L’amministratore di sostegno



Dal 19 marzo 2004 è entrata in vigore la legge 9 gennaio 2004 n.6 [1], che ha introdotto la figura dell’amministrazione di sostegno [2], il cui scopo è fornire assistenza a soggetti che, per effetto di una infermità ovvero menomazione fisica o psichica, si trovino nell’impossibilità parziale o totale di provvedere ai propri interessi, sia temporaneamente sia definitivamente, e per le quali l’unica possibilità offerta dall’ordinamento giuridico italiano sino a questa data era il ricorso all’interdizione o all’inabilitazione con i lunghi tempi che ne derivavano.


L’interdizione e l’inabilitazione sono misure che incidono totalmente e pesantemente sull’autonomia e sulla libertà del soggetto debole. Tali istituti sono notoriamente avversati, l’interdizione per essere un meccanismo espropriativo di qualunque facoltà giuridica, e dunque estremamente frustante, e l’inabilitazione in quanto povera di efficacia.


La nuova legge presenta alcune importantissime novità tra cui il superamento del concetto di malattia mentale come presupposto ineludibile per l’intervento, l’affermazione netta che la regola è la capacità di agire, salve le restrizioni assolutamente necessarie ed espressamente previste, nonché lo snellimento ed accelerazione del cammino processuale.


La legge n.6/2004 ha la finalità di tutelare, “con la minore limitazione possibile della capacitò di agire, persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno sia temporaneo che permanente” (art.1).


La figura dell’amministratore di sostegno viene regolamentata premettendo il capo primo nel titolo XII del libro I del Codice Civile [3].


L’amministratore di sostegno assiste le persone dichiarate non autonome, anziane o disabili [4]. Viene nominato dal giudice tutelare [5] del luogo in cui la persona in difficoltà ha la residenza o il domicilio, e viene scelto, dove è possibile, nello stesso ambito familiare dell’assistito. Infatti può essere nominato amministratore di sostegno il coniuge, purché non separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, e comunque il parente entro il quarto grado ovvero il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata [6]. In mancanza di designazione [7] o in presenza di gravi motivi, il giudice tutelare può nominare anche persona diversa da quella designata. Non possono ricoprire le funzioni di amministratore di sostegno gli operatori dei servizi pubblici o dei servizi privati che hanno in cura o in carico il beneficiario.


La domanda di istituzione dell’amministratore di sostegno può essere proposta dallo stesso beneficiario, dal suo coniuge o convivente [8], dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal pubblico ministero, dal tutore (nel caso di interdetto); dal curatore (nel caso di inabilitato), dai responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza del beneficiario [9].


La richiesta di nomina si propone mediante ricorso, il quale deve indicare le generalità del beneficiario, la sua dimora abituale, le ragioni per cui si richiede la nomina dell’amministratore di sostegno, il nominativo ed il domicilio, se conosciuti dal ricorrente, del coniuge, dei discendenti, degli ascendenti, dei fratelli e dei conviventi del beneficiario.


Una volta proposta la richiesta di nomina, il giudice tutelare deve provvedere, assunte le necessarie informazioni e sentiti i soggetti di cui all’art.406 cod. civ., con decreto motivato immediatamente esecutivo entro sessanta giorni dalla data di presentazione del ricorso [10].
Il giudice tutelare può, in ogni tempo, modificare o integrare, anche d’ufficio, le decisioni assunte con il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno.
In ogni caso, nel procedimento di nomina dell’amministratore di sostegno deve intervenire il pubblico ministero.


Il decreto che riguarda un minore non emancipato può essere emesso solo nell’ultimo anno della sua minore età e diventa esecutivo a decorrere dal momento in cui la maggiore età è raggiunta.
Se il ricorso concerne persona che sia stata già interdetta o inabilitata, il medesimo è presentato congiuntamente all’istanza di revoca dell’interdizione o dell’inabilitazione davanti al giudice competente per quest’ultima, ed il decreto diventa esecutivo dalla pubblicazione della sentenza di revoca dell’interdizione o dell’inabilitazione.
Mentre, se durante il corso del giudizio di interdizione o inabilitazione appare opportuno applicare l’amministrazione di sostegno, il giudice, d’ufficio o ad istanza di parte, dispone la trasmissione del procedimento al giudice tutelare [11].


