Nel procedimento C-322/01,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell’art. 234 del Trattato CE, dal Landgericht Frankfurt am Main (Germania) nella causa dinanzi ad esso pendente tra
Deutscher Apothekerverband eV


e


0800 DocMorris NV,
Jacques Waterval,
domanda vertente sull’interpretazione degli artt. 28 CE e 30 CE, nonché degli artt. 1, nn. 3 e 4, 2 e 3 della direttiva del Consiglio 31 marzo 1992, 92/28/CEE, concernente la pubblicità dei medicinali per uso umano (GU L 113, pag. 13), letti in combinato disposto con la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («Direttiva sul commercio elettronico») (GU L 178, pag. 1),


LA CORTE,


composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, C. Gulmann, J.N. Cunha Rodrigues e A. Rosas, presidenti di sezione, dai sigg. D.A.O. Edward (relatore), A. La Pergola, J.-P. Puissochet e R. Schintgen, dalle sig.re F. Macken e N. Colneric, e dal sig. S. von Bahr, giudici,
avvocato generale: sig.ra C. Stix-Hackl
cancelliere: sig. H. A. Rühl, amministratore principale
viste le osservazioni scritte presentate:
– per il Deutscher Apothekerverband eV, dal sig. C. Dechamps, Rechtsanwalt, assistito dal sig. J. Schwarze;
– per la 0800 DocMorris NV e il sig. Waterval, dal sig. C. Koenig, professore;
– per il governo tedesco, dal sig. W.-D. Plessing e dalla sig.ra B. Muttelsee-Schön, in qualità di agenti;
– per il governo ellenico, dai sigg. F. Georgakopoulos e D. Kalogiros, nonché dalla sig.ra E.-M. Mamouna, in qualità di agenti;
– per il governo francese, dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra R. Loosli-Surrans, in qualità di agenti;
– per il governo irlandese, dal sig. D.J. O’Hagan, in qualità di agente, assistito dalla sig.ra N. Hyland, barrister;
– per il governo austriaco, dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di agente;
– per Commissione delle Comunità europee, dal sig. J.-C. Schieferer, in qualità di agente, assistito dal sig. M. Núñez Müller, Rechtsanwalt,
vista la relazione d’udienza,
sentite le osservazioni orali del Deutscher Apothekerverband eV, rappresentato dall’avv. C. Dechamps, assistito dal sig. J. Schwarze, della 0800 DocMorris NV e del sig. Waterval, rappresentati dal sig. C. Koenig, del governo tedesco, rappresentato dal sig. W.-D. Plessing, del governo ellenico, rappresentato dai sigg. D. Kalogiros e M. Apessos, in qualità di agenti, del governo francese, rappresentato dalla sig.ra R. Loosli-Surrans, e della Commissione, rappresentata dal sig. J.-C. Schieferer, all’udienza del 10 dicembre 2002,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’11 marzo 2003,
ha pronunciato la seguente


Sentenza


1 Con ordinanza 10 agosto 2001, pervenuta nella cancelleria della Corte il 21 agosto seguente, il Landgericht Frankfurt am Main ha proposto, ai sensi dell’art. 234 CE, tre questioni pregiudiziali relative all’interpretazione degli artt. 28 CE e 30 CE, nonché degli artt. 1, nn. 3 e 4, 2 e 3 della direttiva del Consiglio 31 marzo 1992, 92/28/CEE, concernente la pubblicità dei medicinali per uso umano (GU L 113, pag. 13), letti in combinato disposto con la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («Direttiva sul commercio elettronico») (GU L 178, pag. 1).
2 Tali questioni sono state sollevate nell’ambito di una controversia che oppone il Deutscher Apothekerverband eV (in prosieguo: l’«Apothekerverband») alla 0800 DocMorris NV (in prosieguo: la «DocMorris») e al sig. Waterval in merito alla vendita via Internet di medicinali per uso umano in uno Stato membro diverso da quello in cui sono stabiliti la DocMorris e il sig. Waterval.
Contesto giuridico
La normativa comunitaria Direttive che disciplinano la vendita di medicinali
3 La direttiva del Consiglio 26 gennaio 1965, 65/65/CEE, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU 1965, n. 22, pag. 369), come modificata dalla direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/39/CEE (GU L 214, pag. 22; in prosieguo: la «direttiva 65/65»), subordina l’immissione in commercio dei medicinali ad una previa autorizzazione. L’art. 3 di tale direttiva così dispone:
«Nessun medicinale può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un’autorizzazione all’immissione in commercio delle autorità competenti di detto Stato membro rilasciata a norma della presente direttiva oppure senza un’autorizzazione concessa a norma del regolamento (CEE) n. 2309/93 del Consiglio, del 22 luglio 1993, che stabilisce le procedure comunitarie per l’autorizzazione e la vigilanza dei medicinali per uso umano e veterinario e che istituisce un’Agenzia europea di valutazione dei medicinali [GU L 214, pag. 1].
Le disposizioni della presente direttiva lasciano impregiudicate le competenze delle autorità degli Stati membri sia in materia di fissazione dei prezzi dei medicinali sia per quanto concerne la loro inclusione nel campo d’applicazione dei sistemi nazionali di assicurazione malattia, sulla base di condizioni sanitarie, economiche e sociali».
4 La direttiva 65/65 è stata abrogata e sostituita, con effetto a decorrere dal 18 dicembre 2001, dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 novembre 2001, 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 311, pag. 67; in prosieguo: il «codice comunitario»). L’art. 6, n. 1, del codice comunitario, che è compreso nel titolo III di quest’ultimo, intitolato «Immissione in commercio», capo 1, riguardante l’«[a]utorizzazione all’immissione in commercio», è così formulato:
«Nessun medicinale può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un’autorizzazione all’immissione in commercio delle autorità competenti di detto Stato membro rilasciata a norma della presente direttiva oppure senza un’autorizzazione a norma del regolamento (CEE) n. 2309/93».
Direttive relative alla classificazione in materia di fornitura dei medicinali
5 La direttiva del Consiglio 31 marzo 1992, 92/26/CEE, concernente la classificazione in materia di fornitura dei medicinali per uso umano (GU L 113, pag. 5), prevedeva all’art. 2, n. 1, che, quando le autorità competenti di uno Stato membro autorizzano l’immissione sul mercato di un medicinale, esse devono precisare la sua classificazione o come medicinale soggetto a prescrizione medica o come medicinale non soggetto a tale prescrizione e, a tal fine, devono applicare i criteri elencati all’art. 3, n. 1, della stessa direttiva. Ai sensi di tale disposizione:
«I medicinali sono soggetti a prescrizione medica quando:
– possono presentare un pericolo, direttamente o indirettamente, anche in condizioni normali di utilizzazione, se sono usati senza controllo medico,
o
– sono utilizzati spesso, e in larghissima misura, in condizioni anormali di utilizzazione e ciò rischia di mettere in pericolo direttamente o indirettamente la salute,
o
– contengono sostanze o preparazioni a base di tali sostanze, di cui è indispensabile approfondire l’attività e/o gli effetti secondari,
oppure
– sono, salvo eccezioni, prescritti da un medico per essere somministrati per via parenterale».
6 L’art. 4 della direttiva 92/26 precisava che i medicinale non soggetti a prescrizione sono quelli che non rispondono ai criteri elencati all’art. 3 della direttiva in parola. Tale direttiva è stata abrogata e sostituita dalle disposizioni del titolo VI del codice comunitario, intitolato «Classificazione dei medicinali». L’art. 70 di tale codice riprende, in termini analoghi, l’art. 2 della direttiva 92/26, mentre gli artt. 71, n. 1, e 72 del codice in parola riprendono rispettivamente, in termini parimenti analoghi, gli artt. 3, n. 1, e 4 della medesima direttiva.
Direttive relative alla pubblicità dei medicinali
7 L’art. 1, nn. 3 e 4, della direttiva 92/28 disponeva quanto segue:
«3. Ai fini della presente direttiva si intende per “pubblicità dei medicinali” qualsiasi azione d’informazione, di ricerca della clientela o di incitamento, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali; essa comprende in particolare:
– la pubblicità dei medicinali presso il pubblico;
– la pubblicità dei medicinali presso persone autorizzate a prescriverli o a fornirli;
– la visita di informatori scientifici presso persone autorizzate a prescrivere o a fornire medicinali;
– la fornitura di campioni di medicinali;
– l’incitamento a prescrivere o a fornire medicinali mediante la concessione, l’offerta o la promessa di vantaggi pecuniari o in natura, ad eccezione di oggetti di valore intrinseco trascurabile;
– la sponsorizzazione di riunioni promozionali cui assistono persone autorizzate a prescrivere o a fornire medicinali;
– la sponsorizzazione dei congressi scientifici cui partecipano persone autorizzate a prescrivere o a fornire medicinali, in particolare il pagamento delle spese di viaggio e di soggiorno di queste ultime in tale occasione.
4. Non formano oggetto della presente direttiva:
– l’etichettatura e il foglietto illustrativo dei medicinali, soggetti alle disposizioni della direttiva 92/27/CEE;
– la corrispondenza corredata eventualmente da qualsiasi documento non pubblicitario, necessaria per rispondere a una richiesta precisa di informazioni su un determinato medicinale;
– le informazioni concrete e i documenti di riferimento riguardanti, ad esempio, i cambiamenti degli imballaggi, le avvertenze sugli effetti secondari, nell’ambito della farmacovigilanza, i cataloghi di vendita e gli elenchi dei prezzi, purché non vi figurino informazioni sul medicinale;
– le informazioni relative alla salute umana e alle malattie umane, purché non contengano alcun riferimento, neppure indiretto, ad un medicinale».
8 L’art. 2, n. 1, della direttiva 92/28 così disponeva:
«Gli Stati membri vietano qualsiasi pubblicità di un medicinale per cui non sia stata rilasciata un’autorizzazione di immissione sul mercato, conforme al diritto comunitario».
9 L’art. 3, nn. 1-3 della stessa direttiva, inserito nel capitolo II di quest’ultima, intitolato «La pubblicità presso il pubblico», prevedeva quanto segue:
«1. Gli Stati membri vietano la pubblicità presso il pubblico di medicinali:
– che possono essere forniti soltanto dietro presentazione di ricetta medica, conformemente alla direttiva 92/26/CEE,
– che contengono psicotropi o stupefacenti ai sensi delle convenzioni internazionali,
– che non possono formare oggetto di pubblicità presso il pubblico conformemente al paragrafo 2.
2. Possono formare oggetto di pubblicità presso il pubblico i medicinali che, per la loro composizione ed il loro obiettivo, sono previsti e concepiti per essere utilizzati senza intervento di un medico per la diagnosi, la prescrizione o la sorveglianza del trattamento, se necessario con il consiglio del farmacista.
(…)
3. Gli Stati membri possono inoltre vietare sul proprio territorio la pubblicità presso il pubblico dei medicinali rimborsabili».
10 L’art. 5 della direttiva 92/28 precisa gli elementi che non devono essere presenti nella pubblicità presso il pubblico di un medicinale.
11 La direttiva 92/28 è stata anch’essa abrogata e sostituita dal codice comunitario a decorrere dal 18 dicembre 2001. L’art. 86 di quest’ultimo, incluso nel titolo VIII di tale codice, intitolato «Pubblicità», riprende in termini pressoché identici l’art. 1, nn. 3 e 4, della sopramenzionata direttiva.
12 L’art. 87 del codice comunitario, che sostituisce l’art. 2 della direttiva 92/28, così dispone:
«1. Gli Stati membri vietano qualsiasi pubblicità di un medicinale per cui non sia stata rilasciata un’autorizzazione all’immissione in commercio, conforme al diritto comunitario.
2. Tutti gli elementi della pubblicità di un medicinale devono essere conformi alle informazioni che figurano nel riassunto delle caratteristiche del prodotto.
3. La pubblicità di un medicinale:
– deve favorire l’uso razionale del medicinale, presentandolo in modo obiettivo e senza esagerarne le proprietà,
– non può essere ingannevole».
13 L’art. 88 del codice comunitario riprende, in termini analoghi, l’art. 3 della direttiva 92/28, riferendosi, in luogo della direttiva 92/26, al titolo VI del medesimo codice, relativo alla classificazione dei medicinali. Ai sensi di tale art. 88, nn. 1 e 2:
«1. Gli Stati membri vietano la pubblicità presso il pubblico dei seguenti medicinali:
– quelli che possono essere forniti soltanto dietro presentazione di ricetta medica, conformemente al titolo VI,
– contenenti psicotropi o stupefacenti ai sensi delle convenzioni internazionali, (…) e
– quelli che non possono essere oggetto di pubblicità presso il pubblico conformemente al paragrafo 2, secondo comma.
