REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI TRANI
SEZIONE DI ANDRIA
In Persona del Giudice Unico, dott. Paolo Rizzi, ha pronunziato la presente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al numero 10402 del registro generale per gli affari contenziosi dell’anno 1999 posta in deliberazione all’udienza del 2 dicembre 2003, con contestuale assegnazione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica scaduto il 20 febbraio 2004;
TRA
R.A . e A. C., elett.te domiciliati in Trani, presso lo studio dell’avv. N.A.D.L., che li rappresenta e difende come da procura a margine dell’atto di riassunzione; (OPPONENTI )
E
Istituto di credito S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elett.te domiciliato in Andria, presso lo studio dell’avv. A.S., rappresentato e difeso dagli avv.ti N. e S. B. come da procura a margine del ricorso per decreto ingiuntivo;( OPPOSTO )
NONCHE’
S.n.c. C.M., in persona del curatore fallimentare; ( OPPONENTE CONTUMACE )
OGGETTO: opposizione a decreto ingiuntivo.
Conclusioni
All’udienza del 2 dicembre 2003 così i procuratori delle parti hanno precisato le rispettive conclusioni:
per gli opponenti “precisa le proprie conclusioni riportandosi integralmente al proprio scritto di opposizione a decreto ingiuntivo chiedendone il totale accoglimento con vittoria di diritti onorari e spese”; per l’opposto “conclude chiedendo il rigetto dell’opposizione ritenendola infondata, con la condanna alla rifusione delle spese e competenze del giudizio”.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto n. 420/99 emesso in data 22 luglio 1999 e notificato il successivo 11 ottobre 1999 il Tribunale di Trani, sezione distaccata di Andria ha ingiunto alla S.n.c. Confezioni in persona dei soci collettivisti e legali rappresentanti M.A. e S.A., quali debitori principali, e a R. A. e A. C., quali fideiussori, di pagare in solido tra loro immediatamente e senza dilazione in favore dell’istituto di credito, in persona del legale rappresentante pro-tempore, la somma di lire 85.809.500, oltre interessi come richiesti in ricorso e le spese della procedura in ragione di alcuni titoli insoluti. Avverso detto provvedimento hanno proposto opposizione la S.n.C. Confezioni di, in persona dei soci collettivisti e legali rappresentanti M. A. e S. A., R. A. e A. C. con citazione notificata il 20 novembre 1999, con cui hanno contestato l’assenza di una prova scritta idonea a consentire l’emissione del provvedimento monitorio, in quanto il contratto di apertura di conto corrente è nullo nella parte dattiloscritta aggiunta a quella stampata, non concordata tra le parti quanto alla misura del tasso di interesse applicato e alla commissione di massimo scoperto.
Quindi, hanno eccepito l’illegittima applicazione di interessi determinati arbitrariamente e capitalizzati trimestralmente, oltre alla applicazione di altre voci non dovute.
Inoltre, hanno dedotto la nullità delle fideiussioni perché mai concesse fino alla concorrenza di lire 300.000.000.
Infine, hanno spiegato domanda riconvenzionale per la restituzione delle somme indebitamente addebitate dalla banca e per il risarcimento dei danni subiti a causa del comportamento della stessa.
Tutto ciò premesso hanno concluso chiedendo: “1) in via preliminare, sospendere la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto per uno o più dei motivi dedotti in narrativa; 2) nel merito dichiarare nullo e/o privo di effetti giuridici e, quindi, revocare il decreto ingiuntivo opposto per le causali esposte in narrativa; 3) ove occorra, in via riconvenzionale, dichiarare la nullità delle fideiussioni per i motivi (uno o più) dedotti in narrativa; 4) sempre in via riconvenzionale, condannare la opposta, come sopra rappresentata, al pagamento di tutte le somme indebitamente addebitate ed al risarcimento dei danni provocati all’opponente, oltre interessi legali e danni da svalutazione. Il tutto in compensazione totale e/o parziale. 5) condannare la opposta, come sopra rappresentata, al pagamento delle spese e competenze del presente giudizio”.
Si è costituito l’istituto di credito, in persona del legale rappresentante pro-tempore, contestando quanto esposto nell’atto di opposizione e chiedendone il rigetto con ogni conseguenza in ordine alle spese di lite.
In particolare ha dedotto che il provvedimento monitorio opposto è stato emesso sulla scorta di effetti cambiari e di assegni bancari scontati e tornati insoluti e protestati.
Quanto all’ammontare dell’importo ingiunto ha evidenziato che lo stesso è pari all’importo dei titoli scontati e delle spese di protesto, mentre il tasso di interesse applicato è quello concordato tra le parti.
