assicurati, eccepiva l’inoperatività della polizza, e ciò in quanto dall’annotazione di P.G. del 19.1.00 e dal verbale di denunzia ai Carabinieri del 20.1.00 risultava che il furto era avvenuto in orario di apertura dell’esercizio commerciale e alla presenza dei dipendenti (con conseguente configurabilità della colpa grave dell’assicurato e dei dipendenti ex art.12 C.G.A.), mentre nessun accenno si faceva all’uso di chiavi false, circostanza che la F. aveva presunto per la prima volta in sede di accertamento conservativo per poi affermare come dato certo in sede di citazione. Ciò stante, il L. concludeva per il rigetto della domanda attrice, con vittoria delle spese di lite.
Istruita la causa mediante audizione di testimoni, all’udienza del 29.6.04 le parti precisavano le rispettive conclusioni e la causa veniva riservata per la decisione, con termini per il deposito di scritti conclusivi.


MOTIVI DELLA DECISIONE


La domanda è fondata e va pertanto accolta, giacchè l’attrice è riuscita a dimostrare adeguatamente gli elementi costitutivi del suo diritto, mentre la convenuta non ha fornito idonea prova della ricorrenza di circostanze idonee a paralizzare l’altrui pretesa.
 Al riguardo, si osserva che il fatto costitutivo del diritto dell’assicurato all’indennizzo consiste in un danno verificatosi in dipendenza di un rischio assicurato e nell’ambito spaziale e temporale in cui la garanzia opera, sicchè è onere dell’assicurato provare che si è verificato un rischio coperto dalla garanzia assicurativa, che esso ha ca-gionato un danno risarcibile e che ricorrono gli elementi spaziali e temporali della garanzia (Cass.17/1987).
 Con riferimento all’assicurazione contro il furto, poi, ricade nel predetto onere dell’attore provare che il furto sia stato consumato con le specifiche modalità previste dal contratto, valendo la relativa clausola a fissare l’ambito oggettivo del rischio assicurato e non già ad introdurre una limitazione di responsabilità in favore dell’assicuratore (Cass.5390/97).
 Nella specie l’art.11 (“Rischio assicurato”) delle C.G.A. allegate al contratto di assicurazione intercorso tra le parti sancisce l’obbligo del L. A. di risarcire la contro-parte dei danni derivati dal furto delle cose assicurate, a condizione che l’autore del furto si sia introdotto nei locali contenenti le cose stesse con le modalità stabilite alle successive lettere a), b) e c), ossia: “violandone le difese esterne mediante rottura, scasso, uso di chiavi false, di grimaldelli o di arnesi simili: non equivale ad uso di chiavi false l’uso di chiave vera anche se fraudolento” (lett. a) ); ovvero “per via diversa da quella ordinaria…” (lett.b) ); ovvero ancora “in modo clandestino, purchè l’asportazione della refurtiva sia avvenuta poi a locali chiusi”.
 Poiché però sin dall’atto introduttivo la società attrice ha allegato unicamente l’utilizzo di chiavi false da parte dei ladri e non anche le ulteriori modalità di furto assicurato descritte nella citata clausola negoziale (modalità che anzi sono incompatibili con la dinamica dell’evento descritta dall’attrice, postulando la “rottura o scasso”, l’introduzione “per via diversa da quella ordinaria” o “l’asportazione della refurtiva a locali chiusi”), la F. era gravata dall’onere di dimostrare tale specifica modalità di perpetrazione dell’illecito; onere probatorio particolarmente gravoso, tanto che la relativa clausola è stata ritenuta da certa giurisprudenza di merito – cui pure si ritiene di non dovere aderire – affetta da nullità ai sensi dell’art.2698 c.c. (cfr. Corte d’appello Roma, 8.6.00, in Giur. Romana 2002, 5).
 Ebbene, all’esito dell’istruttoria deve concludersi che l’attrice, quanto meno attraverso il ricorso a presunzioni,  sia riuscita a fornire sufficiente prova di quanto allegato.
 In primo luogo, infatti, la circostanza negativa attestata con efficacia probatoria privilegiata dalla P.G. il 19.1.00 in sede di sopralluogo – della mancanza di segni di effrazione alla serratura elettronica della saracinesca dell’autorimessa, pur non dimostrando in positivo le concrete modalità del furto, porta ad escludere che detta saracinesca sia stata forzata, limitando in concreto le possibili modali-tà di perpetrazione dell’illecito all’utilizzo di chiavi false o, in alternativa, vere.
 Non può invece ipotizzarsi che i ladri si siano introdotti nell’autorimessa semplicemente varcando la serranda lasciata incautamente aperta dai dipendenti della F.,  giacchè dalle dichiarazioni rese sotto giuramento dai testi Zxxxxxx, Rxxxx e Sxxxxx (la cui univocità e mancanza di con-traddittorietà compensa la relativa attendibilità derivante dai rapporti professionali o sociali intercorrenti con la società attrice) si evince che tutti costoro (come è normale in un’autoconcessionaria) ebbero modo, nel periodo immediata-mente precedente al furto, di aprire la serranda dell’autorimessa e di richiuderla a chiave, riponendo poi quest’ultima in una bacheca posta nell’ufficio del capoofficina.