2. Possono essere oggetto di pubblicità presso il pubblico i medicinali che, per la loro composizione ed il loro obiettivo, sono previsti e concepiti per essere utilizzati senza intervento di un medico per la diagnosi, la prescrizione o la sorveglianza del trattamento, se necessario con il consiglio del farmacista.
(…)».
14 L’art. 90 del codice comunitario riprende l’art. 5 della direttiva 92/28.
Direttive relative alla vendita a distanza e al commercio elettronico
15 La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 maggio 1997, 97/7/CE, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza (GU L 144, pag. 19), disciplina la vendita a distanza. Ai sensi dell’art. 1 della medesima, essa ha come oggetto di ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri riguardanti i contratti a distanza tra consumatori e fornitori.
16 L’art. 14 della direttiva 97/7 così recita:
«Gli Stati membri possono adottare o mantenere, nel settore disciplinato dalla presente direttiva, disposizioni più severe compatibili con il trattato [CE], per garantire al consumatore un livello di protezione più elevato. Dette disposizioni comprendono, se del caso, il divieto, per ragioni d’interesse generale, della commercializzazione nel loro territorio di taluni beni o servizi, in particolare i medicinali, mediante contratti a distanza, nel rispetto del trattato».
17 La direttiva sul commercio elettronico mira ad assicurare la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione tra Stati membri. Ai sensi dell’undicesimo `considerando’ di tale direttiva:
«La presente direttiva lascia impregiudicato il livello di tutela, in particolare, della sanità pubblica e dei consumatori garantito dagli strumenti comunitari. Tra le altre (…) la direttiva 97/7 (…), costituisc[e] un’acquisizione essenziale per la tutela del consumatore in materia contrattuale(…). Fanno parte dell’acquis comunitario [che deve continuare ad applicarsi integralmente ai servizi della società dell’informazione] anche la direttiva 92/28 (…)».
18 Il ventunesimo `considerando’ della direttiva sul commercio elettronico precisa quanto segue:
«Il campo d’applicazione dell’ambito regolamentato lascia impregiudicata un’eventuale armonizzazione futura all’interno della Comunità dei servizi della società dell’informazione e la futura legislazione adottata a livello nazionale in conformità della normativa comunitaria. L’ambito regolamentato comprende unicamente requisiti riguardanti le attività in linea, quali l’informazione in linea, la pubblicità in linea, la vendita in linea, i contratti in linea, e non comprende i requisiti legali degli Stati membri relativi alle merci, quali le norme in materia di sicurezza, gli obblighi di etichettatura e la responsabilità per le merci, o i requisiti degli Stati membri relativi alla consegna o al trasporto delle merci, compresa la distribuzione di prodotti medicinali. L’ambito regolamentato non comprende l’esercizio dei diritti di prelazione su taluni beni, quali le opere d’arte, da parte delle autorità pubbliche».
19 L’art. 1 della direttiva sul commercio elettronico, intitolato «Obiettivi e campo d’applicazione», ai nn. 1-3, così dispone:
«1. La presente direttiva mira a contribuire al buon funzionamento del mercato garantendo la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione tra Stati membri.
2. La presente direttiva ravvicina, nella misura necessaria alla realizzazione dell’obiettivo di cui al paragrafo 1, talune norme nazionali sui servizi della società dell’informazione che interessano il mercato interno, lo stabilimento dei prestatori, le comunicazioni commerciali, i contratti per via elettronica, la responsabilità degli intermediari, i codici di condotta, la composizione extragiudiziaria delle controversie, i ricorsi giurisdizionali e la cooperazione tra Stati membri.
3. La presente direttiva completa il diritto comunitario relativo ai servizi della società dell’informazione facendo salvo il livello di tutela, in particolare, della sanità pubblica e dei consumatori, garantito dagli strumenti comunitari e dalla legislazione nazionale di attuazione nella misura in cui esso non limita la libertà di fornire servizi della società dell’informazione».
20 Ai sensi dell’art. 3, n. 2, della medesima direttiva:
«Gli Stati membri non possono, per motivi che rientrano nell’ambito regolamentato, limitare la libera circolazione dei servizi [della] società dell’informazione provenienti da un altro Stato membro».
21 L’art. 3, n. 4, lett. a), di tale direttiva stabilisce quanto segue:
«Gli Stati membri possono adottare provvedimenti in deroga al paragrafo 2, per quanto concerne un determinato servizio della società dell’informazione, in presenza delle seguenti condizioni:
a) i provvedimenti sono:
i) necessari per una delle seguenti ragioni:
– (…)
– tutela della sanità pubblica;
– (…)
ii) relativi a un determinato servizio della società dell’informazione lesivo degli obiettivi di cui al punto i) o che costituisca un rischio serio e grave di pregiudizio a tali obiettivi;
iii) proporzionati a tali obiettivi».
22 L’art. 22, n. 1, della direttiva sul commercio elettronico dispone che gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva stessa entro il 17 gennaio 2002.
La normativa nazionale
La vendita dei medicinali
23 Il commercio dei medicinali in Germania è disciplinato dall’Arzneimittelgesetz (legge relativa ai medicinali), nel testo del 7 settembre 1998 (BGBl. 1998 I, pag. 2649; in prosieguo: l’«AMG»).
24 L’art. 43, primo comma, dell’AMG vieta la vendita per corrispondenza dei medicinali la cui vendita è riservata esclusivamente alle farmacie. Tale disposizione così recita:
«I medicinali (…) dei quali non sia autorizzata la commercializzazione al di fuori delle farmacie a termini delle disposizioni di cui all’art. 44 ovvero di cui al regolamento emanato in forza dell’art. 45, primo comma, possono essere immessi in commercio ai fini della vendita al minuto, a titolo professionale o commerciale, ad esclusione dei casi indicati nell’art. 47, unicamente nelle farmacie e non per corrispondenza. (…) i medicinali riservati alle farmacie ai sensi della prima frase del presente comma non possono essere commercializzati al di fuori delle medesime».
25 L’AMG prevede una serie di deroghe a tale divieto che peraltro non si applicano nella causa principale. Così, in conformità dell’art. 44 dell’AMG, taluni medicinali non destinati ad essere utilizzati come medicinali per uso umano non devono essere venduti esclusivamente in farmacia. L’art. 45, primo comma, dell’AMG conferisce al ministero federale competente il potere di autorizzare la vendita al di fuori delle farmacie di taluni preparati. L’art. 47 dell’AMG prevede deroghe in relazione all’approvvigionamento diretto di medici ed ospedali senza ricorso alle farmacie.
26 L’art. 73, primo comma, dell’AMG dispone inoltre un divieto per i medicinali non conformi a tale legge nei termini seguenti:
«1) I medicinali soggetti ad obbligo di autorizzazione o di registrazione possono costituire oggetto di spedizione nell’ambito territoriale di applicazione della presente legge (…) solamente qualora siano stati oggetto di registrazione o autorizzazione all’immissione in commercio in tale territorio ovvero siano esenti da registrazione o autorizzazione e alle condizioni seguenti:
1. il destinatario sia, nel caso di spedizione proveniente da uno Stato membro della Comunità europea o di uno Stato contraente dell’Accordo sullo Spazio economico europeo, un’impresa farmaceutica, un commerciante all’ingrosso o un veterinario ovvero gestisca una farmacia oppure
2. (…)».
27 L’art. 73, secondo comma, punto 6 bis, dell’AMG prevede al riguardo una deroga per quei medicinali «che possono essere immessi in commercio nel paese di origine ed acquistati, senza l’intervento di intermediari professionali o commerciali, in quantità corrispondente al normale fabbisogno personale a partire da un altro Stato membro della Comunità europea o da un altro Stato contraente dell’Accordo sullo Spazio economico europeo». Secondo il governo tedesco, l’inciso «senza l’intervento di intermediari professionali o commerciali» sarebbe diretto ad impedire che la singola importazione per il fabbisogno personale venga estesa a livello professionale, anche per mezzo della vendita per corrispondenza, e che il divieto sia in tal modo aggirato.
28 Per quanto riguarda la vendita di medicinali nelle farmacie, queste ultime devono adeguarsi alle disposizioni dell’Apothekenbetriebsordnung (codice deontologico dei farmacisti, in prosieguo: l’«ABO»). L’art. 2, secondo comma, dell’ABO così dispone:
«Il titolare di una farmacia deve dirigere personalmente la farmacia. Egli è responsabile della gestione della farmacia nel rispetto delle disposizioni in vigore».
29 Inoltre l’ABO obbliga il farmacista ad esaminare i medicinali che gli vengono consegnati prima di venderli (art. 12 dell’ABO), ad avere a disposizione un assortimento completo o ad essere in grado di procurarsi in poche ore i preparati di cui i suoi clienti hanno bisogno (art. 15), a consegnare i medicinali ai clienti personalmente o per il tramite del proprio personale di laboratorio che disponga di nozioni specifiche (art. 17, primo comma), a informare e consultare il cliente, ad esaminare, all’occorrenza, se la prescrizione medica contenga errori (art. 17, secondo comma), a rivolgersi, in caso di dubbio, al medico che ha effettuato la prescrizione (art. 17, quinto comma), e a rinviare la consegna dei medicinali in caso di sospetto motivato da un abuso (art. 17, ottavo comma).
30 Si deve aggiungere che l’Arzneimittelpreisverordnung (regolamento sui prezzi dei medicinali, in prosieguo: l’«APO») prevede una disciplina dei prezzi ai quali i farmaci soggetti ad una prescrizione medica sono venduti ai consumatori finali. Mentre i fabbricanti di medicinali possono fissare liberamente i loro prezzi, i prezzi a cui i medicinali sono venduti per il consumo finale sono stabiliti dall’APO, per cui in tutte le farmacie tedesche esiste un prezzo unico per uno stesso medicinale.
Disposizioni del diritto nazionale che disciplinano la pubblicità dei medicinali
31 Ai sensi dell’art. 3 bis dello Heilmittelwerbegesetz (legge in materia di pubblicità dei medicinali, in prosieguo: lo «HWG»), nel testo pubblicato il 19 ottobre 1994 (BGBl. 1994 I, pag. 3068):
«E’ vietata qualsiasi pubblicità dei medicinali soggetti all’obbligo di autorizzazione e che non siano autorizzati ovvero che non siano da considerarsi come autorizzati ai sensi delle disposizioni del diritto dei prodotti farmaceutici».
32 L’art. 8 dello HWG così recita:
«1. Non è consentita la pubblicità volta ad incoraggiare la vendita per corrispondenza di medicinali la cui vendita sia riservata alle farmacie. Tale divieto non si applica alla pubblicità riguardante la vendita di medicinali nei casi previsti dall’art. 47 dell'[AMG].
2. Non è inoltre consentita la pubblicità diretta ad incoraggiare la televendita di medicinali oppure la vendita di determinati medicinali per mezzo di importazione singola ai sensi dell’art. 73, secondo comma, punto 6 bis, ovvero dell’art. 73, terzo comma, dell'[AMG]».
33 L’art. 10 dello HWG così dispone:
«1. La pubblicità riguardante medicinali soggetti ad obbligo di prescrizione medica può essere rivolta unicamente a medici, a dentisti, a veterinari, a farmacisti o a coloro che esercitano il commercio autorizzato di tali medicinali.
2. I medicinali per uso umano diretti a combattere problemi di insonnia o disturbi di natura psichica ovvero i farmaci psicotropi non possono essere pubblicizzati al di fuori della cerchia degli specialisti del settore».
Causa principale e questioni pregiudiziali
34 L’Apothekerverband, ricorrente nella causa principale, è un’associazione che ha lo scopo di difendere e di promuovere gli interessi economici e sociali della professione farmaceutica. I suoi membri sono i Landesapothekerverbände e i Landesapothekervereine (federazioni e associazioni dei farmacisti a livello dei Länder), i quali rappresentano oltre 19 000 gestori di farmacie, comprendendo la maggior parte dei 21 600 laboratori farmaceutici esistenti in Germania.