Infine, ha evidenziato l’infondatezza dell’eccezione di nullità delle fideiussioni, aggiornate alla luce della legge 52/96.
All’udienza del 11 febbraio 2000 il procuratore degli opponenti ha dichiarato l’intervenuto fallimento della S.n.c. Confezioni, sicché è stata dichiarata l’interruzione del giudizio, poi riassunto da R. A. e A. C. con atto di riassunzione depositato in data 25 settembre 2000 e notificato all’opposto, unicamente al decreto di fissazione dell’udienza per la prosecuzione della controversia, in data 18 ottobre 2000.
Si è costituito in giudizio il solo istituto di credito, riportandosi alla propria comparsa di costituzione e risposta.
La causa è stata istruita documentalmente e, all’udienza del 2 dicembre 2003, omessa ogni ulteriore attività istruttoria, è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni rassegnate dalla sola parte opponente, con concessione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, osserva il Tribunale che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo il giudice deve accertare il fondamento della pretesa fatta valere con il ricorso per ingiunzione e non già limitarsi a stabilire se l’ingiunzione fu emessa legittimamente e, qualora il credito risulti accertato nella sua stessa esistenza nonché nel suo ammontare, deve accogliere la domanda indipendentemente dalla regolarità, sufficienza, validità degli elementi probatori che addussero all’emanazione dell’ingiunzione (“in tema di procedimenti monitori, con l’opposizione al decreto ingiuntivo il giudice è investito del potere-dovere di statuire sulla pretesa fatta valere con la domanda di ingiunzione e sulle eccezioni proposte contro di essa, anche se il decreto risulti emesso fuori dei casi stabiliti dalla legge, secondo le normali regole di ripartizione dell’onere della prova, sì che la nullità del decreto medesimo può essere legittimamente dichiarata solo nel caso in cui, per ragioni pregiudiziali, manchi del tutto la possibilità di emettere una pronuncia di merito”: Cass. civ., sez. II, 8 settembre 1998 n.8853, in Giust. civ. Mass. 1998, 1864; “l’opposizione a decreto ingiuntivo apre un ordinario giudizio di cognizione sicché il giudice che accerti che l’ingiunzione sia stata emessa illegittimamente, in difetto dei presupposti processuali, non può limitarsi a revocare l’opposto decreto, ma deve pronunciare nel merito del diritto fatto valere dal creditore con la domanda di ingiunzione, tenendo conto di tutti gli elementi di giudizio ritualmente acquisiti agli atti, potendo influire la mancanza o l’insufficienza degli elementi probatori sulla cui base fu emesso il decreto soltanto sui regolamento delle spese processuali”: Cass, civ., sez. II, 17 novembre 1994, n.9708, in Giust. civ. Mass. 1994, fase. 11 ).
Sempre preliminarmente, occorre circoscrivere l’ambito dei motivi di opposizione a quelli esposti nell’atto introduttivo del giudizio, sicché non possono essere oggetto di delibazione quelli concernenti l’asserita mancata prova dell’avvenuto accreditamento delle somme portate dai titoli sulla cui base è stato emesso il provvedimento monitorio e l’omessa offerta del titolo da parte del creditore ricorrente ex art. 66, comma 3, legge cambiaria, in quanto introdotti per la priva volta in giudizio solo nella memoria di replica.
Infatti, “le comparse conclusionali hanno soltanto la funzione di illustrare le ragioni di fatto e di diritto sulle quali si fondano le domande e le eccezioni già proposte” (Cass. Civ., sez. I, 3 gennaio 1998, n. 11), sicché attraverso di esse la parte non può svolgere alcuna attività diretta ad introdurre in giudizio eccezioni dirette a contestare il diritto azionato dall’altra parte, rispetto alla quale sono per altro irrimediabilmente maturate le preclusioni di cui all’art. 183 c.p.c. In particolare, nell’atto di citazione in opposizione, gli opponenti hanno indicato, in modo specifico e dettagliato, le ragioni di infondatezza della pretesa creditoria della banca e, tra queste, non vi è anche quella relativa al mancato accreditamento delle somme sul conto della S.n.c. confezioni, né tale, per la sua intrinseca genericità, può considerarsi l’inciso di cui al punto 3) dell’atto.
In proposito, occorre specificare che è preciso onere della parte che intende contrastare l’avversa domanda contestarne in modo chiaro, specifico e circoscritto i motivi di infondatezza, al fine di consentirle di svolgere le proprie difese in modo puntuale e coerente con il thema disputandum che, per forza di cose, definisce ed orienta anche l’attività istruttoria da svolgere sostanziando il thema probandum (sul punto, cfr. Cass. civ., 10 gennaio 1975, n.90).