Il procedimento di nomina (regolato dal nuovo art.407 cod. civ.) prevede che il giudice tutelare debba sentire personalmente l’interessato al provvedimento di tutela, recandosi, ove occorra, nel luogo in cui questa si trova, e debba assumere le necessarie informazioni e sentire i soggetti a cui la legge attribuisce il diritto di richiedere l’amministrazione, per poi decidere tenendo conto, “compatibilmente con gli interessi e le esigenze di protezione della persona, dei bisogni e delle richieste di questa” (un bel salto di qualità!).


Qualora ne sussista la necessità, il giudice tutelare adotta anche d’ufficio i provvedimenti urgenti (ossia, anche prima dell’espletamento dell’interrogatorio o di altri incombenti) per la cura della persona interessata e per la conservazione e l’amministrazione del suo patrimonio e può procedere alla nomina di un amministrazione di sostegno provvisorio indicando gli atti che è autorizzato a compiere.


Il decreto di apertura dell’amministrazione di sostegno, il decreto di chiusura ed ogni altro provvedimento assunto dal giudice tutelare devono essere immediatamente annotati a cura del cancelliere nell’apposito registro [12]  [13], nonché comunicati entro dieci giorni all’ufficiale dello stato civile per le annotazioni in margine all’atto di nascita del beneficiario.Se la durata dell’incarico è a tempo determinato, il giudice tutelare può prorogarlo con decreto motivato pronunziato anche d’ufficio prima della scadenza del termine. Le annotazioni, in questo caso, devono essere cancellate alla scadenza del termine indicato nel decreto di apertura o in quello eventuale di proroga.


L’ufficio di amministratore di sostegno dura dieci anni, ma può essere rinnovato, a meno che si tratti di un parente o del coniuge o della persona stabilmente convivente, nel qual caso dura per sempre, salvo rinunzia o richiesta di revoca dello stesso interessato [14]. La gratuità dell’amministrazione, salvo sporadici casi di patrimoni particolarmente consistenti, è espressamente prevista dall’art.379 cod. civ.. Sono in ogni caso valide “le disposizioni testamentarie e le convenzioni a favore dell’amministrazione di sostegno che sia parente entro il quarto grado del beneficiario, ovvero che sia coniuge o persona che sia stata chiamata alla funzione in quanto con lui stabilmente convive” (art. 411, III° comma, cod. civ.).


Gli effetti dell’amministrazione di sostegno (Art.409 cod. civ.) sono evidenti, in quanto il soggetto beneficiario dell’amministrazione di sostegno può compiere tutti gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana [15]: conserva la capacità di agire (ed in questo si differenzia dall’interdizione) per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno.


L’amministratore deve tempestivamente informare il beneficiario circa gli atti da compiere, nonché il giudice tutelare in caso di dissenso con il beneficiario stesso. Inoltre, ai sensi dell’art. 44 delle disp. att. cod. civ., come sostituito, il giudice tutelare può convocare in qualunque momento l’amministratore di sostegno allo scopo di chiedere informazioni, chiarimenti e notizie sulla gestione dell’amministrazione, e di dare istruzioni inerenti agli interessi morali e patrimoniali del beneficiario.
Tutto quanto avviene nell’ambito dell’amministrazione è sottoposto al controllo del giudice tutelare, il quale può intervenire sia d’ufficio, sia provocato da uno dei soggetti di cui all’art.406 cod. civ.. Gli atti compiuti dall’amministratore di sostegno o dal beneficiario in spregio delle regole e delle disposizioni di legge possono essere annullati [16] e l’amministratore revocato [17]. I decreti del giudice tutelare possono ovviamente, a loro volta, essere oggetto di impugnazioni dinanzi alla Corte di Appello con reclamo, a norma dell’art.739 c.p.c. [18] e, avverso il decreto della Corte di Appello, può essere proposto ricorso per Cassazione.


Avv. Michela Croce


——————————————————————————–
Note