35 La DocMorris, prima parte convenuta nella causa principale, è una società per azioni con sede in Landgraaf (Paesi Bassi). Oltre alla vendita per corrispondenza di medicinali, essa esercita un’attività farmaceutica «classica», attraverso una farmacia tradizionale, aperta al pubblico, situata nei Paesi Bassi. Sia tale attività sia il suo sito Internet sono coperti da un’autorizzazione rilasciata dalle pubbliche autorità olandesi e sono oggetto di un controllo da parte di queste ultime. Il sig. Waterval, secondo convenuto nella causa principale e cittadino olandese, è un farmacista autorizzato in tale Stato membro. Fino al 30 maggio 2001 egli è stato direttore della DocMorris ed è tuttora uno dei suoi rappresentanti legali.
36 Dall’8 giugno 2000, la DocMorris e il sig. Waterval offrono in vendita, all’indirizzo Internet 0800 DocMorris, medicinali per uso umano con o senza obbligo di prescrizione medica e ciò, in particolare, in lingua tedesca, per consumatori finali residenti in Germania. I convenuti nella causa principale vendono esclusivamente medicinali autorizzati, sulla base di un’autorizzazione ottenuta in Germania o nei Paesi Bassi.
37 Secondo l’ordinanza di rinvio tale sito Internet si suddivide nelle rubriche intitolate «Farmacia», «Foro della salute», «Chi siamo», «Contatto» e «Aiuto». I diversi medicinali sono divisi in categorie di prodotti, sotto le rubriche «Analgesici», «Regolatori della pressione sanguigna», «Terapia contro il cancro», «Immunostimolanti», «Riduttori del colesterolo», «Medicinali urologici/stimolatori della virilità», «Disintossicanti» ed altre rubriche. Ciascuna rubrica contiene innanzi tutto un’introduzione di poche frasi. In seguito, i medicinali sono presentati in ordine alfabetico secondo la loro denominazione, viene descritto il contenuto della confezione e il prezzo è indicato in euro. Infine, ulteriori informazioni sul prodotto in sé possono essere ottenute cliccando sulla denominazione di quest’ultimo.
38 Inoltre viene spiegato che, quando un dato medicinale è soggetto a prescrizione medica, un’avvertenza compare sul sito accanto alla descrizione del prodotto. Un medicinale determinato viene classificato come soggetto a prescrizione medica quando esso è considerato come tale nei Paesi Bassi o nello Stato membro in cui risiede il consumatore. A tale proposito, si applicano sempre le norme più rigorose in materia di prescrizione medica, che possono essere quelle del paese di provenienza o del paese di destinazione del medicinale considerato. La consegna di siffatti medicinali avviene soltanto in seguito a presentazione della ricetta medica originale.
39 Il consumatore ha inoltre la possibilità, cliccando sull’icona appropriata, di cercare un determinato prodotto nell’assortimento offerto dai convenuti nella causa principale o di consultare un comitato di esperti su questioni di salute. In generale, il consumatore può mettersi in contatto con i detti convenuti non solo con una comunicazione via Internet, ma anche mediante un numero telefonico gratuito o per lettera.
40 La consegna può avvenire in diversi modi. Da un lato, il consumatore può ritirare personalmente il suo ordine alla farmacia, situata in Landgraaf, città in prossimità della frontiera tra i Paesi Bassi e la Germania, e, dall’altro, senza incorrere in spese supplementari, può incaricare un servizio di corriere, raccomandato dai convenuti nella causa principale, di ritirare il prodotto ordinato e di consegnarlo all’indirizzo indicato dal destinatario. Il consumatore può anche incaricare, a proprie spese, un altro servizio di corriere, anch’esso raccomandato dai convenuti, il quale ritira il prodotto ordinato e lo consegna all’indirizzo del destinatario. Inoltre egli ha la possibilità di ricorrere, a proprie spese, ad un altro servizio di corriere.
41 L’Apothekerverband contesta, dinanzi al Landgericht Frankfurt am Main, l’offerta di medicinali descritta ai punti 36-40 della presente sentenza e la consegna di essi attraverso un servizio internazionale di vendita per corrispondenza, ritenendo che le disposizioni dell’AMG e dello HWG non permettano l’esercizio di tale attività da parte dei convenuti nella causa principale. Inoltre il divieto stabilito da queste due leggi non potrebbe essere messo in discussione sulla base degli artt. 28 CE e 30 CE.
42 I convenuti nella causa principale ritengono che la normativa nazionale già di per sé autorizzi la loro attività e che, comunque, il divieto di vendita di medicinali per corrispondenza non sia compatibile con le disposizioni del diritto comunitario.
43 A tale proposito, il Landgericht Frankfurt am Main in primo luogo esprime dubbi in merito alla questione se divieti quali quelli previsti agli artt. 43, primo comma, e 73, primo comma, dell’AMG violino il principio della libera circolazione delle merci. Inoltre, nell’ipotesi in cui vi sia una violazione dell’art. 28 CE, il giudice del rinvio desidera sapere se la normativa tedesca in discussione nella causa principale sia necessaria per tutelare efficacemente la salute e la vita delle persone, ai sensi dell’art. 30 CE, oppure se, tenuto conto della crescente armonizzazione dei procedimenti di autorizzazione dei medicinali, la salute e la vita delle persone possano venire protette in modo altrettanto efficace con provvedimenti meno restrittivi per gli scambi comunitari, secondo i principi esposti dalla Corte nella sentenza 10 novembre 1994, causa C-320/93, Ortscheit, Racc. pag. I-5243). Infine, il giudice del rinvio si chiede se i divieti di pubblicità, come quelli previsti dallo HWG, siano compatibili con i principi della libera circolazione delle merci e della libera circolazione dei servizi della società dell’informazione, di cui all’art. 1, nn. 1 e 2, della direttiva sul commercio elettronico.
44 Pertanto il Landgericht Frankfurt am Main ha deciso di sospendere la decisione e di proporre alla Corte le questioni pregiudiziali seguenti:
«1) Se una normativa nazionale che vieta l’importazione commerciale di medicinali per uso umano, da vendersi esclusivamente in farmacia, effettuata mediante la vendita per corrispondenza da parte di farmacie autorizzate stabilite in altri Stati membri in base ad ordinazioni individuali effettuate da consumatori finali via Internet, violi i principi della libera circolazione delle merci ai sensi degli artt. 28 CE e ss.
a) Se un divieto nazionale siffatto costituisca una misura di effetto equivalente ai sensi dell’art. 28 CE.
b) In caso di risposta affermativa alla questione sub a), se l’art. 30 CE sia da interpretare nel senso che un divieto nazionale a tutela della salute e della vita delle persone sia giustificato qualora, prima della consegna dei medicinali soggetti ad obbligo di prescrizione medica, la farmacia speditrice debba ricevere una ricetta medica originale. Quali requisiti debbano eventualmente essere imposti a tale farmacia in relazione al controllo degli ordini, dei pacchi e della ricezione.
c) Se alle questione 1, lett. a) e b), debba essere data, alla luce degli artt. 28 CE e 30 CE, diversa soluzione qualora si tratti dell’importazione di medicinali autorizzati nello Stato di importazione, che una farmacia di uno Stato membro dell’Unione europea abbia precedentemente acquistato presso grossisti dello Stato di importazione.
2) Se sia compatibile con gli artt. 28 CE e 30 CE il fatto che un divieto nazionale di pubblicità relativa alla vendita per corrispondenza di medicinali per uso umano, nonché relativa a medicinali per uso umano soggetti ad obbligo di prescrizione medica e a medicinali autorizzati nello Stato di origine ma non in quello di importazione, la cui vendita sia riservata alle farmacie, venga interpretato in senso talmente ampio che il sito Internet di una farmacia di uno Stato membro dell’Unione europea che, accanto alla mera presentazione della propria impresa, descrive i singoli medicinali con la denominazione commerciale, l’eventuale obbligo di prescrizione medica, le dimensioni della confezione e il prezzo, e offre contemporaneamente la possibilità di ordinare i medicinali medesimi mediante un modulo d’ordine telematico, venga qualificata come pubblicità vietata, con la conseguenza che ordini internazionali di medicinali via Internet, comprendenti la consegna internazionale, vengano comunque resi considerevolmente più difficili.
a) Se gli articoli 28 CE e 30 CE esigano che la descritta presentazione su Internet di una farmacia di uno Stato membro dell’Unione europea, o parti di detta presentazione, in considerazione dell’art. 1, n. 3, della direttiva 2000/31 (…), debbano essere esclusi dalla nozione di pubblicità presso il pubblico ai sensi degli artt. 1, n. 3, e 3, n. 1, della direttiva 1992/28 (…), per garantire anche in pratica l’offerta di determinate prestazioni di servizi della società dell’informazione.
b) Se una restrizione della nozione di pubblicità, eventualmente imposta dagli artt. 28 CE e 30 CE, possa essere giustificata dal fatto che i moduli d’ordine telematici, che prevedono solo le informazioni minime necessarie per un ordine, e/o altre parti del sito Internet di una farmacia di un altro Stato membro dell’Unione europea debbano essere equiparati ai cataloghi di vendita e/o agli elenchi dei prezzi ai sensi dell’art. 1, n. 4, della direttiva 92/28/CEE.
3) Nel caso in cui aspetti parziali della presentazione su Internet di una farmacia di uno Stato membro dell’Unione europea violino norme relative alla pubblicità dei medicinali, se dagli artt. 28 CE e 30 CE risulti che il commercio transfrontaliero di medicinali, realizzato con l’ausilio di una siffatta presentazione, debba essere considerato giuridicamente ammissibile, nonostante la pubblicità vietata, per realizzare effettivamente il principio della libera circolazione delle merci».
Sulla prima questione
45 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se il principio della libera circolazione delle merci ai sensi degli artt. 28 CE-30 CE osti ad una normativa nazionale, come quella in discussione nella causa principale, che vieta l’importazione commerciale di medicinali per uso umano la cui vendita è riservata esclusivamente alle farmacie nello Stato membro interessato, realizzata mediante la vendita per corrispondenza da parte di farmacie autorizzate stabilite in altri Stati membri, in base ad ordinazioni individuali effettuate da consumatori finali via Internet.
46 Alla luce degli argomenti invocati, in particolare dai convenuti nella causa principale, occorre esaminare tale questione in primo luogo con riguardo ai medicinali non autorizzati in Germania. In seguito, essa sarà trattata con riguardo ai medicinali autorizzati in tale Stato membro. Quest’ultima categoria si suddivide a sua volta nei medicinali non soggetti a prescrizione medica e nei medicinali soggetti a tale prescrizione.
Medicinali non autorizzati in Germania
47 Tra le disposizioni nazionali in discussione nella causa principale, l’art. 73, primo comma, dell’AMG vieta, in generale, l’importazione di medicinali che sono assoggettati ad autorizzazione o a registrazione sul territorio nazionale per il solo fatto che essi non sono stati autorizzati o registrati per la circolazione su tale territorio. Pertanto, l’importazione di tali medicinali nel territorio tedesco è esclusa per il solo fatto che essi non sono autorizzati, indipendentemente dal modo di vendita.
48 Se una disposizione quale l’art. 73, primo comma, dell’AMG è compatibile con il diritto comunitario, non sarà necessario esaminare, rispetto a tale categoria di medicinali, se gli artt. 28 CE-30 CE ostino ad una normativa nazionale che vieta la vendita per corrispondenza dei medicinali la cui vendita è riservata esclusivamente alle farmacie.
Osservazioni presentate alla Corte
49 Tanto il governo tedesco quanto la Commissione fanno valere che l’applicazione dell’art. 73 dell’AMG, che vieta l’importazione di medicinali che non hanno ottenuto l’autorizzazione richiesta a tale scopo, è collegata al divieto di commercializzare medicinali non autorizzati nello Stato membro interessato, previsto all’art. 3, della direttiva 65/65, come sostituito dall’art. 6, n. 1, del codice comunitario. Il diritto nazionale avrebbe quindi lo scopo di impedire che venga eluso l’obbligo di autorizzazione esistente.
50 Il governo greco aderisce a questa posizione, affermando che la possibilità di ordinare via Internet medicinali che non hanno ricevuto l’autorizzazione richiesta nello Stato membro di importazione annullerebbe, in sostanza, il regime di autorizzazione alla circolazione delle specialità farmaceutiche. Infatti, i produttori di medicinali avrebbero la possibilità di ottenere un’autorizzazione nello Stato membro che ha la normativa meno severa in materia e di commercializzarli negli Stati membri in cui tali medicinali non sono autorizzati. Una tale situazione equivarrebbe a una completa libertà di importazione dei medicinali, autorizzati o meno, che renderebbe impossibile il controllo delle importazioni parallele.