Neppure può ritenersi che vi sia stata una implicita contestazione dell’aspetto in questione, atteso che a ben vedere gli opponenti hanno censurato i criteri di determinazione del credito azionato monitoriamente dalla banca, con ciò implicitamente ammettendone l’esistenza. Per quanto attiene alla mancata offerta dei titoli, anche tale eccezione avrebbe dovuto essere proposta tempestivamente, risolvendosi in una mera eccezione di merito non rilevabile, dunque, di ufficio (Cass. Civ., sez. I, 2 febbraio 1998, n.1024, in Giust. Civ. mass., 1998, 212: “in tema di azioni cambiarie, l’onere di cui all’art. 66, comma 3, l. cambiaria (offerta del titolo in restituzione mediante deposito in cancelleria – ovvero inserimento dello stesso nel fascicolo prodotto a corredo del ricorso per decreto ingiuntivo – ), gravante sul portatore della cambiale che esperisca l’azione causale prima della prescrizione di quella cambiaria, non è riconducibile alla categoria dei presupposti processuali o delle condizioni dell’azione in senso propri, attenendo, invece, alla sfera dei requisiti per l’esame della domanda nel merito in relazione ad esigenze di natura disponibile del debitore (che divengono attuali solo con la conclusione del giudizio sull’azione causale), con la conseguenza che la sua inosservanza, da parte del creditore, risulta di ostacolo all’esame della domanda solo su eccezione di parte (tempestivamente sollevata davanti al giudice di merito), all’esito della cui proposizione sarà, peraltro, consentito al creditore, di provvedere all’offerta ed al deposito del titolo fino alla precisazione delle conclusioni “).
Ciò posto, nel merito l’opposizione è fondata e deve essere accolta nei limiti di seguito esposti.
Anzitutto deve affermata la corretta emissione del provvedimento monitorio opposto sulla scorta di idonea documentazione costituita dai titoli presentanti dal debitore principale S.n.c. confezioni e, successivamente, tornati insoluti.
Infatti, dal mero esame della copia dei titoli medesimi emerge nitidamente l’avvenuta conclusione del contratto di sconto e delle relative condizioni, debitamente sottoscritto dal legale rappresentante della società ingiunta.
Inoltre, infondata si appalesa l’eccezione relativa alla nullità delle fideiussioni ritualmente sollevata dagli opponenti.
Infatti, gli stessi si sono limitati ad una mera asserzione, senza addurre alcun elemento di riscontro probatorio a sostengo della stessa.
In proposito, l’eccezione in esame è infondata sia che la si voglia intendere come eccezione di riempimento degli spazi bianchi del contratto (incontestatamente sottoscritto dai fideiussori) in difformità dai patti, sia che la si voglia ritenere come eccezione di riempimento absque pactis, ossia senza che il suo autore (nel caso di specie la Banca) sia stato autorizzato dal sottoscrittore con preventivo patto (Cass civ., sez. III, 17 aprile 1996, n. 3624, in Giur. It., 1997, I, 1, 1276).
Nel primo caso, l’onere di dimostrare l’abusivo riempimento de quo gravava ex art. 2697 c.c. sulla parte che ha sollevato l’eccezione, la quale avrebbe dovuto dimostrare non solo il fatto dell’abusivo riempimento ma anche la difformità dello stesso dai patti intercorsi, mentre nessuna prova è stata addotta né è stata formulata alcuna richiesta istruttoria in tal senso (cfr. in proposito Cass. Civ., se. L., 23 giugno 1992, n. 7664, in Giust. Civ. mass., 1992, fasc. 6).
Nell’altro caso era onere della parte proporre querela di falso ex art. 2702 c.c., sicché, non avendolo fatto (tale non può ritenersi la generica contestazione del contenuto del documento, non accompagnata peraltro dall’indicazione degli elementi e delle prove della falsità richiesta a pena di nullità dall’art. 221 c.p.c. e non proposta dalla parte personalmente ovvero dal suo procuratore speciale), deve ritenersi il documento valido e efficace, oltre che conforme alla volontà dei contraenti ragion per cui i garanti ben possono essere chiamati a rispondere delle obbligazioni del debitore principale.
Tuttavia, l’opposizione deve ritenersi fondata con riferimento alla applicazione di interessi ultralegali.