Una volta assodato che i ladri trovarono la serranda chiusa e quindi dovettero aprirla mediante chiavi false in loro possesso ovvero mediante le chiavi vere riposte nella bacheca (la quale, in orario di lavoro, era relativamente accessibile: cfr. testimonianza Sxxxxx), rimane del tutto irrilevante stabilire quale delle due ipotesi si sia verificata, e ciò in quanto per condivisibile giurisprudenza, in caso di clausola che affermi la non equivalenza tra uso di chiavi false ed uso fraudolento di chiavi vere, resta escluso dalla copertura assicurativa solo l’uso “abusivo” di chiavi vere precedentemente affidate al ladro e non anche l’uso di chiavi vere precedentemente sottratte al proprietario (Cass. 16719/03).
Né può condividersi la tesi della convenuta secondo cui le prove orali sopra esaminate sarebbero state articolate tardivamente (potendosi nei termini dell’art.184 c.p.c. dedurre soltanto mezzi istruttori “nuovi” rispetto ad altri già indicati negli atti introduttivi) poichè, pur non disconoscendosi la presenza di un’orientamento giurisprudenziale nel senso indicato dal L., prevalente e condivisibile opinione, argomentando dalla mancata previsione di espresse preclusioni relative alla indicazione iniziale di mezzi di prova, afferma che le richieste istruttorie possano essere tempestivamente formulate per la prima volta nei termini istruttori assegnati ai sensi dell’art.184 c.p.c. .  
 Raggiunta per le ragioni anzidette la prova degli elementi costitutivi del diritto all’indennizzo, spettava all’assicurazione convenuta dimostrare a sua volta la fondatezza dell’unica eccezione in senso stretto sollevata per para-lizzare l’altrui pretesa, ossia la ricorrenza nella specie di colpa grave dell’assicurato o dei suoi dipendenti, quale circostanza idonea ad escludere il diritto all’indennizzo alla stregua dell’art.12 C.G.A. e, prima ancora, dell’art.1900 c.c. .
Senonchè tale prova non è stata fornita.
Ed infatti, premesso che per “colpa grave” deve intendersi una condotta consapevole dell’assicurato così avventata da costituire omissione non soltanto della diligenza media del buon padre di famiglia (rapportata alla professionalità della categoria di appartenenza) ma anche di quel minimo di diligenza che è ragionevole attendersi da tutti, non può fon-datamente affermarsi che nell’occasione la condotta dei dipendenti della F. sia stata connotata da un siffatto grado di colpa, ove si consideri da un lato la già ricordata circo-stanza della chiusura a chiave della serranda dell’autorimessa con collocazione della chiave medesima in apposita bachceca, dall’altro l’assoluta normalità – nell’ambito di un’autoconcessionaria in pieno orario lavorativo – del rumore di un motore acceso o di una serranda in via di apertura, il che spiega e giustifica il (peraltro relativo) ritardo con cui i dipendenti si sono accorti del furto.
Alla luce di quanto sin qui esposto, deve dunque ribadirsi la fondatezza della domanda avanzata dalla F..
In ordine al quantum della pretesa, esso ben può essere ragguagliato all’importo di € 42.710,98 (L.82.700.000), quale misura dell’indennizzo già concordato in via amichevole dalle parti in sede di accertamento conservativo del 14.7.00 (cfr. doc. 2 fasc. parte attrice), sia pure con riserva dell’assi-curazione in ordine alle modalità di accesso nei locali.
Tale importo – in quanto relativo a debito di valore – va rivalutato dal 19.1.00 sino alla decisione sulla base degli indici ISTAT sul costo della vita, quali affidabili indicatori della perdita del potere d’acquisto della valuta nazionale.
Su di esso vanno inoltre corrisposti, per il medesimo periodo, interessi in misura equitativamente fissata al 2% annuo, da calcolarsi sulla sorte capitale rivalutata annualmente secondo i predetti indici.
Il riconoscimento di rivalutazione ed interessi sulla somma dovuta è già idoneo a tenere l’attrice indenne da ogni pregiudizio intervenuto medio tempore, sicchè non merita accoglimento la pretesa di “ulteriori danni” genericamente avanzata dalla F. nel corso del giudizio.
Del pari, va rigettata la domanda di risarcimento dei danni ai sensi dell’art.96 c.p.c. giacchè, alla luce degli atti e dei documenti di causa, non può ritenersi, neppure in via presuntiva, che la convenuta abbia resistito in giudizio con l’atteggiamento psicologico del litigante temerario, considerata anche la molteplicità delle questioni di fatto e di diritto da valutare.
Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.


P.Q.M.


Il Giudice Unico del Tribunale di Trani, Sezione distaccata di Barletta, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta, con citazione notificata il 23.12.00, dalla F. srl, corrente in Barletta, nei confronti della L. A. spa, corrente in Trieste, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., così provvede:
1) accoglie la domanda di pagamento dell’indennizzo assicurativo e, per l’effetto, condanna il L. A. a pagare alla F. l’importo di € 42.710,98, rivalutato dal 19.1.00 sino alla decisione in base agli indici ISTAT, oltre interessi per il medesimo periodo nella misura equitativa del 2% annuo (da calcolarsi sulla sorte capitale rivalutata annualmente secondo i predetti indici);
2) rigetta le ulteriori domande di risarcimento avanzate dalla F.;
3) condanna la convenuta a rifondere alla controparte le spese del giudizio, che liquida nella misura di complessivi € 5.622,35 (€ 240,20 per esborsi, € 1.963,82 per diritti ed € 3.418,33 per onorari) oltre RSG, CAP e IVA come per legge.


Così deciso in Barletta il 3.1.05.


 Il Giudice
 Riccardo Leonetti