51 Secondo i convenuti nella causa principale, per le ragioni invocate in materia di medicinali autorizzati (v. punti 61 e 62 della presente sentenza), l’art. 73, primo comma, dell’AMG deve essere qualificato come una misura di effetto equivalente che limita la libera circolazione delle merci ai sensi dell’art. 28 CE


Risposta della Corte


52 Come giustamente rilevano i governi tedesco ed ellenico, nonché la Commissione, il divieto generale previsto dall’art. 73, primo comma, dell’AMG corrisponde al divieto, a livello comunitario, di commercializzare medicinali non autorizzati nello Stato membro interessato, il quale era previsto dall’art. 3 della direttiva 65/65, sostituito dall’art. 6, n. 1, del codice comunitario. Secondo tali disposizioni, i medicinali che sono autorizzati in uno Stato membro, per accedere al mercato di un altro Stato membro, devono aver costituito oggetto di un’autorizzazione concessa dall’autorità competente di quest’ultimo Stato membro oppure ai sensi del regime comunitario previsto da tali disposizioni.
53 Di conseguenza, una norma nazionale come quella dell’art. 73, primo comma, dell’AMG, con cui lo Stato membro adempie i suoi obblighi derivanti dalla direttiva 65/65 e dal codice comunitario, non può qualificarsi misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all’importazione ai sensi dell’art. 28 CE [v., in tal senso, nel contesto della direttiva del Consiglio 16 settembre 1986, 86/469/CEE, relativa alla ricerca di residui negli animali e nelle carni fresche (GU L 275, pag. 36), sentenza 23 marzo 2000, causa C-246/98, Berendse-Koenen, Racc. pag. I-1777, punto 25)]. Pertanto, gli artt. 28 CE-30 CE non possono essere invocati per eludere il regime di autorizzazione nazionale previsto dalla direttiva 65/65 e il codice comunitario, la cui trasposizione in diritto nazionale è stata effettuata dall’art. 73, primo comma, dell’AMG.
54 Da tale constatazione consegue che, per quanto riguarda i medicinali soggetti ad autorizzazione ma che non l’hanno ottenuta, non occorre esaminare se gli artt. 28 CE-30 CE ostino alle disposizioni nazionali in discussione nella causa principale.
I medicinali autorizzati in Germania
55 La prima questione risulta maggiormente pertinente per i medicinali che hanno ottenuto un’autorizzazione di commercializzazione in Germania. In particolare, tale questione è diretta a stabilire se il divieto di vendita per corrispondenza di medicinali la cui vendita è riservata esclusivamente alle farmacie nello Stato membro interessato, come quello stabilito all’art. 43, primo comma, dell’AMG, sia conforme al principio della libera circolazione delle merci. Tale questione è suddivisa in tre parti che occorre esaminare separatamente.
Se il divieto nazionale di vendita per corrispondenza costituisca una misura di effetto equivalente ai sensi dell’art. 28 CE [prima questione, lett. a)]
Osservazioni presentate alla Corte
56 Tanto l’Apothekerverband quanto la Commissione, sostenuti sul punto dai governi tedesco, ellenico, francese ed austriaco, considerano che non vi è ostacolo alla libera circolazione delle merci. Essi fanno valere che il divieto previsto all’art. 43, primo comma, dell’AMG, che non riguarda la produzione o la composizione di taluni prodotti, ma esclusivamente le modalità di commercializzazione degli stessi, si applica allo stesso modo, in diritto e in fatto, alla commercializzazione dei prodotti nazionali e di quelli provenienti da altri Stati membri. Un simile divieto non rientrerebbe quindi nell’ambito di applicazione dell’art. 28 CE per le ragioni enunciate dalla Corte nelle sentenze 24 novembre 1993, cause riunite C-267/91 e C-268/91, Keck e Mithouard (Racc. pag. I-6097, punti 15-17), e 15 dicembre 1993, causa C-292/92, Hünermund e a. (Racc. pag. I-6787, punto 21).
57 Il governo francese aderisce a tale posizione, richiamando la sentenza 29 giugno 1995, causa C-391/92, Commissione/Grecia (Racc. pag. I-1621), in cui la Corte avrebbe, ai punti 11-13, ammesso la compatibilità con il Trattato di un monopolio di vendita di latte maternizzato per neonati nelle farmacie, sottolineando inoltre che il detto monopolio non aveva lo scopo di disciplinare gli scambi di merci tra gli Stati membri.
58 Per quanto riguarda ulteriori precisazioni fornite dalla Corte nelle sentenze 26 giugno 1997, causa C-368/95, Familiapress (Racc. pag. I-3689), e 13 gennaio 2000, causa C-254/98, TK-Heimdienst (Racc. pag. I-151), l’Apothekerverband, sostenuto dalla Commissione nonché dai governi tedesco, francese e austriaco, afferma che il divieto controverso nella causa principale non avrebbe la conseguenza né di provocare una disparità di trattamento tra le farmacie nazionali e quelle stabilite negli altri Stati membri, per quanto concerne la possibilità di ricorrere alla vendita per corrispondenza, né di rendere la commercializzazione dei prodotti stranieri più difficile di quella dei prodotti nazionali, in particolare assoggettandola a costi aggiuntivi o ad oneri che non gravano su questi ultimi prodotti.
59 Mentre l’Apothekerverband e la Commissione rifiutano l’argomento secondo cui l’accesso al mercato tedesco sarebbe bloccato, sostenendo in proposito che, in conformità delle disposizioni in vigore dell’AMG, l’importazione e la reimportazione di prodotti farmaceutici sono possibili e normalmente praticate, il governo tedesco riconosce che l’esclusione della possibilità di vendita per corrispondenza di medicinali rende l’accesso al mercato tedesco più difficile per le farmacie straniere. Infatti, queste ultime sarebbero costrette ad aprire una propria farmacia in Germania. Tuttavia, in considerazione dei requisiti dell’ABO quanto alla presenza personale del farmacista, nemmeno le farmacie stabilite in Germania avrebbero illimitato accesso all’insieme del mercato tedesco. Da ciò conseguirebbe che qualsiasi difficoltà di sfruttamento del mercato tedesco nel suo complesso incide in egual misura sui farmacisti nazionali e sui farmacisti stranieri e non costituisce quindi una «misura di effetto equivalente» discriminatoria ai sensi dell’art. 28 CE.
60 In subordine, sia l’Apothekerverband sia i governi tedesco e austriaco affermano che l’ambito di applicazione dell’art. 28 CE dovrebbe essere circoscritto in modo da permettere agli Stati membri di mantenere un margine di manovra adeguato per organizzare aspetti generali della vendita di medicinali che rientrino nell’interesse pubblico. Per tale ragione, il divieto generale di vendita per corrispondenza dei medicinali la cui vendita è riservata esclusivamente alle farmacie non deve essere considerato come una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all’importazione ai sensi dell’art. 28 CE.
61 I convenuti nella causa principale rifiutano siffatta interpretazione della normativa nazionale, ritenendola troppo superficiale. A loro giudizio, il divieto del commercio di farmaci per corrispondenza non incide in eguale misura sulla vendita dei medicinali nazionali e su quella dei medicinali importati da altri Stati membri. Tale divieto, combinato con le regole di deontologia enunciate nell’ABO, rende quasi del tutto impossibile l’accesso delle farmacie stabilite negli altri Stati membri al mercato tedesco dei consumatori finali di medicinali. In particolare, in forza dell’ABO, la DocMorris potrebbe avere accesso a tale mercato solo se il farmacista responsabile di tale società, dopo aver rinunciato alle proprie attività farmaceutiche nei Paesi Bassi, aprisse una farmacia «classica» in Germania. Inoltre, i farmacisti stranieri avrebbero il diritto di chiedere un’autorizzazione di vendita dei medicinali per corrispondenza in quest’ultimo Stato membro soltanto qualora vi abbiano già gestito la loro farmacia da almeno tre anni.
62 Inoltre, riferendosi alle sentenze 5 ottobre 1994, causa C-323/93, Centre d’insémination de la Crespelle (Racc. pag. I-5077, punto 29), 9 luglio 1997, cause riunite da C-34/95 a C-36/95, De Agostini e TV-Shop (Racc. pag. I-3843, punti 43-47), e 23 ottobre 1997, causa C-189/95, Franzén (Racc. pag. I-5909, punti 67-73), nonché ai punti 27-37 della citata sentenza TK-Heimdienst, i convenuti nella causa principale concludono che, quando una normativa nazionale impedisce, come nella causa di cui è investito il giudice del rinvio, l’accesso al mercato dei consumatori finali dello Stato membro di importazione o lo rende più difficile di quello dei prodotti nazionali, essa costituisce una limitazione alla libera circolazione delle merci anche se si tratta solo della regolamentazione di una modalità di vendita che non riguarda le caratteristiche del prodotto in questione.
Risposta della Corte
63 A titolo preliminare, occorre rilevare che il divieto previsto all’art. 43, primo comma, dell’AMG rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 97/7. Orbene, l’art. 14 di quest’ultima permette agli Stati membri di «adottare o mantenere, nel settore disciplinato [da tale] direttiva, disposizioni più severe compatibili con il trattato, per garantire al consumatore un livello di protezione più elevato». Il medesimo articolo 14 precisa inoltre che «[d]ette disposizioni comprendono, se del caso, il divieto, per ragioni d’interesse generale, della commercializzazione nel loro territorio di taluni beni o servizi, in particolare i medicinali, mediante contratti a distanza, nel rispetto del trattato».
64 E’ ben vero che qualsiasi misura nazionale in un settore che costituisce oggetto di un’armonizzazione esaustiva a livello comunitario deve essere valutata in rapporto alle disposizioni di tale misura di armonizzazione e non di quelle di diritto primario (v. sentenze 12 ottobre 1993, causa C-37/92, Vanacker e Lesage, Racc. pag. I-4947, punto 9, e 13 dicembre 2001, causa C-324/99, DaimlerChrysler, Racc. pag. I-9897, punto 32). Tuttavia la facoltà conferita agli Stati membri dall’art. 14, n. 1, della direttiva 97/7 deve essere esercitata nel rispetto del Trattato, come è espressamente previsto da tale disposizione.
65 Una simile disposizione non esclude quindi la necessità di esaminare la compatibilità del divieto nazionale in discussione nella causa principale con gli artt. 28 CE-30 CE.
66 A tale riguardo, secondo una giurisprudenza costante, qualsiasi misura che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari deve essere considerata come una misura di effetto equivalente a restrizioni quantitative e, in quanto tale, vietata dall’art. 28 CE (v. sentenze 11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville, Racc. pag. 837, punto 5, e 19 giugno 2003, causa C-420/01, Commissione/Italia, Racc. pag. I-6445, punto 25).
67 Sebbene una misura non abbia l’obiettivo di regolare gli scambi di merci tra gli Stati membri, ciò che è determinante è il suo effetto, attuale o potenziale, sul commercio intracomunitario. In applicazione di tale criterio costituiscono misure di effetto equivalente, vietate dall’art. 28 CE, gli ostacoli alla libera circolazione delle merci derivanti, in mancanza di armonizzazione delle legislazioni, dall’assoggettamento di merci provenienti da altri Stati membri, in cui siano legalmente fabbricate e messe in commercio, a norme che dettino requisiti ai quali le merci stesse devono rispondere, anche qualora tali norme siano indistintamente applicabili a tutti i prodotti, laddove tale assoggettamento non risulti giustificato da finalità di interesse generale tali da prevalere sulle esigenze della libera circolazione delle merci (v. sentenza 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe-Zentral, detta «Cassis de Dijon», Racc. pag. 649, punti 6, 14 e 15, nonché citate sentenze Keck e Mithouard, punto 15, e Familiapress, punto 8).
68 Inoltre, come la Corte ha constatato nella citata sentenza Keck e Mithouard, può accadere che talune regole commerciali, pur non riguardando le caratteristiche vere e proprie dei prodotti, ma unicamente le loro modalità di vendita, costituiscano misure di effetto equivalente ai sensi dell’art. 28 CE qualora non soddisfino due condizioni. Tali condizioni consistono nel fatto che le regole summenzionate devono, da un lato, applicarsi a tutti gli operatori economici che esercitano la loro attività sul territorio nazionale e, dall’altro, incidere in eguale misura, tanto sotto il profilo giuridico quanto sotto quello sostanziale, sullo smercio dei prodotti sia nazionali sia provenienti da altri Stati membri (v. citate sentenze Keck e Mithouard, punto 16 e Hünermund e a., punto 21, nonché sentenza 9 febbraio 1995, causa C-412/93, Leclerc-Siplec, Racc. pag. I-179, punto 21).