Infatti, la Banca opposta ha omesso di produrre in giudizio il contratto di apertura di credito e fido stipulato con il debitore principale (verosimilmente non ridepositato dopo l’interruzione del giudizio o unitamente agli scritti conclusivi, atteso che di tale documento vi è menzione nell’indice dei documenti depositati, corredanti dal timbro di depositato della Cancelleria), cosicché, a fronte dell’eccezione degli opponenti non è possibile verificare la stipulazione, in forma scritta, di un tasso di interesse ultralegale, ragion per cui lo stesso dovrà essere applicato nella misura legale.
Infondati, invece, risultano essere anche gli ulteriori motivi di opposizione.
Irrilevante è la questione relativa alla asserita applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, atteso che la Banca opposta ha agito al fine di ottenere la condanna degli ingiunti al pagamento di una somma di denaro pari al valore nominale dei titoli, oltre alle spese di protesto, mentre dall’esame del ricorso si desume che gli interessi sulle somme in oggetto, in assenza di una diversa specificazione, sono stati richiesti solo dalla domanda e solo nella misura, asseritamente concordata, senza l’applicazione di alcun anatociscmo.
Altresì non risultano applicati ulteriori accessori e spese, relative, invece, alla gestione del conto.
Per i motivi esposti il decreto ingiuntivo deve essere revocato, in quanto emesso per un importo superiore rispetto a quello effettivamente dovuto.
Tuttavia, gli opponenti devono essere condannati al pagamento, in favore dell’Istituto di credito opposto della somma di € 44.403,90, oltre gli interessi nella misura legale dalla data della domanda fino all’effettivo soddisfo.
La domanda riconvenzionale deve essere rigettata, atteso che gli opponenti non hanno provato o richiesto di provare di avere versato in favore della Banca importi superiori a quelli dovuti ovvero di avere subito un danno per effetto del comportamento della stessa.
Quanto ai soggetti tenuti al pagamento delle somme indicate in favore della opposta, questi devono essere individuati tanto nel debitore principale quanto nei soli fideiussori che hanno proceduto alla riassunzione del giudizio di opposizione, pur se la presente sentenza non potrà comunque essere opposta al fallimento.
Infatti, per costante giurisprudenza “nell’ipotesi di dichiarazione di fallimento intervenuta nelle more del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo proposto dal debitore ingiunto poi fallito, il creditore opposto deve partecipare al concorso con gli altri creditori previa domanda di ammissione al passivo, attesa l’inopponibilità, al fallimento, di un decreto ingiuntivo … non ancora definitivo” (Cass. Civ., sez. I, 23 luglio 1998, n. 7221, in Giust. Civ., 1999, I, 1471).
Tuttavia, deve essere pronunciata la condanna anche del debitore principale che potrà essere fatta valere nei suoi confronti nell’ipotesi in cui dovesse tornare in bonis (Cass. Civ., sez. III, 29 marzo 1989, n. 1492).
Sussistono giusti motivi e d’equità per compensare per un quarto tra le parti le spese di lite, mentre per la parte residua, seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Giudice unico del Tribunale di Trani, sezione di Andria, definitivamente pronunziando sulla opposizione proposta dalla S.n.C. Confezioni, in persona dei soci collettivisti e legali rappresentanti M. A. e S. A., R. A. e A. C. con atto notificato il 20 novembre 1999 avverso il decreto ingiuntivo n. 420/99 emesso in data 22 luglio 1999 dal Tribunale di Trani, sezione distaccata di Andria in favore del Istituto di credito, in persona del legale rappresentante pro-tempore, e notificato il successivo 11 ottobre 1999, rigettata ogni diversa istanza, così dispone:
Accoglie l’opposizione e, per l’effetto, revoca il decreto ingiuntivo opposto;
Condanna la S.n.C. Confezioni, in persona dei soci collettivisti e legali rappresentanti M. A. e S. A., R. A. e A. C., in solido tra loro al pagamento in favore dell’istituto di credito, in persona del legale rappresentante pro-tempore, della somma di € 44.403,90, oltre interessi nella misura legale dalla data della domanda fino all’effettivo soddisfo;
Rigetta la domanda riconvenzionale;
Dichiara compensate per un terzo le spese di lite tra le parti e condanna la S.n.C. Confezioni, in persona dei soci Collettivisti e legali rappresentanti M. A. e S. A. R. A. e A. C., in solido tra loro alla rifusione in favore dell’ Istituto di credito, in persona del legale rappresentante pro-tempore, delle spese residue che liquida in complessivi € 3.700,00 di cui € 200,00 per spese, € 1.000,00 per diritti ed € 2.500,00 per onorari di avvocato, oltre accessori di legge,
Andria, 16 aprile 2004
Il Giudice
dott. Paolo RIzzi