69 Per quanto riguarda la prima condizione menzionata al punto 68 della presente sentenza, il divieto previsto dall’art. 43, primo comma, dell’AMG si applica a tutti gli operatori interessati, a prescindere dal fatto che siano cittadini dello Stato oppure stranieri, per cui tale condizione è assolutamente soddisfatta.
70 In merito alla seconda condizione menzionata al punto 68 della presente sentenza, occorre tener conto del fatto che la «commercializzazione» di un prodotto sul mercato nazionale può comportare diverse fasi che si collocano tra il momento della fabbricazione del prodotto e la sua eventuale vendita al consumatore finale.
71 Per stabilire se una determinata misura incida in eguale misura sulla «commercializzazione» dei prodotti nazionali e di quelli provenienti da altri Stati membri, si deve determinare la portata della misura restrittiva in questione. Così la Corte ha constatato che il divieto per i farmacisti di pubblicizzare al di fuori delle farmacie i prodotti parafarmaceutici che erano autorizzati a offrire in vendita non pregiudicava la possibilità per gli operatori economici diversi dai farmacisti di pubblicizzare questi prodotti (v. sentenza Hünermund e a., cit., punto 19). Analogamente, il divieto di diffusione di messaggi pubblicitari di cui si discuteva nella causa che ha dato origine alla citata sentenza Leclerc-Siplec non era di ampia portata, in quanto riguardava solo una determinata forma di promozione (pubblicità televisiva) di un determinato metodo di smercio (distribuzione) di prodotti (v. sentenza Leclerc-Siplec, cit., punto 22).
72 Al contrario, la Corte ha ammesso la rilevanza dell’argomento secondo cui un divieto di effettuare una pubblicità televisiva priverebbe un operatore della sola forma di promozione efficace che gli avrebbe permesso di entrare in un mercato nazionale (v. sentenza De Agostini e TV-Shop, cit., punto 43). D’altronde la Corte ha constatato che per quanto riguarda i prodotti, come le bevande alcoliche, il cui consumo è legato sia a prassi sociali tradizionali sia ad abitudini e usi locali, un divieto di qualsiasi pubblicità diretta ai consumatori tramite annunci nella stampa, alla radio e alla televisione, tramite invio diretto di materiale non richiesto o tramite cartelloni pubblicitari è tale da ostacolare l’accesso al mercato per i prodotti originari di altri Stati membri più che per i prodotti nazionali, con i quali il consumatore ha naturalmente una maggiore familiarità (v. sentenza 8 marzo 2001, causa C-405/98, Gourmet International Products, Racc. pag. I-1795, punti 21 e 24).
73 Per quanto riguarda un divieto quale quello previsto all’art. 43, primo comma, dell’AMG, è pacifico che tale disposizione determina sia il requisito che taluni medicinali possano essere venduti solo nelle farmacie sia un divieto di vendita per corrispondenza di questi ultimi. E’ vero che un simile divieto di vendita per corrispondenza può essere considerato come una semplice conseguenza del requisito della vendita esclusiva in farmacia. Tuttavia, la comparsa di Internet come sistema di vendita internazionale implica che la portata e, quindi, l’effetto di tale divieto siano esaminati in un contesto più ampio di quello proposto dall’Apothekerverband, dai governi tedesco, francese ed austriaco, nonché dalla Commissione (v. punti 56-59 della presente sentenza).
74 Infatti, un divieto simile a quello in esame nella causa principale arreca un pregiudizio più significativo alle farmacie situate fuori della Germania che a quelle situate sul territorio tedesco. Se rispetto a queste ultime è difficilmente contestabile che tale divieto le privi di un mezzo supplementare o alternativo per raggiungere il mercato tedesco dei consumatori finali di medicinali, cionondimeno esse conservano la possibilità di vendere i medicinali nelle loro farmacie. Al contrario, Internet costituirebbe un mezzo più importante per le farmacie che non sono stabilite sul territorio tedesco per raggiungere direttamente tale mercato. Un divieto che colpisse in misura maggiore le farmacie stabilite al di fuori del territorio tedesco potrebbe essere tale da ostacolare maggiormente l’accesso al mercato dei prodotti provenienti da altri Stati membri rispetto a quello dei prodotti nazionali.
75 Di conseguenza tale divieto non colpisce in eguale misura la vendita dei medicinali nazionali e quella dei medicinali in provenienza da altri Stati membri.
76 Occorre quindi rispondere alla prima questione, lett. a), che un divieto a carattere nazionale di vendita per corrispondenza dei medicinali la cui vendita è riservata esclusivamente alle farmacie dello Stato membro interessato, come quello previsto all’art. 43, primo comma, dell’AMG, costituisce una misura di effetto equivalente ai sensi dell’art. 28 CE.
Sull’eventuale giustificazione del divieto della vendita per corrispondenza [prima questione, lett. b)]
77 Con la sua prima questione, lett. b), il giudice del rinvio chiede in sostanza se il divieto di vendita per corrispondenza dei medicinali la cui vendita è riservata esclusivamente alle farmacie sia giustificato ai sensi dell’art. 30 CE qualora, prima della consegna dei medicinali con obbligo di prescrizione medica, la farmacia speditrice debba ricevere una ricetta medica originale. A tale riguardo il giudice del rinvio si chiede quali requisiti debbano eventualmente essere imposti a tale farmacia in relazione al controllo degli ordini, dell’invio dei pacchi e della ricezione di questi ultimi.
Osservazioni sottoposte alla Corte
78 A livello dei principi applicabili alla causa principale, sia l’Apothekerverband sia i convenuti nella causa principale, nonché i governi tedesco e francese, sostengono che l’art. 30 CE resta applicabile sino a quando l’armonizzazione delle normative nazionali non sia stata interamente realizzata (v. sentenze della Corte 7 marzo 1989, causa 215/87, Schumacher, Racc. pag. 617, punto 15; 21 marzo 1991, causa C-369/88, Delattre, Racc. pag. I-1487, punto 48; 16 aprile 1991, causa C-347/89, Eurim-Pharm, Racc. pag. I-1747, punto 26; 8 aprile 1992, causa C-62/90, Commissione/Germania, Racc. pag. I-2575, punto 10, e Ortscheit, cit., punto 14).
79 Tanto le parti nella causa principale quanto i governi tedesco e francese sono d’accordo sul fatto che, tra i beni o interessi tutelati dall’art. 30 CE, la salute e la vita degli esseri umani occupano il primo posto e che è compito degli Stati membri, nei limiti imposti dal Trattato, decidere il livello di tutela che intendono accordare e, in particolare, il grado di severità dei controlli da effettuare. Orbene, in conformità della giurisprudenza in materia, qualsiasi normativa nazionale che comporta un effetto restrittivo dovrebbe avere un carattere necessario e proporzionato.
80 A tale proposito, sia l’Apothekerverband sia i governi tedesco e austriaco ritengono che non sia possibile assicurare la tutela della salute della popolazione in modo meno restrittivo degli scambi intracomunitari di quello applicato in Germania, dove è previsto un divieto assoluto della vendita per corrispondenza dei medicinali la cui vendita è riservata esclusivamente alle farmacie (v. sentenze Commissione/Germania, cit., punto 11, e 14 dicembre 2000, causa C-55/99, Commissione/Francia, Racc. pag. I-11499, punto 42).
81 L’Apotekerverband precisa che l’obiettivo perseguito dal divieto di vendita per corrispondenza di tali medicinali è di garantire al cliente, al momento dell’acquisto di un medicinale, un’informazione e una consulenza personalizzata, offerti dal farmacista, nonché la sicurezza dei medicinali e la farmacovigilanza.
82 A tale riguardo, l’Apothekerverband, sostenuto sul punto dai governi ellenico e austriaco, afferma che, per quanto riguarda le questioni relative a un determinato medicinale, anche se l’acquirente per corrispondenza è in grado di farsi consigliare via Internet o per telefono, una simile possibilità non potrebbe sostituire la consulenza fornita da una farmacia, nel corso di un colloquio personalizzato e diretto con il cliente. La condizione fisica e lo stato psichico di quest’ultimo, la sua statura, il suo stile di vita e la terapia a cui è sottoposto costituirebbero criteri da prendersi in considerazione al momento di tale colloquio.
83 Il governo austriaco rileva, al riguardo, che un considerevole numero di medicinali ordinati via Internet giungono al destinatario con una confezione danneggiata o insufficiente, spesso senza etichetta e senza foglietto illustrativo nella lingua del destinatario.
84 D’altronde, l’Apothekerverband fa valere che, a differenza delle farmacie tradizionali, le farmacie puramente virtuali possono essere create da chiunque senza che sia necessario un investimento rilevante e con un conferimento di capitale minimo. Poiché le attività di queste ultime farmacie attualmente non sarebbero soggette ad un controllo adeguato, la necessaria tutela della vita umana e della salute richiederebbe un controllo preventivo.
85 Inoltre, la vendita per corrispondenza di medicinali sarebbe tale da mettere a repentaglio la sopravvivenza delle farmacie tradizionali. Mentre le farmacie che commercializzano i loro prodotti attraverso Internet potrebbero riservarsi «i bocconi più ghiotti», cioè taluni segmenti economicamente interessanti, le farmacie tradizionali, vincolate dall’ABO, sarebbero assoggettate ad una serie di obblighi costosi, in particolare quello di mantenere una gamma completa di prodotti, di avere in magazzino una quantità minima di medicinali e di garantire un servizio di guardia. Ciò comporterebbe una distorsione delle condizioni di concorrenza.
86 L’Apothekerverband in particolare sottolinea che, per quanto riguarda i medicinali soggetti a prescrizione medica, tutte le farmacie tedesche hanno l’obbligo giuridico di applicare i prezzi fissati dall’APO, i quali sono ottenuti attraverso aumenti applicati ai prezzi di vendita dei produttori che sono liberamente fissati da questi ultimi. Al contrario, le imprese che commercializzano i medicinali per corrispondenza a partire dall’estero non sarebbero vincolate alle prescrizioni dell’APO. Esse ne approfitterebbero quindi per proporre una gamma limitata di prodotti, composta essenzialmente di medicinali a pagamento, che offrirebbero a prezzi più vantaggiosi rispetto a quelli delle farmacie tradizionali.
87 Di conseguenza, secondo l’Apothekerverband, il divieto di vendere medicinali per corrispondenza fa parte integrante del sistema di previdenza sociale il cui obiettivo è di garantire un approvvigionamento in medicinali affidabile, equilibrato ed accessibile a tutta la popolazione in qualsiasi momento. Esso non potrebbe essere modificato o annullato isolatamente senza rimettere in questione tale sistema nel suo complesso. A tale proposito, l’Apothekerverband invoca le considerazioni collegate alla tutela del sistema di previdenza sociale e del livello equilibrato del servizio medico e ospedaliero, esposte dalla Corte nelle sentenze 12 luglio 2001, causa C-368/98, Vanbraekel e a. (Racc. pag. I-5363, punti 47-49), e causa C-157/99, Smits e Peerbooms (Racc. pag. I-5473, punti 72-74).
88 Il governo ellenico aderisce a tale posizione, ricordando l’importanza attribuita al modo di distribuzione dei medicinali in farmacia e al ruolo del farmacista sia dalla giurisprudenza della Corte sia da talune disposizioni del diritto comunitario [v. sentenza Commissione/Germania, cit., punto 20, nonché direttive del Consiglio 16 settembre 1985, 85/432/CEE, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti talune attività nel settore farmaceutico (GU L 253, pag. 34), e 85/433/CEE, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli in farmacia e comportante misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento per talune attività nel settore farmaceutico (GU L 253, pag. 37)].
89 Il governo irlandese è in favore di un divieto puro e semplice per quanto riguarda la fornitura via Internet di medicinali soggetti a prescrizione medica. Il detto governo riconosce che il controllo dell’autenticità delle ricette mediche è facilitato dalle conoscenze e dall’esperienza locale dei farmacisti che sono costantemente e quotidianamente in contatto con i pazienti e i medici della loro regione. Il governo irlandese sostiene a tale proposito che permettere la consegna di medicinali assoggettati a prescrizione medica sulla base della previa ricezione di una ricetta e senza ulteriore controllo aumenterebbe fortemente il rischio che le ricette mediche vengano usate in modo improprio o scorretto. Inoltre il detto governo afferma che i medici prescrivono in linea di principio solo i medicinali che possono essere consegnati ai loro pazienti, medicinali che rientrano di conseguenza tra quelli autorizzati sul territorio dello Stato membro in cui i medici esercitano la loro professione. Tuttavia, un medico potrebbe prescrivere un medicinale non autorizzato nello Stato membro in cui esercita se fosse a conoscenza del fatto che tale medicinale può essere ottenuto via Internet presso una «farmacia virtuale». Così, medicinali non autorizzati in uno Stato membro potrebbero essere commercializzati in tale Stato membro senza che le autorità di quest’ultimo ne siano informate.
90 I convenuti nella causa principale, quanto ad essi, invocano numerosi argomenti contro i presunti rischi derivanti dalla vendita dei medicinali per corrispondenza. In primo luogo, la garanzia di una consulenza qualificata fornita al cliente dal farmacista, al momento della consegna del medicinale, non giustificherebbe un divieto assoluto, ai sensi dell’art. 30 CE, della vendita per corrispondenza. Infatti le funzioni di consulenza e di controllo potrebbero essere svolte dal farmacista anche quando non si trovi in presenza del cliente, ma invii i medicinali a quest’ultimo dopo averlo accuratamente consigliato e aver controllato con diligenza l’ordinativo.
91 I convenuti nella causa principale aggiungono che, al momento dell’ordine attraverso Internet, il cliente dispone della possibilità di indirizzarsi al farmacista per telefono o per iscritto (ad esempio per mezzo di posta elettronica). Essi precisano che la qualità della consulenza offerta in tal modo può persino essere superiore a quella della consulenza farmaceutica normale, prestata in farmacia in presenza del cliente.
92 Secondo i convenuti nella causa principale, l’argomento secondo cui il «farmacista virtuale» non è in grado di prendere lui stesso l’iniziativa di fornire una consulenza non è giustificato. Infatti, le informazioni necessarie all’assunzione o all’impiego corretto di un medicinale sarebbero comunicate dal farmacista per iscritto al momento della spedizione del medicinale. Tale iniziativa potrebbe essere all’occorrenza completata da una telefonata della farmacia al cliente.
93 Per quanto riguarda l’asserita necessità della presenza fisica del cliente al momento dell’acquisto di un medicinale, i convenuti nella causa principale ricordano, inoltre, che la maggior parte dei consumatori non si presenta neppure in farmacia per acquistarvi di persona i medicinali.
94 In secondo luogo, in merito all’asserita assenza di controllo delle «farmacie virtuali», i convenuti nella causa principale rilevano che queste ultime restano assoggettate alla vigilanza statale nonché agli obblighi di controllo interno degli ordinativi. Da un lato, essi precisano che la DocMorris sarebbe soggetta al controllo delle competenti autorità del suo Stato di origine, cioè l’ispettore statale delle farmacie olandesi. Tale sorveglianza riguarderebbe tutte le procedure ed operazioni realizzate nell’ambito della gestione della farmacia e della vendita per corrispondenza dei medicinali. Dall’altro, secondo il diritto olandese, tutte le farmacie sarebbero tenute a presentare le loro norme interne di sicurezza e di svolgimento delle procedure in un prontuario di qualità. La DocMorris si adeguerebbe alle norme della European Association of Mail Service Pharmacies di cui è membro, che contengono disposizioni maggiormente dettagliate per quanto riguarda il controllo degli ordinativi, del pacco e del ricevimento di quest’ultimo.
95 Le misure interne di sicurezza imposte dalla DocMorris assicurerebbero che il trattamento degli ordinativi nonché i servizi di consulenza siano di esclusiva pertinenza dei farmacisti autorizzati e di assistenti qualificati in tecnica farmaceutica nel rispetto di determinati requisiti di qualità. La circostanza che l’acquisto di un medicinale avvenga in una farmacia di un altro Stato membro non sarebbe rilevante tenuto conto del fatto che le condizioni di accesso alla professione di farmacista e quelle di esercizio della professione sono armonizzate a livello comunitario (v., a proposito della direttiva 85/432, le citate sentenze, Schumacher, punto 20, e Commissione/Germania, punto 19).
96 In terzo luogo, in relazione ai rischi collegati ai medicinali soggetti a prescrizione medica, il farmacista, in conformità della esigenze della European Association of Mail Service Pharmacies, dovrebbe assicurarsi che tali medicinali siano inviati solo dopo che la farmacia interessata ha ricevuto l’originale della ricetta medica, stilata da un medico o da un dentista, e che la persona che riceverà il medicinale sia proprio il possessore di tale ricetta.
97 Grazie all’armonizzazione delle condizioni in presenza delle quali un medicinale deve essere soggetto a prescrizione medica (v. direttiva 92/26, come sostituita dal titolo VI del codice comunitario), esisterebbe un livello di protezione uniforme all’interno della Comunità. Nel caso in cui, eccezionalmente, il medicinale fosse diversamente classificato nello Stato membro di origine e in quello in cui deve aver luogo l’importazione, la DocMorris opererebbe sempre con riferimento alla normativa nazionale più severa, per cui le normative nazionali riguardanti l’assoggettamento di un medicinale a prescrizione medica non sarebbero mai eluse.
98 In quarto luogo, tenuto conto dello stadio avanzato dell’armonizzazione delle disposizioni relative all’autorizzazione di medicinali all’interno della Comunità nonché del sistema di mutuo riconoscimento in essa stabilito [v. regolamento n. 2309/93, nonché direttiva 93/39 e direttiva della Commissione 5 giugno 2000, 2000/38/CE, che modifica il capitolo V bis – Farmacovigilanza – della direttiva 75/319/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU L 139, pag. 28)], occorrerebbe partire dal presupposto che medicinali autorizzati in uno Stato membro non potrebbero essere all’origine di pericoli così gravi per la salute da giustificare un divieto assoluto del commercio internazionale di medicinali realizzato per corrispondenza.
99 In quinto luogo, l’impiego di Internet non comporterebbe neppure rischi addizionali per la salute che potrebbero essere esclusi solo con un divieto assoluto di commercio per corrispondenza di medicinali. Al contrario, le possibilità tecniche di Internet, in particolare quelle che permettono di elaborare contenuti interattivi e adattati individualmente al cliente interessato, potrebbero essere utilizzate per assicurare una tutela ottimale della salute.
100 In ultimo luogo, il divieto controverso nella causa principale non potrebbe essere giustificato dal punto di vista della garanzia economica di un approvvigionamento
della popolazione in medicinali esteso e adeguato ai bisogni. A tale riguardo, i convenuti nella causa principale sottolineano che, poiché una qualsiasi «farmacia virtuale» deve essere autorizzata in quanto farmacia aperta al pubblico nello Stato membro in cui essa è stabilita, la possibilità della vendita di medicinali per corrispondenza non dovrebbe essere intesa come un’alternativa suscettibile di far concorrenza alle farmacie aperte al pubblico, ma come un’offerta complementare alle vendite di queste ultime. Dal momento che il «farmacista virtuale» è vincolato dagli obblighi nazionali applicabili nello Stato membro di origine, sarebbe escluso che egli possa limitarsi a vendere una gamma di prodotti di prezzo elevato.
101 I convenuti nella causa principale concludono che né il governo tedesco né l’Apothekerverband hanno dimostrato che il commercio internazionale di medicinali realizzato per corrispondenza costituisca una minaccia per la salute che può essere esclusa solo da un divieto assoluto di tale tipo di commercio. In realtà, la salute potrebbe essere tutelata in modo altrettanto efficace da normative appropriate, in particolare da obblighi in materia di controllo dell’ordinativo, del pacco e del ricevimento di quest’ultimo, come stabiliti dallo Stato di provenienza dei medicinali.
Risposta della Corte
102 Come sostengono le parti nella causa principale, gli Stati membri che hanno presentato osservazioni alla Corte e la Commissione, l’art. 30 CE rimane applicabile nel settore della produzione e della commercializzazione delle specialità medicinali sino a quando l’armonizzazione delle normative nazionali non sia stata completamente realizzata in tali materie (v. citate sentenze Schumacher, punto 15; Delattre, punto 48; Eurim-Pharm, punto 26; Commissione/Germania, punto 10, e Ortscheit, punto 14). A tale proposito occorre constatare che la vendita di medicinali ai consumatori finali non costituisce oggetto di un’armonizzazione comunitaria completa.
103 Secondo una giurisprudenza costante, tra i beni o gli interessi protetti dall’art. 30 CE, la salute e la vita delle persone occupano il primo posto e spetta agli Stati membri, entro i limiti imposti dal Trattato, stabilire il livello al quale essi intendono assicurarne la tutela (v. citate sentenze Schumacher, punto 17; Eurim-Pharm, punto 26, e Ortscheit, punto 16).
104 Tuttavia, una normativa o una prassi nazionale che può avere un effetto restrittivo o che ha un simile effetto sulle importazioni di prodotti farmaceutici è compatibile con il Trattato solo se sia necessaria per un’efficace tutela della salute e della vita delle persone. Una normativa o una prassi nazionale non fruiscono della deroga dell’art. 30 CE qualora la salute e la vita delle persone possano venire protette in modo altrettanto efficace con provvedimenti meno restrittivi per gli scambi intracomunitari (v. citate sentenze Schumacher, punti 17 e 18; Delattre, punto 53; Eurim-Pharm, punto 27; Commissione/Germania, punti 10 e 11, nonché Ortscheit, punto 17).
105 Nella causa principale non viene messo in dubbio il fatto che la «farmacia virtuale» sia soggetta al controllo delle autorità olandesi, per cui gli argomenti avanzati dall’Apothekerverband per sostenere, in generale, che il controllo a cui è soggetta tale farmacia è insufficiente rispetto a quello imposto ad una farmacia tradizionale non possono essere accolti.
106 Gli argomenti che potrebbero giustificare il divieto del commercio per corrispondenza di medicinali sono esclusivamente quelli che riguardano la necessità di fornire una consulenza personalizzata al cliente e di assicurare la tutela del medesimo al momento della consegna dei medicinali, nonché la necessità di controllare l’autenticità delle ricette mediche e di garantire un approvvigionamento in medicinali esteso e adeguato ai bisogni.
107 Su un piano generale, la maggior parte di tali giustificazioni si fondano su potenziali rischi che possono presentare i medicinali e, pertanto, sull’attenzione che deve essere prestata a tutti gli aspetti della loro commercializzazione, obiettivi questi che sono condivisi anche dalla normativa comunitaria nel settore farmaceutico. Dunque, e in ogni caso, al momento dell’esame delle giustificazioni invocate per vietare la vendita per corrispondenza di medicinali, occorrerà prendere in considerazione le diverse disposizioni del diritto comunitario che potrebbero avere un’incidenza su tale questione.
108 In primo luogo, il codice comunitario al suo titolo VI, intitolato «Classificazione dei medicinali», prevede che le autorità competenti degli Stati membri devono, quando autorizzano l’immissione sul mercato di un medicinale, precisare la sua classificazione, cioè se sia soggetto a prescrizione medica oppure no. Benché sia compito delle summenzionate autorità stabilire la classificazione dei medicinali, esse devono cionondimeno fondarsi sui criteri elencati all’art. 71, n. 1. di tale codice, cioè su quelli che riguardano i rischi potenziali collegati all’impiego del medicinale di cui si tratta (v. punti 5 e 6 della presente sentenza).
109 In secondo luogo, tale distinzione tra medicinali soggetti a prescrizione medica e quelli che non lo sono, la quale si fonda su detti criteri e riguarda quindi il rischio potenziale del medicinale considerato, trova applicazione nella normativa comunitaria relativa alla pubblicità dei medicinali. Come è stato rilevato ai punti 7-13 della presente sentenza, la pubblicità relativa ai medicinali soggetti a prescrizione medica è vietata (art. 88, n. 1, del codice comunitario), mentre, in generale, la pubblicità relativa ai medicinali che sono previsti e concepiti per essere utilizzati senza intervento di un medico è permessa, fatto salvo il rispetto di talune condizioni (v. art. 88, n. 2, del codice comunitario).
110 Oltre alla distinzione menzionata al punto precedente, l’art. 14 della direttiva 97/7, che disciplina la vendita a distanza allo scopo di tutelare i consumatori, permette agli Stati membri di adottare, nel rispetto delle disposizioni del Trattato, misure che vietano, per ragioni d’interesse generale, la commercializzazione sul loro territorio di taluni beni o servizi, in particolare «i medicinali», mediante contratti a distanza. Quest’ultima disposizione permette di considerare che il legislatore comunitario non aveva l’intenzione di escludere la possibilità per uno Stato membro di vietare la vendita per corrispondenza dei medicinali per il solo fatto che esiste un’armonizzazione delle disposizioni relative all’autorizzazione di immissione in commercio dei medicinali all’interno della Comunità e un sistema di mutuo riconoscimento nonché disposizioni dirette tanto al coordinamento delle normative riguardanti talune attività nel campo della farmacia quanto al mutuo riconoscimento dei diplomi in farmacia.
111 Alla luce di quanto precede, occorre esaminare le giustificazioni invocate dall’Apothekerverband in rapporto ai medicinali che non sono soggetti a prescrizione medica, da una parte, e ai medicinali che lo sono, dall’altra.
Medicinali non soggetti a prescrizione medica
112 Per quanto riguarda i medicinali non soggetti a prescrizione medica, nessuno dei motivi invocati può validamente giustificare il divieto assoluto della vendita per corrispondenza dei medesimi.
113 In primo luogo, per quanto concerne la necessità di informare e di consigliare il cliente al momento dell’acquisto di un medicinale, la possibilità di prevedere un’informazione e una consulenza sufficienti non può essere esclusa. Inoltre, come giustamente rilevano i convenuti nella causa principale, l’acquisto via Internet potrebbe presentare vantaggi, come la possibilità di inoltrare ordinativi da casa o dall’ufficio, senza bisogno di spostarsi, e di formulare con calma le domande da porre ai farmacisti, vantaggi questi ultimi che devono essere presi in considerazione.
114 Quanto all’argomento secondo cui la capacità di reagire dei «farmacisti virtuali» sarebbe inferiore a quella dei farmacisti delle farmacie, gli svantaggi che sono stati invocati a tale proposito riguardano, da un lato, il possibile impiego scorretto del medicinale considerato e, dall’altro, il possibile abuso di quest’ultimo. Per quanto riguarda il possibile impiego scorretto del medicinale, un simile rischio potrebbe essere ridotto grazie all’aumento degli elementi interattivi esistenti in Internet che devono essere utilizzati dal cliente prima di poter procedere ad un acquisto. Per quanto riguarda la possibilità di abusi non è evidente che, per coloro che desiderino acquisire in modo abusivo medicinali non soggetti a prescrizione medica, l’acquisto effettuato nelle farmacie tradizionali presenti in realtà maggiori difficoltà dell’acquisto via Internet.
115 In secondo luogo, relativamente alla categoria dei medicinali non soggetti a prescrizione medica, le considerazioni relative alla loro consegna non sono tali da giustificare il divieto assoluto della loro vendita per corrispondenza.
116 In terzo luogo, per quanto attiene alle giustificazioni relative alla necessità di garantire un approvvigionamento in medicinali esteso e adeguato ai bisogni, occorre rilevare che, secondo i convenuti nella causa principale (v. punto 100 della presente sentenza), la «farmacia virtuale» olandese è anch’essa soggetta a obblighi di pubblico servizio quali quelli indicati dall’Apothekerverband, per cui essa non si troverebbe, per quanto riguarda questo aspetto, in una posizione più favorevole di quella delle farmacie tedesche. Inoltre, l’APO, che fissa i prezzi di vendita finali dei medicinali, si applica esclusivamente ai medicinali soggetti a prescrizione medica e non può quindi giustificare il divieto della vendita per corrispondenza dei medicinali ai quali non si applica e rispetto ai quali le farmacie tedesche possono liberamente fissare i loro prezzi.
Medicinali soggetti a prescrizione medica
117 Per quel che concerne i medicinali soggetti a prescrizione medica, l’approvvigionamento del pubblico richiede un controllo più rigoroso. Un simile controllo potrebbe essere giustificato tenuto conto, da un lato, dei maggiori rischi che possono presentare tali medicinali (v. art. 71, n. 1, del codice comunitario) e, dall’altro, del sistema di prezzi fissi applicabile a tale categoria di medicinali, che costituisce parte integrante del sistema sanitario tedesco.
118 In merito alla prima considerazione, il fatto che possano esistere differenze di classificazione dei medicinali tra gli Stati membri, la cui conseguenza sarebbe che un dato medicinale può essere soggetto a prescrizione medica in uno Stato membro mentre non lo è in un altro Stato membro, non priva il primo Stato membro del diritto di agire in modo più rigoroso rispetto a questo tipo di medicinale.
119 Tenuto conto dei rischi eventualmente connessi all’impiego di tali medicinali, la necessità di poter verificare in modo efficace e responsabile l’autenticità delle ricette compilate dai medici e di assicurare in tal modo la consegna del medicinale sia al cliente stesso sia ad una persona incaricata da quest’ultimo di ritirarlo sarebbe tale da giustificare un divieto di vendita per corrispondenza. Come sostiene il governo irlandese, permettere la consegna di medicinali soggetti a prescrizione medica sulla base del previo ricevimento di una ricetta e senza ulteriore controllo potrebbe aumentare il rischio che talune ricette mediche vengano usate in modo abusivo o scorretto. D’altronde, la possibilità reale che l’etichettatura del medicinale acquistato presso una farmacia stabilita in uno Stato membro diverso da quello in cui risiede l’acquirente si presenti in una lingua diversa da quella di quest’ultimo può avere conseguenze più nefaste quando si tratta di medicinali soggetti a prescrizione medica.
120 Inoltre l’Apothekerverband ha sollevato argomenti relativi all’integrità del sistema sanitario tedesco, nel senso che, essendo le farmacie tedesche tenute in base all’APO a vendere i medicinali soggetti a prescrizione medica a prezzi fissi, permettere la vendita internazionale di tali medicinali a prezzi liberi metterebbe a repentaglio la loro sopravvivenza e, di conseguenza, l’integrità di tale sistema.
121 Tale argomento implica l’esame del fondamento del sistema instaurato dall’APO, che stabilisce i prezzi di vendita dei medicinali soggetti a prescrizione medica.
122 A tale riguardo, anche se obiettivi di natura puramente economica non possono giustificare un ostacolo al principio fondamentale della libera circolazione delle merci, non si può escludere che un rischio di grave alterazione dell’equilibrio finanziario del sistema previdenziale possa costituire un motivo imperativo di interesse generale atto a giustificare un tale ostacolo (v. citate sentenze Kohll, punto 41; Vanbraekel e a., punto 47; Smits e Peerbooms, punto 72, e 13 maggio 2003, causa C-385/99, Müller-Fauré e Van Riet, Racc. pag. I-4509, punti 72 e 73). Del resto, un mercato nazionale dei medicinali soggetti a prescrizione medica potrebbe essere caratterizzato da fattori non commerciali, per cui una normativa nazionale che fissi i prezzi a cui taluni medicinali sono venduti dovrebbe essere mantenuta qualora costituisca parte integrante di tale sistema sanitario nazionale.
123 Tuttavia, né l’Apothekerverband né gli Stati membri che hanno presentato osservazioni alla Corte hanno esposto argomenti a sostegno del carattere necessario dell’APO. Pertanto, in mancanza di tali argomenti, non può concludersi che, per quanto riguarda i medicinali soggetti a prescrizione, il divieto della vendita di medicinali per corrispondenza in Germania può essere giustificato da motivi di equilibrio finanziario del sistema previdenziale o di integrità del sistema sanitario nazionale.
124 Alla luce di quanto precede si deve rispondere alla prima questione, lett. b), che l’art. 30 CE può essere invocato per giustificare un divieto nazionale di vendita per corrispondenza dei medicinali la cui vendita è riservata esclusivamente alle farmacie dello Stato membro interessato, purché esso riguardi i medicinali soggetti a prescrizione medica. Invece, l’art. 30 CE non può essere invocato per giustificare un divieto assoluto di vendita per corrispondenza dei medicinali che non sono soggetti a prescrizione medica nello Stato membro interessato.
Sulla reimportazione dei medicinali [prima questione, lett. c)]
125 Con la sua prima questione, lett. c), il giudice del rinvio chiede se alle questioni 1, lett. a) e b), riguardanti, da un lato, la qualificazione dell’art. 43, primo comma, dell’AMG come misura di effetto equivalente e, dall’altro, l’esistenza di un’eventuale giustificazione di essa, debba essere data, alla luce degli artt. 28 CE e 30 CE, diversa soluzione qualora si tratti dell’importazione di medicinali autorizzati nello Stato membro di importazione, anche qualora una farmacia stabilita in un altro Stato membro li abbia precedentemente acquistati presso grossisti stabiliti in tale Stato membro di importazione.
Osservazioni sottoposte alla Corte
126 I convenuti nella causa principale ricordano che l’art. 28 CE vieta qualsiasi ostacolo alle importazioni indipendentemente dal luogo di produzione delle merci. La Corte avrebbe espressamente riconosciuto che le reimportazioni rientravano nell’ambito della tutela della libera circolazione delle merci (v. sentenze 27 giugno 1996, causa C-240/95, Schmit, Racc. pag. I-3179, punto 10; 12 novembre 1996, causa C-201/94, Smith & Nephew e Primecrown, Racc. pag. I-5819, punti 18-22; 5 dicembre 1996, cause riunite C-267/95 e C-268/95, Merck e Beecham, Racc. pag. I-6285, e 12 ottobre 1999, causa C-379/97, Upjohn, Racc. pag. I-6927, punti 13 e 14). Essi sostengono che, contrariamente alla posizione espressa dalla Corte nelle sentenze 3 dicembre 1974, causa 33/74, Van Binsbergen (Racc. pag. 1299), e 10 gennaio 1985, causa 229/83, Leclerc e a. (Racc. pag. 1), la reimportazione di medicinali autorizzati a partire da una farmacia stabilita in un altro Stato membro non costituisce un modo abusivo di eludere disposizioni nazionali vincolanti. I convenuti nella causa principale, rilevando che la transazione commerciale transfrontaliera controversa nella causa principale è stata realizzata in due fasi distinte di commercializzazione e, per giunta, a livelli diversi di mercato (cioè, in primo luogo, l’esportazione dei medicinali da parte dei grossisti tedeschi verso le farmacie stabilite in un altro Stato membro, quindi, in secondo luogo, le reimportazioni di questi ultimi al livello di vendita al dettaglio a clienti finali privati), fanno valere che tale transazione è degna di tutela ai sensi dell’art. 28 CE, in quanto contribuisce precisamente alla realizzazione degli obiettivi di tale articolo. Inoltre essi sostengono che non si verifica neppure un ricorso abusivo alla libera circolazione delle merci per la semplice ragione che la vendita per corrispondenza persegue proprio l’obiettivo che costituisce l’elemento centrale della libera circolazione delle merci (v., per quanto riguarda la libertà di stabilimento, sentenza 9 marzo 1999, causa C-212/97, Centros, Racc. pag. I-1459).
Risposta della Corte
Sulla qualificazione dell’art. 43, primo comma, dell’AMG come misura di effetto equivalente
127 Per quanto riguarda la qualificazione dell’art. 43, primo comma, dell’AMG come misura di effetto equivalente ai sensi dell’art. 28 CE, il luogo di fabbricazione di un prodotto non può essere rilevante. Pertanto, un prodotto fabbricato sul territorio di uno Stato membro, che è esportato e successivamente reimportato in questo stesso Stato, costituisce un prodotto importato tanto quanto un prodotto fabbricato in un altro Stato membro che è direttamente immesso sul territorio nazionale (v., in tal senso, citate sentenze Leclerc e a., punto 26, e, Schmit, punto 10).
128 Tale analisi rimane valida anche se il diritto che disciplina la vendita dei prodotti di cui si tratta nella causa principale, cioè i medicinali, non è armonizzato a livello comunitario, per cui un prodotto proveniente dallo Stato di importazione può, in linea di principio, beneficiare della tutela del diritto comunitario per il fatto della sua circolazione transfrontaliera.
129 Tuttavia, la Corte ha ammesso, in materia di libera circolazione delle merci, che una tale considerazione non si applica nel caso in cui elementi oggettivi dimostrino che i prodotti in esame sono stati esportati esclusivamente per essere reimportati al fine di eludere una normativa simile a quella di cui alla causa principale (v. sentenza Leclerc e a., cit., punto 27).
130 Nella causa di cui è investito il giudice del rinvio, poiché l’operatore economico che aveva esportato i medicinali non era coinvolto nella reimportazione di essi, la reimportazione dei medicinali da parte dei convenuti nella causa principale non può essere caratterizzata come un ricorso abusivo alla libera circolazione delle merci.
131 Di conseguenza, poiché una disposizione quale l’art. 43, primo comma, dell’AMG potrebbe avere l’effetto di limitare la commercializzazione dei medicinali provenienti da altri Stati membri, l’analisi secondo cui una simile disposizione dovrebbe essere qualificata come misura di effetto equivalente non può limitarsi ai medicinali originari di Stati membri diversi dallo Stato membro di importazione, ma riguarda altresì i medicinali che sono stati acquistati presso grossisti stabiliti in quest’ultimo Stato.
Sull’esistenza di una giustificazione
132 Per quanto riguarda la risposta da dare in merito alla giustificazione del divieto della vendita per corrispondenza di medicinali, occorre anche operare una distinzione tra i medicinali non soggetti a prescrizione medica, da un lato, e quelli soggetti a tale prescrizione, dall’altro. In merito alla prima categoria, le considerazioni sulla base delle quali è stato constatato, ai punti 112-116 della presente sentenza, che tale divieto non era giustificato si applicano in eguale misura ai prodotti reimportati. Quindi non occorre discostarsi, alla luce dell’art. 28 CE, dalla risposta data alla prima questione, lett. b).
133 In relazione ai medicinali soggetti a prescrizione medica, dal momento che le considerazioni collegate alla loro reimportazione – e cioè, in particolare, il fatto che tali medicinali reimportati non sarebbero soggetti all’APO a causa dell’acquisto via Internet – sono già state valutate nell’ambito della risposta data alla prima questione, lett. b), non occorre neppure discostarsi da tale risposta.
134 Pertanto, occorre risolvere la prima questione, lett. c), nel senso che alle questioni 1, lett. a) e b), non deve essere data diversa soluzione in caso di importazione di medicinali in uno Stato membro in cui essi sono autorizzati, anche nel caso in cui una farmacia stabilita in un altro Stato membro li abbia precedentemente acquistati presso grossisti stabiliti in tale Stato membro di importazione.
Sulla seconda questione
135 Con la prima parte della sua seconda questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se, nell’ambito di un divieto nazionale di pubblicità relativa alla vendita per corrispondenza di medicinali, gli artt. 28 CE e 30 CE ostino ad un’interpretazione ampia della nozione di «pubblicità», in base alla quale vengono considerati pubblicità vietata numerosi aspetti del sito Internet di una farmacia stabilita in uno Stato membro, cosicché gli ordini internazionali di medicinali via Internet vengono resi considerevolmente più difficili.
136 Tale questione presuppone che una vendita legittima di medicinali via Internet coincida con un divieto legittimo di pubblicità ad essi relativa, il quale potrebbe ostacolare questa vendita. Quindi è necessario precisare che in tal modo vengono sollevate due questioni distinte, cioè, in primo luogo, quella della compatibilità di divieti nazionali di pubblicità relativa alla vendita per corrispondenza di medicinali con gli artt. 28 CE e 30 CE e, in secondo luogo, la questione se, nel caso in cui tali divieti (o taluni tra essi) siano giudicati compatibili, un’interpretazione ampia della nozione di «pubblicità», che avrebbe l’effetto di rendere più difficile la vendita via Internet, sarebbe anch’essa compatibile con tali disposizioni.
137 Solo quando un divieto di pubblicità compatibile con il diritto comunitario coincide con una vendita via Internet ugualmente compatibile con tale diritto sarà necessario esaminare la questione riguardante l’estensione dell’interpretazione della nozione di «pubblicità», nonché la seconda questione, lett. a) e b).
Sulla compatibilità dei divieti di pubblicità con il diritto comunitario
138 Come è stato esposto ai punti 31-33 della presente sentenza, la normativa tedesca prevede tre tipi di divieti pubblicitari in materia di medicinali. Occorre stabilire se ciascuno di tali divieti sia conforme al diritto comunitario. Per quanto riguarda, in primo luogo, l’art. 3 dello HWG che prevede, in sostanza, un divieto di pubblicità relativa ai medicinali soggetti ad autorizzazione ma che non l’hanno ottenuta, è sufficiente constatare che tale divieto è conforme a quello previsto all’art. 2, n. 1, della direttiva 92/28, sostituito dall’art. 87, n. 1, del codice comunitario. Quindi il problema di esaminare la conformità di tale divieto con le disposizioni del Trattato non si pone.
139 In secondo luogo, l’art. 10, primo comma, dello HWG prevede, in generale, un divieto di pubblicità relativa ai medicinali soggetti a prescrizione medica. Come è stato affermato a proposito dell’art. 3 dello HWG, un divieto quale quello previsto all’art. 10, primo comma, di tale legge è conforme, come osserva la Commissione, all’art, 3, n. 1, della direttiva 92/28, sostituito dall’art. 88, n. 1, del codice comunitario, che istituisce un divieto analogo a livello comunitario. Pertanto, dato che un siffatto divieto nazionale costituisce un provvedimento di trasposizione nazionale di una misura di armonizzazione comunitaria, non è neppure possibile mettere in questione la sua conformità al Trattato.
140 In terzo luogo, l’art. 8, primo comma, dello HWG prevede un divieto della pubblicità relativa alla vendita per corrispondenza dei medicinali la cui fornitura è riservata esclusivamente alle farmacie. Inoltre tale articolo vieta, al suo secondo comma, la pubblicità relativa alla vendita dei medicinali per il tramite dell’importazione individuale, in conformità dell’art. 73, secondo comma, punto 6 bis, o terzo comma, dell’AMG. Secondo le osservazioni del governo tedesco, quest’ultimo divieto, in combinato disposto con l’art. 73, primo comma dell’AMG, è diretto a impedire che la possibilità di un’importazione individuale di medicinali non autorizzati acquisti, a causa della pubblicità effettuata, un’ampiezza che determina la violazione del regime di autorizzazione, mentre, in forza dell’AMG, una simile possibilità è prevista esclusivamente a titolo di eccezione. In ogni caso, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 171 delle sue conclusioni, dagli atti di causa trasmessi alla Corte dal giudice del rinvio emerge che quest’ultimo ha ritenuto applicabile alla vendita per corrispondenza di medicinali solamente il divieto di cui all’art. 8, primo comma, dello HWG. La disposizione dell’art. 8, secondo comma, dello HWG non rientra pertanto nel contesto di fatto e di diritto della causa principale.
141 Per quanto concerne il divieto previsto all’art. 8, primo comma, dello HWG, si deve constatare che esso non ha un preciso corollario a livello della normativa comunitaria. A tale proposito, mentre l’art. 88, n. 1, del codice comunitario vieta la pubblicità relativa ai medicinali soggetti a prescrizione medica, il n. 2 di tale disposizione permette, di regola, la pubblicità relativa ai medicinali previsti e concepiti per essere utilizzati senza l’interventi del medico, pur prevedendo in caso di bisogno la consulenza del farmacista.
142 Sul fondamento di tale disposizione del codice comunitario, il governo austriaco sostiene che, anche se tale tipo di pubblicità è, in linea di principio, ammesso, e tenuto conto del fatto che l’art. 88 di tale codice non precisa fino a che punto la consulenza del farmacista sia considerata necessaria, si deve supporre che gli Stati membri dispongano di un margine discrezionale in materia. Di conseguenza, tale governo in definitiva considera che un divieto della pubblicità su Internet è giustificato anche per i medicinali la cui vendita è riservata esclusivamente alle farmacie e che non sono soggetti a prescrizione medica.
143 A tale riguardo si deve rammentare la risposta data alla prima questione, lett. b), ai punti 112-116 della presente sentenza, a proposito della giustificazione del divieto di vendita per corrispondenza dei medicinali non soggetti a prescrizione medica. Con tale risposta è stato giudicato che tale divieto non può essere giustificato, rispetto ai medicinali summenzionati, dall’asserita necessità della presenza fisica di un farmacista al momento dell’acquisto di questo tipo di medicinali.
144 Ne consegue che l’art. 88, n. 2, del codice comunitario, che autorizza la pubblicità presso il pubblico relativa ai medicinali non soggetti a prescrizione medica, non può essere interpretato nel senso che esso esclude la pubblicità relativa alla vendita per corrispondenza di medicinali sulla base dell’asserita necessità della presenza fisica di un farmacista. Pertanto, l’art. 88, n. 1, del codice comunitario, il quale vieta la pubblicità relativa ai medicinali soggetti a prescrizione medica, osta a un divieto quale quello previsto all’art. 8, primo comma, dello HWG in quanto tale divieto riguardi medicinali non soggetti a prescrizione medica.
Sull’ampiezza della nozione di «pubblicità presso il pubblico» ai sensi degli artt. 1, n. 3, primo trattino, e 3, n. 1, della direttiva 92/28
145 Da quanto precede risulta che solo i divieti di pubblicità come quelli previsti agli artt. 3 bis e 10 dello HWG, cioè quelli che riguardano, da un lato, i medicinali non autorizzati e, dall’altro, i medicinali soggetti a prescrizione medica, sono conformi al diritto comunitario. Pertanto, occorre esaminare se la portata di ciascuno di tali divieti potrebbe avere l’effetto di impedire la vendita di medicinali via Internet, per stabilire se occorra interpretare la nozione di «pubblicità presso il pubblico» con riferimento in particolare all’ampiezza di tale nozione.
146 Per quanto riguarda un divieto quale quello previsto all’art. 3 bis dello HWG, è sufficiente ricordare che anche l’immissione in commercio di medicinali sul territorio di uno Stato membro nel quale sono soggetti ad autorizzazione ma che non l’hanno ottenuta è vietata a livello comunitario. Pertanto, non si può sostenere che un simile divieto ostacoli la vendita legittima di medicinali via Internet.
147 Per quanto riguarda la vendita per corrispondenza dei medicinali soggetti a prescrizione medica, il diritto comunitario non osta al divieto di una simile vendita, il che implica che neppure il divieto di fare pubblicità alla vendita per corrispondenza di tale categoria di medicinali può essere considerato tale da ostacolare una forma di vendita legittima dei medicinali.
148 Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla prima parte della seconda questione che l’art. 88, n. 1, del codice comunitario osta a un divieto nazionale di fare pubblicità alla vendita per corrispondenza di medicinali la cui consegna è riservata esclusivamente alle farmacie nello Stato membro interessato, come quello previsto all’art. 8, prima comma, dello HWG, se tale divieto riguarda medicinali non soggetti a prescrizione medica.
149 Di conseguenza, e in considerazione della risposta data alla prima questione, lett. b), occorre constatare che non esiste, nella causa principale, un divieto di pubblicità conforme al diritto comunitario che possa avere l’effetto di impedire la vendita legittima dei medicinali via Internet. Pertanto, non è necessario rispondere alla seconda questione, lett. a) e b).
Sulla terza questione
150 Alla luce della risposta data alla seconda questione, non occorre rispondere alla terza questione.


Sulle spese
151 Le spese sostenute dai governi tedesco, ellenico, francese, irlandese e austriaco e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.


Per questi motivi,
LA CORTE,


pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Landgericht Frankfurt am Main con ordinanza 10 agosto 2001, dichiara:
1) a) Un divieto nazionale di vendita per corrispondenza dei medicinali la cui vendita è riservata esclusivamente alle farmacie nello Stato membro interessato, come quello previsto all’art. 43, primo comma, dell’Arzeimittelgesetz (legge sui medicinali), nel testo del 7 settembre 1998, costituisce una misura di effetto equivalente ai sensi dell’art. 28 CE.
b) L’art. 30 CE può essere invocato per giustificare un divieto nazionale di vendita per corrispondenza dei medicinali la cui vendita è riservata esclusivamente alle farmacie nello Stato membro interessato, purché esso riguardi i medicinali soggetti a prescrizione medica. Invece, l’art. 30 CE non può essere invocato per giustificare un divieto assoluto di vendita per corrispondenza dei medicinali non soggetti a prescrizione medica nello Stato membro interessato.
c) Le questioni 1, lett. a) e b), non richiedono una diversa valutazione in caso di importazione di medicinali in uno Stato membro in cui essi sono autorizzati, anche qualora una farmacia stabilita in un altro Stato membro li abbia precedentemente acquistati presso grossisti stabiliti in tale Stato membro di importazione.
2) L’art. 88, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 novembre 2001, 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, osta a un divieto nazionale di fare pubblicità alla vendita per corrispondenza dei medicinali la cui consegna è riservata esclusivamente alle farmacie nello Stato membro interessato, come quello previsto all’art. 8, primo comma, dello Heilmittelwerbegesetz (legge sulla pubblicità dei medicinali), nel testo pubblicato il 19 ottobre 1994, se tale divieto riguarda medicinali non soggetti a prescrizione medica.


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